mercoledì 29 gennaio 2014

cioccolato mon amour

adoro il cioccolato, come la maggior parte delle persone.
Non tutte, ovvio.
Ma possibile che due di quelle persone che non lo amano siano proprio  nella mia famiglia?
Mio marito e mia figlia Chiara non ne vanno pazzi, lo prendono a piccole dosi. Stufa, dicono. Ma stufa chi???  A me non stufa affatto.
Perciò fare dolci al cioccolato a casa mia è, non dico vietato, ma quasi. E anche sentire i loro sbuffi quando porti in tavola una torta o qualcosa al cioccolato, alla fine mi scoraggia a farne...
Meno male che mia nipote  Alice mi assomiglia, almeno in questo. Valerio ancora non lo sa bene cos'è il cioccolato,  ma quel poco che ha assaggiato gli piace eccome..
Approfitto dei pranzi domenicali dove tutti siamo riuniti per  preparare eventuali dolci al cioccolato, col favore del resto della  famiglia allargata ai generi,  così i succitati marito e figlia vanno in minoranza... intendiamoci, non li lascio senza dolce. Faccio sempre qualcosa di alternativo per loro.
Però a volte, quando ne sento particolarmente la voglia,  non mi basta pizzicare un pezzetto di tavoletta,  devo, devo fare un dolce al cioccolato, per coccolarmi un poco, per avere la soddisfazione di sentirne  il profumo  che si spande per tutta casa...

Tanto poi alla fine, brontolando brontolando, assaggiano e apprezzano, a volte apprezzano talmente tanto che a me ne resta ben poco..

Ho comprato recentemente un libro curato da Frédéric Bau,  della scuola Valrhona,  Enciclopedia del cioccolato si intitola. Molto molto bello, un acquisto di cui non mi pentirò.. Contiene ricette di autori vari.
Sfogliandolo,  la mia attenzione è stata attratta da un cake con le banane.... guarda caso, avevo due belle banane che erano già in avanzato stato di maturazione e se fossero passati altri due giorni avrebbero preso la via della pattumiera...
Leggo la ricetta e mi aumenta la salivazione, guardo l'autore:  è di Felder. Non potevo scegliere meglio!
Mi metto in cucina.


Cake al cioccolato e banane


80 gr cioccolato fondente al 60%
100 gr burro
40 gr zucchero semolato
20 gr zucchero Muscovado (o zucchero cristallizzato grezzo)
1 tuorlo
3 uova intere
200 gr di purea di banane molto mature (circa 2)
40 gr farina di nocciole
40 gr grué di cacao
50 gr farina
4 gr lievito chimico per dolci
150 gr cioccolato al latte 40%
60 gr uvetta chiara
5 cl rhum bianco

poco rhum scuro
poca noce moscata


pesare l'uvetta, lavarla in acqua bollente, poi farla rinvenire a fuoco molto lento dentro il rhum chiaro allungato con un goccio d'acqua  (1/4 dell'insieme) fino alla riduzione completa del liquido. Lasciar raffreddare.
Spezzettare il cioccolato fondente e farlo sciogliere lentamente a bagnomaria o nel Microonde a bassa potenza (350w), mescolando di tanto in tanto.
Fondere il burro , aggiungerlo al cioccolato e raccogliere il tutto in una ciotola, aggiugere i due zuccheri, il Muscovado e quello semolato, mescolando con le fruste elettriche finchè il tutto è amalgamanto e perfettametne liscio. Unire il tuorlo e le tre uova, pian piano sempre badando che il composto resti liscio.
Unire anche la purea di banane, continuare a mescolare a bassa velocità e aggiungere la farina di nocciole, il grué di cacao e la farina miscelata con il lievito chimico.
A questo punto mettere la ciotola in frigorifero per almeno 15 minuti, in modo che il composto indurisca un pochino.
Nel frattempo, con un coltello affilatio,  ridurre in scaglie  il cioccolato al latte.
Riprendere il composto dal frigorifero, aggiungere l'uivetta ben sgocciolata e le scaglie di cioccolato al latte.
Foderare uno stampo da plumcake con della carta forno, oppure imburrato e infarinato e versarvi l'impasto. Io, di mia sponte, ho passato il bisturi da cucina incidendo  per il lungo il centro dell'impasto.
Cuocere in forno già caldo a 180° per 45 minuti circa.
Eì un dolce abbastanza lungo da cuocere per via delle banane schiacciate per cui il tempo di cottura varia da forno a forno, e secondo il grado di maturazione dei frutti, vale sempre la prova stecchino, deve uscire asciutto..  Comunque il dolce rimarrà sempre molto morbido.

Una volta cotto, toglierlo dal forno e dopo qualche minuto, sformarlo e appoggiarlo su un tagliere. Bagnarlo, a dolce caldo, con il rhum scuro usando un pennello da cucina, e cospargerlo di noce moscata.
Dopodichè, sempre a caldo, avvolgerlo nella pellicola  facendola aderire bene alla superficie. In questo modo tutto il profumo del rhum impregnerà il dolce senza che aromi e alcool evaporino.
Lasciarlo raffreddare  e metterllo in frigo per una notte.

Umido, fondente e  profumato, in altre parole strepitoso!!







Da fare e rifare, e rifare...






venerdì 24 gennaio 2014

Richiami

Difficile che  programmi giorno per giorno quello che sarà il menu della settimana, a grandi linee  so cosa fare, ma l'idea precisa mi viene mentre faccio la spesa, guardando cosa c'è nei banchi di carne, pesce e verdura. Una volta deciso, compro quello che serve.
Così passando a curiosare anche  sui banchi della pescheria,  ho sentito il richiamo di un bellissimo scorfano, (che già dire bellissimo di uno scorfano ce ne vuole...) ce n'erano diversi, tutti di buona stazza, freschissimi, che occhieggiavano in bella vista sdraiati sul loro letto ghiacciato.
Non ho potuto resistere al suo richiamo. L'ho portato a casa.
Ecco cosa ci ho tirato fuori:



