venerdì 30 marzo 2012

Messer coniglio

a casa mia si è sempre apprezzata la carne di coniglio.
Sin da quando ero bambina facevano parte della vita in campagna, mia nonna ne aveva sempre e li teneva dietro la casa, dentro a specie di grandi gabbie di legno, poste in un recinto apposito,  che dividevano con le galline, anche se queste vivevano a terra ma poi avevano una specie di rastrelliera dove appollaiarsi per la notte.
La carne bovina era un lusso delle feste e in Friuli conigli, polli, galline, oche, anatre, tacchini e faraone erano gli animali più sacrificati. Vivevano a stretto contatto con l'uomo, calpestavano il suo stesso cortile, razzolavano nel suo orto, mangiavano i suoi scarti, producevano uova, piume, concime e finivano sulla sua tavola e a volte servivano come scambio...qualcuno ti faceva un favore? Un coniglio era sempre gradito....
Qunte volte ho  "fatto" l'erba per i conigli! 
Vieni, diceva mia nonna sul far della sera,  andiamo a fare erba, e prendeva su il "zej",  un grosso cesto di rami di salice  intrecciati da mio nonno e si andava....
era l'erba medica dei campi di cui erano particolarmente ghiotti i conigli,  gli  stessi  che poi mia nonna scannava quando arrivavano al peso che lei riteneva giusto...
......non ho mai voluto vedere quando succedeva, ma mi è capitato di vederla all'opera dopo,  mentre toglieva loro la pelliccia, sfilandola come un guanto, intera. Li appendeva a testa in giù, incideva i tendini delle zampe posteriori e tirava verso il basso...
Faceva questo con enorme sicurezza, tranquilla, senza remore,  con gesti che venivano da lontano, dalla  vita contadina, scandita dalle stagioni, dalle coltivazioni dei campi,  dall'allevamento e  dalla macellazione  finale degli animali da cortile....credo che non si sia mai posta problemi etici....come le Azdoure emiliane, o le Regiure lombarde, lei reggeva il peso della famiglia, e doveva mettere in tavola il cibo...che fosse pollo, o coniglio, o anatra..andava sempre acchiappato e macellato...
 Mia zia Teresina, sua figlia,  ne alleva  ancora tutti  gli anni, anche se,  per i suoi, parlare di conigli è inappropriato, alla fine sono davvero grossi. Con mezzo coniglio dei suoi puoi sfamare una famiglia di tre persone....

Io non so se è perchè è uno di quei sapori legati all'infanzia, ma il coniglio cucinato da mia nonna me lo ricordo ancora,  morbido che si scioglieva in bocca, con il profumo del rosmarino che ne esaltava la bontà, e soprattutto cucinato sulla cucina a legna.....sarà stato quello l'ingrediente speciale?

Fortunatamente anche a tutti i miei piace la carne di coniglio,  così lo cucino abbastanza  cercando di cambiare sempre  ricetta, provandone di nuove, a volte inventandole, più o meno come questa:



Rotolo di coniglio alle olive taggiasche


1 coniglio disossato
2 o 3 salamelle mantovane, dipende dalla stazza del coniglio
100 gr prosciutto cotto affettato
un trito di prezzemolo e aglio
4  o 5 pomodori secchi sotto sale,  io uso quelli sardi, sono molto più cicciosi e
morbidi anche se sono sotto sale.
1 vasetto di olive taggiasche sott'olio,  denocciolate
un trito abbondante di rosmarino e poco aglio
1 bicchiere di vino bianco di buona qualità
sale, pepe nero
olio e.v. buono


disossare il coniglio con un coltello da disosso molto affilato, oppure farlo disossare dal macellaio, se si ha la fortuna, come me, di avere un macellaio di fiducia  molto disponibile...
Pulirlo da eventuale grasso superfluo, lavarlo in acqua e aceto, asciugarlo molto bene.
Stenderlo su un tagliere, salare  pepare e  foderare l'interno con il  prosciutto cotto, premendo bene affinché aderisca perfettamente  alla carne. Questo servirà anche a tappare qualche buco o taglio nella carne fatto durante il disosso.
Spellare le salamelle e spalmarle sopra il prosciutto arrivando a coprire tutta la superficie del coniglio, ma lasciando un poco di spazio lungo i bordi, premere bene di nuovo.
Tritare il prezzemolo con un piccolo spicchio d'aglio e spargere anche questo sopra le salamelle.
Arrotolare partendo dalla parte più corta e alla fine rincalzare i lati esterni in modo che la carne chiuda completamente il rotolo.
Legare con della corda da cucina a mo' di arrosto arrotolato.
Tritare finemente un rametto di rosmarino insieme a un altro piccolo spicchio d'aglio.
Mettere a scolare le olive  in un colino  in modo che perdano il grosso dell'olio di conserva.
In una capace casseruola scaldare l'olio e rosolare il rotolo da tutte le parti, finchè è ben dorato, quindi aggiungere il trito di rosmarino e aglio, salare e pepare abbondantemente.
Sfumare con il vino bianco e lasciar evaporare, quindi sciacquare velocemente in acqua fredda i pomodori secchi, spezzettarli con le mani e aggiungerli nella casseruola, aggiungere anche le olive sgocciolate, lasciar insaporire qualche minuto poi  aggiungere acqua calda, o meglio, se l'avete, del brodo caldo fino ad arrivare a metà della carne. 
Coprire e lasciar cuocere pian piano finchè il liquido si restringe a sughetto e la carne è completamente morbida se la provate con una forchetta. Ci vorrà poco più di un'ora, un'ora e mezza.

E' ottimo servito con del puré di patate..



