martedì 31 marzo 2015

Vite

Olga se ne sta seduta sotto il vecchio gelso. Nessuno lo pota più e il suo folto ombrello la protegge dal caldo sole di giugno. Non ama prendere il sole, la sua pelle diafana e delicata  ne risente sempre, per cui lo evita il più possibile, soprattutto ora che è vecchia, malandata e inferma..con un gesto della mano sana si aggiusta il leggero plaid sulle gambe. E' giugno, ma all'ombra  la brezza  è fredda e le dà fastidio.
Guarda il giardino e ripensa a momenti lontani  in cui tante voci lo facevano risuonare, soprattutto la domenica.  Lo guarda con gli occhi dei ricordi,  pensa agli anni in cui   quel giardino era un semplice campo da bocce, usato dagli avventori dell'osteria che i suoi genitori gestivano fin da prima che nascesse, nel 1922..
Chiudendo gli occhi  può sentirle quelle voci, le conosce una a una, è quella degli stessi uomini  che incontrava in paese quando andava al piccolo  e unico negozio a fare la spesa..
Seduta sulla sua sedia a rotelle,  in silenzio ripensa a quei giorni così lontani,  risente  i colpi sordi delle bocce contro i legni e rivede la scena, sempre uguale, degli uomini intenti a preparare il lancio mirando il boccino...
Ora è un piccolo prato, lungo e stretto,  contornato da rosai ad alberello e di lato, muto guardiano, il gelso.
Osserva il volo di una piccola ape intorno alle rose, in cerca di polline.
Una piccola ape operosa, proprio come lei. Ripensa alla sua vita, a quanto ha lavorato, a quanto ha sacrficato, perduto, rinunciando a viverla pienamente..una lacrima scende a rigarle la guancia, e le labbra si piegano in una smorfia amara.
Fernanda, sua sorella, la chiama dalla finestra della cucina, su, al primo piano della loro vecchia casa.
Olga, ti vengo a prendere? Olga sospira, e risponde che vuole rimanere ancora qualche minuto sotto il gelso.
I pensieri riprendono il filo degli anni, la riportano a  quando faceva la sarta e fin da ragazzina  andava a fare la caterinetta per un sarto da uomo, giù a Cernobbio. Le piace cucire, le piace creare con le sue mani, trasformare una piatta stoffa in qualcosa che alla fine  prende vita, addosso alle persone... le è sempre piaciuto cucire, fin da bambina, e farlo come lavoro l'ha fatta sempre sentire realizzata....che soddisfazione quando in paese oppure passeggiando  in Riva a Cernobbio  vedeva qualcuno che indossava  un capo che aveva cucito! Avrebbe voluto gridarlo a tutti, - Quel vestito l'ho fatto io!!! - Ma non era possibile naturalmente, e allora gioiva  solo in cuor suo, paga e felice...
Quanta gente è passata in quelle stanze da sarto, quante persone ha conosciuto!
Si è anche innamorata di un tipo di Milano che veniva a farsi fare gli abiti  a Cernobbio,  ma è stato un amore infelice, breve e bruciante come un fuoco di paglia che  l'ha lasciata piena di amarezza e  di  disillusione.
Pensa  alle occasioni mancate, alle opportunità che non ha colto, ai consigli non ascoltati,  ed è convinta che il destino è stato crudele con lei, negandole la  possibilità di farsi una famiglia.
Alla morte di suo padre, sua madre, già avanti con gli anni,  si mise a letto e rifiutò di vivere, e toccò a lei,  che rispetto a sua sorella aveva un lavoro che poteva fare da casa,  prendersene cura giorno e notte. La sua vita  se ne era andata con suo padre, ma di questo se ne era resa conto molto dopo...
Intanto Fernanda la richiama dalla finestra....vengo a prenderti, che è pronto il pranzo!  Rassegnata, gira la carrozzina e aspetta che sua sorella scenda...
