mercoledì 23 dicembre 2015

Buon Natale!











A voi che passate di qui, auguro  con il cuore un Natale ricco di cose autentiche, di solidarietà, di pace, salute e armonia.




(immagine dal web)


lunedì 21 dicembre 2015

Cromìe

Qualche giorno fa un mio contatto Facebook ha pubblicato la foto di un risotto scattata in un ristorante di Castelfranco Veneto, il Feva..
Bene, mi ha letteralmente folgorato. Ultimamente amo ricette e presentazioni minimaliste, pulite. Le trovo raffinate ed eleganti. A volte mi imbatto in foto di  piatti pieni di cose, di ingredienti, di decorazioni. Tutto un aggiungere anzichè un togliere, e molto spesso senza seguire la stagionalità, cosa che mi indispone  parecchio. Non capisco che gusto ci sia a cucinare asparagi a dicembre o cavolfiori a luglio, oltretutto non hanno sapore e costano un botto, eppure ne vedo parecchi di questi controsensi.
Tornando al risotto, ho cercato di capire come fosse stato fatto, così scorrendo le foto di questo mio contatto  ho trovato gli ingredienti che lui aveva diligentemente annotato sotto a un'altra foto.
Appena li ho letti  ho cominciato a pensare a come realizzarlo, perchè l'idea di provarci mi girava in testa da quando ho visto quel piatto
Nella foto il risotto mi pareva molto semplice, di un bianco cremoso e non  mi sembrava ci fosse  altro a "sporcarne" il candore.... eppure negli ingredienti c'erano le alici,  il cavolfiore e le cicale di mare.....
Ho pensato e ripensato a come ottenere quella pulizia di linee e di forme, a come utilizzare gli ingredienti senza macchiare quel candore quasi immacolato. Ovviamente non ci sono riuscita del tutto,  e le foto, che di solito riesco a fare con calma, stavolta sono una ciofeca e non rendono assolutamente il  risultato. Ma dovevo fare prestissimo, altrimenti....


Risotto cavolfiore cicale e alici, gelatina di mandarino


per due persone

per il risotto:

Riso Carnaroli q.b.
1 spicchio d'aglio
2 grosse cimette di cavolfiore bianco
6 o 7 cicale di mare
una decina di piccole  alici fresche
fumetto  di pesce q.b.
sale, pepe bianco
olio e.v.
una noce di burro

per il fumetto:
1 piccola costa di sedano
1 scalogno
1 piccola carota
1 spicchio d'aglio
1 foglia di alloro
qualche grano di pepe nero
gli scarti delle cicale.
poco vino bianco



per la gelatina:
il succo filtrato di 4 o 5 mandarini
3 gr gelatina in fogli


per finire il piatto:
cimette  di cavolfiore violetto.



Pulite il pesce, spinate bene le alici e dividetele in piccoli filetti. Aprite le cicale con la forbice  e ricavatene la polpa. Quando le acquistate scegliete quelle più cicciose e piene ovviamente. Tenete tutto da parte, sia i filetti  e la polpa delle cicale che gli scarti di queste ultime.
Mondate, lavate e tritate le verdure per il fumetto. Mettetele a rosolare in un tegame con un goccio d'olio, aggiungete i resti delle cicale, il pepe in grani, l'alloro, l'aglio e fate tostare tutto a fuoco vivo. Smorzate con un goccio di vino bianco, lasciate evaporare, salate, e coprite tutto con dell'acqua calda. Lasciate sobollire una mezz'ora e poi filtrate il brodo ottenuto e tenetelo in caldo.. Vi servirà pr tirare il risotto.
Preparate la gelatina. Spremete i mandarini, filtrateli da semi e filamenti.
Prelevate dal succo un paio di cucchiai, metteteli in un piccolo pentolino. Nel frattempo ammollate la gelatina in acqua fredda. Quando è pronta, accendete il fuoco sotto al pentolino e scaldate il succo di mandarino, sarà caldo in un minuto, aggiungete la gelatina ben strizzata e fatela sciogliere completamente. Versate tutto nel resto del succo mescolando velocemente. Lasciate intiepidire.
Foderate di pellicola un piatto fondo e versate il  succo gelatinato di mandarino ormai tiepido, mettete in frigorifero a rassodare. Cercate di fare uno strato sottile-
Sbollentate per un paio di minuti le cimette di cavolfiore bianco, quindi tritatele a coltello abbastanza finemente.
Cuocete a vapore qualche cimetta di cavolfiore violetto e una volta pronte lasciatele nel loro tegame ben coperte. Non cuocetele in acqua altrimenti diventeranno di un colore blu scuro non molto gradevole a vedersi, mentre la cottura a vapore mantiene integro il loro colore.
In una casseruola scaldate un goccio d'olio buono, aggiungete lo spicchio d'aglio e lasciate insaporire facendo attenzione che non bruci, quindi toglietelo e nell'olio caldo versate il trito di cavolfiore bianco, lasciate insaporire mescolando sempre, poi aggiungete la polpa delle cicale e i filetti di alici, mescolate bene quindi sfumate con un poco di vino bianco, lasciate che evapori un attimo poi unite un mestolino di fumetto di pesce caldo. Lasciate sobbollire qualche istante poi date una frullata con il minipimer a tutto in modo da avere una crema grossolana.
Rimettete sul fuoco e versare il riso, e cominciate a cuocere il risotto al solito modo, aggiungendo poco fumetto di pesce alla volta, finchè il riso è cotto al dente ma un po' all'onda.
Mantecate con una noce di burro e fare riposare qualche secondo prima di impiattare.
Nel frattempo riprendete la gelatina ormai pronta, con un coppapasta tagliatene un bel cerchio e, aiutandovi con i lembi della pellicola,  prelevate la parte coppata e posatela con delicatezza sul risotto.
Operazione abbastanza delicata soprattutto se si deve fare velocemente. Ma il riso non aspetta, va servito al più presto altrimenti perde la morbidezza dell'onda....
però non fate come me, che per la fretta ho piegato il cerchio di gelatina rompendone un pezzetto...
Molto velocemente appoggiate nel centro della gelatina una cimetta di cavolfiore violetto e servite subito.
La gelatina si scioglierà andando a mescolarsi con il riso in un connubio che sorprende da tanto è buono.

Ovviamente, per la legge di Murphy,  la probabilità che qualcosa accada è inversamente proporzionale alla sua desiderabilità.
Infatti desideravo fare delle belle foto che rendessero il contrasto di colore e invece.....

vabbè, fate uno sforzo con la fantasia, immaginatevi il bianco del riso, il colore arancio caldo dei mandarini e il violetto del cavolfiore....una cromìa perfetta!



























mercoledì 16 dicembre 2015

Aspettando Natale - parte seconda

sempre sfogliando Sale&Pepe di Dicembre, ho visto un dolce che mi ha colpito molto.
Più che il dolce in sé,  mi ha intrigato  l'idea che era alla base della realizzazione.
E poi è stato tutto un concatenarsi di coincidenze....avevo comprato dei piccoli pandori per la merenda di Valerio e facendo un giro da Mornati il mio negozio di caccavelle preferito, mi ero accattata un piccolo  stampo sganciabile da 20 ma  alto 10 cm. perfetto per delle piccole charlotte...e va a finire che mi imbatto in quel dolce su Sale&Pepe. Non potevo non farlo, non potevo proprio.  Mi ha letteralmente chiamato...
Non ho messo tempo in mezzo e alla prima mezza giornata di tranquillità l'ho fatto. A modo mio naturalmente, però applicando quella  idea.

Le dosi indicate sono appunto per un piccolo stampo a cerniera da 20 cm. ma alto 10.
In mancanza, potete usare un contenitore simile, o anche uno stampo rettangolare da plumcake,  basta che lo foderiate di pellicola in modo da poter poi sformare il dolce.
Nello stampo rettangolare avrete più difficoltà a comporre il puzzle del pandoro, ma credo che, con pazienza, si possa ottenere un buon risultato lo stesso.







Charlotte di pandoro con spuma di zabaione al Moscato e pere

per la charlotte:

4 piccoli pandorini
mezzo bicchierino di grappa Williams alle pere 
poco burro

per la spuma:

4 tuorli
50 gr  zucchero
2 dl  Moscato spumante
200 cc  panna liquida fresca
200 gr ricotta vaccina freschissima
50 gr zucchero a velo
10 gr gelatina in fogli

per le pere:
1  grossa pera abate, o due piccole, matura ma soda
1 bicchiere abbondante di Moscato spumante
50 gr di zucchero