Buon appetito!!

lunedì 26 marzo 2012

Tango


Se ne stava lì, seduta un po' in disparte, guardando i movimenti ritmici delle coppie che ballavano in quella piccola balera di paese, unica occasione di svago la domenica,  in un posto dove tutto era silenziosa campagna, e  dove il tempo era scandito dal duro lavoro imposto dalle stagioni.
Sentiva la  musica, ma non la  ascoltava, persa nei suoi pensieri.
Da poco si era trasferita  in mezzo a quella gente un po' chiusa, taciturna.  Contadini dal viso scavato, cotto dalle intemperie e dalla fatica.
Non  sentiva ancora di appartenere a quel mondo, e neppure quel mondo l'aveva ancora accolta....lei  così giovane e spaurita, mandata a lavorare in quella famiglia di possidenti,  affidata  da sua madre a Katina, la moglie del fattore,  perchè le badasse, in fondo aveva solo 16 anni... le mancava molto la sua famiglia, ma non poteva tornare a casa, non ce l'aveva più una casa, andata distrutta in un  incendio qualche tempo prima..


Era una domenica come tante, lenta e sonnacchiosa. 
Forse, pensava, sarebbe stato meglio rimanere in casa a riposare un po' sul letto. Invece si era lasciata trascinare dalla sua compagna di stanza ed ora era lì, un po' annoiata, chiedendosi perchè si era lasciata convincere.
Osservava senza vederlo il via vai di gente, guardava con occhi assenti i visi delle persone che ridendo salivano sulla pista di tavolato.
Ogni tanto chiudeva gli occhi per  cercare di ascoltare  meglio la musica.
Ecco le note di un tango, ed ecco, ad un tratto,  una mano che sfiora timidamente la sua:


- scusi  signorina, permette questo ballo?


Lei apre gli occhi e si trova davanti un giovanotto alto, dinoccolato, con i capelli ondulati e scuri, due occhi verdissimi che la guardano sorridendo.
Rimase un attimo in silenzio, indecisa se accettare o no, ma quel volto le piaceva,  quel sorriso le piaceva, quegli occhi le sembravano sinceri.
Ma sì, pensò, e  alla fine si alzò per seguirlo sulla pista.
Si sentì subito bene, avvolta in quell'abbraccio.
Provava una sensazione strana ma piacevole, finora sconosciuta. E si lasciò condurre dentro la musica triste e appassionata di quel tango.
Lui le disse che l'aveva notata da parecchio tempo  in giro per il paese e che era felice di aver finalmente trovato il coraggio di rivolgerle la parola, ancor più felice di stringerla fra la braccia per quel tango.
Lei si schernì, cercò di mascherare la sua emozione nascondendo il rossore del viso chinando la testa sulla giacca di lui, ma  quelle parole la colpirono... Sì quegli occhi così verdi e limpidi non potevano mentire...

Iniziò così, pian piano, poco alla volta, ad innamorarsi.


Era un giorno  di primavera del  1946, da allora non li hanno più contati i giorni, e improvvisamente  è passata una vita intera...
Ora lei è sola, lui se ne è andato in un giorno di sole con la banda e le bandiere, e in questi giorni sarebbe stato il suo compleanno....


Auguri papà, ci manchi tutti i giorni.


questo dolce  è per te, so che ti sarebbe piaciuto..



ROULADE POIRES ET CHOCOLAT

da Cioccolata &C. n. 75



per il rotolo:

3 uova
60 gr farina
20 gr. cacao amaro di ottima qualità
100 gr zucchero
cacao per spolverizzare


per la crema:

200 gr cioccolato fondente
1,25 dl panna fresca
1 noce di burro
2 pere mediamente mature (ho usato le Williams)
1 cucchiao abbondante di Grappa di pere
2 dl acqua
100 gr zucchero
poco succo di limone.

Spezzettare il cioccolato e metterlo in una piccola terrina, scaldare la panna fin quando raggiunge quasi il bollore, versarla sul cioccolato, lasciar riposare un minuto, quindi mescolare affinchè la ganache sia bella liscia e omogenea, aggiungere la noce di burro mescolando sempre affinchè si sciolga bene, aggiungere il cucchiaio abbondante di liquore. Lasciar raffreddare bene. Tuttalpiù mettere in frigo per accelerare il raffreddamento.

Scaldare il forno a 220, foderare una teglia rettangolare (circa 30x20 o giù di lì) imburrando il fondo della teglia e anche la carta su cui andrà spalmato l'impasto.
Montare le uova con 80 gr di zucchero (io ho usato il Ken) fin quando sono belle gonfie e spumose unire delicatissimamente la farina mescolata al cacao, facendoli scendere da un setaccino poco alla volta. Mescolare dal basso verso l'alto con estrema pazienza per non smontare tutto.
Una volta fatto, versare nella teglia, sopra la carta imburrata, livellare con il dorso di un cucchiaio e mettere in forno. Cuocere per 10 minuti.
NJel frattempo preparare uno strofinaccio pulitissimo, cospargerlo con i 20 gr di zucchero rimasti e una volta cotto il biscotto, toglierlo dal forno e rovesciarlo sul canovaccio, eliminare la carta forno e arrotolare delicatissimamente.
Lasciar quindi raffreddare.

Nel frattempo sbucciare le pere, tagliarle a metà per la lunghezza, eliminare i semini e i filamenti interni.
Mettere le 4 metà in una casseruola, aggiungere lo zucchero e l'acqua, 1 cucchiaio di succo di limone e mettere sul fuoco. Cuocere circa 10 minuti o fin quando le pere saranno morbide ma non sfatte. Lasciar raffreddare nello sciroppo, quindi tagliarle a fette sottili.

Al momento di assemblare il dolce, riprendere il rotolo ormai freddo, con l'ausilio di un cucchiaio spalmare la ganache all'interno lasciando un poco di spazio lungo ai bordi, aggiungere le fette di pera e ri-arrotolare. Spolverare con cacao amaro e servire con panna montata a piacere...







venerdì 23 marzo 2012

meno male che non amo il cioccolato bianco

tutto nasce da una specie di zingarata coquinaria  buttata lì un po' per scherzo e un po' sul serio, da Pinella.

Si va ragazze?  
Via dalla pazza folla dunque, una manciata di amiche che molla lì famiglia, lavoro e problemi, salta in auto, in treno,  in aereo e parte.
Il  sottofondo è la preoccupazione per una amica, ma anche l'occasione per stare insieme, cercando di stemperare l'ansia.

Via, si va a controllare la situazione da vicino. Da Santommase, se non ci mettiamo il naso non siamo tranquille.

