mercoledì 30 luglio 2014

c'è polpetta e polpetta

come non amare le polpette?
Qui piacciono a tutti, grandi e piccini. Tutto quello che è polpetta o polpettone, al sugo, arrosto, o in frittura, è sempre molto apprezzato e a volte anche richiesto espressamente.
Così la domenica, quando tutta la famiglia si riunisce per il pranzo, polpettoni di vario tipo vanno a fare da spalla al secondo principale, sia esso di carne o di pollame vario.
Mio marito poi le adora al sugo, e quando le faccio in questo modo devo sempre farne quantità industriali, altrimenti non c'è soddisfazione...
Me come dicevo, c'è polpetta e polpetta...
Quelle che vi propongo sono fatte con il pesce. Volevo vedere se incontravano altrettano favore rispetto a quelle classiche...
Ho scelto le sarde, memore di una ricetta siciliana, che mi era rimasta impressa.

Polpette di sardine

per 4 persone

800 gr sardine fresche
la mollica di tre panini raffermi
2 uova intere
40 gr uvetta
30 gr pinoli
1 spicchio d'aglio
1 ciuffo abbondante di finocchietto selvatico  fresco
(in alternativa pochi semi di finocchio pestati bene nel mortaio)
un bicchierino di vino bianco
2 cucchiai abbondanti di caciocavallo grattugiato
(in alternativa parmigiano reggiano)
sale, pepe nero
olio per friggere



pulite e diliscate le sarde, eliminate la testa, la pinna dorsale  e la coda.
Sciacquatele e mettetele in un colapasta, cospargetele con un pizzico di sale e lasciatele riposare mentre preparate il resto degli ingredienti.
Prendete la mollica dei panini, che dovranno essere raffermi ma non secchi, e passatela al mixer fino ad avere un briciolame molto sottile.
Scaldate un goccio d'acqua, aggiungetevi il vino bianco e l'uvetta e lasciate ammorbidire.
Tritate finemente l'aglio.
Sciacquate nuovamente le sarde e asciugatele. Trasferitele poche alla volta su un tagliere e tagliatele tutte  grossolanamente a coltello riducendole a pezzi molto piccoli.
Mettete il trito di sarde in una ciotola, aggiungete i pinoli, l'uvetta ben strizzata, l'aglio tritato, la mollica dei panini passata al mixer, il caciocavallo (o il parmigiano) grattugiato, un pizzico di sale, non troppo, e una macinata di pepe nero e il finocchetto tagliuzzato.
Se non trovate il finocchietto, pestate molto bene nel mortaio mezzo cucchiaino di semi di finocchio e aggiungete quello.
Mescolate bene bene, anche con le mani fino ad avere un composto omogeneo.
Con le mani inumidite fate delle piccole polpette grandi come una noce e friggetele poche alla volta in una piccola pentola in olio profondo finché sono belle dorate.

Servitele subito ben calde, accompagnate da una insalata di cicorino, perfetta secondo me per il gusto leggermente amarognolo che contrasta piacevolmente con il sapore deciso delle sarde.

Andate a ruba, belle calde e fragranti, saporitissime!


giovedì 24 luglio 2014

torte di stagione

non so se capita anche a voi, ma alla fine della giornata, alla sera prima di andare a letto mi prende una voglia irrefrenabile di qualcosa di dolce.
Il più delle volte resisto alla tentazione, qualche volta invece sgranocchio un pezzetto di cioccolato  e invece, quando magari ho fatto una torta da colazione, va a finire che me la tengo per la sera invece che per il mattino con il caffelatte...
Attraverso Bloglovin sono capitata su un Blog  molto carino, attratta dalla foto pubblicata nel resoconto giornaliero.  Mi è piaciuta talmente tanto che non ho messo tempo in mezzo e l'ho fatta subitissimo.
Eccola, e se trovate ancora le albicocche, fatela, è buonissima.