Zuppetta di scorfano e spaghetti grezzi spezzati Cav. Cocco


per 2/3 persone

1 scorfano di circa 800/900 gr
oppure due piccoli
una decina di pomodorini pizzutelli
2 cipollotti freschi
3 spicchi d'aglio
1 costa verde di sedano
1/2  cucchiaio  di conserva o concentrato di pomodoro
1 ciuffo di prezzemolo
olio, sale, pepe
peperoncino, se piace
poco fumetto di pesce
250 gr spaghetti grezzi Cav. Cocco, spezzati a circa  1,5/2 cm.
3 fette di pane casereccio


In una casseruola alta, antiaderente possibilmente, tostare un paio di minuti  i pomodorini tagliati a metà, aggiungere i cipollotto freschi affettati sottilmente, 4 o 5 cucchiaii di olio e lasciar appassire il tutto per qualche minuto, poi unire il concentrato di pomodoro, due degli spicchi d'aglio sbucciati e schiacciati, la costa di sedano e coprire tutto a filo con del fumetto o con dell'acqua calda e riportare a bollore.
Nel frattempo eviscerare  lo scorfano, squamarlo bene ed eliminare anche le pinne. Dopodichè sfilettarlo e dividerlo in due filetti.
 Mettere la carcasse dello scorfano nel sugo che nel frattempo avrà ripreso a bollire, nel caso non  ci stesse per interno, tagliarlo in due con la forbice.
Lasciar cuocere pian piano finchè la carcassa del pesce è completamente cotta, a questo punto  prelevarla, appoggiarla su un tagliere lasciandola intiepidire e tenere da parte il sugo che sarà ancora abbastanza liquido.
Spinare quel che resta dello scorfano, e mettere le polpe ottenute dentro al sugo, mettere i resti della testa e della lisca in un colino cinese e premere bene per recuperare tutto l' eventuale liquido, e unire anche questo al sugo tenuto da parte.
Rimetterlo sul fuoco, lasciar prendere calore e appena accenna a bollire, abbassare il fuoco e aggiungere i filetti di scorfano tenuti da parte. Coprire e lasciar cuocere dolcemente, senza muoverli troppo in modo da non romperli. Per comodità di servizio, ho tagliato a metà ogni filetto. Così è più agevole il lavoro  e si rischia meno che si rompano in cottura.
Nel frattempo cuocere la pasta. Spezzare gli spaghetti e cuocerli molto al dente.
tagliare a cubetti il pane, meglio se raffermo. In un padellino scaldare  un goccio d'olio buono, aggiungere il pane a cubetti insieme all'ultimo spicchio d'aglio e tostare il tutto mescolando continuamente, ci vorranno pochi minuti. Scolare il pane su un foglio di carta da cucina e tenere da parte.
Togliere i filetti dal sugo e tenerli in caldo,  il fondo deve essere abbastanza liquido, se non lo fosse, aggiungere del fumetto o dell'altra acqua calda.
Scolare la pasta ancora molto al dente, versarla nel sugo morbido e finire la cottura mescolando piano finchè è  cotta, avendo cura che il sugo rimanga abbastanza morbido, da zuppetta infatti.
Servire gli spaghetti con un po' del loro sugo morbido, appoggiarvi sopra un filetto di scorfano, un pizzico di prezzemolo tritato e con i cubetti di pane tostato.






Se volete che il fondo  sia più ricco, più denso, un mezzo filetto cotto lo si può spezzettare e lasciare dentro al sugo.


Non era solo bello questo scorfano, era anche molto molto buono!







mercoledì 22 gennaio 2014

la torta clementina

questa torta mi ha incuriosito, e attirato, non appena la mia amica Paula l'ha linkata in un commento su Facebook.
Mi piaceva l'idea di usare le clementine, che avevo in gran quantità molto buone.
Così la faccio come dolce della domenica, che ormai lo sanno anche i sassi, a casa mia non può mancare.
La ricetta  Paula l'ha linkata da  QUI e anche a vedere le bellissime foto che la ritraggono mi è aumentata la voglia di assaggiarla.

Come è mia consuetudine, la prima volta che faccio una ricetta non mia, la seguo alla lettera per capire ed eventualmente ragionare poi,  in base a come mi viene, a come e se  mi piace.
Questa mi è piaciuta, anche se secondo me ci sono un paio di cose da mettere un po' a punto.
Infatti, alla fine lascia un retrogusto leggerissimamente amarognolo, che a me piace a dire il vero, ma che non tutti apprezzano.
Vi metto la ricetta originaria  che arriva da Nigella Lawson e quelle modifiche che ho pensato di apportare fra parentesi.


Torta clementina


 per lo sciroppo:

1 l. acqua
180 gr zucchero  (250 gr)
(1 bicchierino di liquore al mandarino)


4 o 5 clementine bio, non trattate
250 gr farina di mandorle
225 gr zucchero
6 uova
1 cucchiaino di lievito



In una pentola mettere i mandarini interi con tutta la buccia, ben lavati e spazzolati, con l'acqua e zucchero
 e  cuocere a fuoco medio per circa due ore. 
Quando l'acqua   sarà diventata uno sciroppo  denso e ambrato, spegnere e lasciar   raffreddare.

(Per ridurre ancora di più quel sapore leggermente amaro, credo che sarebbe meglio sbollentare un paio di volte  le clementine prima di farle cuocere nello sciroppo. Una volta sciroppate e tolte le clementine, aggiungerei un bicchierino di liquore al mandarino, ma è facoltativo)


Scaldare  il forno a 180°.
Scolare le  clementine dal loro sciroppo, che va tenuto da parte, tagliarle a pezzettini facendo attenzione a  che non ci siano semi, e frulalrle. Ho usato il Bimby per comodità, ma un buon frullatore è ugualmente valido.
 In  una ciotola montare le uova con lo zucchero, unire la farina di mandorle, le clementine frullate e il lievito e mescolare bene affinché sia tutto omogeneo.
Versare il composto in uno stampo a cerniera da 22/24 cm. imburrato e infarinato o rivestito di carta forno e cuocere per 35 minuti, poi abbassare la temperatura fino a 160° e continuare la cottura per circa 10 minuti o più, dipende dal forno.. 
la torta dovrà essere umida all'interno, alla fine.

Una  volta tolta dal forno, ancora calda, punzecchiatela dappertutto sulla superficie,  con un ago, e pennellatela molto bene con lo sciroppo delle clementine tenuto da parte. Io ho aggiunto allo sciroppo anche un bicchierino scarso di liquore al mandarino.