Una volta deciso il viaggio, si pone il problema "cosa porto?"
 Riguardo a cibarie naturalmente.
Io decido di buttarmi, fra le altre cose, su questo dolce, anche se so che non ne assaggerò o quasi, ma è un dolce "antico" che ho rivisitato  e sperimentato più e più volte, si fa velocemente, e poi ho la fortuna di avere,  come compagna di avventure, oltre a Pinella,  anche una gran  pasticcera come Rita, con lei  è sicuro che ne uscirà qualcosa di speciale e qualcuno che lo apprezzi lo troverò...


.
Salame di cioccolato bianco e amaretti  con salsa di cioccolato fondente al liquore Amaretto

300 gr cioccolato bianco di buona qualità
150 gr amaretti secchi
80 gr  amaretti morbidi
80 gr zucchero
150 gr panna montata
50 gr zucchero a velo
220 gr burro
6 cucchiai liquore all'Amaretto
2 tuorli



per la salsa:
100 gr cioccolato fondente al 70%
100 gr panna liquida fresca
1 bicchierino scarso  di Amaretto

per guarnire:
grué di cacao



In un pentolino a bagnomaria, montare i tuorli con gli 80 gr di zucchero, aggiungere il liquore all'amaretto ottenendo una specie di zabaione. Una volta che la crema è bella gonfia e le uova sicuramente pastorizzate, togliere dal bagnomaria e  continuare a montare finchè il composto si raffredda completamente.
In un sacchetto mettere gli amaretti secchi e con un batticarne pestarli fino ridurli in piccoli frantumi.
Ammorbidire il burro e poi montarlo con i 50 gr di zucchero a velo, utilizzando le fruste elettriche, finchè è una crema morbida e spumosa.
In un altro pentolino fondere il cioccolato bianco a bagnomaria insieme a 2 o 3 cucchiai della dose prevista di liquore all'Amaretto. Una volta fuso, lasciarlo raffreddare quindi unirlo alle uova montate, e  poi il tutto, una volta ben mescolato,   alla crema di burro.
A questo punto incorporare  poco alla volta gli amaretti secchi  frantumati e quelli morbidi sbriciolandoli direttamente nella ciotola del composto,   aiutandosi  con il resto del liquore. Mescolare bene per rendere il tutto perfettamente omogeneo poi montare la panna ben densa e incorporare anch'essa al composto.
Un'altra paziente mescolata per non smontare il tutto poi stendere un foglio, doppiato, di alluminio quindi versarvi la preparazione, arrotolare e con le mani dare la forma del salame.
Avvolgere nuovamente in un altro foglio di alluminio cercando di mantenere la forma rotonda, e tenere in frigo.

Per la salsa:
In una  piccola casseruola a bagnomaria, fondere insieme il cioccolato fondente, la panna e l'Amaretto.
Mescolare bene per avere una crema perfettamente liscia e lasciar raffreddare.

Per servire, mettere un poco di crema sul fondo del piatto, versare un poco di grué di cacao in un piatto,  tagliare una fetta spessa di salame di cioccolato, farla rotolare dentro la granella di cacao premendo leggermente per farla aderire bene e adagiare con delicatezza sulla crema al cioccolato.

Come dicevo è un dolce davvero versatile, e anche se non è di quelli  ricercati,  la sua bella figura la fa, soprattutto se si riesce a presentarlo con un poco di fantasia... vero Rita??

Ne ho assaggiato solo un pezzettino, lo giuro, croce sul cuore..


Un grazie speciale alla mia Ritina, e a tutte le amiche coquinarie.  Siete mitiche!!






mercoledì 21 marzo 2012

poesia, cipolle e il primo giorno di primavera

oggi è il primo giorno di primavera,  e non importa se ho sentito che essendo un anno bisesto l'hanno datata a ieri,  per me è sempre il 21 marzo....un giorno in cui si celebra anche la giornata mondiale della poesia, istituita fin dal lontano 1999 dall'Unesco,  che negli anni ha voluto dedicare la giornata all’incontro tra le diverse forme della creatività.
Forzo un poco se dico che anche la cucina è una forma di creatività?

Mi prendo perciò  licenza  di festeggiare queste due ricorrenze, prima  con una poesia
 
La cipolla è un’altra cosa.
Interiora non ne ha.
Completamente cipolla
Fino alla cipollità.
Cipolluta di fuori,
cipollosa fino al cuore,
potrebbe guardarsi dentro
senza provare timore.
In noi ignoto e selve
di pelle appena coperti,
interni d’inferno,
violenta anatomia,
ma nella cipolla – cipolla,
non visceri ritorti.
Lei più e più volte nuda,
fin nel fondo e così via.
Coerente è la cipolla,
riuscita è la cipolla.
Nell’una ecco sta l’altra,
nella maggiore la minore,
nella seguente la successiva,
cioè la terza e la quarta.
Una centripeta fuga.
Un’eco in coro composta.
La cipolla, d’accordo:
il più bel ventre del mondo.
A propria lode di aureole
da sé si avvolge in tondo.
In noi – grasso, nervi, vene,
muchi e secrezione.
E a noi resta negata
l’idiozia della perfezione.

(W. Szimborska)


 e, per restare in tema con Wislawa,  poi  con un piatto molto semplice,  tipicamente primaverile, almeno a casa mia..



Frittata di cipollotti freschi


per 4 persone:

8 uova intere
2 cucchiai parmigiano
3 cucchiai latte
6/8 cipollotti freschi
poco olio, sale, pepe


Mondare i cipollotti dalle foglie più esterne e dalle barbe, lasciando però ancora molto del ciuffo verde.
Lavarli e asciugarli, quindi tagliarli a metà per il lungo.
In una larga teglia rotonda, magari antiaderente, scaldare un goccio d'olio, allineravi dentro i cipollotti crudi e lasciarli stufare a fuoco dolce qualche minuto con un pizzico di sale, senza muoverli..
Nel frattempo scaldare il forno a 200°,  battere le uova in una terrina, e quando sono ben miscelate, aggiungere il parmigiano, il latte e regolare di sale e di pepe.
Versare le uova sui cipollotti stufati, cercando di non spostarli troppo, quindi infornare per circa 16 minuti, o finchè la superficie comincerà a dorarsi e al frittata a gonfiarsi.
Ottima ben calda.