Vi riporto pari pari la ricetta. Di mio ho completato con una spolverata di mandorle a lamelle



Torta di albicocche, mandorle e fava tonka


200g di burro morbido
3 uova, separate
180g di zucchero
100g di farina di mandorle
200g di farina 00
1 cucchiaino colmo  di estratto di vaniglia ( oppure 1 bacca)
1 fava tonka grattugiata
9 albicocche tagliate a cubetti
una bustina di lievito per dolci
un pizzico di sale
mandorle a lamelle q.b.
zucchero a velo







Se avete una planetaria, fate tutto lì dentro con la frusta a fili, è più veloce e comodo.
Ammorbidite il burro a temperatura ambiente, poi lavoratelo con lo zucchero fino a quando non sarà una crema gonfia, soffice e spumosa.
Aggiungete i tuorli uno alla volta, mescolando con cura in modo che vengano assorbiti.
Unite la fava tonka grattugiata, l'estratto di vaniglia, oppure i semini raschiati dalla bacca, il pizzico di sale,  poi la farina di mandorle  e la farina 00 mescolata con il lievito facendola scendere da un setaccino.
Montate a neve ferma gli albumi  e incorporateli delicatamente all'impasto facendo attenzione a non smontare tutto.
Lavate e asciugate le albicocche, snocciolatele e  tagliatele a piccoli pezzi. Unite anche questi all'impasto, mescolando delicatamente.
Imburrate e infarinate uno stampo quadrato e versateci il composto. Cospargetelo generosamente di mandorle a lamelle.
Cuocete in forno ventilato a 170/180° per circa 40 minuti.  Fate comunque la prova stecchino, quando esce asciutto è pronta.
Lasciatela raffreddare, sformatela e spolveratela di zucchero a velo.
Morbidissima e fragrante, a noi è piaciuta moltissimo.
 
 










lunedì 21 luglio 2014

crudo

non sono una fan della cucina crudista. E' un po' che ne sento parlare, ma non mi interessa particolarmente.
Diciamo che anche molto prima che questo argomento diventasse trendy,  una forma di cucina crudista la praticavo già, soprattutto con le verdure e con la carne, un po' meno col pesce, che crudo proprio non riesco a mangiarlo.
Però a mio marito piace molto per cui, ogni tanto, glielo preparo.
Come potete vedere dal blog, il pesce è molto spesso presente sulla mia tavola. Ho la fortuna di abitare in una città che è il centro di smistamento per tutta Europa,  una città dove  il pesce arriva freschissimo da tutta Italia per essere spedito. Quindi sui banchi delle pescherie si trova davvero di tutto.


La mia ultima fatica, se così si può dire, dato che è una ricetta che si prepara in pochi minuti, è stata questa:




Tartare di branzino in manto di triglie



per due persone

1 branzino, media pezzatura
8 filetti di triglia
2 limoni  non trattati
1 pezzetto di zenzero, circa 2 cm.
erba cipollina
sale, pepe
olio e.v.

un cucchiaio di aceto bianco.


sfilettate il branzino e   una volta ricavati i due filetti,  con lo stesso coltello da sfiletto, eliminate anche la pelle.
Lavateli ed asciugateli e teneteli da parte.
Se preferite, queste operazioni fatevele fare in pescheria, normalmente lo fanno.
Parate i filetti di triglia, pareggiandoli. Lavate e asciugate anch'essi.
In un piatto fondo stendeteli tutti da un verso, salateli e cospargeteli col succo di un limone e il cucchiaio di aceto bianco. Lasciateli macerare per 10 minuti, poi girateli dall'altro verso  e lasciateli nel liquido per altri 10 minuti.
Ripetete ancora una volta la stessa operazione, lasciandoli macerare altri 5 minuti per lato, dopodichè toglieteli dalla marinata e asciugateli perfettamente.
Prendete i filetti di branzino e sul tagliere tagliateli a minuscoli pezzetti, al limite, una volta finito, se vi sembrano ancora un po' grossi,  date una veloce battuta col coltello.
Raccogliete la tartare in una ciotola, conditela con il sale e  il succo dell'altro limone, aggiungete anche  la  sua scorza  grattugiata   e lo zenzero grattugiato, lasciate marinare, coperto,  per circa 15 minuti più o meno. Dipende da come vi piace. Se lo volete un po' meno crudo, lasciatelo anche un poco di più.
Trascorso il tempo, scolatelo bene perchè perderà parecchio liquido, quindi conditelo con dell'olio buono , pepatelo leggermente, e aggiungete l'erba cipollina tagliuzzata con una forbice.
Mescolate bene il tutto.
Prendete il piatto di servizio, appoggiatevi un coppapasta. Foderatene i bordi con i filetti di triglia, in modo che si sormontino e formino un cerchio perfetto. Versate la polpa di branzino all'interno dell'anello di triglie,  pressate leggermente in modo che resti compatta all'interno e sfilate delicatamente  il coppapasta.
Con un rigalimoni ricavate delle striscioline di scorza di limone che potrete usare per guarnire la tartare, appoggiatevi sopra uno stelo di erba cipollina e voilà,  la cena è servita.