(ho spennellato la torta da calda, con lo sciroppo ancora caldo e non a freddo come dice la ricetta)

Alla fine, prima di portarla in tavola, l'ho  guarnita  con un paio di clementine sciroppate che avevo cotto insieme a quelle che ho poi frullato e una leggerissima spolverata di zucchero a velo.
 





la rifarò senz'altro, era profumatissima e  perchè dentro è bella umida e fondente come piace a me, e con le modifiche che ho pensato sarà sicuramente ancora più apprezzata.





domenica 19 gennaio 2014

Ricette ritrovate

Di solito arrivo davanti al banco già decisa  e con le idee chiare su quello che voglio, però poi, una volta lì, davanti a tutto quel pesce sempre freschissimo, i miei propositi vanno carte quarantotto. Mi capita quasi sempre  di dimenticare l'idea di base e di farmi prendere da quello che vedo, così torno a casa con tutt'altro rispetto all'idea di partenza.
Una volta a casa arriva l'impazienza,  devo subito mettere in pratica l'idea che mi è balenata. Ma non sempre si può,  ci sono volte in cui i tempi non coincidono,  oppure non bastano.
E' stato così anche l'altra sera.
Decisa a comprare un pesce da fare al forno, ero ferma davanti al lungo e fornitissimo banco della pescheria, ricco di ogni specie di pesce, di crostacei e di molluschi,  ed ecco che guardando degli umilissimi cefali mi sono decisa a fare  una cosa che stavo covando da un bel po'.
Fra i miei ristoranti preferiti ce n'è uno molto particolare, sul lago di Como, il mio amato lago...
ha una  bellissima sala/terrazza  dove si cena o si pranza davanti a un panorama unico,   è anche uno dei più vecchi crotti di lago, infatti si chiama Crotto del Misto ed è a Lèzzeno, un paese allungato sulla strada che da Como porta a Bellagio. Lì fanno  un paté di pesce di lago che da solo vale il viaggio.
Ho cercato, negli anni, di estorcere la ricetta a Vittorio, il patron, amico e grande fotografo, ma lui è sempre stato molto evasivo, anche se una involontaria  indicazione me l'ha data.   Durante una delle tante scorribande,  mi disse che viene fatto con una ricetta del 1300 che lui stesso ha rivisitato per renderla attuale,  e  che va preparato in più giorni,  va fatto cuocere un poco al giorno e   alla fine va tutto passato.  Già, ma tutto passato cosa??  Perchè non c'è solo pesce di lago  in quel paté...ogni volta che ci andiamo lo ordino sempre, assaporandolo lentamente perchè mi piace moltissimo, ma anche per cercare di riconoscerne tutti gli ingredienti...
Quel "tutto passato" mi è rimasto in mente per molto molto tempo, sepolto nella memoria in attesa che mi decidessi.
Certo, il pesce di mare regala un gusto diverso, più deciso, ma basta cercare pesci giusti, meglio se di piccola pezzatura  e poco pregiati.  In fondo vanno trasformati in paté,  è un peccato usare pesci costosi..
Così, con i miei cefali nella borsa, finisco la spesa e arrivo a casa. Guardo l'orologio e sono già le sette di sera. Mannaggia, è troppo tardi per mettermi a fare quello che ho pensato.
Però, però...tanto è  una ricetta che prevede tempi lunghi  e allora posso avviare la prima parte.
Col disappunto di un marito affamato, mi ci metto..
Alla fine, la preparazione è durata un paio di giorni, e sabato sera  ha fatto parte della nostra cena.

Premetto che  ho scelto i cefali perchè erano molto freschi e della misura giusta, ma credo che vadano bene anche altri pesci, ribadisco, poco pregiati. Se poi trovate pesci d'acqua dolce, che non siano trote ovviamente, il risultato sarà ancor più delicato. Si possono usare anche pesci misti, dipende da quello che offre il pescato  fresco.
Credo che nel calderone del Crotto del Misto finiscano scardole, savette, persici sole,  boccaloni, cavedani. Non certo i lavarelli o  gli agoni, molto più pregiati. Dipende da cosa tirano su i pescatori che escono tutte le mattine...




Paté di pesce


 per 3/4 persone

3 cefali di media pezzatura
2 grosse carote
2 coste di sedano belle piene
1 grossa cipolla
2 chiodi di garofano
1 cucchiaino pepe nero
1 cucchiaino bacche di ginepro
2  o 3 foglie di alloro
2 spicchio d'aglio  non troppo grossi
1 bicchiere di vino bianco
5 o 6 cucchiai di aceto, meglio bianco
2 cucchiai panna liquida fresca
2 cucchiai del fondo di cottura filtrato
50/60 gr di burro morbido
sale


 pulire, eviscerare, squamare il pesce. Con le forbici eliminare le varie pinne.
Dividerli in due parti, in pratica tagliarli a metà in orizzontale, una con la   testa e  una con la coda.
Pulire le carote, tagliarle a pezzettoni. Pulire il sedano e tagliare anch'esso a pezzettoni.Pulire la cipolla, dividerla in quarti o spicchi  in modo che si possano poi ritrovare nella pentola.
Mettere parte delle verdure sul fondo di una casseruola antiaderente  in modo che facciano da base.
Appoggiare sulle verdure i pezzi di cefalo, aggiungere le spezie, le foglie di alloro, e  gli spicchi d'aglio, salare leggermente.
Coprire i pezzi di pesce con il resto delle verdure.
Bagnare con  un goccio di vino bianco e mettere su fuoco dolce  coprendo il tegame.
Lasciar cuocere per circa 15 minuti. Spegnere il fuoco, lasciar raffreddare e mettere il tegame col suo contenuto in frigorifero.

Il fatto di far riposare il pesce dopo la prima cottura, fa sì che si insaporisca per bene con tutte le verdure e le spezie, e gli umori rilasciati vadano a fnire nel fondo, il giorno successivo renderanno tutto il loro sapore al pesce.