Non è certo un piatto raffinato, ma per me  questa frittata vuol  proprio dire primavera...

venerdì 16 marzo 2012

si fanno scoperte a volte...

che ti sorprendono davvero piacevolmente.
Vado spesso in Friuli, e quando ho qualche giorno in più di tempo,  una tappa per mangiare il prosciutto a San Daniele è d'obbligo. 
Per cui mi capita tutte le volte di passare, strada facendo,  davanti al cartello che indica l'allevamento di trote della Friultrota poco fuori di San Daniele, lo leggo  sempre,  e  mentalmente, tutte le volte  mi dico che devo andarci,   ma poi capita che la volta successiva vada solo per un w.e. e non mi avanza quasi mai il tempo di farci un salto,  sta di fatto che  per una ragione o per l'altra non sono  mai riuscita ad andarci.  Fino a qualche tempo fa....
Inutile dire che mi si è aperto un mondo. 
Al solito, ho comprato di tutto e di più. Hanno uno spaccio dei loro prodotti che  solletica  appetito e fantasia sia per la  quantità dei prodotti offerti che  la qualità, e svuota un poco il portafoglio...
Ho comprato dunque diversi prodotti che ho apprezzato tantissimo, ma credo che il loro prodotto d'eccellenza  sia la Regina....
Le trote allevate in Friuli possono contare su acque di fiume, anche di risorgiva, fresche e pulite, molto ossigenate, requisito importante per questo pesce che ha un ciclo biologico lungo, visto che prima di finire nel piatto  ci mette anche un anno e mezzo...
Quante volte da ragazza, con i miei cugini andavamo in giro per i campi dove sapevamo correre molte sorgive e dove sapevamo che sicuramente avremmo potuto pescare trote....qualche volta eravamo fortunati, e la sera c'era trota a cena, ma il più delle volte le trote erano più furbe di noi....se ne accorgevano  subito  della lenza di nylon...infatti cercavamo di pescare  con una improbabile canna ricavata da un ramo d'albero e un filo di nylon,  legato alla carlona,  che pareva una gomena.....arrivavano,  giravano  intorno all'esca, ma se la filavano di gran carriera pinneggiando e mostrandoci il lato B...
La Regina non fa eccezione,  allevata in  grandi vasche tortuose,  costruite in modo da rispecchiare il suo ambiente naturale, con alghe, ghiaie e vegetazione,  e l'acqua del Tagliamento che scorre lì vicino....
Viene  affumicata "a freddo", si fa per dire...infatti l'affumicatura avviene entro i 30 °C. usando legni duri a foglia larga, non resinosi,  con aggiunta di bacche aromatiche nella cui scelta c’è la specificità del territorio friulano. Me lo sono fatto spiegare dal commesso dietro al bancone...molto disponibile e orgoglioso del prodotto, e anche visibilmente contento che gli facessi tutte quelle domande..
All'assaggio,  questa trota affumicata regala grandi sensazioni olfattive e di gusto, è di media succulenza, notevolmente saporita, piuttosto grassa e tendenzialmente dolciastra con un  retrogusto leggermente e piacevolmente amarognolo, e lascia a lungo in bocca i suoi sapori... 
Confesso che a casa mia non è durata molto, l'abbiamo sempre gustata con pane di segale, burro e aneto..ma me ne era avanzata qualche fetta e ho deciso di farla finire in grande stile  così, aprendo una cena, come un  piccolo, fresco antipasto..




Piccoli savarin di gelato al  cetriolo e trota affumicata Regina di San Daniele

100 gr panna da cucina
150 gr crème fraiche
50 gr burro
1 piccolo cetriolo
sale, pepe
aneto, se piace
trota affumicata q.b.
4 gr colla di pesce



spelare il cetriolo, grattugiarlo con la grattugia dai fori piccoli, metterlo a perdere acqua in un colino, avendo cura di raccogliere un poco del suo liquido di vegetazione.
In una ciotola mettere la panna da cucina, la crème fraiche, e mescolare bene.
Fondere il burro e una volta intiepidito, versarlo a filo nel composto mescolando sempre.
Ammollare la colla di pesce in acqua fredda.
Raccogliere due o tre cucchiai di liquido del cetriolo e scaldarlo a fuoco dolce, farvi fondere la colla di pesce e unire anche questo a al composto, versando a filo e mescolando velocemente.
Strizzare bene il cetriolo grattugiato cercando di fare uscire tutto il liquido di governo possibile.
Unire anche la polpa grattugiata al composto precedente, mescolare bene perché si distribuisca omogeneamente, regolare di sale e pepe.
Se piace, unire poco’aneto tritato.

Versare in uno stampo di silicone a forma di piccoli savarin e congelare.

Affettare la trota affumicata, e con la mandolina affettare un pezzetto di cetriolo con la buccia, ben lavato e asciugato.

Togliere dal freezer i piccoli savarin qualche tempo prima, lasciandoli scongelare in frigorifero.
Per servirli appoggiarli nel piatto scelto per il servizio, arrotolare una fetta di trota e posarla nell’incavo, guarnire con una sottile fetta di cetriolo.




La prossima volta che vado in Friuli, torno a fare scorta....ho in mente tantissime cose da fare con la Regina...






mercoledì 14 marzo 2012

belle iniziative

Oggi Chiara  del blog La Voglia Matta, inaugura una nuova rubrica Blogs Got Talent!.
Uno spazio settimanale dedicato ai blog emergenti, a quelli meno in vista, ma che secondo lei meritano di essere frequentati e sostenuti.  Un cammino nel mondo blogger in cui trovare e promuovere contenuti, argomenti e cose interessanti, non solo di  cucina dunque, e non solo in Italia.
Per questo inizio ha scelto me e il mio blog, e ne sono davvero onorata.
Conosco Chiara da molto tempo, ci siamo trovate in occasione di un incontro culinario parecchi anni fa, poi, come capita a volte che la vita ti porti da altre parti, ci siamo perse di vista per parecchio tempo,  e alla fine ci siamo  ritrovate sulle pagine di Facebook e ne sono stata davvero felice.