lunedì 14 luglio 2014

Porto e bottoni d'antan

che c'entra il Porto coi bottoni? C'entra, c'emtra....
Era il  1954 quando arrivammo quella casa di ringhiera di via Correggio. Mia madre doveva prendere servizio come portiera, e mio padre si apprestava a cercare lavoro a Milano.  Lo trovò quasi subito alla Ferrobeton, una delle aziende che costruì la prima linea della Metropolitana.
La casa aveva una forma ad angolo ottuso e il lato più lungo affacciava sulla via San Siro, mentre quello leggermente più corto, sulla via Correggio. Era  una grande casa di 5 piani situata proprio all'incrocio fra le due vie, e oltre al bar che occupava tutta la parte ad angolo,  c'erano  pure  alcuni negozi che davano su entrambi i lati.
All'interno vi era un grande cortile  a sassi, con un paio di zone sopraelevate che fungevano da aiuola.  A sinistra la collinetta con il grande albero di ciliegie, e a destra del cortile una zona parecchio più alta, in terra piena,  quasi un cortile dentro il cortile, dove fiorivano ortensie e altri cespugli perenni.
Sul cortile si apriva il retro dei negozi..Tutte porticine con la vernice scrostata che un tempo era stata grigia....
La bottega del sarto, quella di Ettore, il parrucchiere per signora (così recitava la sua insegna), la porta del bar contigua a quella del bagno, se così si può chiamare una turca e un lavandino,  che dovevamo utilizzare  anche noi.
E poi,  sul lato lungo, due porte e un alto finestrone segnavano il retro del negozio di merceria e passamaneria  Rasini.
Una azienda storica nata nel 1889. La Manifattura  Festi, Rasini &C..
Avevano la filatura nella bergamasca e avevano aperto anche  un punto vendita proprio in via Correggio angolo via San Siro, vicinissimo alla Cucirini Cantoni, l'azienda che produceva tessuti e spolette di filo a cui probabilmente erano collegati in qualche modo. So che hanno chiuso nel 2004, dopo oltre un secolo di attività.
Quando venimmo a vivere lì, loro stavano per trasferire il negozio, e ci vollero un paio di mesi per smontare e imballare tutto.
Ricordo che chiesero a mia madre di fare le pulizie la sera, dopo l'orario, almeno per il periodo in cui ancora facevano l'inventario e l'impacchettamento di tutto.
Era un modo per arrotondare il magro stipendio di portiera, e lei accettò di buon grado.
Perciò sera la accompagnavo dentro quelle stanze buie, impregnate di un odore di stoffa e di polvere, pieno di scaffali di legno allineati lungo le pareti,   di cassettiere con le maniglie verniciate di marrone,  stretti espositori per le spolette di filo e alte rastrelliere dove venivano appesi nastri di tutti i colori.
L'ultima sera, a negozio ormai vuoto, mi misi a gironzolare nelle stanze, provando un senso di abbandono nel vedere i muri segnati dall'ombra scura lasciata dagli armadi, carta velina ovunque e  scatole  grige sparse sul pavimento. Ricordo che ne raccolsi una e mi resi conto che era piena, allora la aprii e trovai,
ben allineati e cuciti su fogli rettangolari in cartoncino, bottoni di vario tipo,  impilati ordinatamente.  Allora  chiamai mia madre e insieme le controllammo tutte. Erano tutte piene.  C'erano bottoni di ogni tipo, da cappotto, da giacca, da camicia, alcuni avevano la forma di un cagnolino, altri di fiori, altri ancora di coccinella, adatti ad abbigliamento per bambini...
Evidentemente non servivano più e li avevano lasciati da gettare. Ma mia madre li raccolse e li portò a casa. E alcuni sono ancora  oggi nella sua cesta del cucito, raccolti in una scatola. Bottoni di oltre cinquant'anni fa...