Il giorno dopo riprendere il tegame, rimetterlo sul fuoco e quando inizia di nuovo l'ebollizione, aggiungere anche l'aceto.
Meglio partire con 3 o 4  cucchiai, e poi assestare a vostro gusto assaggiando di volta in volta. Non deve essere aggressivo, ma dare solo una leggerissima,  piacevole acidità. L'aceto darà spessore e rotondità  al gusto..
Fare cuocere senza smuovere nulla, senza mescolare, a fuoco basso basso, sempre coperto, finchè le verdure sono morbide e cotte, ma non sfatte.
Togliere dal fuoco e lasciar raffreddare completamente.
Quando è freddo, iniziare a spinare il pesce molto delicatamente, perchè sarà fragilissimo e se si frantuma sarà complicato poi  ritrovarlo nella pentola.
Dalla testa dei pesci prendere la carne delle guance, poi eliminarla insieme alla pelle e  le spine, se ne scappa qualcuna più sottile poco male, dopo che sarà tutto frullato non si sentirà. Fare attenzione a che non rimangano grani di pepe o di ginepro nella carne.
Mettere tutta la polpa ricavata nel frullatore, io ho usato il Bimby che mi ha permesso di avere il risultato che avevo in mente, ma credo che un buon frullatore possa essere altrettanto valido.
Aggiungere alla polpa due o tre piccoli pezzi di carota, un quarto di cipolla e un pezzetto di sedano,   scegliete quelli più cotti ovviamente, due cucchiai del fondo di cottura ben filtrato, dare una prima frullata, aggiungere la panna  e rifrullare di nuovo, assaggiare e regolare di sale e di aceto, se serve.
A questo punto aumentare la velocità del frullatore e aggiungere il burro morbido a pezzetti.
Frullare fino ad avere un composto assolutamente cremoso e senza grumi.
Metterlo a raffreddare in uno stampo a piacere, oppure in una ciotola coperto con la pellicola.
Se  volete,  toglietelo qualche minuto prima,  si ammorbidirà,  anche se già di suo  non  si indurirà molto in frigo, mettetelo in una sac à poche con una bocchetta spizzata grossa e  spremetelo su un piatto da portata, oppure sul piatto  individuale.

Servitelo con crostini di pane caldo e decorate a piacere.




Questa ricetta voglio dedicarla ad un amico, una persona che ama la cucina quanto me e che sa trattare il pesce come pochi, una persona da cui imparo sempre, ogni volta che assaggio i piatti che prepara. Ha grande creatività, rispetto per gli ingredienti che sa valorizzare sempre al massimo, e grande padronanza tecnica. Il sapore dei  suoi piatti  mi resta in testa molto a lungo.  Lui è Gianfranco Fiorucci, e Qui sul blog di sua moglie  Savita, carissima amica, potete vedere una delle sue fantastiche preparazioni che voglio riprodurre quanto prima.
Il blog di Savita è molto interessante, si chiama Nostro pane quotidiano. Non è il solito blog di cucina, è molto di più.
Date una occhiata, vi piacerà.




A noi è piaciuto molto il paté, che pur essendo fatto con pesci di mare era delicatissimo, e si avvicinava  molto a quello del Crotto, con mia grande soddisfazione.
Forse mancava ancora un pizzico di sale, la prossima volta assaggerò meglio... E' che col sale ci vado sempre piano, anche quando invece un pizzico in più non guasterebbe...




mercoledì 15 gennaio 2014

a proposito di frutta secca

sono sicura che ne gira ancora parecchia in casa, avanzata dalle feste.
Nella mia ce n'è ancora un po' soprattutto nocciole e noci, ora che le spagnolette le ho praticamente fatte fuori in altro modo.
Quale modo?  Un modo dolce dolce

Questo:





Torta di arachidi e cioccolato, gelato alla vaniglia e schiuma cappuccino.

per 4 persone

400 gr arachidi tostate
400 gr zucchero
100 gr cacao amaro in polvere
100 gr burro in pomata
6 uova
1 tazzina di caffè ristretto
un pizzico di sale
1 cucchiaino di estratto di vaniglia


per il gelato:
mezzo litro latte
125 gr panna liquida
5 tuorli
125 gr zucchero
1 baccello di vaniglia


per la guarnizione
2 cappuccini
bacca di vaniglia
foglie di menta




Preparare la torta. Scaldare il forno a 150° ventilato.
Sbucciare le arachidi e liberarle anche dalla pellicina interna. Di solito quelle che si trovano in commercio sono già tostate, se non lo fossero, una volta sbucciate e sgranate  mettetele tutte in un solo strato in una larga teglia e passatele qualche minuto in forno caldo a 200° in modo che si tostino. 
Toglierle  e lasciarle raffreddare completamente. Dopodichè frullarle finissime insieme a un cucchiaio di zucchero preso dalla dose della ricetta.
Con le fruste montare il burro in pomata con 200 gr di zucchero,  partendo con 100 gr e aggiungendolo poco alla volta in modo che pian piano il burro lo assorba.  Si avrà un composto abbastanza sostenuto.
A parte sbattere le uova intere.
Versare parte delle arachidi frullate nel composto di burro e zucchero, continuando dopo ad aggiungere poco alla volta sia lo zucchero rimasto che le arachidi e il cacao alternando le parti liquide ossia le uova sbattute e la tazza di caffè.
Il composto è abbastanza solido e io preferisco aggiungere gli ingredienti un poco alla volta alternandoli   in modo da poterlo lavorare  agevolmente con le fruste elettriche.
Finire con un pizzico di sale e un cucchiaino colmo di estratto di vaniglia, o, se l'avete, con i semi  grattati da  una bacca di vaniglia
Mescolare bene affinchè diventi un tutto ben omogeneo.
Foderare di carta forno una teglia bassa, rettangolare, 30x24 e versarvi il composto, livellandolo con una spatola a gomito.
Cuocere la torta per circa mezz'ora, dipende dal forno. E' cotta quando alla prova stecchino, questi esce completamente asciutto e pulito.
Avrà l'aspetto dei brownies, con una bella crosticina in superficie, ma bella fondente e morbida all'interno.

Non spaventatevi per la quantità di zucchero, vi assicuro che ci vuole tutto e non è affatto troppo dolce, anzi. Il cacao bilancia molto bene tutto.


Per il gelato:

portare a ebollizione latte e panna con i semini di vaniglia ricavati dalla bacca. Lasciar intiepidire e poi filtrare.
Nel frattempo montare i tuorli con lo zucchero, versarvi sopra  il latte/panna filtrato e rimettere sul fuoco  mescolando sempre finchè la crema si ispessisce e arriva a 82°. Lasciar raffreddare, versare nella gelatiera e montare il gelato.