Grazie Chiara, per lo spazio che generosamente dedichi a questa rubrica, grazie per l'opportunità che dai a me e a tutti gli altri che verranno  di farsi conoscere e di fare con te questo percorso attraverso nuovi blogs.

Sono sicura che questa rubrica sarà davvero fortunata!  Grazie di cuore e in bocca al lupo!!




martedì 13 marzo 2012

Pesce e dintorni

io lo so che non devo fermarmi troppo davanti al banco del pesce. Dovrei  limitarmi  soltanto a comprare  il  pesce che ho deciso di  cucinare senza perdere tempo e,  soprattutto,   senza osservare troppo  quello che c'è in mostra.....lo so, ma non ci riesco mai. Non so proprio resistere, soprattutto quando vedo degli enormi carabineros  che rosseggiano in mezzo al banco.....
Così, tutte le volte, torno a casa con l'intero  mondo ittico nelle borse, e in testa tutto un altro menu composto lì per lì, alla vista di quel trionfo di pesci, di crostacei, di molluschi...
E' andata allo stesso modo anche stavolta, che avevo in mente di fare solo un bel pesce al forno.....e invece...



tutte le ricette sono per 4 persone circa


Questa è una ricetta della Liguria di Levante, Portovenere per l’esattezza. In passato, le barche che andavano per mare necessitavano di una zavorra che potesse facilmente essere buttata in acqua  se necessario, e a quello scopo i ciottoli andavano benissimo. Gli zavorristi erano invece  i marinai addetti a recuperare i ciottoli per il loro riutilizzo e,  durante questa ricerca, facilmente incontravano dei polpi…





Polpo degli zavorristi

1,5 kg. di polpo fresco
3 spicchi d’aglio
2 cucchiai di capperi sottaceto
olio extravergine d’oliva
aceto bianco
sale
pepe
prezzemolo.

Mettere a cuocere il polpo a fuoco lento, senza aggiungere acqua. Quando è tenero, spegnere il fuoco e lasciar intiepidire. A questo punto, levare la pelle e tutte le ventose. Il polpo spellato va quindi messo a bagno in acqua e aceto bianco per una decina di minuti (un bicchiere di aceto per ogni litro d’acqua). Mettere il polpo nel frullatore, e ridurlo in pasta. A parte, tritare minutissimamente l’aglio, il prezzemolo (approssimativamente 2 cucchiai) e i capperi.
In una padella mettere circa 4 cucchiai d’olio e unire il trito di aglio, prezzemolo e capperi. Far soffriggere leggermente, quindi unire il polpo tritato, mescolando bene finchè si amalgama il tutto, sfumando con un paio di cucchiai di aceto. Se fosse necessario aggiungere altro olio, e aggiustare di sale. Alla fine aggiungere un’abbondante macinata di pepe.








 Bocconcini di tonno al sesamo e burro di mandarino


2 fette di tonno freschissimo, un po' alte
1 mandarino
80/100 gr burro
sesamo q.b.
poco olio
sale, pepe, 
spinacini novelli per guarnire

Prima di cucinarle, dare un colpo di freezer alle fette di tonno, in modo da garantirsi dalle brutte sorprese (anisakis). Poi scongelare e prepararle per la cottura.
Prima di tutto preparare il burro. Lasciarlo ammorbidire a temperatura ambiente, poi grattugiare la scorza del mandarino, quindi spremerne il succo e con una forchetta amalgamare il tutto al burro finchè il succo sarà completamente assorbito. Ci vorrà un po' di pazienza. Una volta pronto il burro, avvolgerlo a caramella nella pellicola dandogli la forma cilindrica di un piccolo salame e mettere in frigorifero a rassodare.
Tagliare le fette di tonno in bocconcini abbastanza regolari, ungerli leggermente e rotolarli nel sesamo allargato in un piatto, premendoli bene con le mani perchè resti ben aderente.
Arroventare una padella e tostare velocemente  i bocconcini  in modo che il sesamo diventi croccante ma allo stesso tempo il tonno non abbia a cuocersi completamente. Dovrà  restare abbastanza rosso all'interno.
Portare a tavola su un letto di spinaci novelli e una rondella di burro al mandarino.




curiosando nella pagina  Facebook di Stefano Deidda chef del ristorante Dal Corsaro  di Cagliari, un posto che mi ha fatto conoscere Pinella Orgiana a cui sarò eternamente grata per questo e per molto, molto  altro,  ho visto una sua preparazione con questi gnocchi, e ne sono rimasta folgorata....ho cercato umilmente di riprodurli in questa occasione, con un condimento diverso, anche se sicuramente i suoi saranno stati spaziali, come tutte le sue cose...


 Gnocchetti di ceci  ai crostacei

per i ceci:

400 gr ceci secchi
400 gr patate
1 tuorlo
farina di ceci q.b.
sale, pepe
6/8 piccole aragostelle
8/10 gamberi Carabineros
 prezzemolo, aglio
olio e.v.



per la bisque:

teste e carapaci di gamberi
teste di aragostelle
1 cipolla
2 coste di sedano (magari quelle più interne)
2 piccole carote
qualche gambo di prezzemolo
2 spicchi d'aglio
1 bicchiere di vino bianco
qualche pomodorino
2 foglie di alloro


Mettere a bagno i ceci, meglio se per una notte, io non avevo tempo per cui li ho lasciati dalla mattina a pomeriggio inoltrato, poi li ho cotti in pentola a pressione con molto liquido.
Preparare le bisque.
Lavare bene i crostacei, sgusciare i gamberi conservando i carapaci e le teste, sgusciare anche 4 aragostelle, lasciando le altre intere per guarnire i piatti. Tenere da parte, al fresco,  i gamberi sgusciati e le aragostelle.