Quella porta del retro Rasini rimase chiusa per un bel pezzo, finchè un giorno, oltre due mesi dopo, la vedemmo riaprirsi. Iniziavano i lavori  per adattare le stanze a una attività di toelettatura per cani.
Mia madre ebbe la comunicazione ufficiale dal padrone di casa,  l'odiato dottor Colombo, dell'arrivo di un nuovo inquilino.
Così, dopo i lavori, arrivò lei,  la tata Nella.
Cominciò  mia sorella, quando era molto piccola,  a chiamarla tata, e per noi diventò normale chiamarla tata  Nella.
Fu uno degli incontri della nostra vita in via Correggio  che ricordo con molto affetto e tenerezza. Una amicizia che è durata fino alla sua scomparsa, anni fa.
Si chiamava Leonella D'Avanzo, classe 1921, come mio padre.
Era  veneta di San Donà di Piave ma  viveva da sempre a Milano,  sola.
A parte un nipote che abitava in piazza Piemonte, poco lontano da noi,  i suoi fratelli erano più o meno tutti sparsi fra  Veneto e Lombardia e li vedeva di rado.
Alta e formosa, giunonica direi, i capelli neri ondulati,  raccolti a crocchia sulla nuca, un portamento fiero e uno sguardo sempre ironico sulla cose ....era di una simpatia travolgente, con quel suo mescolare l'italiano con il dialetto veneto. Energica e piena di vita, un carattere solare ma anche la grinta di chi era abituato a contare solo sulle proprie forze,  mandava avanti da molti anni l'attività di toelettatura per cani, e si manteneva con quella. Aveva parecchio lavoro, anche perchè nel suo negozio, due volte la settimana, passava un veterinario. Un servizio in più che dava ai suoi clienti,  molto apprezzato.
Oltre alla sala per la toelettatura, in una parte del  retro  aveva ricavato una stanza con cucinotto e bagno dove  poter vivere e,  una volta abbassata la serranda del negozio, avere il suo angolino di pace.
Si intese subito con mia madre, e prese  me sotto l'ala. Trascorrevo parecchio tempo con lei, mentre lavorava. Mi presentava tutti i cani che passavano dal suo negozio, ormai ne conosceva il carattere di ognuno e me lo descriveva man mano che arrivavano con i loro padroni, e a me questa cosa piaceva molto.  Loro non sempre erano contenti di entrare lì, ma lei riusciva tutte le volte a calmarli, rassicurando i loro proprietari. Erano in buone mani.
Ricordo che d'estate le porte del retro erano aperte e a me piaceva stare  lì, seduta sullo scalino, a guardarla  tosare, lavare, e asciugare cani di ogni razza. Quando qualche cane era recalcitrante  e non ne voleva sapere di entrare nella vasca,  chiedeva aiuto a mia madre  così, in due, riuscivano quasi sempre nell'opera di convincimento forzoso.