Al momento di servire preparare due cappuccini con molta schiuma. Andranno poi suddivisi fra i quattro piatti di servizio. Se avete la macchina del caffè con la funzione cappuccino usate pure quella, scaldando caffè e latte insieme,  con la manopola del vapore fino a che avrete una bella e abbondante schiuma densa.
Altrimenti scaldate il latte e montatelo con quell'aggeggino per fare il cappuccino in casa, quella specie di caraffa che ha un coperchio con  una manopola saliscendi che  incorpora aria..

Versare un poco di cappuccino e un po' della sua schiuma in un piatto leggermente concavo, appoggiarvi un trancio di torta di arachidi, aggiungere una quenelle di gelato alla vaniglia e decorare con una bacca intera e qualche foglia di menta.

Voilà, un dolce tutto sommato semplice, ma arricchito dal gelato e dal cappuccino. La torta si bagnerà  leggermente sul fondo creando un contrasto molto molto piacevole al palato...


Se non avete voglia di fare il gelato in casa, è ottimo anche quello compro, basta che sia di crema alla vaniglia...



Questa è una vecchia ricetta del ristorante Il Bersagliere di Goito (Mn) che ho assaggiato molto tempo fa e che è diventata uno dei miei dolci dopo-feste.

domenica 12 gennaio 2014

zuppe scaldacuore

Felice era rimasto solo. Un uomo ormai di mezza età, solo.
La vita si era dipanata in solitaria, seguendo anno dopo anno il ritmo delle stagioni, il lavoro nei campi e nelle vigne, e le cure per sua madre inferma.
Triste destino quello di sua madre.
Un trattore che trainava un carro carico di fieno si era rovesciato e le aveva ucciso il marito e lei , da là sotto, era uscita paralizzata
In un attimo si era ritrovata vedova e inferma con un figlio adolescente.
Felice era poi   cresciuto con sua zia e con la madre inferma, e alla fine, quando fu in età di matrimonio, non se la sentì di cercar moglie sapendo che le avrebbe dato una vita di lavoro e rinunce, con la terra da lavorare, quella casa grande da mandare avanti e la madre che richiedeva un impegno totale.
E poi si sentiva inadeguato.
Era nato con una piccola malformazione del palato e aveva una dislalìa che lo faceva parlare con la “zeppola”. . Questo piccolo difetto di linguaggio non aveva fatto altro che aumentare la sua insicurezza e la sua timidezza e lo aveva sempre tenuto distante dai suoi coetanei, e ancor più dalle ragazze.
Si sentiva solo in quella grande casa affogata nella campagna, lontano dalla vita del paese e dal contatto con le persone, in quel suo isolamento volontario.
Una vita solitaria dunque, scandita dal lavoro per la terra e l'impegno costante per sua madre.
Finita la guerra, dovette vendere le vigne e la terra per pagare vecchi debiti accumulati negli anni e a lui restò solo quella grande casa.
La vita cambiò quando la madre morì.
Iniziò a venire in paese più spesso, a frequentare l'osteria, lo Spaccio, dove anche mio nonno era solito andare a bere un taj ogni tanto la sera, dopo il lavoro.
Iniziò a socializzare con le persone, perdendo un poco di quella insicurezza che aveva segnato la sua vita.
Per mantenersi si era inventato un attività che ai giorni nostri può sembrare anacronistica e poco producente, ma che un tempo non lo era affatto. Fare il sapone.
Per farlo in quantità tale da poterlo vendere, e guadagnare, aveva bisogno di ossa, di molte ossa. Così, spingendo un piccolo carretto, girava a piedi in tutti i paesi limitrofi in cerca di ossa, bussando a tutte le case, praticamente faceva una raccolta porta a porta e se ne tornava a casa quasi sempre carico come un somaro.
Un somaro con un basto pieno di ossa.
In una comunità contadina era praticamente normale, visto che in inverno ogni famiglia macellava il maiale, e durante l'anno qualche vitello o qualche vacca. Capitava spesso. E in paese c'era anche il macellaio che spesso lo riforniva..
Fare il sapone con le ossa e la soda caustica era una cosa abbastanza normale, tante volte l'ho visto fare a mia nonna! Aveva un pentolone dove metteva a bollire le ossa del maiale a cui aggiungeva soda caustica. Accendeva un fuoco di legna in un angolo del cortile, metteva su il pentolone che bolliva, bolliva e bolliva e alla fine una sostanza liquida marroncina veniva colata da ma nonna dentro a una larga cassa di legno, bassa e rettangolare che lei teneva solo per quella funzione. Quando il composto cominciava a solidificarsi mia nonna lo tagliava in grossi pezzi. E aveva il sapone da bucato per tutto l'anno.
Così mi è capitato innumerevoli volte di vedere Felice, con il suo immancabile cappellaccio nero calcato in testa, e il suo zej (un grosso cesto di salice intrecciato) sotto il braccio. Arrivava nel cortile di casa gridando per chiamare mia nonna Lussia!Lussia! Vuess! Vuess,! (Lucia, Lucia, ossa, ossa) con quella sua esse roca e grossa...
Mi nonna lo apostrofava in dialetto Sotu uchì Filissi dai vuess?? Sei qui Felice degli ossi? Per noi è sempre stato Filissi dai vuess....
Una volta arrivò come al solito a chiedere ossa, ma mia nonna non ne aveva. Gli promise però che non appena ne avesse avute gliele avrebbe portate.
Successe proprio mentre io ero in vacanza in Friuli, mia nonna, avute le ossa non so da chi, prese la carriola col suo carico e chiese a me di accompagnarla da Felice.
Quando arrivammo, la prima cosa che mi colpì fu la vista dell'orto che dovemmo attraversare per arrivare alla casa, era grandissimo e ricco di ortaggi di ogni tipo.
Aveva di lato una rete di cinta che lo divideva dal campo adiacente, su cui si arrampicavano enormi zucche dalla forma allungata. Erano ancora indietro di maturazione, ma erano enormi, immaginavo che prima o poi la rete sarebbe crollata sotto il loro peso! Mi son sempre chiesta come fossero poi quelle zucche, chi le mangiasse, se gli servivano come scambio con le ossa, se qualcuno gliele chiedeva, se le coltivava per venderle..
Eravamo sul finire degli anni '50, si faceva il sapone in casa, come il bucato con la lisciva e la cenere e lo si sciacquava nella roggia fuori casa, si facevano molte altre cose di cui abbiamo perso la memoria.
Felice ha vissuto a lungo mantenendosi in quel modo, e resterà nel mio ricordo di quegli anni, anni duri, ma che visti con gli occhi di una bambina non lo sembravano affatto.
Lui, la sua esse zoppa e il suo cappello nero fanno parte dei miei anni più belli, di quelle innumerevoli persone che ho incontrato e che mi hanno lasciato qualcosa, e di cui conservo un ricordo lucidissimo e tenero dentro di me.