Tritare grossolanamente le verdure.
Mettere i carapaci e le teste dei crostacei in un capiente contenitore, quindi batterli un poco con un batticarne in modo che teste e chele si rompano.
In un largo tegame scaldare  l'olio insieme all'aglio, aggiungerci i carapaci, le chele  e le teste schiacchiate, e lasciar insaporire bene bene qualche minuto. Unire le verdure tritate, l'alloro,   regolare di sale e di pepe. Lasciar insaporire qualche minuto quindi sfumare con il vino bianco. Una volta evaporato il vino, aggiungere i pomodorini tagliati a metà, coprire d'acqua in modo che superi di  buone due  dita il contenuto del tegame e  cuocere a fuoco vivo per almeno 20 minuti.
A questo punto, spegnere e lasciare riposare il più a lungo possibile, meglio sarebbe prepararla la sera per la mattina. Io l'ho lasciata dalla mattina al pomeriggio come i ceci.
Una volta trascorso il tempo del riposo, passare il tutto al frullatore eliminando le teste delle aragostelle che forse per il frullatore sono un po' troppo coriacee.  Io ho usato il Bimby e non ho avuto problemi.
Frullando bene  si otterrà una specie di poltiglia. 
Passare questa poltiglia al setaccio. Ne risulterà un liquido denso e profumato di mare. Tenere da parte.


Preparare gli gnocchi di ceci:

cuocere i ceci.
Come ho detto sopra, li ho lasciati a bagno qualche ora con un pizzico di bicarbonato, sciacquati benissimo e cotti in pentola a pressione.
Cuocere a vapore le patate, passarle allo schiacciapatate raccogliendo la purea in una ciotola.
Passare i ceci al passaverdure con il disco a fori fini, e unire il risultato al puré di patate, aggiungere un tuorlo d'uovo, un pugnetto di farina di ceci e cominciare a impastare, aggiungendo farina di ceci intervallata con  poca  farina 00, ma senza esagerare, finché si avrà un impasto morbido ma manovrabile. Regolare di sale e procedere , sulla spianatoia infarinata, a formare i rotolini da tagliare in gnocchi. 
Questa è una operazione che va fatta a ridosso della cottura, in modo che gli gnocchi  non  abbiano il tempo di "sedersi".



Poco prima di andare a tavola, scaldare dell'olio in una larga padella, aggiungere l'altro spicchio d'aglio in camicia, un rametto di timo, e versare la bisque. Una volta che prende il bollore, abbassare il fuoco e aggiungere i gamberi sgusciati e le aragostelle rimaste.
Lasciarli cuocere qualche minuto,  spruzzarli di prezzemolo tritato, quindi tenere in caldo.

Cuocere gli gnocchi pochi alla volta,  in abbondante acqua dal bollore appena accennato,   raccogliendoli con la schiumarola man mano che salgono in superficie. 
Fare un fondo di bisque nel piatto, appoggiarvi gli gnocchi man mano si raccolgono,  aggiungere dell'altra bisque, un paio di gamberi e una aragostella e servire.








Calamari alla plancia con ragout di fragole e pomodorini

4 calamari di media grossezza
una decina di fragole
qualche pomodorino datterino
un pezzetto di zucchina
olio e.v.
succo di mezza arancia
sale, pepe bianco



pulire i calamari, vuotandoli bene e spellandoli. Eliminare i tentacoli che serviranno magari per altre preparazioni. Io li ho congelati e li userò per il prossimo fumetto o se farò calamari ripieni.
Arroventare una bistecchiera in ghisa.
Nel frattempo ridurre in  piccola dadolata le fragole e i pomodorini ben lavati e asciugati.
Scottare un pezzetto di zucchina tagliata a metà. Poi con un levatorsoli ricavare dei bottoncini verdi che serviranno da guarnizione insieme al ragù di fragole.
A parte, emulsionare  dell'olio buono con il succo  della mezza arancia, il sale e il pepe.

Grigliare i calamari,  senza lasciare che diventino gommosi. Se sono freschi il problema non si pone.
tagliarli in quattro rocchi, posarli nel piatto di servizio, condirli con la vinaigrette di olio e succo d'arancia, aggiungere fragole e pomodorini in dadolata, guarnire con qualche bottoncino di zucchina e servire subito.



Un piatto semplice, veloce e ottimo, ma qui la differenza la fanno questi gamberi, che non sempre capita di trovare. 

Così belli e carnosi:






 Carabineros arancia e rosmarino


8 gamberi Carabineros
4 fette d'arancia
4 rametti di rosmarino
Cognac q.b.
sale, pepe bianco
olio e.v.



lavare accuratamente i gamberi.
Ungere abbondantemente un foglio di alluminio doppiato, adagiarvi i gamberi interi, aggiungere una fetta d'arancia, un rametto di rosmarino, una spruzzata di Cognac, un pizzico di sale e una grattatina di pepe e un goccio d'olio. Chiudere bene il cartoccio. Preparare così i cartocci per ogni commensale, posarli su una larga teglia e cuocere in forno già caldo a 200° per 5/6 minuti o poco più.
Servire direttamente nel cartoccio, appoggiato su un piatto.



e per finire, un dessert che amo tantissimo, un mio vecchio cavallo di battaglia...




 Bavarese al Vinsanto con salsa mou

ne ho fatta mezza dose, giusta per 4.