Non so alla fine chi fosse più bagnato fra lei e il cane....normalmente lei, ma era il suo lavoro e a lei piaceva così . Amava gli animali, e non l'ho mai  vista trattarli male, nemmeno quando ce ne sarebbe stata necessità.
La vita non era  stata generosa con lei, e in più  aveva avuto la sfortuna di innamorarsi di un uomo sposato col quale aveva da molti anni  una relazione  parecchio complicata che andava avanti fra alti e bassi. Per lui aveva rinunciato ad avere una famiglia e si accontentava degli scampoli di presenza che lui poteva darle.... A quel tempo non esisteva nemmeno lontanamente la possibilità di divorziare, e le coppie di fatto erano  un mezzo scandalo e si teneva tutto abbastanza nascosto. Figuriamoci un legame con un uomo sposato...
 Lui,  Guido, abitava a  Como  ed era  rappresentante per una ditta di vini, non ricordo quale fosse,   faceva tappa da lei  ogni volta che veniva a Milano per lavoro. Si fermava tre o quattro giorni e poi ripartiva per il suo giro....Si presentava  sempre con una bottiglia pregiata, una volta di vino rosso, un'altra volta di vino bianco, e qualche altra volta con lo spumante...non che ci fossero molti motivi per festeggiare con lo spumante, ma qualche volta arrivò anche con  lo champagne. E per quel tempo era qualcosa di eccezionale. Io naturalmente ero troppo piccola per assaggiare, ma ricordo perfettamente  una bottiglia con una etichetta gialla...sarà stata la Vedova? Chissà...
Una sera d'estate in cui potevo stare alzata anch'io un poco di più, andammo tutti  da lei , un appuntamento frequente per i miei, la sera dopo la chiusura.  Poco dopo Guido arrivò, inaspettato, con la solita bottiglia fra le mani, stavolta era di Porto. E chi  di noi sapeva cos'era il Porto  a metà  degli anni '50?
Ricordo che lui  si lanciò in una lunga spiegazione  su cos'era il Porto e a dove veniva, come si otteneva e con cosa fosse meglio  berlo...non che ricordi granchè di quello che raccontò,  non mi interessava poi molto...erano discorsi da grandi...non ricordo nemmeno più se fu stappata quella bottiglia, oppure no. Però fu argomento di discussione per giorni, fra loro...
Sono passati molti anni da quella sera...noi cambiammo casa, finalmente. Andammo a vivere in una vera casa, un appartamento vicino a Niguarda, molto distante da quella casa di ringhiera. Era il 1965 credo..
Lei rimase nel suo negozio ma restammo sempre in contatto, ogni tanto venivamo a trovarla, o a volte veniva lei da noi , e ci si sobbarcava un  lungo viaggio coi mezzi,  poi, quando mio padre poté permettersi un'automobile, era più facile venire a prenderla  per passare la domenica insieme.