Per prima cosa preparate le pere.
Sbucciatele e tagliatele a tocchetti regolari. In un pentolino mettete il bicchiere di Moscato, lo zucchero e fatelo sciogliere a fuoco dolce, quindi unite le pere e lasciate sobbollire delicatamente per pochi minuti, dovranno essere morbide ma consistenti. Lasciatele raffreddare nel Moscato.
Foderate il fondo dello stampo apribile con della carta forno, o con dell'alluminio.
Tagliate a fette non troppo spesse, ma nemmeno troppo sottili, i pandorini, in orizzontale. Avrete delle fette a  forma di stella.
Ora partite dal fondo dello stampo e fate uno strato con le fette più belle, armandovi di pazienza, cercando di creare incastri e facendole combaciare il più possibile, in modo da non creare troppo spazi vuoti.
Riempite gli spazi vuoti con pezzetti di pandoro ritagliati ad hoc e premete leggermente tutto in modo che si compatti.
Ora pensate ai bordi. Spennellateli leggermente di burro fuso. Servirà a non far crollare le fette mentre foderate lo stampo. Costruite anche i bordi della charlotte con le fette di pandorino, allo stesso modo del fondo. Riempite i vuoti con altre fette di pandorino ritagliate a misura. Vi avanzeranno piccole  fette di pandoro, le meno belle, e piccoli pezzi dai ritagli, tenete tutto che serviranno.
Mettete ad ammollare la gelatina in fogli.
Tenete da parte lo stampo foderato di pandoro e passate allo zabaione.
Mettete i tuorli in una bastardella, o in un pentolino che possa contenere tutto.
Unite lo zucchero e il Moscato,  trasferite la bastardella o il pentolino nel bagnomaria sul fuoco e iniziate a montare con le fruste elettriche fino a quando lo zabaione è gonfio,  spumoso e denso.
Il Moscato tenderà a formare schiuma, niente paura, continuate a montare con le fruste, la schiuma se ne andrà.
Unite la gelatina e fatela sciogliere completamente continuando a montare con le fruste elettriche.
Toglietelo dal fuoco e  dal bagnomaria e continuate a montare fino a completo raffreddamento. Ora lo zabaione è stabilizzato.
In una ciotola date una frullata con le fruste elettriche alla ricotta con lo zucchero a velo. Unite lo zabaione alla ricotta. Mescolate bene per amalgamare tutto.
Montate la panna a neve ben ferma e con delicatezza e pazienza amalgamatela alla crema di ricotta e zabaione, dovrete avere alla fine una crema completamente liscia e gonfia..
Scolate le pere dal loro sciroppo di cottura e lasciatele nel colino a sgocciolare bene. Prelevate mezzo bicchiere di sciroppo e aggiungeteci il mezzo bicchierino di grappa Williams alle pere.
Riprendete ora lo stampo foderato di pandoro, con un pennello spennellate leggermente e delicatamente le fette di pandoro con lo sciroppo addizionato di Williams. Non bagnate troppo, basta soltanto inumidire un poco le fette.
Prendete la crema e aggiungetevi le pere molto  ben sgocciolate,  date una mescolata poi, con un cucchiaio, delicatamente, riempite di crema metà dello stampo. Appoggiateci sopra le fette avanzate facendo uno strato, non ha importanza se lasciate qualche spazio.  Tenete da parte qualche fetta per lo strato finale,  sarà il fondo del dolce.
Mettete sopra le fette il resto della crema e livellate bene, smuovete leggermente lo stampo in modo da non lasciare buchi e coprite la crema con le restanti fette di pandoro.
Pareggiate il fondo, se le fette verticali  dovessero sporgere dai bordi. Coprite con la pellicola e mettete in frigorifero a rassodare. Io ho preparato tutto la sera prima così in frigo per una notte il dolce ha avuto tempo di assestare i sapori.
Al momento di servire, eliminate la pellicola, capovolgete il dolce su un piatto, sganciate lo stampo e con calma e attenzione sfilatelo dal dolce.
Spolverate con dello zucchero a velo ed è fatto.
Potete guarnire con pere caramellate,  o delle chips di pere.
Io non avevo tempo per altro che lo zucchero a velo..
Al taglio era così



per una volta sono contenta. E' venuto come ce l'avevo in mente.
Delicato, leggero e profumato.
Porta via un po' di tempo comporre il puzzle con le fette di pandoro, ma ne vale la pena.






domenica 13 dicembre 2015

Aspettando Natale

Manca davvero poco,  il conto alla rovescia è iniziato.
Di solito, in occasione del mio compleanno, ci si ritrova tutti insieme, famiglie varie riunite e alla fine della festa si parla di quello che sarà il menu, di chi fa cosa, di chi porta cosa. Un momento che a me piace sempre molto perchè da quel brainstorming escono sempre idee e indicazioni su quello che sarà il nostro Natale.
Mi piace molto anche perchè è un momento in cui sento ancora di più il legame con la mia famiglia, un momento in cui condividiamo tradizioni, storie e aneddoti,  ricordi legati a persone che non ci sono più ma che sono comunque con noi, pensiamo ai Natali trascorsi  e iniziamo a pregustare   l'atmosfera dei giorni di festa e  del Natale che verrà.
Putroppo stavolta, per diversi motivi, non abbiamo avuto modo di ritrovarci per il mio compleanno perciò non abbiamo elaborato il consueto piano organizzativo e a parte qualche raro accenno con le mie figlie, ancora non  ho nemmeno pensato bene a cosa vogliamo fare...qualche vaga idea, ma da approfondire.. Certamente la tradizione andrà rispettata come ogni anno, ma intanto mi guardo intorno in cerca di ispirazione, sfoglio libri, sfoglio riviste, curioso fra blog in rete.
Appunto sfogliando Sale e Pepe di Dicembre, appollaiata su uno sgabello dal mio paziente e gentile edicolante,  ho visto una ricetta che mi ha intrigato molto. Mi son detta che forse sarebbe stata perfetta per la sera della vigilia e così, comprata la rivista,  l'ho fatta in anteprima.


Pescatrice arrosto con lardo, porri, albicocche e castagne

ricetta di Sale&Pepe di Dicembre



1 coda di rospo, intera, di  circa 800 gr
50 gr albicocche secche
100 gr castagne già lessate
1 porro
100 gr lardo a fette, a me ne son serviti 150 gr abbondanti
1 bicchiere di vino bianco
1 mazzetto di prezzemolo
1 bicchierino di Cognac
poco burro (20 gr circa)
sale, pepe nero
olio e.v.


Pulite la coda di rospo da eventuale pelle in eccesso, incidete la zona della cartilagine centrale e pian piano aiutandovi con un coltello da disosso eliminate la grossa spina centrale, evitando accuratamente di tagliare fino in fondo, dovrete avere alla fine due filetti di pescatrice leggermente separati, non staccati fra loro. Tritate il prezzemolo, lavato e asciugato.
Mondate e lavate il porro, eliminate un pezzetto della base e tutta la parte verde delle foglie. Dal porro tagliate un pezzetto di circa 10 cm. e tenetelo da parte, riducete il resto a fettine.
Tagliate le albicocche secche a pezzetti, spezzettate grossolanamente anche le castagne ma conservatene qualcuna intera per la decorazione del piatto..
Sciogliete una noce di burro in una padella, aggiungete il porro e fatelo stufare a fuoco dolce per circa 5 minuti, dopodichè uinite le albicocche e le castagne  sia quelle spezzettate che quelle intere, regolate di sale e di pepe, sfumate tutto con il Cognac e lasciate cuocere per altri 5 minuti. Dovrete avere un insieme abbastanza asciutto.
Spegnete il fuoco e cospargete con il trito di prezzemolo, mescolate bene e lasciate raffreddare. Togliete le castagne intere e mettetele da parte.
Su un tagliere mettete un poco di carta forno, sulla carta forno stendete le fette di lardo in modo da formare un rettangolo che poi possa bardare completamente la pescatrice. Sovrapponete leggerente le fette.
Ponete in mezzo al rettangolo di lardo la pescatrice, e farcitela con il composto di porri, castagne e albicocche ormai freddo. Richiudete la pescatrice, conditela con sale e pepe e avvolgetela bene prima nel lardo, poi impacchettatela strettamente con la carta forno e legatela  alle estremità e  trasferitela in un tegame largo e basso.
Scaldate il forno a 180° ventilato,  infornate e lasciatela cuocere per circa 30 minuti, poi togliete il tegame dal forno, allargate la carta forno nella parte centrale del pesce, e sfumate con il vino bianco, rimettete in forno e completate la cottura per altri 15 minuti.
Nel frattempo tagliate a julienne sottile il porro rimasto e friggetelo in olio ben caldo finchè sarà dorato, scolatelo su carta assorbente, salate.
Togliete la pescatrice dal forno, eliminate  con attenzione il liquido dal cartoccio, quindi togliete legatura e carta, aspettate un paio di minuti poi affettate con delicatezza  la coda di rospo.
Servitela con il porro fritto e con le castagne lasciate intere.

Davvero un ottimo secondo di pesce! Mi ha piacevolmente stupito per il fatto che non si sente il dolce delle albicocche e delle castagne, se non in maniera molto molto leggera. Un piatto equilibrato, nessun sapore prevale, ma si amalgama benissimo con gli altri.

Scegliete del lardo che abbia qualche venatura rosa, oppure potete usare della pancetta tesa tagliata sottile ma un po' grassa.
Se ce la fate, tagliate il porro da friggere più sottile che potete e state attenti alla cottura perchè tende a bruciare in un amen.

Di questa ricetta ho modificato la cottura. Sale&Pepe prevede di legare la pescatrice una volta che è stata completamente bardata e di cuocerla in forno tal quale. Ma ho pensato che in quel modo il grosso della bardatura di lardo se ne sarebbe andato in giro nel tegame alla fine, per cui hi preferito avvolgere il tutto nella carta forno, e ho aperto a metà cottura la parte centrale del cartoccio in modo da sfumare perfettamente col vino bianco.
La coda di rospo è rimasta intatta e ben avvolta nelle fette di lardo, conservando tutto il suo sapore.

Una ricetta che sorprende, e che sicuramente stupirà i commensali.







giovedì 3 dicembre 2015

Qualcosa col cioccolato

è un po' che non faccio dolci al cioccolato. Ma non lo amano tutti qui, per cui il dessert della domemica, quando siamo al completo,  non è quasi mai al cioccolato, così va bene a tutti.
Però qualche volta accontento i pochi della famiglia che lo amano. Me compresa.
L'ultimo che ho fatto è una torta la cui ricetta viene da un libro francese Les basiques Chocolat, che mi hanno regalato molto tempo fa.
Un libro di ricette di base che ho sfogliato un paio di volte senza venire attratta da niente di particolare,   non ha  ricette  che non conoscessi già. Ragion per cui l'avevo un po' messo in disparte.
L'altro giorno però non so che cosa sia successo,  sta di fatto che di colpo è caduto dall'alto della libreria. Cadendo si è aperto ed è rimasto capovolto sul tappeto. L'ho raccolto e, rigirandolo,  mi son trovata alla pagina che descriveva una torta che mi è parsa subito golosissima.... chissà perchè non l'avevo notata prima...
Bene, mi son detta che quella sarebbe stata la torta della domenica, amanti del cioccolato o meno.
E quella è stata.
 Nessuna modifica importante, ho solo rivisto le dosi, adattandole al mio stampo.
Vi metto la ricetta che ho usato per uno stampo  ovale,  le dosi sono state sufficienti, dovrebbero andare bene anche per uno stampo rettagolare di circa 30x20.


Torta cappuccina

per la frolla
ho usato la formula  3/2/1 suddividendo il peso della farina con cacao e farina di mandorle...