150 gr   latte
1   dl Vinsanto
200 gr panna liquida fresca
70 gr. zucchero
2 tuorli d'uovo
4 gr  colla di pesce (2 fogli da 2 gr)
1 cucchiaino essenza di vaniglia

Per la salsa al caramello:
60 gr zucchero
1 cucchiaio d' acqua
1 cucchiaino di succo di limone
1 dl. panna liquida fresca
Per guarnire:
fragole e zucchero a velo

In un pentolino portare il latte a ebollizione. Mettere a bagno la colla di pesce.
In una ciotola montare i tuorli con lo zucchero,  con le fruste elettriche,  fino a farli diventare quasi bianchi, versarvi il latte caldo a filo, mescolando sempre. Trasferire di nuovo il tutto nello stesso pentolino dove si è scaldato il latte e rimettere su fuoco dolce, mescolando continuamente finchè la crema inglese comincia ad addensarsi, se avete un termometro, portate la crema a 85°, quindi aggiungere la colla di pesce avendo cura che si sciolga perfettamente, unire anche il Vinsanto, passare il tutto al colino fine e lasciar raffreddare completamente, mescolando spesso.
Una volta completamente fredda la crema, montare la panna e incorporarla molto delicatamente e con pazienza al composto.
Bagnare uno stampo a piacere con dell'acqua fredda o un poco di Vinsanto,  versare il tutto e tenere in frigorifero per almeno 6 ore.  Io ho optato per piccoli stampi individuali.
Preparare la salsa al caramello mettendo lo zucchero, l'acqua, il limone in un piccolo pentolino e a fuoco dolce lasciar prendere un bel colore biondo dorato, a questo punto versare la panna, preventivamente intiepidita a parte, mescolare bene e far cuocere a fuoco basso per almeno cinque minuti avendo cura di mescolare in continuazione.
Sformare la bavarese passando la lama piatta di un coltello lungo i bordi oppure immergendo lo stampo per qualche secondo in acqua fredda e aggiungere la salsa fredda, una fragola tagliata a decorare e una spruzzata di zucchero a velo..


Si capisce che mi piace il pesce?






lunedì 12 marzo 2012

un clic che aiuta

un aiuto alla ricerca su una terribile malattia, la SLA, Sclerosi Laterale Amniotrofica.
Per questo, il gruppo di amici del Circolo di  Cultura Fotografica, organizza  una mostra fotografica  per raccogliere fondi.

La mostra, il cui titolo vuole “ribaltare” l’acronimo della malattia (SLA),  e che si aprirà domani 13 Marzo  proseguendo  fino al 15 Maggio,   sarà anche  tra gli appuntamenti di PhotoFestival, l’evento culturale che ogni anno, per un mese, coordina a Milano gli incontri di fotografia.

Non ho partecipato attivamente alla organizzazione della mostra ma voglio dare comunque un piccolo contributo per fare conoscere questa bellissima iniziativa  pensata e  coordinata da Emanuele Minetti, un amico e bravissimo fotografo.



Sono una cinquantina gli scatti realizzati da altrettanti fotografi italiani ed europei che raccontano il “movimento” attraverso scorci di vita quotidiana, passi di danza, acrobazie sportive, suggestioni della natura. In bianco e nero e a colori, le foto saranno esposte lungo gli spazi del Centro Diagnostico Italiano, che in passato ha ospitato altre mostre fotografiche come “L’incanto della scienza” (2005), “Nella luce” (2007), e “Lo spettacolo del corpo” (2010), a sottolineare il legame che unisce l’arte al benessere, cui si aggiunge in questo caso anche un profondo valore di solidarietà sociale.

Se potete, fateci un salto, e scegliete una foto, o il catalogo. Un aiuto, anche il più piccolo è sempre un mattone posato alla costruzione di una vera solidarietà.




Grazie Nene, anche per questo

e un pensiero e un abbraccio stretto ad Osvaldo Pieroni, una persona di grande spessore, un amico.







giovedì 8 marzo 2012

8 Marzo?

sì,  ma.... il 9? il 1o? l'11??








riprendiamoci questo giorno, ridiamogli il suo vero valore, soprattutto oggi, che
questa crisi viene pagata dalle fasce meno protette della popolazione, di cui le donne rappresentano, da sempre, l’anello economicamente più debole.
Oltre ai numerosi problemi che ancora oggi pesano sulla condizione femminile. A partire dal lavoro, dal rispetto per la dignità della donna, da diritti che si pensava acquisiti e quotidianamente messi in discussione e minacciati, senza dimenticare la violenza sulle donne, che nel 2011 ha visto 92 donne italiane, morire per mano di compagni, ex o familiari.

Mimose dunque,  ma anche rispetto e maggiore impegno a favore di una vera parità.


Buon 8 marzo a tutte.





lunedì 5 marzo 2012

Luoghi


Seduta in auto, guardo fuori dal finestrino, mentre mio marito guida tranquillo.
Conosce molto bene queste strade di lago, è nato e cresciuto in questi luoghi,  proprio sulle sue sponde.
Oltre i vetri scorre un panorama familiare, profondamente amato . Il mio lago di Como è lì, coi suoi toni di blu, il cielo a nuvole che si riflettono nelle sue acque e il verde delle montagne che gli fanno da corolla. Qualche barca lascia una scia bianca, e i gabbiani volano bassi..

Capita ogni tanto che venga la voglia di rivedere i luoghi dell'infanzia e allora si  sale in macchina e si parte ...di solito la prima tappa è a  Cernobbio, il paese di mio marito,   e dopo una breve sosta in Riva, percorriamo  la vecchia  costiera  fino ad Argegno e poi saliamo su per la strada tortuosa della valle,  fino a Lanzo d'Intelvi, il paese dove ho passato la prima parte della mia vita, e dove ho lasciato un pezzetto delle mie radici....
passiamo lungo una  vecchia cancellata di legno, appena prima di Villa Pizzo. Mi rendo conto che è così da quando mi ricordo....nulla è cambiato, chiudo gli occhi per un momento, e mi rivedo, seduta con mia madre sulla corriera mentre lasciavamo definitivamente Lanzo per trasferirci a Milano.
Ne ho già parlato, ricordo quel viaggio, come fosse oggi. Mia madre triste, io quasi sei anni,  inconsapevole e allo stesso tempo inquieta per quel distacco da un posto che fino al giorno prima era la mia casa, dove ero arrivata piccolissima, a un anno di vita.
E allora, mentre il paesaggio continua a scorrere fuori dal finestrino dell'auto, mi tornano in mente persone, luoghi e accadimenti legati a quel periodo...