Venne anche al mio matrimonio, avvolta in una magnifica cappa nera, che la faceva sembrare ancora più alta ed elegante di quanto già non fosse...eccola lì, in guanti bianchi che mi osserva mentre firmo....chissà cosa pensava...


 Mi ha visto crescere, ha visto nascere mia sorella, ci è stata vicina quando ne abbiamo avuto bisogno, ed
è stata parte della nostra famiglia per quasi tutta la nostra vita dopo il  1954...
A un certo punto, con la vecchiaia alle porte,  ha chiuso il negozio ma è rimasta comunque a vivere in quel retro pieno di ricordi  finchè ce l'ha fatta a stare da sola. Poi ha deciso di tornare a San Donà di Piave, le sue radici. Ed ora riposa lì, nella sua terra, insieme ai suoi genitori e ai suoi fratelli...
Ma il suo posto è nel mio cuore, come in quello di tutti i miei familiari.

In ricordo di quella bottiglia di Porto, oggetto di dissertazioni semi filosofiche,  e in ricordo
della tata Nella, questo dolce...





Bavarese al Porto,  melone e fragoline di bosco


150 ml latte
500 gr panna liquida fresca
150 gr zucchero di canna
3 tuorli di uova grandi
100 ml Porto + 2 cucchiai
un pezzetto di cannella in stecche
8 gr gelatina in fogli

per accompagnare:
mezzo melone
fragoline di bosco
foglioline di menta



Per prima cosa portate a ebollizione il latte insime alla cannella.
In una ciotola, con le fruste elettriche  montate i tuorli con lo zucchero finchè son gonfi, chiari e spumosi.
Aggiungete il Porto a filo,  poi il latte con la cannella e rimettete tutto su fuoco dolce.
Ammollate la gelatina in acqua fredda.
Cuocete la crema, mescolando, finché si ispessirà e velerà il cucchiaio, aggiungete la gelatina ben strizzata e mescolate fino a scioglimento completo
Versate la crema in una ciotola facendola passare attraverso un colino per eliminare la cannella.
Profumate ulteriormente il tutto con i due cucchiai di Porto.
Cuocendo la crema, l'alcool evapora togliendo un poco di sapore, il Porto aggiunto dopo riequilibra il tutto.  Ovviamente se il dolce dovranno mangiarlo anche dei bambini è meglio evitare questo passsggio.
Lasciatela raffreddare completamente mescolando spesso per evitare che inizi a  rassodarsi.
Montate la panna ma non completamente e aggiungetela alla crema ormai fredda, mescolando bene con pazienza fino ad avere un composto perfettamente omogeneo.
Versatelo negli stampi prescelti.
Io ho optato per degli stampi da cannelés in silicone perché avevo deciso di mettere  il tutto in congelatore, e il silicone é perfetto per questo uso, mentre non mi piace affatto usare stampi  di silicone per cuocere dolci o altro in forno. Non mi ci trovo. Ma sicuramente è un mio limite.
Quindi mettete tutto in congelatore,  ricordatevi, per servirlo,  di toglierlo almeno un quarto d'ora prima dal freezer se lo avete messo negli stampi individuali, un poco di più d'anticipo se lo avete messo in uno stampo grande.


Al momento di portarlo a tavola, prendete il mezzo melone, ben freddo, pulitelo dalla scorza e dai semi interni, fatelo a spicchi e passateli  per il lungo alla mandolina. Dovrete ottenere delle lunghe fettine sottili.
Estraete il dolce rovesciando la forma di  silicone,  si farà con estrema facilità, posatelo sul piatto di servizio, lasciate che si ammorbidisca leggermente, e contornatelo con le fettine di melone, guarnite con fragoline di bosco sparse qua e la e foglioline di menta, una leggera pioggia di zucchero a velo e il gioco è fatto.

Fresco, estivo, piacevolissimo.









mercoledì 9 luglio 2014

cucina rustica

rustica e bruta, a partire dalla foto.
No, stasera non avevo né voglia, né  tempo di fare piatti un po' più curati. Mi sono un poco pentita perchè nel vedere poi  la foto mi sono resa conto che non rende appieno  la bontà di quanto è finito nel piatto,  ma oggi è stata una giornata davvero impegnativa,  sia per il morale che per la stanchezza fisica.
Ci sono giorni in cui ti sembra di essere Atlante, e  il mondo sulle spalle, pesa. Pesa parecchio.
In questo periodo,  alla stanchezza fisica si accompagna la preoccupazione per la salute di mia madre, pensiero che condiziona le mie giornate e mi toglie  la serenità e il piacere di cucinare tranquillamente,  per cui tutto passa in second'ordine.
Ieri avevo comprato bellissimi sgombri ma era tardi per prepararli  e ho pensato di rimandare al giorno dopo, cioè oggi, e stasera, e nonostante io sia rientrata anche più   tardi rispetto a ieri,  ho dovuto per forza cucinarli,   pena congelamento e non mi piaceva l'idea, non amo molto la congelazione, se non in rari casi o quando è effettivamente necessaria, soprattutto  per il pesce da mangiare crudo..
Avevo in mente come farli,  ed ero decisa a prepararli come avevo pensato, nonostante l'ora tarda. 
Calcolando i tempi, tutto sommato, è stato un lavoro abbastanza veloce, tanto che in poco più di mezz'ora eravamo a tavola.
Come ho detto, la foto non rende giustizia al pesce,  ma era davvero buonissimo, tanto è vero che  io e mio marito ce lo siamo spazzolato tutto. 





