domenica 28 luglio 2013

strani accostamenti

ma strani davvero, di quelli che a leggerli ti lasciano scettica, che credi sia impossibile che poi ti possano piacere. Eppure....
Eppure capita di assaggiare, di ricredersi e di aver voglia di riprodurre quanto ti ha così colpito...
Qualche tempo fa siamo andati a cena in uno dei miei ristoranti preferiti La Cuccagna
e lì ho  avuto un incontro ravvicinato con un polpo, e fin qui tutto normale, la sorpresa però è stato il condimento usato.
Lo scetticismo si è sciolto al primo boccone......e così ho deciso che avrei provato a rifarlo, appena avessi trovato un bel polpo pescato. E l'ho trovato giusto venerdì, sui banchi  della pescheria all'ingrosso dove vado ogni tanto. Ho trovato anche le zucchine trombetta, perfette per questa preparazione....




Polpo, zucchine e latte di mandorla


1 bel polpo, di circa 1,5 kg
2 lunghe zucchine trombetta
 1 cipolla
1 carota
1 costola di sedano
1 foglia di alloro
1 spicchio d'aglio
un goccio di vino bianco

per la vinaigrette:

1 cucchiaio miele, ho usato quello al rododendro, leggermente amarognolo
2 cucchiai  abbondanti di senape
1 o 2 cucchiai di latte di mandorla.
il succo di mezzo limone
prezzemolo tritato
olio, sale, pepe



Pulire le zucchine, ridurle in due o tre pezzi e scottarle per circa 5 minuti in acqua bollente acidulata con un goccio di aceto, devono rimanere abbastanza croccanti. Scolarle e tenerle da parte.
preparare un court bouillon con carota, sedano, cipolla, aglio e alloro e profumare con un goccio di vino bianco. Una volta pronto, filtrare e in quel brodo cuocere il polpo finchè sarà morbido.
Quando è cotto, toglierlo dal brodo di cottura e liberarlo da ventose e pelle.
Io lo faccio quasi  sempre perchè non mi piace ritrovarmi le ventose per cui lo preferisco "nudo", e secondo la preparazione che voglio fare, ma è solo una questione di gusti.
Lo pulisco quando è caldo, perchè si fa in fretta, se si raffredda è molto più difficile.
Tagliare il polpo a pezzettoni, tagliare per il lungo le zucchine e poi a tocchetti anch'esse.
Riunire tutto in una ciotola, una insalatiera.
A parte preparare la vinaigrette.
In una scodella riunire il miele, la senape, il succo di limone, il sale, il pepe e un goccio d'olio, quindi passare ad emulsionare il tutto aggiungendo il latte di mandorla poco alla volta. Meglio andare pian piano con il latte di mandorla e assaggiare man mano. Deve risultare un insieme armonico dove i sapori si fondono senza coprirsi o sovrastare...
per il mio gusto è bastato un cucchiaio abbondante, ma ognuno si regoli a proprio piacimento.
Mescolare sbattendo leggermente la vinaigrette in modo che diventi un insieme omogeneo e versare il tutto nella ciotola del polpo, mescolare molto bene per distribuire bene il condimento, aggiungere del prezzemolo tritato, un'altra bella mescolata ed è pronto per riposare in frigorifero un'oretta.


Le zucchine trombetta sono queste:

 a me piacciono molto, le trovo più piene, meno spugnose e dal sapore molto delicato, e qui erano perfette


Non lasciatevi ingannare dal fatto che il latte di mandorla è dolciastro, alla fine rimane sono un leggero
sentore molto piacevole.
 


giovedì 25 luglio 2013

con le ultime ciliegie

le ho viste belle cicciotte e sode al mercato venerdì scorso, quasi più belle che a inizio stagione.
Assaggiate, grazie alla compiacenza del fruttivendolo, e subito comprate, buone e dolci, sode come piacciono a me...
Avevo in mente di metterne qualcuna sotto spirito  ma poi, pian piano,  ce le siamo mangiate così, nature...
qualcuna però l'ho salvata per fare questo dolce che mi piace moltissimo e che da un po' non facevo.
Un dolce che rende bene se le ciliegie sono dolci e saporite...
Un dolce di uno chef che conosco bene, e che apprezzo particolarmente per come sa trattare la materia prima, per la passione che traspare quando lo vedi muoversi fra i fornelli,  per la sua grande competenza e fantasia. Sto parlando di Claudio Sadler...