I miei, per sfuggire alla miseria, poco più che ventenni si trasferirono a Lanzo d'Intelvi    a fare  i custodi nella residenza estiva degli Herbatschek, antiquari in Milano, chiamati da una cugina che già lavorava per loro,  in  una grande villa  al Caslé, una zona un poco fuori dal paese, verso il Belvedere, una terrazza panoramica che si affaccia sul lago di Lugano..
Mio padre si occupava del giardino e mia madre pensava alla villa e alla cucina, 
...ci sono rimasti  per un paio d'anni,  e non furono anni facili,  perchè il proprietario, il "tedesco" come lo chiamavano i lanzesi,   li sottoponeva ad ogni sorta di vessazione,  proibiva loro persino di scendere in paese per la spesa, gliela faceva mandare,  così loro non potevano nemmeno telefonare a casa, ai  loro genitori,  col  telefono pubblico,   e pur non vivendo a Lanzo,  lui sapeva comunque tutto di quello che succedeva alla villa, aveva persone che gli riferivano tutti i movimenti dei miei..
finché mio padre, esasperato,  trovò  a Lugano   un posto migliore di giardiniere,  lavoro che amava tantissimo...così  dopo una breve parentesi alla Pietrafessa, altra piccola località al margine di un bosco, trovarono una casa in affitto e ci spostammo in paese. Mio padre, sprovvisto del permesso di lavoro che a quel tempo occorreva per lavorare in Svizzera,  passava il confine di notte camminando per ore nei boschi che scendevano a Campione, rimaneva fuori qualche giorno, e poi tornava su a piedi, ancora di notte...
La casa dei Marenghi non era messa bene. A noi avevano affittato un'unica grande stanza al piano terra, con un gabinetto fuori nel cortile. Lì si dormiva e si mangiava. Ricordo perfettamente la disposizione della stanza....a destra entrando, lungo la parete con la finestra d'angolo,  l'acquaio in pietra serena, il fornello  a gas, tutto bianco con due fuochi,  unito alla bombola da un lungo tubo di gomma azzurro, di fronte un vecchio tavolo sgangherato e 3 sedie impagliate che avevano visto tempi migliori, e dirimpetto  alla porta d'entrata, in fondo alla stanza, l'unico letto matrimoniale dove si dormiva in tre, nascosto da una tenda a fiori...
Erano gli anni '50, e non si poteva guardare troppo per il sottile....Non avevamo niente, eppure io ricordo quelli come anni difficilissimi ma felici. 
E poi c'era la figlia più piccola dei Marenghi, Lucia, con cui avevo fatto amicizia...quante scorribande con lei! Dopo l'asilo si andava in Pianca, verso il bosco, a fare castagne quando era stagione, a cercare salamandre appena piovuto, incontrando invece grossi rospi, oppure al piccolo parco su, verso la Sighignola. A giocare alla guerra con i maschi......un tempo i bambini crescevano per strada, non c'erano i timori e i pericoli di oggi, men che meno in un paese come era Lanzo in quegli anni..
Mentre sono assorta nei miei pensieri, arriviamo a Lanzo e andiamo direttamente  al Belvedere passando davanti all'incrocio  con la strada che sale al Caslé, tenendoci alla destra una grande pineta.....
L'ha piantata mio padre quella  pineta, da solo. 
Ora è una foresta di abeti bellissimi, e ogni volta che ci passo davanti il cuore sembra fermarsi per un attimo, poi il battito accelera e il cuore si gonfia, ricordando quanta fatica e quanto lavoro è costata.
L'ho fatta tutta a rotoloni quella pineta.
Sfuggendo al controllo dei miei che ci stavano lavorando, sono scivolata non so come, e cadendo sono arrivata fino a valle sulla strada, schivando le piante, rotolando giù giù per molti metri,  senza farmi nulla. Solo un piccolo sassolino è rimasto conficcato a lato della fronte. Avevo due anni o poco più... mia madre ancora oggi mi racconta che non sa come ha fatto ad arrivare a valle, correndo a rotta di collo giù per il pendio temendo il peggio... spaventati, i miei scesero di corsa in paese per portarmi dal medico condotto, ma era domenica e lui non era in casa, era all'osteria.

Ho vivo il ricordo di quel bancone scuro da osteria di paese, su, in cima alla piazza, vicino alla macelleria Cirla, dove mi issarono a sedere e dove il dottore mi disinfettò con dell'acquavite e mi tolse il sassolino, lì, mentre tutti i presenti bevevano allegramente e ridevano mentre io piangevo a dirotto... Di quell'episodio mi resta ancora oggi  un leggero,  quasi impercettibile  avallamento sulla fronte, poco sopra il sopracciglio,  verso la tempia destra...

dal Belvedere ci spostiamo su alla Sighignola.
E' il mio posto dell'anima, è dove torno quando ho bisogno di ritrovarmi, di rivivere sensazioni ed emozioni, di respirare libera senza costrizioni, e di ricordare momenti bellissimi vissuti con mio padre e mia madre, quando andavamo a funghi in quei boschi che mio padre conosceva palmo a palmo.. ogni volta che mi siedo su quella panchina, mi ci rivedo con i miei genitori, loro erano belli e giovani, si amavano molto ed erano pieni di speranze per il futuro, nonostante la vita dura e i sacrifici che facevano..
Là è il posto dove ritrovo l'armonia di un tempo lento, ed è guardando l'infinita bellezza davanti a me che mi rendo conto che il lago e le sue montagne sono una parte importante della mia vita, e lo saranno sempre.









Tornando a casa mi è venuta voglia di un risotto ai funghi, ma non avevo certo i porcini profumati che trovavamo sotto i castagni di Lanzo, solo pochi funghi surgelati avanzati da un'altra preparazione e qualche porcino secco. L'ho preparato in silenzio, strano per me, perché il risotto  di solito  è  un rito da consumare con un bicchiere di vino bianco ben freddo vicino, da  sorseggiare man mano che il riso cuoce e un poco di musica in sottofondo...le  mani quella sera andavano veloci, sicure,  in una serie  di gesti consueti da sempre, come fossero parte del mio DNA...ma niente musica, niente vino bianco...

Abbiamo cenato altrettanto in silenzio quella sera io e mio marito, un silenzio complice, fatto di sguardi e di sentimento, come se entrambi volessimo ricordare profumi e sapori di un tempo vissuto,   indelebilmente impresso nella memoria..






è un normale risotto ai funghi, non credo serva la ricetta....