Già, sua sorella. Un anno più vecchia, ma fra le due sicuramente quella più forte di carattere. Lo è sempre stata, sin da quando erano piccole, ma a lei non era mai importato granchè, le andava anche bene e invecchiando  era comodo  affidarsi  a sua sorella,  questo  la faceva sentire protetta, soprattutto dopo l'ictus che le aveva bloccato un braccio ed una gamba.....
Anche lei  non si era fatta una famiglia.
Fernanda ha avuto una vita diversa, ma come Olga non l'ha vissuta pienamente.
L'ha spesa tutta per aspettare l'uomo di cui si era innamorata, un uomo sposato. Una attesa inutile perchè lui non ha mai lasciato la moglie, e anche quando questa, ormai anziana,  è scomparsa, era ormai  tardi, e sistemare le cose non aveva più senso.
Lavorava come frontaliera in un grande negozio di casalinghi ed elettrodomestici, L'Innovazione,   a Chiasso, subito dentro al confine con la  Svizzera, dove aveva iniziato da ragazzina come commessa e dove poi,  alla fine,  era diventata direttrice.
Quando anche sua madre se ne andò, Fernanda, col suo piglio da generale  prese in mano la situazione e decise che Olga sarebbe rimasta a a badare alla casa,  le proibì categoricamente di continuare a cucire per gli altri, mentre  lei avrebbe continuato a lavorare per portare a casa i soldi per vivere.
Olga non era felice di questo, si sentiva menomata, era una rinuncia troppo pesante per lei, ma si rendeva conto che la casa era molto grande, e c'era l'orto disposto su tre terrazzamenti,  galline e conigli a cui attendere, non avrebbe avuto nè il tempo nè la forza di andare avanti a lavorare come sarta. Si rassegnò a quella vita...
Così gli anni sono passati e  loro si sono trascinate  con questo ménage fra sorelle, una a fare la casalinga e l'altra a fare l'uomo di casa.
Due vite trascorse su quelle montagne sopra Cernobbio, mai una vacanza, mai una gratificazione. Fernanda almeno, andando a lavorare, vedeva un pezzetto di quel mondo fra Cernobbio e Chiasso, o con le rare uscite con il suo amante un minimo di vita l'ha avuta,  Olga  invece, tranne la parentesi ospedaliera a Como,   era prigioniera di Piazza S. Stefano, tuttalpiù scendeva fino a Cernobbio, quando a volte la domenica voleva andare a passeggiare in riva al lago,  mai più in là. Non so nemmeno se abbia mai visto il mare...
Seduta sulla carrozzina, davanti al piatto di minestra di riso, Olga pensa che la sua vita così appartata dal mondo le ha precluso la possibilità di coltivare amicizie e di avere contatti con altri che non fossero i due cugini che abitavano in paese,  aveva sempre avuto paura dei pettegolezzi, e non volendo dare adito a nessun tipo di chiacchiera,  i rapporti con gli abitanti della frazione li aveva volutamente ridotti al minimo. Solo con i due cugini era più in contatto, anche per molte altre incombenze e necessità  a cui non riusciva a fare fronte, come tagliare la legna per esempio...
Erano sole, completamente sole, in una grande casa a tre piani, con un  altrettanto grande orto terrazzato e un giardino fiorito sul davanti. Ed erano ormai anziane. Due vite "senza".
A questo pensa  Olga, mentre gira svogliatamente il cucchiaio nella minestra, a questo bilancio così amaro, sul finire della vita.
Sa che non le rimane molto tempo, ma spera in cuor suo di andarsene prima di sua sorella, perchè non saprebbe come fare altrimenti.
Triste, solleva la testa dal piatto, guarda Fernanda che traffica con le pentole, sospira profondamente  e chiede: cosa c'è di secondo?
Coniglio, risponde l'altra.
E dicendolo, si siede, mette in tavola la pentola ancora fumante con il coniglio arrosto e accende la tv...