Il dolce è questo, e mi scuso in anticipo se le foto non sono di quelle "da copertina". 

Garantisco però sulla  sua bontà. E' un plumcacke particolare, e lo trovo speciale, un po' più raffinato...






Plumcake ai duroni di Vignola in sciroppo di Amarone


125 gr farina
125 gr zucchero
125 gr burro morbido
7/8 gr lievito
3 uova
40 gr cioccolato fondente
la scorza grattugiata di 1 limone e di 1 arancia
mandorle a lamelle


per le ciliegie:

800 gr ciliegie duroni, 
non troppo mature, devono essere ben sode
350 gr zucchero
0,75 l. Amarone
50 gr Kirsch
1 stecca di cannella


Denocciolare le ciliegie raccogliendole in una casseruola, coprirle con lo zucchero, aggiungere la stecca di cannella, e bagnare con il vino e il liquore e far cuocere a fuoco vivo per circa 15 minuti.
Dopodichè scolarle  bene dal liquido e lasciar ridurre quest'ultimo finchè raggiunge la densità di uno sciroppo.
Una volta scolate le ciliegie, metterle ben stese in una tortiera bassa foderata di carta da cucina,  in modo da assorbire il più possibile lo sciroppo di cottura e anche perchè si raffreddino più velocemente.
A questo punto preparare l'impasto per il plumcake.
Nell'impastatrice mettere il burro morbido e lo zucchero e lavorare a crema, aggiungere poi le uova una alla volta e infine la farina miscelata con il lievito. Aggiungere alla fine la scorza degli agrumi il cioccolato tritato e 1 cucchiaio di Kirsch per profumare l'impasto.
Quando l'impasto è pronto, spolverare di farina le ciliegie ormai fredde e smuoverle in modo che si infarinino bene, quindi aggiungerle all'impasto.
Imburrare uno stampo da plumcake, foderarlo di carta forno bagnata e strizzata, e imburrare e infarinare anch'essa.
Sul fondo fare uno strato di mandorle a lamelle
(io non ne avevo e mi sono tagliata a filetti le mandorle intere che avevo in casa) versare il composto con le ciliegie, sbattere leggermente per assestare bene il tutto, cospargere con delle altre mandorle e infornare a 170° statico per circa 50 minuti.

Con il mio forno è stato il tempo giusto, ma ognuno si regoli col proprio, alla mala parata fare la prova stecchino che funziona sempre.
Toglierlo dal forno e inclinare lo stampo su un fianco, in modo che raffreddandosi non si schiacci troppo.
Io naturalmente mi son dimenticata di farlo. Sono multitasking di solito, ma a volte perdo colpi, sempre quando non dovrei....







Servire affettato con della panna montata spolverata di cannella e con un goccio di sciroppo di cottura.


E' davvero ottimo e anche d'effetto.  
Se non volete usare l'Amarone, credo che un buon vino corposo possa andare bene, ma l'Amarone fa la differenza....

domenica 21 luglio 2013

Le mie ricette classiche - 3

quella che vi propongo ora  è una delle mie preparazioni "storiche".
E' una ricetta che avevo trovato su un Sale&Pepe dei  primi momenti, quando aveva da poco iniziato le pubblicazioni e l'avevo preparata per portarla ad uno dei primi raduni culinari di Coquinaria
E' prettamente estiva, e ogni volta che la faccio incontra sempre molto favore. Trovo che sia molto versatile, facile da fare, e anche un po' diversa, oltre che gustosa. Nel tempo l'ho leggermente "aggiustata" con le dosi, secondo il mio gusto..
Questa è la versione definitiva...