Non amo molto la zucca, troppo dolce per i miei gusti, ma ogni tanto capita di trovarne una che non lo è troppo e allora la cucino volentieri, mi rallegra con il suo colore dorato e in questi giorni grigi e umidi mi scalda fino al cuore... ecco, proprio una zuppa scaldacuore...


Chissà se cucinata così a Felice sarebbe piaciuta...




Crema di zucca, patate e porri, con cavolo nero e pane tostato


500 gr di zucca (pesata pulita)
600 gr patate (anch'esse pesate pulite)
200 gr di porri, la parte bianca
cavolo nero, le foglie più tenere
poco brodo vegetale
scaglie di grana o di pecorino, a piacere
pane nero a cubetti
sale, pepe
olio buono



pulire la zucca e ridurla in tocchetti, pulire anche le patate e ridurre anch'esse a tocchetti.
Mondare il porro e ricavarne soltanto la parte bianca, ridurlo a rondelle.
In una casseruola mettere tutte le verdure a tocchetti con un mestolo di brodo vegetale, salare, pepare e coprire con un coperchio. Portare a cottura così, mescolando spesso. Non servirà molto brodo perchè le verdure rilasceranno la loro acqua di vegetazione, ma nel caso diventasse troppo asciutta, aggiungerne un poco  in modo che resti tutto molto morbido.
A parte ungere un padellino antiaderente, tagliare il pane nero a cubetti e farlo saltare  fino a farlo diventare croccante. Tenere da parte.
Mondare e lavare molto bene una ventina di foglie di cavolo nero, le più interne, quelle più tenere.
Asciugarle molto bene e friggerle per qualche minuto in abbondante olio d'oliva, avendo cura di muoverle continuamente in modo che non si scuriscano.
Scolarle su della carta assorbente e tenere in caldo.

Passare la verdura al minipimer per ottenere una crema densa e vellutata, regolare di sale.
Metterla nel piatto, aggiungere il pane tostato e il cavolo nero. Finire con delle scaglie di parmigiano o di pecorino e un giro d'olio buono.

E' una dose sufficiente per due persone, un po' abbondante, ma a me piace molto fare il bis...
servitela ben calda.

una ricetta che ho visto su una rivista di cucina, credo fosse Cucina di casa mia,  mentre curiosavo anche fra altre pubblicazioni, lo so, sono incorreggibile...







martedì 7 gennaio 2014

cucinare a tema

ogni tanto mi viene un'idea bslacca. Si insinua adagio adagio nella mente, mentre faccio la spesa o quando mi fermo ad osservare il mondo circostante.
Questa mi è venuta mentre ero ferma ad un semaforo rosso.  Sul mio lato destro, in una specie di rientranza, era fermo uno di quei camion che arrivano dal sud, carichi di arance e agrumi vari, e carciofi a casse...
C'era qualche persona che aspettava di acquistare e io osservavo tutto quell' arancione che colorava il grigiore di quel giorno... mentre l'dea cominciava a prendere forma è scattato il verde e sono ripartita.
Ma ormai nella mente avevo fissa quella immagine di cassette ben ordinate con tante belle e grosse  arance allineate perfettamente...era  bastato il tempo di un semaforo e avevo pensato di cucinare tutto un intero pranzo a base di arancia...
ne avevo giusto  in casa di veramente buone, fatte arrivare per Natale da una amica siciliana che le produce, arance succose e dolcissime, belle e sane.
Così appena ho potuto mi son messa all'opera, ed è stato un vero divertimento..


le ricette sono tutte per due persone.



Pannacotta di burrata, carciofi e gamberi all'arancia


1 piccola burrata (circa 300 gr)
300 gr panna liquida fresca
5 o 6 gr di gelatina in fogli
6 gamberoni abbstanza grossi
4 carciofi, il cuore
1 arancia
1 spicchio d'aglio
poco rosmarino
olio, sale e pepe
poco burro
un bicchierino di Cognac

Frullare la burrata ottenendo una crema bella liscia.
A parte ammollare la gelatina in acqua fredda. Scaldare la panna e quando la gelatina è pronta, strizzarla molto bene e aggiungerla alla panna calda, mescolando fino a che è completamente sciolta e incorporata. Salare leggermente e lasciar raffreddare mescolando spesso per non farla tirare.
Una volta fredda, aggiungere la crema di burrata e mescolare bene il tutto.
Foderare dei piccoli stampi a piacere  con la pellicola, in modo che sia facile poi estrarre la pannacotta.
Versare il composto, coprire e tenere in frigorifero.
Non ci vorrà molto perchè si rapprendano.
Nel frattempo mondare carciofi scartando completamente le foglie dure, arrivando fino al cuore.
tagliarli  a spicchi sottili  e tuffarli in acqua acidulata col limone per non farli annerire.
Scaldare un poco di olio in una padella, aggiungere uno spicchio d'aglio intero che poi andrà tolto, e i carciofi, tenendone invece  da parte qualche spicchio che servirà per finire il piatto. Lasciarli insaporire mescolando e poi coprirli a filo con dell'acqua calda e lasciarli cuocere finchè sono morbidissimi. Tenere in caldo.
Sgusciare i gamberi lasciando un pezzetto di coda, eliminare il budelletto, lavarli e asciugarli.
In una padella scaldare un poco di olio,  una piccola noce di burro  insieme a un ciuffetto di rosmarino.
Aggiungere i gamberi ben asciutti e lasciarli dorare da tutte le parti e quando hanno preso colore, sfumarli con il succo dell' arancia.
Aggiungere anche una fettina di arancia dopo aver sfumato e lasciarli cuocere ancora un paio di minuti.
A questo punto passare al minipimer i carciofi cotti in modo da avere una crema.
Scaldare dell'olio in un piccolo pentolino, e quando è molto caldo friggere per qualche minuto gli spicchi  di carciofi tenute da parte scolandoli su una carta assorbente.
Mettere un poco di crema di carciofi sul piatto, appoggiarvi la pannacotta di burrata.
Togliere i gamberi dalla padella e a fuoco alto deglassare il fondo aggiungendo un bicchierino scarso di Cognac. Lasciar evaporare completamente.
Guarnire la pannacotta con i carciofi fritti e i gamberi all'arancia, condire con un cucchiaio del fondo di cottura dei gamberi.