Io ho conosciuto le sorelle Lironi che avevo 16 anni. Una domenica mio marito, allora fidanzato, mi disse: ti porto a conoscere due persone che per me sono importanti, una di loro, Olga, era sempre a casa nostra perchè lavorava come aiutante sarta  per mio padre, ci sono cresciuto con la presenza di Olga in casa. L'altra, Fernanda, è una forza della natura, e le sono altrettanto legato.
Era più o meno il 1967 e da allora sono state entrambe una presenza anche  nella nostra vita a due. Hanno visto nascere le nostre figlie, hanno pianto e gioito con noi in ogni situazione.
Olga, come desiderava, se ne è andata per prima, sul finire degli anni '90. Fernanda ha continuato a vivere in quella grande casa, sola, aiutata soprattutto da un lontano cugino che abita in paese,  ed è morta 5 o 6 anni fa.



Questo è il coniglio che ho preparato, una ricetta semplice e facile. La dedico a  Olga e Fernanda.



 Lombetto di coniglio al vino bianco, mele e topinambur

  per 2/3 persone


4 piccoli lombetti, o selle  di coniglio
100 gr pancetta liscia, o quanto basta a bardare i lombetti
2 spicchi d'aglio
1 rametto di rosmarino
1 bicchiere di vino bianco
olio, sale, pepe


per il contorno:
400 gr topinambur
2 mele Fuji
2 grosse cipolle bionde
1 goccio d'olio
sale, pepe



bardate i lombetti con la pancetta, date una legata con lo spago da cucina,  in modo che in cottura la pancetta  non si perda nella pentola.
In una padella scaldate un goccio d'olio, rosolate bene i lombetti da ogni lato, pepate, sfumate con il vino bianco e lasciate evaporare,  poi aggiungete l'aglio e il rametto di rosmarino, regolate di sale e copriteli con dell'acqua calda, oppure del brodo caldo, se ne avete.
Coprite e lasciate cuocere finchè sono morbidi, aggiungendo eventualmente dell'altro liquido se vedete che il fondo si aciuga troppo.

Mentre il coniglio cuoce, preparate il contorno.
Pelate il topinambur, lavatelo e tagliatelo a grossi spicchi.
Lavate anche la mela.  Affettate le cipolle.
In una padella antiaderente, scaldate un goccio d'olio e lasciate stufare la cipolla, aggiungete il topinambur, salate, pepate, mescolate per far insaporire tutto, quindi aggiungete acqua calda e lasciate cuocere finchè i pezzi di topinambur iniziano ad essere morbidi, ci vorrà un po' perchè sono abbastanda duri.
Tagliate la mela a grossi spicchi, eliminate il torsolo ma lasciate la buccia, quindi aggiungetela nella pentola del topinambur, aggiungete pochissimo liquido e lasciate cuocere coperto finchè tutto è perfettamente cotto. Abbiate cura di rosolare bene il tutto alla fine
Affettate il coniglio, eliminate lo spago da cucina allineatelo nel piatto di servizio e accompagnatelo con il contorno di mele e topinambur.

Servite ben caldo.

Sono sicura che avrebbero gradito entrambe.


















martedì 24 marzo 2015

quando mi frulla in testa una idea...

devo assolutamente realizzarla. E senza por tempo in mezzo.
E questa è una idea che mi è balenata parlando del più  e del meno, ma un più di cucina, con una conoscente mentre entrambe eravamo in  coda alla cassa della Coop. Lei sciorinava tutto un elenco di cose che prepara per far piacere alla sua famiglia e io, a dire il vero un po' stanca,  riuscivo  solo in parte a star dietro alle sue spiegazioni inframmezzate da  inumerevoli divagazioni su amici e parenti che non mi interessavano granchè. Poi improvvisamento ho colto la parola "gnocchi" e lì mi si è accesa la lampadina. Allora le ho ceduto il mio posto in fila e sono tornata a girare fra  i banchi della verdura.. tre bei broccoletti siciliani son finiti nel sacchetto, poi con quelli nel carrello mi sono fermata  un paio di minuti  in  osservazione al banco della pescheria.
Nella mia zona ci sono diversi supermercati  o ipermercati Coop, i secondi, più grandi ovviamente, all'interno di grandi centri commerciali. Quello dove vado io,  quando non devo fare spesa grossa,  è invece  un po' più  piccolo e defilato, ma ha un banco del pesce del tutto rispettabile, dove trovi ogni giorno un vasto  assortimento di pesce, crostacei e molluschi, sempre freschissimi. E ogni volta per me è una tentazione  a cui  in verità cedo spesso. Lo vedete anche dalle tante ricette di pesce che ci sono nel blog.
Il tipo che mi serve sempre ormai mi conosce, sa che mi ci vuole un attimo prima di decidere.
Ma stavolta non ci ho messo molto, avevo le idee ben chiare. Un sacchetto di vongole veraci e uno di cozze sono finiti a far compagnia ai broccoli....
Una volta a casa, sistemata la poca spesa, ho messo subito a bagno le vongole pregustando già  nella mia testa il sapore di quello che sapevo avrei messo nel piatto..



Gnocchi di patate e broccoli ai frutti di mare


per 3/4 persone


per gli gnocchi:
700 gr patate a pasta bianca
300 gr broccoli siciliani
farina q.b. 
1 uovo
sale

 per  il condimento:
1 sacchetto piccolo di vongole veraci
1/2  sacchetto di cozze
3 o 4 spicchi d'aglio
abbondante prezzemolo 
sale, pepe, peperoncino (se piace)
olio e.v.