Polpettone di prosciutto in crosta


400 gr prosciutto cotto in un pezzo solo
450 gr farina 0
200 gr burro
150 gr panna
50 gr parmigiano reggiano grattugiato
6  uova
un ciuffo  abbondante di prezzemolo
una grattatina di noce moscata
sale e pepe

Rassodare due uova.
Eliminare il grasso del prosciutto e tagliarlo a pezzettoni, passarlo al mixer con un uovo, la panna, la noce moscata, il parmigiano, sale e pepe in modo da avere un composto cremoso, non troppo fine.
Tritare il prezzemolo dopo averlo ben lavato, naturalmente.
Nell'impastatore, o nel  mixer,   mettere la farina, il burro morbido,  tre uova,  il prezzemolo e un pizzico di sale.
Dividere l'impasto in 2/3  e 1/3, avvolgerli separatamente in un poco di pellicola, appiattendoli un po'. Sarà più facile stenderli dopo.
Lasciar riposare il tutto in frigorifero per circa un'ora..
Imburrare generosamente uno stampo classico da plumcake, meglio se antiaderente.
Trascorso il tempo del riposo, stendere i due terzi della pasta e rivestire  lo stampo refilando i bordi dalla parte eccedente, che servirà per qualche decorazione.
Sgusciare le uova e tagliarle a metà.
Bucherellare la pasta, mettere un po' di impasto di prosciutto, livellare bene pressando leggermente. Allineare le uova per il lungo,  in modo da avere due tuorli in su e due in giù.
Ricoprire con altro impasto di prosciutto cotto, pressare leggermente di nuovo in modo da non lasciare spazi. Stendere l'altro po' di pasta rimasta e coprire il ripieno, eliminando l'eccedenza e avendo cura di sigillare bene i bordi.
Con i ritagli di pasta fare qualche decorazione. Stavolta ho fatto delle strisce che ho applicato alla pasta di superficie, altrimenti si possono ricavare delle forme con dei tagliabiscotti, che so, stelline, rombi,  fiorellini, o tutto quello che la fantasia suggerisce..
Fare un piccolo taglio nel centro  della superficie, per fare uscire il vapore.
Cuocere in forno(parte bassa) a 200° per circa 40/50  minuti o finchè sarà ben dorato, dipende dal forno. Io parto inizialmente con la funzione statica, poi, a metà cottura metto il ventilato che aiuta meglio la doratura.

Si serve freddo tagliato a fette spesse.




spero che vi piaccia!

martedì 16 luglio 2013

quando mi parte, mi parte...

In quegli anni a metà del 1960 mio padre lavorava alla costruzione della linea rossa della Metro milanese, la prima linea che fu costruita.

Il suo cantiere era poco lontano dalla casa di ringhiera di Via Correggio. Costruivano la fermata di Piazza Amendola.

Ancora oggi, ogni volta che ci passo e vedo le cupole di plexiglas plissettate, oramai annerite dallo smog e dalle intemperie, mi viene un groppo in gola e penso a lui, a tutte le volte che la sera con mia madre sono andata là sotto, in quel buco che sembrava l'imbocco dell'inferno tanto era brulicante di macchinari e di uomini...

andavamo dopo le 22, una volta chiusa la portineria, a portargli la “schiscetta” con qualcosa di caldo, perchè lavorava fin quasi a mezzanotte....

La stazione Amendola è stata una delle stazioni più all'avanguardia per quel tempo, con le sue cupole azzurre, così avveniristiche per quell'epoca...

Costruendo la metropolitana mio padre conobbe tante persone, muratori, idraulici, elettricisti, carpentieri come lui.

Con una di queste persone strinse una amicizia molto più stretta, che durò molto a lungo, e coinvolse entrambe famiglie, cosicchè,  una volta lasciata la portineria per trasferirci a vivere in un appartamento finalmente decente, ci si scambiava inviti a pranzo nei giorni di festa, ma la maggior parte delle volte si andava noi a trovarli la domenica pomeriggio, oppure la sera...soprattutto d'estate.