Rotolini di sgombro


4 sgombri di media pezzatura
2 rametti di rosmarino
1 spicchio d'aglio
2 filetti di acciuga sott'olio
1 cucchiaio di capperi sotto sale
la scorza di mezzo limone non trattato
1 cucchiaio abbondante di pecorino o parmigiano grattugiato
pane grattugiato q.b.
sale, pepe
poco vino bianco
e se vi va , poco peperoncino

per accompagnare:
pomodori piccadilly
qualche cappero disaslato
rametti di rosmarino.


Scaldate il forno a  180/200°  ventilato.
Sfilettate gli sgombri,  lavaye  e asciugate bene i filetti ricavati tamponandoli con della carta da cucina. Eliminate eventuali lische rimaste. Poche in verità.
Dissalate i capperi in acqua corrente.
Preparate un trito finissimo con gli aghi dei rametti di rosmarino, la scorza di limone il più possibile pulita dalla parte bianca interna, l'aglio, i filetti di acciuga, i capperi dissalati e asciugati.
In una ciotola mettete un po' di pane grattugiato, io sono andata a occhio, senza pesare, più o meno due pugni abbondanti.
Unite il trito di rosmarino preparato, il sale, il pepe, il formaggio grattugiato (pecorino o parmigiano) e miscelate bene il tutto.
Aggiungete due o tre cucchiaiate di vino bianco e mescolate ancora in modo da avere una specie di impasto omogeneo, non troppo legato.
Prendete i filetti, disponeteli con la parte della pelle sul  un tagliere,  distribuite sui filetti  il composto di pane in uno strato abbondante su ognuno,  e premete bene per  farlo aderire,
dopodichè arrotolate i filetti e infilzateli con degli stecchini.
Io, mentre preparavo il composto di pane, ho messo a bagno degli stecchini più lunghi in modo che poi in forno non si bruciassero, e  ho infilzato i rotolini a coppie, ma se preferite li potete  fare anche singoli, fermati con uno stuzzicadente.
Lavate e tagliate a metà i pomodorini piccadilly, eliminate i semi interni.
Metteteli tutti in uno strato sul fondo di una pirofila su cui avrete versato un poco di olio buono.
Appoggiate i rotolini sopra i pomodori, spargete qua e là qualche cappero dissalato, qualche ciuffetto di rosmarino e un filo d'olio buono.
Cuocete per circa 20/25 minuti finchè il pesce sarà dorato e il pane croccante.

Decisamente appetitoso, saporito, rustico appunto.
 

 

 





martedì 1 luglio 2014

Le mie ricette classiche - 5

non so se posso definirla classica questa ricetta, forse per la battuta di Fassona sì, ma stavolta ho  voluto esagerare.
L'idea mi è venuta  dopo una cena alla  Cuccagna di Dovera dove servono la battuta come antipasto.
Mio marito è un patito della battuta, la ordina tutte le volte che andiamo a cena lì,  tanto che ormai manco glielo chiedono più, quando lo vedono la comandano e basta. Io lo prendo in giro perchè su questo piatto  è talmente abitudinario che rasenta la maniacalità. Possibile che sul  menu tanto ricco della Cuccagna non ci sia altro da poter assaggiare?
Ma lui , imperterrito, continua a preferirla a tutto il resto. 
Confesso che  anche a me piace molto e d'estate la faccio spesso. Questa volta ho scelto di accompagnarla a condimenti diversi, con lo scopo recondito di  svuotare un poco il frigorifero utilizzando verdure e qualche avanzo  del giorno prima..
Ho pensato di servirla come antipasto durante il pranzo domenicale con le mie  ragazze, non volevo fare primi piatti e mi sembrava perfetta come piatto d'inizio...



Fassona Fantasy

per 6 persone

500/600 gr filetto di Fassona oppure una parte che sia magra ma tenera

sale, pepe, poco olio e.v.