Lasciate spurgare le vongole mettendole a bagno in acqua salata, e cambiando spesso l'acqua finchè  non trovate più  eventuale sabbia depositata

spazzolate le cozze, elinminate il bisso  e lavatele accuratamente.

Cuocete separatamente  a vapore  sia le patate che i broccoli.
Io lo faccio nella pentola a pressione, col cestello per la cottura a vapore.
Schiacciate le patate con l'attrezzo apposito direttamente sulla spianatoia infarinata e  lasciate che svaporino.
Con la forchetta schiacciate ben bene i broccoli lessati, riducendoli in una purea abbastanza fine, ma non troppo e uniteli alle patate.
Regolate di sale  e iniziate a mescolare e impastare insieme le due verdure. Mescolatele finchè si saranno perfettamente amalgamate, dopodichè aggiungete un uovo sbattuto a parte e pian piano  cominciate con la farina.
Mettetene sempre impastando, finchè il composto vi sembra della consistenza giusta "da gnocco".
Devono essere comunque morbidi, ma anche tenere la cottura. La dose di farina comunque dipende dalla qualità delle patate, da quanta ne assorbono per diventare "gnocchi". 
Regolatevi come siete abituati di solito per gli gnocchi.
Una volta raggiunta la consistenza giusta, infarinate di nuovo la spianatoia, fate i rotolini e tagliateli a tocchetti della misura che volete. Potete rigarli  oppure no. Io non lo faccio, un po' per pigrizia e un po' per abitudini familiari. Mia madre non ha mai rigato gli gnocchi e io faccio come lei. So che rigandoli "prendono" meglio il sugo, ma  a me piacciono anche senza righe. Basta che siano gnocchi.
Fatti gli gnocchi, preparate il condimento.
In due padelle diverse mettete un giro d'olio, un paio di spicchi d'aglio e qualche rametto di prezzemolo, quindi mettete in una le vongole e nell'altra le cozze. Coprite le padelle e fare aprire i molluschi.
Mettete a bollire l'acqua per cuocere gli gnocchi in modo da essere pronti quando il sugo di molluschi è in dirittura finale.
Quando sono tutti aperti,  senza scottarvi, sgusciate le vongole, raccogliendole in una ciotola o in un piatto, e lasciandone qualcuna col guscio, filtrate un paio di volte il liquido di cottura e rimettetelo in una pentola pulita, aggiungete le vongole sgusciate e quelle col guscio. Sgusciate anche le cozze e unitele alle vongole, nella pentola,  aggiungete prezzemolo tritato, un poco di peperoncino  e ancora un giro d'olio,   tenete in caldo, coperte.
Nel frattempo l'acqua degli gnocchi sarà in ebollizione, salatela  e quindi iniziate a cuocere gli gnocchi  pochi per volta,  scolandoli con una schiumarola ma mano vengono a galla e trasferendoli direttamente nella pentola dove aspettano vongole e cozze.
Terminata l'operazione, date una leggera mescolata facendo saltare la padella, senza toccare gli gnocchi praticamente,  e portate in tavola.

Successo assicurato!




 




venerdì 20 marzo 2015

ricette antiche

un poco dimenticate,  ma che ogni tanto mi viene voglia di rispolverare.
Sarà qualcosa che leggo, o qualche profumo che improvvisamente mi porta indietro, oppure la vista di qualcosa che fa riaffiorare i ricordi, non so...
Quando succede, mi prende l'impazienza.  Devo fare al più presto quello che mi è venuto in mente e che mi resta in testa finchè non lo realizzo.
Così, in vista della domenica, dopo una rassegna della dispensa, penso a preparare questo dolce.
Ormai lo sanno anche i sassi,  non è domenica a casa mia, senza un dolce.
La zuppa inglese ha origini lontanissime, ma le note informative che ho trovato su Wikipedia ve le metto in calce. Ora  vi dico come l'ho fatta, anche se penso che forse non ci sarebbe nemmeno bisogno di spiegarla..comunque so che si fa in diversi modi, secondo le varie usanze e  tradizioni regionali . Io la faccio nel modo classico. E' quello che preferisco in assoluto.
Ho solo giocato un po' con la presentazione.