Questo amico e compagno di lavoro di mio padre si chiamava Rocco Casalanguida, era abruzzese, alto e dinoccolato con un gran ciuffo alla Little Tony, sempre impomatato di brillantina, come andava di moda in quegli anni. Talmente brillantinato che nonostante il lavoro così pesante, non gli si spostava mai nemmeno un capello...

Aveva tre figlie femmine, Maria, Giuseppina e Assuntina con le quali andavo d'accordissimo.

Eravamo tutte molto vicine d'età, e ci divertivamo moltissimo insieme. Quando ci riunivamo ci si scatenava sempre...

Mi piaceva molto andare a casa loro....almeno lì non ci si doveva confinare dentro ad un cortile.

La moglie di Rocco era una donnina minuta, di bassa statura, che ricordo mi colpì molto per il timbro di voce, basso e profondo. Strano in una donna...

aveva i capelli corti, pepe e sale, e mi sembrava già vecchia a neanche 40 anni... badava alle figlie e alla casa. A volte lavava e stirava la biancheria a un signore anziano che viveva solo poco lontano, e andava a ore due volte la settimana da una famiglia...

Abitavano in fondo alla Via Novara, dove la città si diluisce in una grande periferia e in un tempo in cui fuori porta non era ancora tutto costruito, dove c'erano molti campi e molti prati, dove il boom economico stava per arrivare ma dove ancora si viveva come in un piccolo paese, con le persone che si conoscevano tutte fra loro.....
la loro casa era molto modesta, al primo piano di una specie di cascina di campagna in mattoni rossi, , abbastanza malmessa...

Poco lontano scorreva l'Olona, e intorno c'erano molti canali ad essa collegati.

Il nostro divertimento era andare a camminare dentro quei piccoli corsi d'acqua, a caccia di girini,  rane e piccoli rospi, ogni tanto incontravamo qualche topolino di campagna, dal musetto simpatico e curioso.... Non c'erano grossi pericoli, ma bisognava comunque stare attenti a non scivolare.

Durante le scorribande lungo i canali arrivavamo a volte fino all'Olona vera e propria, e allora toccava stare molto attente. Lungo la strada ci si incontrava spesso con gruppi di ragazzini e ragazzine che le mie amiche conoscevano bene e con cui ci si fermava a chiacchierare per qualche istante, immancabilmente lo smargiasso del gruppo si esibiva nel suo repertorio di lazzi e frizzi e allora erano risate a non finire....

a volte mi presentavano, a volte no, ma a me non importava. In fondo ero lì di passaggio e non so se li avrei incontrati di nuovo la volta dopo....

Eravamo libere, si stava per strada senza nessun pericolo, ed era una sensazione bellissima, soprattutto per me che di solito ero chiusa in quel cortile di sassi, in assoluta solitudine...

Eravamo libere sì, ma avevamo l'orario di rientro che era tassativo. Se eravamo da loro per il pranzo dovevamo essere a casa entro mezzogiorno. Così stavamo attente ai rintocchi delle campane dell'unica chiesa esistente.... Non la potevamo vedere se non arrampicandoci sugli alberi, ma potevamo sentire le campane scandire le ore.......

a volte facevamo a turno. Si faceva la conta con la solita filastrocca “ambarabà ciccì coccò” ...toccava tenere l'orecchio teso a chi la conta faceva finire con l'ultima sillaba della filstrocca....



Allo scoccare del mezzogiorno dovevamo tornare di corsa a casa. I nostri genitori e il pranzo ci aspettavano..

Ci ripulivamo ben bene e ci mettevamo a tavola...

Ricordo certi piatti di pasta al ragù talmente pieni che quasi non riuscivano a contenerla...

E poi arrivavano sempre,  ogni volta, in un grande tegame che si piazzava in mezzo alla tavola, le braciolette al sugo di pomodoro e prezzemolo. Una sorta di involtino con il formaggio pecorino all'interno, che non ho mai capito se fossero di carne di manzo o maiale. Allora la carne era praticamente un lusso che non ci si poteva permettere spesso. Propendo quindi per la carne di maiale, molto meno costosa. Se non addirittura di cavallo, ma credo che se fosse stata equina me ne sarei accorta, la odiavo! Mia madre me la propinava perchè ero un po' anemica, obbligandomi a mangiarla tutta ogni volta. Un vero incubo per me, che la trovavo, come oggi la trovo, disgustosa. E poi non si mangiano i cavalli!!!



la carne, per quelle famiglie di operai era qualcosa che ci si poteva permettere quasi solamente per le grandi occasioni, o qualche volta la domenica, magari quando si era appena riscosso il salario, davvero magro in verità.