Un contrasto freddo/caldo, ma piacevole.





Alici marinate all'arancia e insalata di  finocchi,  arance e olive


12/14 alici  non troppo grosse
1 cucchiaino colmo di sale
mezzo cucchiaino di zucchero
mezzo bicchiere di Martini dry
il succo e la scorza grattugiata di una arancia
il succo di mezzo limone

per l'insalata:
2 finocchi
1 grossa arancia
olive taggiasche denocciolate sott'olio
sale, pepe
olio di buona qualità


Per prima cosa abbattere le alici in congelatore, meglio non correre rischi con l'Anisakis.
Scongelarle in frigorifero quando si decide di prepararle.
Una volta scongelate, pulirle, eliminare la testa e diliscarle. Lavarle bene, aprirle a libro e asciugarle tamponandole con della carta da cucina.
Metterle tutte con la parte interna verso l'alto, in un piatto concavo che possa contenerle tutte in un solo strato.
A parte, in una scodella mescolare il sale, lo zucchero, il vermuth,  il succo e la scorza grattugiata della arancia, il succo di limone.
Coprire con della pellicola e lasciarle marinare un'oretta o più, a piacere. Se amate  il pesce crudo basta anche meno di un'ora, altrimenti lasciatele un poco di più.
Trascorso il tempo, affettare sottilmente i finocch conservando qualche loro barba, i e disporli in un largo piatto rotondo, salarli e peparli leggermente ,  pelare a vivo l'arancia e tagliare anch'essa  a fette rotonde appoggiandole sopra i finocchi, spargere qua e là qualche oliva taggiasca denocciolata e scolata dall'olio.
Togliere le alici dalla marinata, scolarle molto bene o asciugarle nuovamente tamponando con carta da cucina e appoggiarle a raggiera sopra alle arance. Guarnire con la barba dei finocchi e condire con un giro d'olio buono.







Capesante all'arancia e crema di cannellini


6 capesante fresche
1 arancia
poco vino bianco
poco olio
sale, pepe

per la crema di cannellini:

mezza scatola di  fagioli cannellini
1 piccola cipolla
salvia
sale, pepe
poco olio.


preparare la crema di cannellini.
Scolare i cannellini dalla scatola, sciacquarli in un colino cinese.
In una padella mettere un giro d'olio, la piccola cipolla tritata finemente, e un paio di foglie di salvia, i cannellini e lasciarli insaporire poi  aggiungere un poco d'acqua calda e lasciar cuocere finchè la cipolla è morbida. Eliminare la salvia, regolare di sale e pepe e frullare il tutto a crema. Tenere in caldo.
Pulire le capesante dal corallo, lavarle molto bene per eliminare eventuale sabbia e asciugarle.
In una piccola padella antiaderente scaldare un poco d'olio, rosolare le capesante, sfumarle con il succo dell'arancia e un goccio di vino bianco, regolare di sale e pepe bianco.
Cuocerle per qualche minuto. Toglierle dalla padella, lasciar ridurre il fondo di cottura ancora un momento.
In un piatto fare un piccolo strato di crema di cannellini, appoggiarvi le capesante, napparle con il fondo di cottura all'arancia e guarnire con pezzetti di arancia e rosmarino.




sui banchi della pescheria sono stata attratta da un bel pagello fragolino,  spiccava su tutti i pesci con la sua bella livrea rosa carico, ho pensato che avrebbe fatto un bellissimo contrasto di colore nel piatto....beh un po' in cottura il rosa si è spento ma era bello lo stesso, anche se la foto non gli rende giustizia...


Pagello fragolino all'arancia e crema di broccoli


1 pagello  fragolino di media pezzatura
1 arancia
un goccio di vino bianco
poco fumetto 

poco olio
sale, pepe



per la crema di broccoli:

1 cima di broccolo verde
1 spicchio d'aglio
rosmarino
poco olio.
sale, pepe


Squamare e sfilettare il pagello, ottenendo due carnosi filetti. Con una pinzetta e molta pazienza eliminare le spine, che ce ne sono abbastanza, soprattutto nella parte alta. Lavarli e asciugarli molto bene, tagliare ogni filetto a metà, possibilmente in diagonale.

Con la carcassa e la testa preparare un fumetto. In un goccio d'olio rosolare sedano, carota e cipolla insieme alla carcassa a pezzi, aggiungere una foglia di alloro e qualche grano di pepe, sfumare con del vino bianco e coprire a filo con dell'acqua calda. Cuocere per venti minuti circa e poi filtrare.
Un goccio del fumetto ottenuto servirà per la cottura del pagello, il resto si potrà congelare in quelle buste di plastica per i cubetti di ghiaccio.

Io l'ho preparato utilizzando anche le teste e i carapaci dei gamberi dell'altra preparazione. Ne ho usato proprio un goccio, e il resto giace in congelatore in attesa di insaporire qualche altro piatto.

Intanto lessare a vapore la cima del broccolo verde, mondata e ben lavata.
Dopodichè ripassarla in padella con un goccio d'olio, uno spicchio d'aglio e un ciuffetto di rosmarino. Alla fine, una volta insaporito, eliminare l'aglio e il rosmarino e frullare a crema.

In una larga padella antiaderente scaldare un poco di olio,  quando è caldo rosolarci i filetti di pagello, girandoli molto delicatamente con una spatola per non romperli. Sfumare con il succo d'arancia mischiato a poco vino bianco. Una volta evaporato  aggiungere anche un goccio di fumetto e lasciar cuocere qualche minuto.
Fare una striscia di crema di broccoli sul piatto, appoggiarvi sopra i pezzi di filetto, alternandoli sotto/sopra.
Napparli con un poco del fondo di cottura che si sarà ristretto, e  cospargerli con un poco di scorza grattugiata d'arancia.


poteva mancare il dolce?

avevo in mente un semifreddo all'arancia,  ma avevo voglia di qualcosa di "tortoso" e alla fine ho optato per un classico di Coquinaria, una ricetta pubblicata molti anni fa da Valeria e che è diventata un must del sito e ora gira libera nella rete.