 Zuppa inglese

1 l. latte
8 tuorli d'uovo
250 gr zucchero
80 gr farina
150 gr cioccolato fondente al 70%
1 cucchiaino essenza di vaniglia
 poca scorza di limone

per completare il dolce :
100 gr zucchero
100 gr acqua
mezzo bicchiere di Alchermes
mezo bicchiere suddiviso fra Rhun e Cognac
savoiardi q.b.
scaglie di cioccolato per decorare

Scaldate il latte insieme a un po' di scorza di limone.
Spezzettate, o tritate a coltello,  il cioccolato in una ciotola.
Montate i tuorli con lo zucchero finchè sono bianchi e spumosi, aggiungete la farina e mescolate bene sempre usando le fruste elettriche.
Appena il latte è caldo, versatelo  a filo sulle uova e rimettete tutto sul fuoco. Cuocete  la crema mescolando continuamente  in modo che non attacchi, ci vorrà qualche minuto perchè si addensi, poi continuate ancora per qualche momento la cottura.
Oppure usate il metodo Montersino, cioè lasciate che  il latte con la vaniglia  inizi a sobbollire piano, e poi aggiungete la montata di uova che dovrà aver incorporato bene l'aria,  non toccatela perchè rimarrà in superficie,  quando il latte riprende l'ebollizione dopo qualche momento, mescolate  bene e la crema sarà pronta.
Io la faccio nel modo classico, e non uso amidi di nessun tipo, non mi piace la consistenza gelatinosa che prende.
Una volta pronta, eliminate la scorza di limone, versatene la metà sul cioccolato spezzettato e coprite la restante crema con la pellicola trasparente messa direttamente a contatto, in modo che non si indurisca in superficie.
Mescolate bene la crema col cioccolato in modo da farlo sciogliere completamente bene ed avere una crema perfettamente liscia. Coprite anche questa con la pellicola a contatto.
Ora preparate lo sciroppo 1:1. Sciogliete a caldo lo zucchero nell'acqua. Lasciate sobbollire qualche istante  spegnete il fuoco e lasciate raffreddare. Poi suddividete lo sciroppo in due ciotole. Ad una aggiungete l'Alchermes, e all'altra il mix di Cognac e Rhum.
A questo punto si può montare il dolce.
Mettete le due creme in due sac à poche, munite di bocchetta spizzata.
Passate i savoiardi, tagliati a misura del bicchiere,  nel mix di Cognac e Rhum, strizzateli leggermente se sono troppo imbevuti,  e foderate il fondo  facendo un bello strato.
Coprite i biscotti con la crema al cioccolato. Fate in modo di avanzare un po' di crema al cioccolato perchè servirà come decorazione finale.
Ora fate uno strato con i savoiardi bagnati nell'Alchermes e finite con uno strato di   crema gialla.
Coprite i bicchieri con della pellicola e tenete in frigorifero, tenete in frigorifero anche la crema al cioccolato che avrete conservato, lasciandola dentro la sac à poche.
Al momento di servire, eliminate la pellicola,  strizzate dalla sac à poche un ciuffo di crema al cioccolato posandolo  al centro e guarnite a piacere.

Con le dosi che ho messo ho fatto due bicchieri e una bella coppa, con gli strati messi allo stesso modo, ma decorata con una pioggia di trucioli su cioccolato fatti scendere da una grattugia a fori grossi.