Ricordo la stanza, con l'arredamento scarno e consumato, la stufa a legna in un angolo, l'ottomana quasi sfondata rivestita di vellutino bluette liso a tal punto che si potevano intravvedere le molle sottostanti, le sedie scompagnate, alcune impagliate, altre tutte di legno, come nelle osterie....

il pavimento di mattoni in cotto che aveva dei solchi più chiari dove era consumato dal calpestio, colorato con la cera rossa...

il lavandino di pietra grigia e il fornello in un angolo della parete di fronte, che poi venivano coperti da una tenda con grandi fiori blu. La tovaglia a quadri bianchi e blu, i piatti sbeccati, uno diverso dall'altro, e i bicchieri di vetro da osteria....il filone di pane che troneggiava in mezzo alla tavola...

Non avevamo nulla, eravamo poveri in canna, ma la sensazione di calore che provavo quando eravamo tutti seduti a quella tavola me la ricordo ancora distintamente. Rivedo i miei genitori nel pieno della loro giovinezza, risento le loro voci, le risate, e ricordo che vederli sereni e felici mi tranquillizzava...



Rocco e la sua famiglia poi si trasferirono in Viale Ungheria, in una vera casa, un appartamento di cooperativa.

Mio padre cambiò lavoro, così non vide Rocco mentre in un pomeriggio invernale cadeva da una impalcatura di una casa in costruzione. Morì dopo un mese di calvario, in ospedale. Le sue donne lasciarono la casa di cooperativa per prendere una portineria in Piazzale Cuoco, in modo da non pagare affitti... il tempo passò e pian piano ci perdemmo di vista, ricordo che un giorno che passavamo di lì ci fermammo per salutarle ma non le trovammo più, ci dissero che erano partite ma non per dove, non lo sapevano.

Non ne abbiamo più saputo nulla....chissà se sono tornate in Abruzzo, se hanno cambiato città, paese, o solamente strada....



Ripensando a quelle domeniche intorno a quella tavola, a quella grande pentola con le braciolette che annegavano nel sugo rosso, mi è venuta voglia di carne alla tartara, che non c'entra nulla con le braciole, ma mi è partita così, e qundo mi parte, mi parte...







Battuta di Fassona piemontese, uova di quaglia, salsa di senape e miele



per due persone


400 gr filetto di Fassona piemontese (o altra parte, purchè sia morbidissima)
2 uova di quaglia
sale, pepe
sale nero delle Hawai.
olio e.v. oliva
poco burro

per la salsa:
3 cucchiai senape
1 cucchiaio  colmo di  miele

In una scodella, o in una ciotola, miscelare la senape con il miele in modo da avere una salsa abbastanza fluida e omogenea.
Parare il filetto, eliminando tutte le parti grasse o eventuali nervature.
Tagliare la carne a pezzettoni e col coltello tagliuzzarla fino a ridurla in dadolata sottile, quindi batterla, sempre con lo stesso coltello in modo da farla diventare tipo carne trita, attenzione però a non farne poltiglia..
Condirla con un pizzico di sale, uno di pepe, un cucchiaio di salsa  e un goccio d'olio e.v. di ottima qualità.
Tenere da parte.


 Con un pennello, spennellare il piatto di servizio con un poco di salsa,  appoggiare un coppapasta nel centro del piatto, mettere la battuta dentro al coppapasta premendo delicatamente per riempirlo, livellare bene e sfilare il coppapasta.