I vari condimenti:

alle melanzane
1 melanzana tonda,  viola,  piccola, 
1 spicchio d'aglio
basilico fresco
sale, pepe
olio e.v.

tagliate a tocchetti la melanzana, stufatela in un goccio d'olio  con lo spicchio d'aglio, lasciatela rosolare bene  mescolando spesso, una volta rosolata, aggiungete  qualche foglia di basilico fresco, regolate di sale e coprite la padella, abbassando il fuoco. Saranno pronte quando saranno morbide e sfatte. Dovranno essere abbastanza asciutte.




ai porcini

300 gr porcini (anche surgelati)
1 spicchio d'aglio
prezzemolo
sale, pepe
olio e.v.


io ho usato due piccoli porcini che avevo congelato. Potete sicuramente usare quelli surgelati. In questo caso lasciateli scongelare poi affettateli e saltateli qualche minuto  in padella con un goccio d'olio e l'aglio,  abbassate il fuoco e lasciateli finire di cuocere e riassorbire il liquido. Regolate di sale e aggiungete il prezzemolo tritato. Mescolateli bene e teneteli da parte..


ai peperoni

1  peperone giallo, carnoso
2 filetti di acciuga sott'olio
1 cucchiaio  di piccoli capperi sotto sale
1 spicchio d'aglio
basilico
sale, pepe, olio e.v.

Mondate il peperone, lavatelo eliminate i semi e i filamenti e riducetelo in tocchetti.
Dissalate i capperi in acqua corrente.
In una padella scaldate un goccio d'olio, unite l'aglio e i filetti di acciuga  e fateli sciogliere completamente, a questo punto aggiungete i capperi sciacquati e asciugati, lasciate insaporire poi versate i peperoni, mescolate spesso per non farli colorire troppo, profumate con il basilico, regolate di sale e portate a cottura pian piano, senza aggiungere nulla. Anche questi dovranno risultare abbastanza asciutti.



al pomodoro e burrata

sugo di pomodoro e basilico

2 cucchiai di burrata


 preparate  un sugo di pomodoro semplicemente con aglio pomodoro e basilico, magari se lo fate per la pastasciutta, abbondate con la dose,  fatelo restringere bene e  conservatene una tazzina a parte per  fare questa ricetta.

all'avocado
1 avocado maturo
2 lime
poco peperoncino
sale, poco olio e.v.

sbucciate l'avocado, eliminate il nocciolo e tritatelo abbastanza sottile. Raccoglietelo in una ciotola e mescolatelo con il succo dei due lime filtrato e un pizzico di peperoncino. Regolare di sale e condite con un filo d'olio buono.



alla tapenade
due cucchiaiate abbondanti di olive taggiasche denocciolate, sott'olio
2 filetti di acciuga
un cucchiaino  di capperi sotto sale

sgocciolate dall'olio le olive taggiasche, tritatele finemente insieme ai filetti di acciuga e ai capperi preventivamente dissalati e asciugati.



Preparate la carne battendola a coltello sul tagliere finchè è ben sgranata ma non sfibrata, o peggio, maciullata. Riducetela a pezzetti piccolissimi.
In una ciotola conditela con sale, pepe e un filo d'olio buono, mescolatela bene.
Prendete un  coppapasta  piccolo, non devono venire troppo grossi, e e inserite un po' di carne pressando in modo da ottenere dei cilindretti.
Sfilate il coppapasta e capovolgete il cilindro di carne sul piatto da portata, in modo che la parte superiore sia bella liscia e piatta..
Continuate così fino ad esaurimento della carne. Avrete tanti bei cilindretti allineati come soldatini.
A questo punto potete finire il tutto. Con un cucchiaio ponete delicatamente  sulla carne  un po' dei  vari condimenti preparati prima. 
Una volta completati,  rifinite quelli al pomodoro con un poco di burrata appoggiandola  come un cappellino sul sugo.
Colorate ancor di più con delle foglie di menta o di basilico sparse qua e la fra i cilindretti di carne.
Servite subito.

Bello da vedere, così colorato, e ottimo da mangiare con tutti quei sapori!





Mio marito, inutile dirlo, ha fatto il pieno.