ed ecco le note informative di Wikipedia sulla storia della zuppa inglese:
"È un dolce antico di secoli, che appare nella cucina di diverse città dell'Emilia Romagna nell'Ottocento.
 Sebbene la sua origine non sia certa, la sua denominazione tradisce la derivazione dalla ricca e creativa cucina inglese del periodo elisabettiano. Originalmente composta di una base di pasta morbida lievitata, intrisa di vino dolce arricchita di pezzetti di frutta, o frutti di bosco, e coperta da crema pasticcera e panna o crema di latte sembra fosse un modo di recuperare gli avanzi dei ricchi pasti dell'epoca.
 Le origine e l'etimologia del nome sono estremamente dubbie. In mancanza di documenti prevalgono diverse tesi sull'origine della preparazione. Alcune delle leggende sul nome dichiarano che essa in realtà sia stata inventata in terra francese durante la Guerra dei Cent'anni e proprio per schernire il rivale inglese fu nominata "Zuppa Inglese"; queste fonti non trovano riscontro provato ma alcuni accenni su questa leggenda sono presenti in scritti dell'epoca. Rimane il fatto che questa ricetta non trova riscontri nella culinaria francese dell'epoca ed è quindi da ritenere una leggenda.
Le origini del dolce italiano si collocano più probabilmente nel 1500 presso la corte dei duchi d' Este quale rielaborazione di un dolce rinascimentale anglosassone, il trifle, considerato un po’ la madre di tutti i dolci, fatto con crema e pan di Spagna, il tutto innaffiato da bevande alcoliche (per esempio lo Sherry di Cadice).
I contatti commerciali e diplomatici con la casa reale inglese erano frequenti, ed è probabile che sia stato proprio un diplomatico di ritorno da Londra a richiedere ai cuochi di corte di riassaggiare il  trifle Lo stesso sarebbe accaduto anche in Toscana.
 La preparazione, così come la conosciamo oggi, fa la sua comparsa nel modenese verso la prima metà dell'Ottocento. Leo Codacci, in "Civiltà della tavola contadina", afferma che la zuppa inglese sarebbe stata "inventata" da una donna di servizio di una famiglia inglese residente sulle colline di Fiesole. Quella contadina toscana, avvezza da generazioni a non gettare niente di quanto restava sulla tavola, non riusciva a buttare via il pasto consumato, a base di biscotti soprattutto, come se fosse una piccola merenda. Volendo fare economia anche in casa di chi non ne aveva bisogno, la domestica pensò di utilizzare quella grazia di Dio e di mescolare gli "avanzi" dei biscotti, della crema pasticceria* e del budino di cioccolato. Poiché i biscotti del giorno prima erano divenuti secchi, per ammorbidirli li inzuppò con il vino dolce. L'unico elemento che risulterebbe a favore di questa tesi è la presenza del cacao che divenne di uso comune durante il Seicento.

mercoledì 11 marzo 2015

Le mie ricette classiche - 7 - la zuppa còrsa

quella che vi racconto oggi è diventata una ricetta classica a casa mia dopo averla scoperta poco meno di 10 anni fa, in un piccolo ristorantino a Piombino, Il Garibaldi Innamorato.
Ci siamo imbattuti nel locale una sera, gironzolando per le stradine del centro, e siamo entrati dopo aver letto una breve frase su un grande libro messo in bella vista  in una piccola vetrina dell'ingresso, aperto su una pagina scritta in bella calligrafia.
"Qui si cucina solo il pesce pescato del giorno".
Dopo una serie infinita di piccoli assaggi, tutti molto semplici ma molto molto freschi  e ben cucinati, ci siamo lasciati convincere ad assaggiare la loro zuppa. Una  zuppa del tutto diversa da come  ci si aspetta.
La zuppa còrsa, e per me è stato amore al primo assaggio.
Una ricetta marinara della vicina Corsica, molto particolare. E se gli ingredienti sembrano davvero strani se pensati insieme al pesce, la bontà e la particolarità di questa  zuppa dimostrano che i luoghi comuni sulla cucina di pesce non sempre rispondono al vero.
E' una zuppa in cui si utilizzava il pesce che rimaneva invenduto, o quello senza molto valore che, per questo motivo, i pescatori si portavano a casa.
Da quando l'ho assaggiata la prima volta sono passati molti anni,  l'ho fatta e rifatta innumerevoli volte  e  a casa nostra è ormai un classico. E'  solo un poco laboriosa da fare, ma ne vale assolutamente la pena.

Non siate scettici sugli ingredienti e fidatevi, questa zuppa vi stupirà con il suo sapore...



Zuppa còrsa


per 4/6 persone


pesci da zuppa:
2 o 3  gallinelle  se sono piccole
1 scorfano
2 naselli o merluzzetti
1 cefalo


per il fumetto:
1 carota
1 costola di sedano
1 cipolla
1 porro
2 spicchi d'agflio
qualche pomodorino
qualche stelo di prezzemolo, gambo e foglie
1 foglia di alloro
un cucchiaino di pepe in grani
1 bicchiere di vino bianco
 olio, sale, pepe
poca passata di pomodoro.


per la salsa:
250 gr  di maionese
2 cucchiai  di Harissa (o pasta di peperoncino)
(o a piacere, secondo quanto vi piace piccante)


per completare il piatto:
pane toscano a fette,  tostato
1 spicchio d'aglio
Emmenthal grattugiato al momento q.b.

Pulite il pesce, evisceratelo, eliminate con una forbice le varie pinne, squamatelo. Lavatelo e asciugatelo.
Sfilettatelo. Se preferite fatevelo sfilettare dal pescivendolo e fatevi dare tutti gli scarti.
Con pazienza e con l'aiuto della pinzetta apposita, togliete le lische più grosse ed evidenti, se ci sono.
Tenete da parte i filetti e tagliate quello che è rimasto in due o tre pezzi, lasciando intera la testa.