240 gr farina
50 gr  farina di mandorle
10 gr cacao amaro
200 gr burro
100 gr zucchero
1 uovo grande
1 cucchiaino di estratto di vaniglia
1 pizzico di sale

per la crema al mascarpone:
300 gr mascarpone
40 ml di caffè ristretto
1 cucchiaino di caffè  solubile
1 cucchiaio abbondante di zucchero

per la ganache al caffé:
300 gr cioccolato fondente al 66%
250 gr panna liquida (per la ganache)
200 gr panna liquida da montare
50 gr burro
1 cucchiaino abbondante di caffè solubile
1 cucchiaio di liquore Crème de Cacao bianco  (mia aggiunta)
ma va bene anche un  normale liquore al cioccolato

Preparate la frolla. Io ho fatto tutto  nell'impastatore. Prima  impastate il burro freddo  con lo zucchero, aggiungete l'uovo intero, mescolate a bassa velocità per amalgamare tutto, poi unite la farina, la farina di mandorle e il cacao facendolo scendere da un setaccino, la vaniglia e il pizzico di sale.
Mescolate fino a che il composto si raccoglierà. Resterà comunque un po' morbido.
Appiattitelo un poco in forma tonda, avvolgetelo nella pellicola e lasciatelo riposare in frigorifero per circa un'ora.  Dovrà rassodarsi ma restare malleabile.

Mentre la frolla riposa, preparate la crema al mascarpone.
Fate una tazza di caffè, molto ristretto, scioglietevi dentro il caffè solubile, mescolando bene affinchè sia perfettamente sciolto, aggiungete lo zucchero e mescolate bene. Fate raffreddare bene.
Montate il mascarpone con le fruste elettriche, fino a renderlo perfettamente liscio e cremoso, e aggiungete, sempre montando con le fruste, il caffè a filo fino a farlo assorbire totalmente alla crema. Tenete in frigorifero ben coperto.

Prima imburrate la teglia prescelta, preferibilmente coi bordi ondulati,  e cospargetela di cacao. Stendete la frolla, adagiatela nella teglia imburrata e cosparsa di cacao  e procedete con la cottura in bianco. Ponete un foglio di carta forno sopra la frolla stesa  e su essa  distribuite  le palline refrattarie apposite o dei fagioli.
Cuocetela in forno statico  a 180° per circa 20 o 25 minuti.
La toglierete che sarà ancora morbida, ma il tempo è sufficiente.Eliminate la carta forno e i fagioli o recuperate  le palline refrattarie.  Lasciatela raffreddare completamente.

Preparate la ganache al solito modo.  Scaldate i 250 gr di panna fino a ebollizione, spezzettate il cioccolato, raccoglietelo in una ciotola, unite il caffè solubile, il liquore. Lasciate che la panna vada bene in ebollizione quindi versatela direttamente sul cioccolato spezzettato. Aspettate un paio di minuti, poi iniziate a mescolare  dolcemente per amalgamare tutto.  Pian  piano la crema si uniformerà diventando densa e lucida, perfettamente liscia. Aggiungete il burro spezzettato, e mescolate fino a che si sarà completamente sciolto e amalgamato. Lasciate raffreddare completamente. Una volta fredda, montate i9 200 gr di panna a neve ben ferma e con pazienza incorporatela alla ganache ormai fredda. Dovrà essere perfettamente amalgamanta e la crema completamente liscia. Tenete in frigorifero almeno un'ora prima di decorare la crostata.

Ora riprendete la frolla, completamente fredda, sformatela dallo stampo e posatela direttamente sul piatto di servizio facendo attenzione a non creparla o romperla.
Spalmatela di crema  di mascarpone e caffè e livellate bene con una spatola o il dorso di un cucchiaio.
Al momento di servire,  mettete la ganache dentro una sac à poche con una bocchetta grande, spizzata e riempite la superficie di  grossi ciuffi, in modo che non restino spazi chiari.

La torta è pronta.
L'interno è così:



goduriosa al massimo, cremosa, e con una consistenza morbida della frolla  che si è sposata perfettamente con la setosità della crema.
Da fare e rifare e rifare....
















domenica 29 novembre 2015

Qualche volta...

...guardo la tv,  pochissimo in verità,  e solo per  qualche particolare trasmissione,  però ogni tanto mi capita di sintonizzarmi  sul canale del Gambero Rosso, e secondo quello che sta andando in onda mi soffermo a guardare. Dipende da chi c'è in quel momento e da cosa sta facendo.
L'altra settimana, facendo una capatina in tarda mattinata, sono capitata sul programma di Igles Corelli e la sua cucina circolare.
Siccome è uno di quegli chef che mi piace  per la semplicità delle sue preparazioni e per la capacità che ha di spiegare, mi son fermata a guardarlo.
Fra le altre cose ha preparato degli sgombri, semplici semplici, ma mi è piaciuto molto il contrasto di sapori e di colori di quel piatto, così ho pensato fra me e me che quella ricetta l'avrei sicuramente fatta.
Il giorno dopo, al banco pescheria della Coop che bazzico e dove trovo sempre pesce molto fresco, c'erano proprio dei begli sgombri. Giusto a fagiolo...



Filetti di sgombro al rosmarino, topinambur e crema di lattuga 

per due o tre persone


4 piccoli sgombri
400 gr topinambur
1spicchio d'aglio
1 piccolo cespo di lattuga romana
olio e.v. di buona qualità
sale, pepe
rosmarino
una noce di burro


pulite gli sgombri, eliminate la testa,  lavateli e asciugateli.
Foderate di carta forno una teglia, mettete un filo d'olio. Appoggiatevi gli sgombri ben allineati, e nella pancia di ognuno mettete un rametto di rosmarino, così


Scaldate il forno, ventilato,  a 180°.
Nel frattempo pelate i topinambur con la mandolina, lavateli, asciugateli e affettateli sottilmente.
In una piccola padella scaldate un goccio d'olio insieme allo spicchio d'aglio, aggiungete i topinambur e cuoceteli a fuoco basso fino a quando iniziano a disfarsi, regolate di sale e di pepe. Non aggiungete liquidi, se non in pochissima quantità, perchè alla fine dovrete avere una crema densa con cui si possano fare delle quenelles.
Una volta cotti,  eliminate l'aglio e  passateli al minipimer fino ad avere una crema densa,  e tenete in caldo.
Infornate gli sgombri  e mentre cuociono, ci vorranno circa 20 minuti, forse meno,  preparate la crema di lattuga.
Prendete dal cespo le foglie esterne, quelle più sane, e verdi.
Lavatele intere, quindi riducetele a striscioline tagliandole col coltello.
Scaldate un altro goccio d'olio in una padella antiaderente, aggiungete la lattuga romana tagliata e mescolate per qualche minuto, senza cuocerla troppo. Frullate anch'essa  a salsa e passatela al colino fine, premendo bene per ottenerne il succo, regolate il sale e  mettetelo in un pentolino e poi su  fuoco dolce fino a che si sarà ridotto della metà. Togliete dal fuoco e aggiungete una piccola noce di burro molto freddo, mescolate roteando il pentolino,  il burro e la differenza di temperatura addenseranno la salsa.
Spinate gli sgombri che ormai saranno pronti, versate un velo di crema di lattuga nel piatto, fate un paio di quenelles di topinambur aiutandovi con due cucchiai, appoggiatevi sopra i filetti di sgombro. Un pizzico di sale Maldon,  o altro sale dolce,  e un filo d'olio buono completeranno il tutto.


Lui aveva decorato con dei bellissimi fiori viola di borragine,  e io, non avendoli, ci ho messo un pizzico di petali di fiordaliso e una cimetta di rosmarino.


Bella da vedere questa ricetta, ma soprattutto da mangiare. Buonissima e semplice semplice, che si fa più presto a farla che a scriverla.

Grazie chef!!


mercoledì 25 novembre 2015

ricette ritrovate


Molti anni fa, quando  le mie  figlie  erano piccole,  prima di passare l'agosto nella casa friulana, andavo con loro a Cervia per un paio di settimane, a Luglio.
Ci andavo con una amica, moglie del socio di mio marito, e con i suoi figli.  I mariti lavoravano in città e noi eravamo le classiche mogli al mare coi bambini. Tipico stereotipo da cinema  degli anni '60....
Avevamo scelto Cervia perchè almeno il venerdì sera  gli uomini potevano raggiungerci abbastanza velocemente per trascorrere il fine settimana tutti insieme. Erano i rampanti anni '80, quelli della Milano da bere, e quando arrivava il venerdì  le autostrade per il mare erano intasate da lunghe code di auto. Erano i  mariti che raggiungevano la famiglia.
Non che al giorno d'oggi sia molto diverso, le code ci sono sempre e forse pure peggio di allora..
Ricordo che il nostro era  un alberghetto molto dignitoso, abbastanza vicino al mare,  che raggiungevamo in 5 minuti a piedi,  gestito da una famiglia. Non so se lo ritroverei, non ne ricordo più il nome, e credo che sia tutto cambiato ormai, in quasi quarant'anni. Ho provato a cercarlo attraverso Google e le relative mappe, penso di averlo individuato nell'attuale Hotel Alma, ma non ne sono del tutto sicura.
Ma ci si stava molto bene, poche camere essenziali,  linde, luminose e  accoglienti, e un trattamento familiare che ti faceva sentire come a casa. Stavamo talmente bene che alla fine ci siamo andati per diversi anni a fila, sempre a Luglio.
Ci si mangiava sempre molto bene,  ricordo che in cucina c'era la nonna,  l'azdora di casa,  a sovrintendere tutto.  E ogni giorno c'era sempre qualcosa fuori menu, poteva essere un antipasto di pesce, un secondo in più,  oppure un dolce.
E infatti uno di quei dolci serviti  a sorpresa mi è rimasto nella testa per tutti questi anni. Ne ricordo perfettamente il sapore e la consistenza, e la croccante presenza delle mandorle che gli davano un tocco particolare. Una specie di budino morbido ma consistente, profumatissimo.
Stupidamente non mi sono mai ricordata di chiederne la ricetta, ogni anno mi dicevo: l'anno prossimo gliela chiedo, e poi andava a finire che partivamo e me ne ricordavo mentre ero sulla strada del ritorno.
Telefonare apposta  per la ricetta non mi pareva carino, per cui rimandavo all'anno successivo, e rimanda rimanda, alla fine abbiamo smesso di andarci e così non ho più avuta occasione di parlarne.
Devo dire che in quel periodo non avevo molto tempo da dedicare alla cucina. Ero assorbita dal lavoro, dalle figlie, da tutta una serie di cose e di problemi per cui la cucina , nonostante fosse una passione, era ridotta a mera sussistenza. Ma il ricordo di quel dolce è rimasto nella mia memoria, nascosto in chissà quale piega o cassetto. Ogni tanto  entrando in qualche pasticceria, o anche dal panettiere a volte, venivo investita da un profumo che riportava in superficie quel ricordo e allora iniziavo a spignattare cercando di ritrovare quel sapore, quel profumo.
Ho provato tantissime volte a riprodurlo questo dolce, andando un po' a naso, ma il risultato di tutte quelle prove non mi ha mai soddisfatto pienamente per cui ci avevo praticamente  rinunciato. Ho deciso che lo avrei conservato nella memoria, fra i ricordi più dolci.
Poi un pomeriggio in cui mi son persa a curiosare  fra millemila blog,  eccolo lì, bello, ambrato e perfetto, che riempie il video. Un dolce  che assomiglia in tutto e per tutto a quello che vado cercando da una vita.
Avevo già pensato al dolce della domenica, però  mi son salvata la ricetta.
Scorrendola mi sono accorta che poteva essere molto simile a quello che ricordavo, anche se non c'era traccia di cannella, mentre io ero sicura che ci fosse, così ho fatto di testa mia, usando la ricetta trovata come canovaccio.
Volevo assolutamente ritrovare quel sapore, quel profumo e l'ho preparato.