Plumcake all'arancia


300 gr. di farina
300 gr. di zucchero
1 tazzina di olio di semi
3 uova
1 bustina di lievito
1
grossa  arancia  intera, non trattata
1 cucchiaino di essenza di vaniglia

per la glassa:
125 gr  zucchero a velo
4 cucchiai di succo d'arancia


 
mettere nel frullatore l'arancia, con tutta la buccia, ben spazzolata,  lavata, asciugata e tagliata e pezzi e frullare a lungo  fino ad ottenere una crema abbastanza liscia.
Aggiungere i tuorli, lo zucchero e la tazzina di olio di semi e continuare a frullare per qualche minuto. Poi versare tutto in una ciotola ed incorporare piano piano la farina, il lievito precedentemente mescolati e  facendoli scendere dal un setaccino.
A parte montare a neve i bianchi dell'uovo con un pizzico di sale e incorporare mescolando dal basso in alto per non smontare tutto.
Versare  nello stampo da plumcake
imburrato ed infarinato (attenzione perchè non deve essere troppo piccolo, deve coprire poco più della metà dello stampo).
Infornare 150° per 40 minuti circa.

per la glassa: mettere in una ciotola lo zucchero a velo e i cucchiai di succo d'arancia
, mescolare qualche minuto finchè il tutto è amalgamato e poi spalmare sul dolce  posto  già  sul piatto da portata.
Una volta indurita la glassa, è pronto.
 non ringrazierò mai abbastanza Valeria per questo profumatissimo dolce.

bene,  mi sono divertita a vedere cosa riuscivo a tirar fuori, e devo dire che sono soddisfatta. 
Quel signore che abita con me anche di più....






giovedì 2 gennaio 2014

si riparte

eccomi qui, dopo la sbornia delle feste quasi passate. Ancora qualche giorno e ne saremo fuori definitivamente...
Ora è iniziato l'anno nuovo,  e spero per tutti che non sia così difficile come quello appena finito, anche se non sono molto fiduciosa.
Intanto sono qui, con il mio bilancio tutto sommato positivo, con qualche ammaccatura in più, ma anche con tante gioie che alla fine dei conti  mi hanno ripagato di tutte le delusioni, le ferite e le amarezze provate.
Non ho proponimenti da fare, ma la parola che mi sono scritta bella in grande  e che dovrà essere la chiave di questo anno appena iniziato è:  lievità.
Voglio camminare con l'anima leggera.  E per riuscirci comincerò  facendo pulizia di tutte quelle cose che sono diventate fardelli,  mi libererò della falsità di chi ho scoperto portare una maschera,  tirerò una mia ipotetica riga e non permetterò  a nessuno di oltrepassarla,  e poi affronterò gli eventi come ho sempre fatto, tirandomi su le maniche senza paura, lottando, resistendo agli urti e rifugiandomi negli affetti.
Se mi guardo allo specchio vedo una donna dal viso un po' segnato dal tempo, una piccola cicatrice sulla fronte ricordo di tempi lontani, una donna di mezza età col suo bagaglio di vita vissuta,  e tanto,  tanto  ricca di affetti, la sola  cosa che conta veramente nella vita.
Una donna fortunata.




Che ne dite di una ricetta per celebrare l'anno nuovo?




Risotto con le quaglie al passito e  polvere di pane tostato al pepe


per due persone


per le quaglie:
2 quaglie
salvia abbondante
1 piccolo scalogno
poca pancetta liscia, tesa
1 bicchiere di Passito di Pantelleria
 burro q.b.
poco olio
sale, pepe


per il risotto

riso Carnaroli
per le dosi io mi regolo con due pugni di riso a persona più due per la pentola.
una noce di burro
un goccio d'olio
1 piccola cipolla
un cucchiaio di parmigiano
poco brodo di carne, oppure vegetale


mollica di pane raffermo, frullato
pepe bianco
poco olio




Pulire, fiammeggiare, lavare e asciugare le quaglie. Con un coltello affilato tagliarle a metà e poi dividerle in pezzi ricavando le cosce con il sovracoscia e il petto. Conservare anche il resto della carcassa. tagliare a pezzetti molto piccoli anche la pancetta liscia.
In una larga casseruola sciogliere una noce di burro insieme all'olio, aggiungrre lo scalogno affettato insieme alla salvia, lasciarlo appassire un momento quindi adagiare nella casseruola anche le quaglie a pezzi, carcasse comprese e  lasciarle rosolare da tutte le parti. Coprirle con il vino Passito, regolare di sale e pepe,  abbassare il fuoco e portare a cottura coperte.
Ci vorrà più o meno mezzora.
Una volta pronte, toglierle dalla casseruola e deglassare il fondo con ancora un goccio di vino Passito, quindi filtrare e tenere bene  in caldo in un pentolino.


Nel frullatore mettere la mollica di pane raffermo e frullarla fino ad avere un briciolame sottile.
In una larga padella scaldare un poco di olio, aggiungere il pane frullato e una macinata di pepe bianco e tostare tenendo sempre mescolato affinché non bruci. Deve solo colorire e prendere sapore.


Preparare il risotto  al solito modo, facendo appassire la cipolla in olio e burro, tostando il riso, senza sfumarlo col vino stavolta, ma col brodo.
Portare a cottura aggiungendo  brodo poco alla volta.
Quando il riso è quasi pronto, aggiungere un pezzetto di burro e mantecarlo con un cucchiaio di parmigiano.

A questo punto riprendere il fondo delle quaglie, rimetterlo sul fuoco in modo che sia ben caldo, e poi, togliendolo dalla fiamma, aggiungere una piccola noce di burro freddissimo e roteando il pentolino ispessire la salsa.

Impiattare il riso, appoggiarvi sopra il petto e le cosce della quaglia, spolverare di pane tostato al pepe e bagnare intorno intorno con il fondo al Passito.

Servire ben caldo.





  Buon anno amici, buon anno!