Mondate, lavate e tagliate a pezzettoni le verdure per il fumetto. In una larga e capiente padella, mettete un goccio d'olio, gli spicchi d'aglio e lasciate prendere calore, poi aggiungete le verdure, lische, testa  e quel che è rimasto del pesce. Unite i pomodorini tagliati a metà, il prezzemolo,  il pepe in grani  e l'alloro.
Lasciate insaporire, salate, pepate con del pepe nero macinato al momento, e sfumate con il vino bianco.
Una volta  evaporato il vino, coprite tutto con dell'acqua calda e lasciate sobbollire per mezz'ora circa.


dopodichè filtrate tutto attraverso un colino cinese.. Mettete nel colino  anche le teste dei pesci dopo aver prelevato la carne delle guance, e premete bene per estrarre tutto il sapore.
Poi, con pazienza, ripulite le lische da quel poco di polpa che ci sarà rimasta attaccata e tenetela da parte, coperta, insieme alla carne delle guance che avete tolto in precedenza.
Trasferite il fumetto in una capiente pentola, e rimettetelo sul fuoco  aggiungete i filetti dei pesci tenuti da parte. Cuoceteli a fuoco dolce per qualche minuto, finchè sono perfettamente cotti.


Quando sono pronti, toglieteli dal fumetto con una schiumarola, lasciateli leggermente intiepidire ed eliminate la pelle.
Ora bisogna passare tutto attraverso un passaverdure.
Non usate tutto il fumetto, tenetene da parte metà in una ciotola.
Passate i filetti del pesce nel passaverdure a fori grossi aiutandovi con qualche mestolo di fumetto, insieme alla polpa che avete recuperato  dalle lische.
Dovrete ottenere una sorta di minestra densa fatta di polpa passata. Allungatela con un poco del  fumetto  tenuto da parte, condite con un filo d'olio  e rimettete tutto su fuoco dolce.
Aggiungete un poco di passata di pomodoro per dare colore, regolate di sale e lasciate sobbollire ancora un poco, finchè vi sembra della consistenza giusta. Deve essere come una minestra densa, nè troppo asciutta, nè troppo brodosa. Se cuocendo si riducesse troppo il liquido, aggiungete dell'altro fumetto, poco per volta.
Mentre la zuppa è sul fuoco, preparate quello che serve per completare il piatto.

Mettete la maionese in una piccola ciotola, aggiungete l'Harissa e mescolate bene per rendere tutto più omogeneo. Grattugiate grossolanamente  l'Emmenthal con la grattugia a fori grossi. Tostate il pane in forno e sfregatelo leggermente con uno spicchio d'aglio.
Se avete tempo fate voi la maionese, magari il giorno prima, altrimenti usate pure quella compra.  Io stavolta ho usato quella pronta.



Ora spalmate un po' della salsa sulle fette di pane, posatele al centro di ogni piatto e copritele con il formaggio grattugiato.





versateci sopra qualche mestolo di zuppa e servitre subito, fumante.

Mettete la minestra di pesce in una zuppiera calda, e portate  in tavola  insieme ad altro pane, formaggio e salsa, a disposizione di chi vorrà servirsi nuovamente.

Perchè vi garantisco che farete il bis, e forse qualcuno anche il tris...




lunedì 2 marzo 2015

sorprese al cioccolato

come succedono, a volte, le cose....
apri la tua bacheca su Facebook e per prima cosa  ti trovi davanti la foto di un goloso dolce al cioccolato, umido,  fragrante e talmente bello che quasi allunghi la mano per  prenderne un pezzetto. Ma bisognerebbe essere sull'Enterprise, col replicatore di cibo, per riuscire ad estrarlo dallo schermo del monitor....
la mia amica Simonetta Bianchi, grande e appassionata cuoca, ogni tanto mi fa di  queste sorprese. Così parte un veloce scambio di e-mail e in un attimo so che questo sarà uno dei dolci  della domenica...
Infatti,  ieri, insieme ad altri due dolci, ho messo in tavola anche questo:




Wonka cake

dal libro Le mie 24 ore dolci di Gianluca Fusto.