Budino di pane e mandorle

vi riporto la ricetta con le mie aggiunte


750 ml latte
7 uova intere
100 gr pane raffermo
180 gr zucchero
100 gr mandorle pelate
la scorza di una arancia non trattata, grattugiata
(la ricetta dice di usare il limone ma io ho preferito l'arancia)
1 cucchiaino di essenza di vaniglia
mezzo cucchiaino di cannella
2 cucchiai di Rhum


per il caramello:
200 gr zucchero
3 cucchiai d'acqua

per completare il dolce:
100 ml di panna liquida fresca
una manciata di mandorle a lamelle


 Preparate il caramello. In un pentolino mettete lo zucchero insieme a poca acqua, tre cucchiai saranno sufficienti. Non mescolate mai mentre cuoce. Piuttosto, se serve, muovete il pentolino roteandolo in modo che l'acqua arrivi a bagnare tutto lo zucchero.
Lasciate caramellare fino a che  il caramello  assume un bel colore dorato. Togliete dal fuoco un momento prima che diventi troppo dorato, il calore continuerà a cuocere lo zucchero e rischiereste di bruciarlo,  rendendolo amaro e vanificando tutto.
Caramellate benissimo e abbondantemente uno stampo da budino da 1,5 l. Io ho usato uno stampo da Kughelupf un poco più capiente. Ma dove ci sta il tanto, ci sta anche il poco.
Lasciate indurire il caramello nello stampo.
Affettate o spezzettate il pane raffermo, mettetelo a bagno nel latte per circa un'ora o poco più, finchè il pane si disfa completamente. Fate attenzione a che stia ben coperto di latte.
Mettetelo sul fuoco insieme a 120 gr di zucchero e fatelo cuocere mescolando spesso, fino a farlo diventare una crema densa. Aggiungete a questo punto la cannella, la vaniglia e la scorza grattugiata dell'arancia. Se preferite potete usare la scorza di un  limone non trattato, ovviamente.
Lasciate raffreddare completamente, poi trasferite il pane col latte nel mixer, aggiungete le uova e il rhum e il restante zucchero e frullate tutto fino ad avere una crema perfettamente liscia e omogenea.
A questo punto tritate le mandorle, lasciandone qualcuna più grossolana, e aggiungetele al composto. Mescolate bene e versate tutto nello stampo caramellato.
Cuocete il dolce a bagnomaria, in forno già caldo a 180°,   statico, per circa 50 minuti, o poco più, dipende dal forno. E' pronto quando al tatto è sodo e compatto.
Nei primi 15 minuti, tenetelo coperto con un poco di alluminio, poi eliminatelo e finite la cottura.
Lasciatelo nel forno, dentro il suo bagnomaria, ma con lo sportello socchiuso,  fino a completo raffreddamento, poi trasferitelo in frigorifero.
Io ce l'ho lasciato tutta la notte.  Poco prima di servire, tostate leggermente le mandorle in forno o, per fare prima, in un padellino antiaderente, smuovendole spesso perchè non si brucino.
Toglietele e lasciatele raffreddare in un piattino. Montate la panna a neve ferma.
Sformate il dolce su un piatto leggermente concavo che possa contenere il caramello che inevitabilmente un po' si sarà sciolto. Con una sac à poche e bocchetta spizzata, riempite il foro centrale di panna montata, cospargete tutto con le mandorle tostate e servite.



beh, se non è lui, gli assomiglia molto.
Inutile dire che l'ho assaggiato ad occhi chiusi....profumo e sapore c'erano tutti.
E poi è un dolce semplice, talmente facile che è persino imbarazzante.

Ma alle cose semplici, alla fine,  torniamo sempre.


Contenta io.






e grata a questo chef  Francesco che ha un bellissimo blog e che mi ha fatto ritrovare un dolce davvero speciale.














 




domenica 15 novembre 2015

Benvenuti agrumi

è iniziata la stagione, si incominciano a vedere ormai dappertutto, nei negozi e nei supermercati.
Di solito non ne compro  ad inizio stagione, non sono ancora dolci  come piace a noi,  aspetto un po' ancora, ed ho il mio fornitore preferito, Arance da gustare, che mi  spedisce a casse, direttamente da Acireale, una  miscellanea di mandarini, cedri, limoni,  mandaranci e aranci di ottima qualità.
Ma l'altro giorno sono entrata  dal mio solito fruttivendolo cercando dei frutti della passione, che non ho trovato fra l'altro, anche se il negozio è sempre molto fornito, e ho adocchiato dei bellissimi bergamotti. E' raro trovarne, e  non mi sono fatta scappare l'occasione.
Avevo in mente una ricetta da fare con questo agrume, ma disperavo di poterla realizzare, vista la difficoltà di reperimento. E invece......
Già che c'ero ho preso anche qualche arancia, giusto per sentire come sono,  al limite ne farò spremuta...


Complici gli agrumi le realizzazioni son diventate due...



 Polpettine di gamberi e sogliole in brodo di pesce al bergamotto

 


 per le polpettine:
2 piccole sogliole
700 gr di gamberi grandi
1 cucchiaio abbondante  di farina di riso
2 albumi
poco prezzemolo
poco aglio
sale, pepe bianco



per il fumetto:
le teste e i carapaci del gamberi
le carcasse  e i resti delle sogliole
1 carota
1 costola di sedano
1 scalogno
1 foglia di alloro
qualche grano di pepe nero
mezzo bicchiere di vino bianco
un goccio d'olio buono
sale, pepe

per completare il piatto:

il succo filtrato di un bergamotto maturo
qualche fogliolina di origano, o di altra erba aromatica, solo per colorare il piatto



Per prima cosa meglio preparare il fumetto, perchè andrà filtrato molto bene, per eliminare tutte le impurità e ricavarne un liquido limpidissimo. Per farlo bisognerebbe procurarsi dei filtri in carta  da enologia. A Milano li trovo da Enosacchi, in viale Carlo Troya, ma credo che si possano trovare  anche in rete.
A depurarsi  passando attraverso questi filtri ci mette parecchio tempo, per cui meglio prepararlo in anticipo.
Non li trovaste, credo vadano bene anche quelli per il caffè, oppure bisognerà filtrare e rifiltrare attraverso una tela o una garza fitta.

Sgusciate i gamberi, eliminate il budelletto e conservate teste e carapaci. Sfilettate le sogliole, eliminate la pelle e tagliate a pezzi le carcasse.

In una pentola scaldate un filo d'olio, aggiungete il sedano, la carota e lo scalogno tritati grossolanamente, lasciate insaporire, aggiungete la foglia di alloro,  le teste e i carapaci  dei gamberi,  i pezzi delle  carcasse delle sogliole , salate, pepate, fate cuocere mescolando ogni tanto e poi sfumate con il vino bianco,
Una volta evaporato, coprite di acqua calda e lasciate sobbollire per circa mezz'ora. Dopodichè filtrate il liquido dalle verdure e dalle carcasse e iniziate  a chiarificarlo attraverso un filtro di carta come ho spiegato sopra.
Si dovrà ottenere un liquido dorato, trasparente.
Tenete da parte, meglio in frigorifero ovviamente.

Preparate ora l'impasto per le polpettine.
Dopo aver lavato e asciugato i filetti di sogliola e i gamberi scusciati, su un tagliere  tritate a coltello, molto finemente, i filetti di sogliola raccogliendoli poi in una ciotola.
Passate i gamberi nel tritatutto,  usando la velocità ad impulsi in modo di non stracciare troppo la polpa.
Basteranno tre o quattro impulsi.
Unite il trito di gamberi al trito di sogliola.
Aggiungete 2 albumi di uova medie, la farina di riso, un cucchiaio  di trito di prezzemolo e aglio, molto fine, regolate di sale e di pepe bianco, mescolate bene il tutto fino ad avere un impasto abbastanza omogeneo e maneggiabile senza problemi. In caso fosse troppo morbido, aggiungete poca farina di riso fino ad arrivare alla consistenza giusta per poter appallottolare l'impasto fra le mani.


 Preparate le polpettine rotolando un  poco di impasto fra le mani,  mettetele man mano in un cestello per la cottura a vapore.
Preparate una pentola in cui appoggiare il cestello, aggiungete un goccio di vino bianco all'acqua di cottura e procedete alla cottura a vapore per circa 15/20 minuti..
Una volta cotte, prendete il brodo di pesce  dal frigorifero e scaldatelo.
Spremete il bergamotto, filtrate accuratamente il succo.
Versatelo a cucchiaiate nel brodo e assaggiate ad ogni passaggio e ferrmatevi quando il sapore vi  aggrada.
Il bergamotto è leggermente amarognolo e se ne versate troppo rischiate di pregiudicare il risultato finale.
Dovrà essere un sentore fresco e delicatamente aromatico, che contrasterà con la dolcezza del gambero.
 Regolate il sale a questo punto e mescolate  per farlo sciogliere bene.
Versate alla fine un poco di brodo al bergamotto in un piatto  fondo, appoggiatevi tre o quattro polpettine di gambero cotte a vapore e decorate con qualche piccola fogliolina di origano, oppure tagliuzzate dell'erba cipollina, o pensate a qualche altra erba aromatica verde a foglia piccola, per dare colore al piatto.

Ho cotto parte delle polpettine a vapore,  il resto invece l'ho preparato così:



 Polpettine di gamberi e sogliole  impanate,  crema di topinambur all'arancia e chips di topinambur



per la crema di topinambur:
300 gr topinambur, pesati puliti
poco burro
poco latte
il succo di mezza arancia
poca scorza per decorare
sale, pepe

per le chips di topinambur: 
un piccolo topinambur, di forma regolare
poco olio d'oliva

pelate i topinambur, affettateli e tritateli grossolanamente.
Tenete da parte un piccolo topinambur, lavatelo accuratamente lasciando la scorza. Affettatelo con la mandolina e bagnate le fette con un goccio di limone perché non anneriscano.
Fondete una noce di burro e aggiungete i topinambur tritati, lasciate insaporire qualche momento, poi coprite tutto con del latte. Regolate di sale e di pepe e portate a cottura a fuoco basso, mescolando spesso e aggiungendo poco latte alla volta se si asciugasse troppo senza che la verdura sia cotta.
Verso fine cottura, unite il succo della mezza arancia e lasciate che la crema si asciughi. In ogni caso non deve essere troppo densa.
Passatela al minipimer una volta pronta,  tenete in caldo.
In un padellino antiaderente, scaldate un goccio d'olio e friggete velocemente le chips di topinambur, senza farle scurire troppo. Scolatele su della carta paglia e tenete da parte.
Prendete le polpette di gamberi e sogliola  della preparazione precedente, passatele nel pane grattugiato e friggetele in olio d'oliva ben caldo. 
Scolatele su della carta paglia per eliminare l'eventuale olio in eccesso.
Nel piatto, fate un velo di crema di topinambur, appoggiatevi le polpettine fritte e decorate con le chips di topibambur.

Servite tutto ben caldo.



Ecco...come diceva quella pubblicità? Due is meglio che uan....







giovedì 12 novembre 2015

a proposito di pesce crudo...

l'altro giorno  in pescheria ho visto una freschissima ricciola. Non mi è parso giusto lasciarla sul banco e me la sono portata a casa.
Al momento non avevo idea di come cucinarla, ma durante il breve viaggio in auto per tornare a casa,  qualche idea è affiorata. Potevo farla al forno,  semplicemente con pomodorini e vino bianco, ma non mi sembrava una fine degna, oppure avrei potuto  aprirla a libro e gratinarla, ma il gratin avrebbe coperto un po' il suo sapore. La cosa migliore era forse  lasciarla  al naturale.
Così ho optato per una classicissima tartare. Io non amo il pesce crudo, ma qui si imponeva pensare a qualcosa di diverso, di speciale, per rendere onore a tanta freschezza.
Solo che il crudo va sempre abbattuto prima dell'uso. Mi dispiaceva anche questo, ma se la volevo fare cruda, non avevo scelta.
L'ho abbattuta, dopo averla ben sfilettata, pulita e dopo aver eliminato la pelle e  con pazienza tutte le spine.....un lavoro un po' improbo, ma che va assolutamente fatto.

Comunque, ecco come l'ho arrangiata



Tartare di ricciola, gelée di lemongrass e carpaccio di uva bianca


1 bella ricciola di media pezzatura
2 steli di lemongrass fresco,
in mancanza, 2 cucchiai rasi  di quello secco
1 lime
3 o 4 fettine sottili di zenzero fresco
qualche chicco d'uva Italia ben sodo
4 gr gelatina in fogli
sale, pepe bianco
olio e.v. di buona qualità

Per prima cosa preparate l'infusione di lemongrass.
Mettete a bollire 250/300 gr di acqua, aggiungete il lemongrass tagliato sottile, insieme allo zenzero. Lasciate sobbollire qualche istante, poi togliete dal fuoco e lasciate in infusione per circa una mezz'ora, aggiungete un pizzico di sale, e uno di zucchero.
Dopodichè filtrate il tutto  e  trasferite il liquido ambrato in un pentolino.
Ammollate la gelatina in acqua fredda. Rimettete sul fuoco l'infusione di lemongrass e quando accenna a bollire aggiungete la gelatina ammollata e strizzata. Fate sciogliere bene poi prendete un paio di bicchieri, o di coppette,   e versatene un dito sul fondo. Il resto versatelo in un piatto fondo e mettete tutto in frigorifero a rassodare.
 Ora preparate la tartare.   Dopo aver abbattuto e riportato a temperatura i filetti di ricciola, usando un coltello affilato, procedete a tagliuzzarla in modo di avere alla fine una tartare.
Conditela con un pizzico di sale, una macinata di pepe, il succo del lime e un giro d'olio buono. Mescolatela bene, copritela e conservatela in frigorifero fino al momento di servire.
Preparate i chicchi d'uva lavati e asciugati.
Quando la gelatina è rappresa,  con un bisturi da cucina, o con un coltellino dalla lama sottile e affilatissima, affettate sottilissimamente i chicchi d'uva, eliminando i vinaccioli.
Disponete le fettine di uva  tutto intorno alla parte dei bicchieri, appoggiandole alla gelatina ormai rappresa.
Riprendete la tartare dal frigorifero e con l'aiuto di un cucchiaio riempite i bicchieri o le coppette che avete scelto, senza arrivare all'orlo.
Prendete la gelatina che avete colato nel piatto, tagliuzzatela con un coltello in modo da avere una specie di granita. Posatene un poca  su un lato del bicchiere e guarnite con un ciuffo di maggiorana, di prezzemolo, di erba cipollina. Io in casa avevo maggiorana e ho usato quella. Giusto per dare un poco di colore perchè è tutto abbastanza omogeneo, forse troppo.
La mia idea iniziale  era proprio  di accompagnarla con una granita di lemongrass, che ci sarebbe stata benissimo, ma non avendo la gelatiera mi ci sarebbe voluto troppo tempo, per cui ho risolto con una gelatina.
Ma se avete tempo e voglia,  la granita sarebbe il massimo! Fatta l'infusione, credo che non ci voglia molto con la gelatiera..

E' stata molto gradita, in casa c'è chi apprezza molto il crudo.
Alla mia porzione invece  ho fatto fare un giretto in microonde, giusto il tempo di scottarla leggermente, e poi  una volta fredda  ho messo nel bicchiere  e ho aggiunto la gelée di lemongrass.

Un po' insolito come connubio con l'uva, ma ci stava benissimo.




sabato 7 novembre 2015

Verzotte

le chiamano così. Verzotte. Dovrebbero essere i ricacci delle verze.  Una volta che sono state colte, nascono appunto altre foglie che non avranno comunque la forza di avvolgersi di nuovo.
Le ho trovate al solito all'Esselunga, cellofanate a piccoli cespi e le ho comprate al volo.  Usando queste, evito di comprare una verza intera,  che non sempre posso usare tutta  allo stesso tempo.
Conservano tutto il loro sapore,  e le trovo molto eclettiche. Infatti mi sono divertita a preparare diverse cose.
Questa ricetta  me l'ha ispirata l'amico Gianfranco.  A parer mio un g randissimo cuoco che dà parecchi punti a tanti chef che impazzano, decisamente sopravvalutati.
Qualche giorno fa ha pubblicato su Facebook la foto di un piatto di spaghetti al nero di seppia con una tartare di ricciola appoggiati su una vellutata di pomodori confit.  E  la lampadina si è accesa.
La mia lampadina però non mi parlava di pesce crudo, ma di pescatrice...




Bocconcini brasati di pescatrice e verze su crema di pomodori confit

 per due persone


1 piccola coda di rospo (pescatrice)  intera
le foglie più grandi di qualche verzotta , quanto bastano
120/150 gr pancetta tesa, liscia.
1 bicchiere di vino bianco
poco fumetto di pesce
1 spicchio d'aglio
1 rametto di rosmarino
1 cucchiaio abbondante di mandorle a lamelle
sale, pepe
olio e.v.

per la crema di pomodori confit:

500 gr pomodorini piccadilly
timo, origano
1 cucchiaio di zucchero
sale, pepe
aglio
olio e.v.


per prima cosa preparate i pomodorini confit. Lavateli e tagliateli a metà, eliminate il grosso dei semi interni e posateli su una teglia foderata di carta forno, con la parte tagliata rivolta verso l'alto. Cospargeteli di timo, origano secco, aglio a pezzettini, una leggera spolverata di sale e  di zucchero e fate un leggero giro d'olio buono.
Infornateli a 120°/140°° ventilato,  in forno già caldo ovviamente, per  un'ora e mezza.  Sono pronti quando sono un poco avvizziti ma morbidi e profumati.
Togliete dal forno e frullateli a caldo fino ad avere una crema completamente liscia e densa.
Allungatela con un gocco d'olio e tenete da parte.
Mentre i pomodorini cuociono, sfilettate la pescatrice, pulitela dalla pelle scura e ricavatene due parti eliminando la grossa lisca centrale. Lavatela e asciugatela. Tagliate le due parti in tre tranci ciascuna.