Amo i dolci di Gianluca, mi piace molto il rigore e la pulizia  delle forme che realizza,  e la semplicità con cui crea dolci sontuosi, facendone dei piccoli, unici capolavori.
Ho avuto la fortuna di assistere a un suo corso, ormai  tre anni fa,  ne avevo parlato QUI  ma da allora Gianluca ha pubblicato tre libri, è un pasticcere ancor più conosciuto e apprezzato e a me  fa molto piacere
perchè se lo merita, è un gran professionista nonostante la sua giovane età e ad aspettarlo ha un  futuro brillantissimo.

Ecco la sua ricetta:


per il plumcake:
100 gr cioccolato fondente Guanaja al 70%
410 gr uova
170 gr zucchero semolato
100 gr miele di fiori d'arancio
150 g farina 00
11 gr lievito chimico in polvere
102 gr farina di mandorle di Sicilia
34 gr cacao in polvere
170 gr panna liquida fresca al 35% di materia grassa
140 gr burro

per completare:
cioccolato gianduia
decori di cioccolato o altro a piacere


per la ganache:
250 gr cioccolato fondente Guanaja al 70%
250 gr panna liquida fresca
30 gr burro



Nella ciotola del robot da cucina miscelate le uova intere, lo zucchero e il miele.
A parte setacciate insieme la farina, il lievito, la farina di mandorle e il cacao.
Aggiungete le polveri al primo impasto di uova e miscelate per tre minuti sino ad avere un composto omogeneo, quindi unite anche la panna liquida.
Fondete a bagnomaria il ciioccolato con il burro, lasciate intiepidire qualche istante, poi aggiungeteli all'impasto e mescolate con il robot per 4 o 5 minuti.
Imburrate e  foderate di carta forno tre stampi in alluminio da plumcake, di quelli usa e getta, lunghi 22 cm.
Fusto indica le misure  4,5x4,5  altezza e larghezza, per 22 cm di lunghezza, ma quelli che ho trovato sono lunghi 22 ma alti e larghi 7.
Mettete ogni stampo sulla bilancia e versateci 250 gr di composto, nel centro dello stampo mettete una barretta di cioccolato gianduia alta 4 mm e lunga 9 cm.  per arrivare alle misure indicate, io ho spezzato una tavoletta in strisce di quadratini della lunghezza richiesta e le ho sovrapposte fino alla misura di 4 mm.
Una volta posizionato il gianduia, coprite il tutto con altri 180 gr di impasto. Ripetete la stessa operazione per gli altri due stampi.
Allineate gli stampi su una teglia rettangolare e  cuocete in forno già caldo a 180° per 30 minuti, coprendo tutto con dell'alluminio e una teglia rovesciata negli ultimi 8 o 9 minuti.
Sfornate, lasciate intiepidire un attimo, poi toglieteli dagli stampi e lasciateli raffreddare completamente a temperatura ambiente.
Preparate la ganache.  Spezzettate il cioccolato  e il burro in una ciotola, portate a ebollizione la panna, lasciatela bollire leggermente qualche secondo poi versatela sul cioccolato nella ciotola. Lasciate riposare un attimo, poi mescolate con una frusta fino ad avere una crema  perfettamente liscia e lucida.
Lasciatela intiepidire, poi trasferitela in una sac à poche senza nessun tipo di beccuccio,  e mettetela in frigorifero fino a poco prima di portare in tavola.
Quando è il momento, tagliate la punta  alla sac à poche calcolando più o meno quanto desiderate che sia lo  spessore e decorate tutta la superficie longitudinale del dolce con delle strisce di ganache ben allineate fra loro, magari anche sovrapponendole.
Finite con dei lamponi, o con delle fragole,  appoggiati su una sottile sfoglia di wafer al cioccolato.


Se lo fate, seguite esattamente le dosi che ha indicato Gianluca,  non cedete all'impulso di arrotondare né in aumento, né in difetto. Le grammature sono perfettamente calibrate da Fusto, e poi lo sapete, in pasticceria, se si parla di 102 grammi, devono essere 102 grammi, precisi. Non uno di meno, non uno di più.
E' un dolce che si fa senza alcun problema. L'unico riscontrato è stato quello degli stampi perchè della misura che indica Fusto, forse si fatica a trovarli.
Infatti i miei cake sono venuti leggermente più bassi rispetto alla foto del libro, credo a discapito della cottura del cake, che comunque era umido e morbido lo stesso. La prossima volta proverò a suddividere l'impasto in due anziché in tre, usando però degli stampi classici da plumcacke non troppo grandi che ho. Vediamo cosa esce. Perchè è assolutamente un dolce da rifare, e rifare, e rifare....