Sbollentate in acqua salata le foglie delle verzotte,  lavate e scolate. Ce ne vorranno tante quanti saranno i tranci di pescatrice, di più se sono foglie piccole 
Basteranno un paio di minuti in acqua bollente,  poi con una schiumarola, toglietele con delicatezza e tuffatele subito in acqua molto fredda  in modo da fissare il loro bel colore verde. Stendetele su un canovaccio ben allargate e separate e tamponatele leggermente con della carta da cucina per asciugarle il più possibile.

Prendete i bocconcini di pescatrice, bardateli  con la pancetta tesa, quindi avvolgeteli nelle  le foglie sbollentate, legateli  tutto intorno con dello spago da cucina in modo che la verza non se ne vada in giro per la padella.
In un tegame antiaderente che possa andare in forno, scaldate un goccio d'olio buono, aggiungete lo spicchio d'aglio e il rametto di rosmarino e lasciate insaporire. Adagiate con attenzione i bocconcini di pescatrice bardati, e lasciateli insaporire, senza colorire, da tutti i lati  girandoli con delicatezza. Eliminate aglio e rosmarino  e sfumate con il vino bianco, regolate di sale e di pepe, lasciate evaporare il vino e quando si è asciugato aggiungete un goccio di fumetto se l'avete, o di acqua calda..
Scaldate il forno a 180° e quando è caldo  trasferite il tegame nel forno, coperto con della carta stagnola.
Lasciate cuocere per circa una mezz'oretta, forse meno.
Nel frattempo, in un padellino antiaderente, tostate le mandorle a lamelle, muovendolo spesso in modo che non si brucino e tenetele da parte.

Una volta cotta la pescatrice, toglietela dal forno e lasciatela riposare qualche attimo. Versate un poco di crema di pomodorini confit sul fondo del piatto. Eliminate lo spago da cucina dai bocconcini di pescatrice e allineateli sulla crema, cospargete di mandorle tostate e unite un sottilissimo filo d'olio buono e voilà.

Buon appetito!









domenica 1 novembre 2015

una domenica a pranzo

E' tornata la stagione dei pranzi di famiglia, la domenica. Non che non  ne sia contenta. Mi  piace molto avere tutti  i miei affetti intorno alla tavola, cucinare per loro, immaginare i visi delle mie ragazze quando, entrando in casa, cercano di indovinare cosa si nasconde sotto i coperchi delle pentole, o cosa sta cuocendo in forno, o vedere la gioia  che illumina i loro occhi  quando racconto tutto quello che offre la mia cucina quel giorno, soprattutto se fra i piatti presenti nella lista c'è qualcosa che amano particolarmente. E c'è sempre,  naturalmente. Ho la fortuna di avere marito e generi che sono buone forchette,  ed è sempre gratificante vedere come apprezzano il cibo che ho cucinato con amore per loro.
Oggi il piccolino di casa, Valerio,  goloso quanto basta, mi ha chiesto:  Nonna, c'è la torta?
 E certo che c'è,  amore di nonna!!!
Infatti, che domenica sarebbe senza un dolce?
Prima o poi mi cimenterò con quei fantastici dessert di pasticceri famosi,  fatti di cremosi, di gelées, di stampi strani, di innumerevoli passaggi e preparazioni,  ma devo trovare un giorno un cui posso dedicarmi solo a quello. Non so se ne sarò capace, data la mia scarsa manualità in fatto di decorazioni e precisione, sono abbastanza pasticciona, ma davvero, prima o poi lo farò.
Intanto, ho pensato a questo, che oltre ad essere perfettamente di stagione, è anche molto semplice e molto veloce da fare. Avevo parecchio da  preparare e ho pensato ad ottenere  il miglior risultato col minimo sforzo.
E poi sono una donna fortunata, una cara amica mi ha  donato dei  barattoli di una meravigliosa crema di marroni dell'Ardèche, (un dipartimento francese della zona Rodano-Alpi) che custodisco gelosamente  perchè buona così,  liscia e setosa così non ne conosco, e avevo anche delle piccole meringhe, fatte  per utilizzare degli albumi avanzati, e allora ho pensato a  questo dolce


 Spuma di marroni in crosta di cioccolato

per la crosta:
250 gr wafer al cioccolato fondente (ho usato i Loacker in quadretti)
80 gr burro

per la spuma:
400 gr di crema di marroni
400 gr panna liquida
1 cucchiaio abbondante di Cointreau
1 tazzina di caffé ristretto
la scorza e il succo di mezza arancia non trattata
5 o 6 gr di gelatina in fogli
meringhe di piccola dimensione q.b. 

per decorare:
marron glacés interi
piccole meringhe
cacao


Per prima cosa, con un poco di burro ungete e poi  foderate il fondo di uno stampo ad anello apribile da 24 cm con un poco di carta forno bagnata e strizzata.
Fondete il burro e tritate grossolanamente nel mixer i wafer al cioccolato insieme al burro.
Versate tutto nella teglia col fondo foderato e distribuite bene tutto, facendo risalire un poco i biscotti sul bordo. Poi pressate bene il fondo per compattarlo e riponete in frigorifero il tempo che basta ad indurire tutto.
Nel frattempo mettete la crema di marroni in una ciotola, aggiungete il liquore, la buccia grattugiata della mezza arancia e anche il succo, debitatmente filtrato.
Mescolate molto bene per amalgamare tutto.
Mettete ad ammollare la gelatina in acqua fredda. Preparate la tazza di caffè ristretto e poi versatelo in un piccolo padellino e mettetelo a fuoco dolce, aggiungete la gelatina ormai morbida, ben strizzata e fatela sciogliere completamente, quindi lasciate leggermente intiepidire e versatela nella crema di marroni sempre mescolando in modo da avere alla fine una crema densa e liscia.
Montate la panna a neve ben ferma e incorporatela alla crema di marroni. Mescolate con accuratezza finché la panna è completamente incorporata e non si vedono più fiocchetti bianchi.
Riprendete la teglia con il guscio di wafer ormai solido. Allineate sul fondo delle piccole meringhe.
A questo punto, con un cucchiaio e con delicatezza per non spostare le meringhe, versate la crema  dentro al guscio, livellandone alla fine la superficie.
Non preoccupatevi se supererà l'altezza della crosta di wafer.
Sigillate con della pellicola e rimettete in frigorifero fino al momento di servire.
Una volta arrivato il momento di portare in tavola, togliete la tortiera dal frigo, aprite la cerniera con delicatezza per non rovinare i bordi del dolce, quindi eliminate la carta forno dal fondo e appoggiate il dolce su un piatto, spolverate leggermente di cacao amaro e decorate con i marron glacé alternati alle piccole meringhe, spolverate anch'esse di cacao.



Temevo fosse troppo dolce, perchè la crema di marroni lo è, e in quella quantità  pensavo si sentisse parecchio, ma non lo era, data la presenza della crosta al cioccolato che ha bilanciato tutto perfettamente.
L'arancia ci sta benissimo, come altrettanto bene ci sta il caffè. La presenza di entrambi fa sì che il dolce non sia affatto stucchevole, anzi.
Al taglio si presenta così, e son contenta di aver avuto l'idea di aggiungere le meringhe sul fondo. Ci stanno bene, no?



Non ne è avanzato molto, forse un paio di fette.....domani avrò modo di gustarmelo meglio....







sabato 24 ottobre 2015

Pomodori o melanzane?

Ogni tanto all'Esselunga, mentre faccio la spesa, noto qualche prodotto  nuovo che compare sui banchi.
La settimana scorsa ho visto una confezione di pomodori strani, arancioni striati di verde. L'ho presa per leggere bene l'etichetta e ho scoperto che non erano pomodori, bensì melanzane rosse. Bellissime melanzane della dimensione di un pomodoro. Le melanzane di Rotonda.
Benchè io preferisca usare prodotti di stagione, e ormai quella delle melanzane, quelle vere, non quelle da serra, è praticamente finita, non ho resistito. Qui le melanzane piacciono molto, dovevo assolutamente provarle!
Così me ne sono tornata a casa con quel bel pacchettino colorato nelle borse,  ansiosa di provarle.


già, ma ora come le cucino?
Leggo il fogliettino accluso alla confezione dove sono stampate tre ricette. Nessuna mi convinceva.  E allora faccio di testa mia.

 Eccole qui, trasformate in cibo appetitoso


Melanzane rosse affogate


per 6 o 7 piccole melanzane


la mollica di due o tre panini raffermi,
oppure la mollica di due belle fette di pane cafone
2 cucchiai parmigiano grattugiato
2 filetti di acciuga sott'olio
2 spicchi d'aglio
1 scatola di pelati, o di passata di pomodoro
1 pugno di capperi sotto sale
basilico, origano
sale, pepe,ù
peperoncino, se piace
olio e.v. d'oliva di buona qualità


con un coltellino affilato togliete la calottina alle melanzane, svuotatene la polpa cercando di non rovinare la scorza esterna.Conservate le calottine per la presentazione.
Mettete a dissalare bene i capperi.
Salate l'interno delle melanzane e mettetele capovolte  su un tagliere, in modo che perdano un po' del loro amaro. Queste così piccole lo sono particolarmente.
In una larga padella scaldate un goccio d'olio, lasciate imbiondire lo spicchio d'aglio e poi toglietelo, versate i pelati nell'olio caldo, lasciateli sfrigolare un attimo, facendo ovviamente attenzione, quindi mescolate e schiacciateli con una forchetta, oppure versate la passata se preferite. Aggiungete il resto dei capperi, abbondante basilico e, se vi piace,  un pizzico di peperoncino e un poco d'acqua calda, regolate di sale e lasciate cuocere coperto ma badate che il sugo resti un po' lento.
Nel frattempo scaldate un goccio d'olio in una padella antiaderente, aggiungete uno spicchio d'aglio e lasciate insaporire, quindi unite la polpa tolta dalle melanzane, un paio di foglie di basilico e un paio di rametti di origano fresco. Lasciate stufare a fuoco basso mescolando spesso e avendo cura che non si scuriscano.
Lasciate cuocere finchè sono morbide, poi trasferitele su un tagliere eliminando aglio ed erbe.
Tritatele finemente. Tritate anche   le acciughe insieme a qualche cappero ormai dissalato, conservate gli altri per il sugo.
Prelevate la mollica di pane dai panini, o dalle fette di pane. Tritatela grossolanamente (potete passarla velocemente anche al tritatutto) e raccogliete tutto in una ciotola.  Pane, polpa delle melanzane e acciughe e capperi tritati.
Unite il parmigiano, regolate di sale  e mescolate bene il tutto fino ad avere una specie di impasto morbido ma consistente.
Sciacquate velocemente l'interno delle piccole melanzane e poi tamponatele con della carta da cucina.
Riempitele tutte con la farcia preparata, premendo bene.
Friggetele in  piedi, in olio profondo,  dentro a un piccolo pentolino, 3 o 4 per volta, devono essere completamente immerse,  direi   4 o 5  minuti, non di più, il tempo che si scottino e ammorbidiscano un poco.
Dopodichè   prelevatele con un mestolo forato  e lasciatele riposare qualche minuto su della carta in modo che perdano l'olio in eccesso,  quindi tuffatele nel sugo caldo, e portatele a cottura definitiva. Friggete un paio di minuti anche le calottine. Scolate anch'esse su carta da cucina a perdere eventuale olio in eccesso.
Se il sugo si asciugasse troppo, aggiungete poca acqua calda per volta, finchè il sugo sarà ristretto e le melanzane ben cotte.
Ho deciso di friggerle perchè temevo che ci sarebbe voluto troppo tempo a cuocere nel sugo, sono abbastanza coriacee, e volevo evitare l'effetto bollitura.

Cuocetele fino a che sono morbide ma ancora integre.  Servitele con il loro sughetto, coperte con la loro calottina ripassata un momento nel sugo,   e una montagna di pane per fare la scarpetta alla fine.



Qualche notizia in più su queste preziose melanzane, da Wikipedia:

La melanzana rossa (Solanum aethiopicum) è una pianta d'aspetto simile alla melanzana per portamento ma il suo frutto arrotondato si colora di rosso intenso come un pomodoro  tanto da essere scambiata per quest'ultimo. La colorazione rossa è data dall'aumento del contenuto di carotene durante la maturazione della bacca, Viene coltivata essenzialmente in Africa  e in Asia tropicale. Il clima ottimale per la melanzana rossa è un clima caldo e asciutto, come quello della savana africana.

La melanzana rossa è coltivata in Italia  in alcune aziende del comune di Rotonda, in Basilicata,  nel Massiccio del Pollino nella Valle del Mercure e inCampania in provincia di Salerno  a Santa Marina  e a Policastro (territori vicini alla Basilicata, quelli del Cilento)  Probabilmente venne importata in Italia dai reduci delle guerre coloniali della fine del XIX secolo. In passato ha rischiato di estinguersi, ma la valorizzazione avvenuta grazie ad operatori turistici, agricoltori ed alcuni enti istituzionali che ne hanno promosso il consumo e la coltivazione, ha portato al riconoscimento come Presidio Slow Food e alla proposta per il riconoscimento del marchio DOP  avvenuto nel 2007. Attualmente in Italia è commercializzata e conosciuta come melanzana rossa di Rotonda o melanzana a pomodoro (dal nome lucano    merlingiana a pummadora).

sabato 17 ottobre 2015

tutta colpa dei porri

Eh sì. Mi erano avanzate delle foglie di porro scottate, che avevo preparato per queste crespelle 
e mi spiaceva buttarle, pensavo di riciclarle dentro un minestrone, ma poi ho sono passata in pescheria.
Il mio vizio di comprare a sentimento, senza programmare, secondo quello che vedo sui banchi,  mi ha portato a delle belle capesante, molto cicciose e piene.  Viste e prese insieme a una decina di gamberoni,  e portate a casa. Una idea mi verrà, ho pensato.
E lì è cominciato l'arrovello. Come le faccio? Credo di averle fatte in ogni modo.
Poi mi son ricordata del porro,  ho passato in rassegna quello che passava il frigorifero ed è arrivata l'idea.
Certo la presentazione lascia molto a desiderare, devo sicuramente migliorare. Ma quando hai qualcuno che aspetta il piatto caldo e ti osserva impaziente di assaggiare,  fai tutto in fretta. E la fretta si sa, non è una amica della precisione o delle cose fatte perbene.
In ogni caso prendetele così, magari se le rifate  presentatele un po' più elegantemente.
Per essere buone sono buone, fidatevi.


 Bon bon di capesante, gamberi e crema di cavolfiore allo zafferano 

per 2 persone


per le capesante:

6 belle capesante
3 gamberoni
2 foglie di porro
mezzo bicchiere di vino bianco
una noce di burro
sale, pepe
prezzemolo tritato
 


per la crema di cavolfiore


300 gr cimette di cavolfiore bianco
1 spicchio d'aglio
1 rametto di rosmarino
poco burro
brodo vegetale
1 bustina di zafferano


Lavate le cimette di cavolfiore, tritatele finemente e fatele stufare in un poco di burro, aggiungete uno spicchio d'aglio intero, e un rametto di rosmarino.
Lasciare insaporire, quindi eliminate sia l'aglio che il rosmarino, avendo cura che non rimanga nessun ago sparso nella padella.
Aggiungete un poco di brodo vegetale regolate di sale  e lasciate cuocere pian piano.
Da un grosso porro ricavate un paio di foglie, le più verdi possibile. Scottatele in acqua bollente salata per  un paio di minuti, dopodichè prelevatele con una schiumarola e passatele immediatamente sotto l'acqua fredda. Meglio se le tuffate in acqua e ghiaccio. La clorofilla si fisserà e manterrà perfettamente il colore verde brillante. Poi toglietele dal bagno freddo, asciugatele perfettamente e con un coltellino affilato tagliate le foglie a striscioline, non troppo grosse, ma neanche troppo sottili.

Pulite e lavate accuratamente  le capesante per togliere eventuale sabbia, eliminate il corallo.
Sgusciate tre gamberoni, tagliate le teste  e  togliete il budellino interno, lavateli, asciugateli  e dividete ogni gamberone a metà nel senso della lunghezza.
Con un coltello molto affilato, tagliate a metà le capesante, ma non del tutto, dovete solo ricavare una apertura.
Infilate i mezzi gamberoni in ogni capasanta in modo che siano ben all'interno. Legate ogni capasanta con una strisciolina di porro.

In una larga padella fate fondere una generosa noce di burro, lasciate che cominci a spumeggiare e a colorirsi, poi unite i bon bon di capesante e lasciateli rosolare da tutti i lati, girandoli con delicatezza.
Regolate di sale e di pepe.  Sfumate col vino bianco e lasciate evaporare, poi coprite e portate a cottura per circa 8/10 minuti.
Nel frattempo aggiungete la bustina di zafferano ai cavolfiori che saranno ormai cotti, mescolate per fare in modo che si amalgami bene..
Frullateli a crema con il minipimer e tenete in caldo.
Quando il fondo delle capesante si sarà ristretto formando un sughino, mettete in tavola.
Fate uno leggero strato (non come me) di crema di cavolfiore sul fondo del piatto, appoggiatevi sopra tre capesante, completate con un poco del loro fondo di cottura  e colorate il tutto con un pizzico di prezzemolo tritato.


Avrei potuto cuocere il cavolfiore in altri modi, col latte, o con del fumetto di pesce. Ma il latte avrebbe reso tutto troppo dolce, e io volevo un minimo contrasto. Il fumetto invece avrebbe reso anche il sapore dei cavolfiori omogeneo al pesce,  appiattendo il gusto.

Ma voi fate come più vi piace.


Sono state l'apertura del pranzo, mentre gli altri gamberoni sono finiti in un cartoccio con rosmarino e brandy.Confesso che abbiamo apprezzato.





P.S. - le teste dei gamberoni  e i coralli delle capesante li ho congelati. Le teste finiranno in un nuovo fumetto, e  i coralli, quando ne avrò qualcuno in più,  li farò essiccare in forno e poi ne ricaverò polvere per decorare i piatti di pesce.

martedì 13 ottobre 2015

Rotolando

Andare a rotoli non ha un bel significato, vuol dire fallire, sfasciare, alla fine andare a sbattere.
Ma in questo caso andare a rotoli ha per me tutt'altro significato.L'unica cosa su cui sbatterò saranno   i rotoli intorno al mio girovita, ma non è poi tanto grave...
 La carne di coniglio è abbastanza presente sulla mia tavola, vuoi perchè è una carne bianca e magra, ha una quantità di colesterolo molto bassa,  non è quasi mai oggetto di allergia, e infine perchè piace molto a tutti.
Cosi cerco di variare ogni volta anche se,  cucinato con le olive o semplicemente alla cacciatora,  con abbondante aglio e rosmarino, sono  forse i modi con cui lo preparo più spesso.
Ogni tanto però riesco a farmene disossare qualcuno dal mio macellaio.
Disossare il coniglio non è così semplice come per il pollo, è abbastanza ingrato il lavoro da fare,  per cui mi affido alla esperienza e alla disponibilità di Silvano, il mio macellaio di fiducia. So di dargli una incombenza di cui farebbe volentieri a meno, ma non riesce a dirmi di no...
Pensando all'autunno, questo è l'ultimo che ho preparato


Rotolo di coniglio alle castagne

1 coniglio disossato
150 gr pancetta liscia, a fette
100 gr prosciutto cotto
la mollica di 3 o 4  panini, rafferma
150 gr di castagne già  cotte e pulite
1 uovo
2 o 3 cucchiai colmi di parmigiano
un trito molto fine di timo, rosmarino  e aglio
poco latte
un pizzico di noce moscata
1 foglia di alloro
sale, pepe
olio e.v.
1 bicchiere di vino bianco
poco aceto



Preparate il ripieno. Mettete a bagno,  in un goccio di latte, la mollica rafferma dei panini.  Dopodichè strizzatela bene bene e trasferitela in una ciotola.
Aggiungete l'uovo intero,  il prosciutto cotto tritato, il parmigiano, il trito aromatico, la noce moscata, sale, pepe e mescolate molto bene per amalgamare tutto.  Dovrà risultare un composto morbido ma  consistente.
Lavate la carne, lasciatela qualche minuto a bagno in acqua molto fredda  e poco aceto, poi asciugatela e stendetela bene su un tagliere. Salate e pepate l'interno, ricopritelo accuratamente con le fettine di pancetta liscia.
Servirà a chiudere eventuali spazi  da dove potrebbe fuoriuscire il ripieno.
Sulla pancetta mettete la farcia preparata e  appiattitela  in modo che sia  ben distribuita. Spargete sulla farcia metà delle castagne in modo regolare e arrotolate dal lato più corto, avendo cura di includere la carne delle estremità, in modo da formare un rotolo ben chiuso. Legatelo molto bene con dello spago da cucina.
Scaldate un goccio s'olio in una casseruola, aggiungete il rotolo e fatelo dorare da tutti i lati, unite anche un rametto di rosmarino, qualcuno di timo, una foglia di alloro e uno spicchio d'aglio, quindi sfumate con il vino bianco, salate e pepate. Lasciate evaporare il vino, quindi unite le castagne rimaste e aggiungete dell'acqua calda, o meglio ancora, del brodo caldo, in modo che il liquido arrivi a metà del rotolo. Coprite e lasciate cuocere per circa un'ora, un'ora e un quarto girandolo delicatamente ogni tanto e  controllando che il liquido si consumi lentamente.  Sarà pronto quando l'intingolo si sarà ristretto.
Lasciatelo riposare a fuoco spento per qualche minuto prima di affettarlo, poi servitelo con il suo sughetto di castagne.







venerdì 9 ottobre 2015

avanzi

Dopo la preparazione delle  crespelle, domenica scorsa, mi sono avanzati un po' di funghi già trifolati.
Li avevo cotti in abbondanza,  come al mio solito.  Ho sempre paura che le dosi non siano sufficienti,  così va  a finire  che  preparo sempre quantità industriali. E avanzano.
Troppo pochi per farci insieme una polentina per due persone, troppo pochi anche per un contorno.
E allora?  Niente, allora apro il frigorifero....l'ultimo pezzetto di rigatino toscano è lì in un angolino, strettamente avvolto nella pellicola. Uhm...quantità sufficiente per un soffritto....mi viene in mente un sugo da cucina anni '70, che facevo appena sposata. Ok, vada per quello, ma che formato di pasta? Già perchè secondo me ogni formato ha il "suo" sugo....qui ci vedevo bene una pasta un po' diversa, grossa, nervosa, che prendesse bene il condimento....guardo in dispensa cercando la pasta giusta e trovo un pacchetto di mafaldone ricce che avevo comprato per disperazione,  quando cercavo e non trovavo invece  le lasagne ricce. Ovviamente poi le lasagne ricce le avevo trovate e questo pacchetto l'avevo messo in stand by.

Ma finalmente è arrivato anche per loro il momento di gloria...




Lasagnette  ricce, pancetta e funghi

Lasagnette ricce, q.b.

funghi trifolati
(quanto saranno stati? Mah, forse 200/250 gr. da cotti)
80 gr rigatino toscano (pancetta)
1 scatola di pelati
2 spicchi d'aglio
mezzo bicchiere di vino rosso
olio, sale, pepe
parmigiano grattugiato
un ciuffo di prezzemolo tritato



in una larga padella lasciate imbiondire  nell'olio gli spicchi d'aglio, un po' del prezzemolo tritato,  aggiungete il rigatino tagliato a pezzetti abbastanza piccoli, lasciate insaporire quindi e sfumate con il vino rosso.
Aggiungete i funghi già trifolati e mescolate perchè  prendano sapore insieme alla pancetta. Salate e pepate generosamente.
Passate o tritate i pelati, uniteli ai funghi, aggiungete un poco di acqua calda o di brodo vegetale caldo e lasciate cuocere il sugo per circa mezz'ora, a fuoco basso. Se alla fine fosse ancora un po' lento, lasciatelo qualche minuto in più sul fuoco finchè è della densità giusta.
Spegnete il fuoco e spolverate leggermente di prezzemolo tritato.
Cuocete la pasta al dente, scolatela bene e versatela nel tegame del sugo, mantecate mescolando delicatamente per non rompere le lasagnette ricce ma in modo che prendano bene il condimento.
Mettete nei piatti caldi e aggiungete una buona grattugiata di parmigiano e l'ultimo pizzico di prezzemolo, per colorare..

Buon appetito! 

martedì 6 ottobre 2015

tempo di funghi.

Sui banchi del fruttivendolo il posto d'onore ora ce l'hanno i funghi. La settimana scorsa dei freschissimi porcini occhieggiavano in un cestino foderato di foglie di vite,  stranamente non arrivavano dalla Bulgaria, o dai paesi dell'Est come tutti quelli che ho visto al super.  Sono  stata tentata, ho pensato che sarebbero sati benissimo in un buon risotto. Mi son decisa e ne ho comprato qualcuno.
Tornando a casa con la spesa arriva la telefonata..... Mamma, domenica siamo a pranzo da te, viene anche una comune  amica.
La notizia che avrò una gradita ospite mi fa molto piacere, è parecchio che non ci vediamo e sono contenta di poterla riabbracciare.
A questo punto il programma cambia. I funghi che ho comprato non sono sufficienti, ma ne ho una buona quantità in freezer.  Userò anche quelli, ma.....  invece del risotto  perchè non delle crespelle?



Fagottini ai funghi in crema di parmigiano

per 8/9 persone

per circa 30 crespelle:
3 uova intere
500 ml latte
200/220  gr farina
50 gr burro fuso
sale



per il ripieno:
1 kg   circa di porcini freschi
(oppure  surgelati)
se preferite potete anche usare i funghi misti, sempre surgelati

250 gr ricotta vaccina, fresca
3 cucchiai  colmi di parmigiano grattugiato
1 ciuffo di prezzemolo tritato
1 spicchio d'aglio
olio e.v.
sale, pepe


per la salsa di parmigiano:
 250 gr parmigiano reggiano grattugiato
200 ml panna liquida fresca
poca noce moscata

per completare:
 2 piccoli porri


 Per prima cosa, sfogliate i porri ricavandone la parte più verde. Tuffate qualche istante le foglie in acqua bollente salata quindi scolatele e passatele velocemente sotto l'acqua fredda in modo da fissare il colore.
Mettetele ben tese su un canovaccio da cucina ad asciugare, senza sovrapporle. Tenete da parte.

Preparate le crespelle.
Fate fondere il burro, e lasciatelo intiepidire.
In una ciotola sbattete le uova con una frusta a mano, aggiungete pian piano la farina e stemperate man mano con il latte, fino ad avere una pastella densa e fluida. Aggiungete il burro fuso  e regolate di sale.
Coprite e lasciate riposare la pastella per una mezz'ora, a temperatura ambiente.
Trascorso il tempo, ungete leggermente  un padellino o una crepiera con del burro. Mettete sul fuoco e quando è caldo, versate un mestolino di pastella, spargendola in modo concentrico  e lasciate cuocere. Non appena i bordi iniziano a sollevarsi, usando una spatola di legno, giratela dall'altro lato. Lasciate  cuocere ancora un paio di munuti, quindi trasferitela su un piatto. Continuate allo stesso modo fino ad esaurire la pastella.
Otterrete circa una trentina di crespelle.  Potete anche prepararle in anticipo. Io lo preferisco, perchè è un lavoro noioso e porta via abbastanza tempo. Per cui le faccio la sera prima e le conservo, una volta raffreddate completamente,  in frigo avvolte nella pellicola in modo che non si asciughino troppo.

Mondate i funghi, puliteli con un panno umido. Io preferisco comunque passarli velocemente sotto l'acqua, evitando di bagnare troppo i tuboli. Ho l'impressione di pulirli meglio, e pazienza se assorbono acqua, dovranno comunque cuocere e l'acqua si assorbirà.
Una volta ben puliti e asciugati, affettateli e riduceteli in pezzi regolari.
Se usate quelli surgelati ovviamente questa operazione non servirà. Basterà metterli, ancora surgelati, nella padella con l'olio caldo e lasciarli cuocere finché tutto il loro liquido si sarà riassorbito.
In una larga padella scaldate un goccio d'olio, aggiungete uno spicchio d'aglio e unite i funghi, mescolate spesso in modo che non coloriscano. Rilasceranno il loro liquido e cuoceranno velocemente.
Alla fine  aggiungete anche un poco del prezzemolo tritato. Se i pezzi di funghi vi sembrano troppo grossi, date una grossolana tritata. Andranno nel ripieno, non si noterà. Tenete  però da parte qualche fettina,  per la decorazione.
Spegnete e lasciate raffreddare.
In una ciotola mettete la ricotta, fatela diventare cremosa e liscia mescolandola energicamente con una forchetta, aggiungete i funghi, il parmigiano grattugiato, il resto del prezzemolo tritato, un pizzico di sale e una macinata di pepe bianco. Mescolate per amalgamare il tutto.

Ora riprendete le foglie di porro, con un coltellino dalla lama affilata, tagliatele per il lungo, ricavatene delle stringhe e preparate i pacchettini.
Mettete una crespella sul tagliere,  nel centro mettete una cucchiaiata abbondante di funghi e ricotta e ripiegate i lati sul ripieno in modo da formare dei fagottini. Legate ogni fagottino a mo' di pacchetto con le stringhe di porro e allineate tutto   in una teglia, molto ben imburrata. Cospargete di fiocchetti di burro  e date una leggera spolverata di parmigiano. Mettete in forno a 180° statico per circa 15 minuti, dovranno solo scaldarsi.
Mentre i fagottini sono in forno, preparate le crema di parmigiano.
In un pentolino mettete a scaldare la panna, appena accenna a fremere, unite il parmigiano mescolando con una piccola frusta per stemperare tutto, poi con una spatola, in modo che tutto sa perfettamente liscio.
Profumate con una grattatina di noce moscata e tenete in caldo.
Scaldate delle cocotte in forno, in modo che mantengano il calore.  Versate un velo di crema di parmigiano nelle cocottes scaldate, appoggiatevi sopra un paio di fagottini ai funghi e decorate le  fettine  di porcino tenute da parte.
Servite ben caldo.