Per ultima cosa friggere l'uovo di quaglia all'occhio di bue. 
In un padellino antiaderente messo su fuoco dolce, appoggiare un coppapasta di diametro inferiore a quello usato per la carne, aggiungere, dentro al coppapasta un pezzetto di burro, e non appena spumeggia rompere l'uovo di quaglia in modo che resti all'interno. Cuocerlo all'occhio di bue  e una volta pronto, prelevarlo con una spatola  e posarlo sulla carne,
Decorare con un pizzico di sale nero delle Hawai. 

E il piatto è pronto.






lunedì 8 luglio 2013

a volte, la curiosità..

confesso, quando  vedo sui banchi del super o del fruttivendolo, qualche cibo o qualche verdura inconsueta, non resisto alla tentazione di comprare...mi viene subito la voglia di assaggiare. Purtroppo non sempre con esito positivo..
Invece l'altro giorno ho visto dei piccoli,  coloratissimi peperoni che si esibivano con tutte le sfumature di giallo, arancione e rosso. L'impulso irrefrenabile è arrivato, e me li sono portati a casa, cercando di capire come li avrei cucinati, poi ho visto, sul banco del pesce fresco, una bella coda di rospo e si è accesa la solita lampadina..




Millefoglie di  peperoni e coda di rospo


per due persone


1 coda di rospo, che alla fine, pulita,  pesava circa 400 gr
2 vaschette di peperoni multicolor
in alternativa:
3 peperoni rossi

2  peperoni gialli
1 cipollotto fresco
1 spicchio d'aglio
basilico abbondante
sale, pepe, olio e.v.

Scaldare il forno a 180° ventilato.
Pulire la coda di rospo da pelle eventuale, sfilettarla eliminando la grossa spina centrale e ricavando due filetti per il lungo. Lavarli ed asciugarli bene.

Pulire i peperoni eliminando semi e filamenti interni. I rossi tagliarli in modo da lasciarli  a falde, i gialli a pezzetti.
In una larga padella scaldare un goccio d'olio, aggiungere lo spicchio d'aglio e il cipollotto tritato.
Aggiungere sia i peperoni gialli a pezzetti che quelli rossi a falde, regolare di sale e di pepe e unire abbondante basilico fresco.
Lasciar stufare a fuoco basso il tutto. A metà cottura, con l'aiuto di una pinza da cucina, togliere dalla padella  le falde del peperone rosso che poi finiranno la cottura in forno,  e terminare di cuocere il resto, aggiungendo un goccio d'acqua se il caso.
Nel frattempo, dai filetti di coda di rospo, con l'aiuto di un coltello da sfiletto abbastanza affilato, ricavare delle fettine, tagliando per il lungo.
Una volta cotti i peperoni gialli, eliminare il basilico e l'aglio e frullarli a crema con il minipimer.
Nelle pirofiline, o in altro contenitore a piacere che vada in forno, mettere due o tre cucchiai di crema di peperoni e iniziare a fare gli strati partendo dalla pescatrice, poi qualche falda di peperone rosso, e  continuare così fino a finire gli ingredienti, avendo cura di completare gli strati con una fetta di pescatrice.
Dare un leggero giro di olio buono e infornare fino a cottura, ci vorranno poco più di 20 minuti.
Togliere dal forno, guarnire con una fogliolina di basilico e servire.

Pensavo che questi peperoni così mignon fossero piccanti, e invece erano piacevolmente dolci e saporiti.
Nella ricetta ho indicato i peperoni normali, non sapendo se sia possibile trovare dappertutto questi piccoli peperoni coloratissimi.

Questa ricetta è anche molto leggera, e se la si vuole propriamente dietetica, basta ridurre o addirittura eliminare l'olio e cuocere cipolla, aglio e peperoni a freddo, con un goccio d'acqua...

mi sa che la metterò anche fra ricette light....






 
 

mercoledì 3 luglio 2013

le mie ricette classiche - 2



anche questo è un dolce che faccio da tempo immemore. Ricetta  di E. Knam trovata in un bellissimo libro che si intitola Terrine d'autore, della Bibliotheca Culinaria. Adoro le terrine, di ogni tipo,  e  quel libro ne illustra di bellissime e particolari.
Ne ho fatte quasi la metà sempre con molta soddisfazione dal punto di vista del sapore e dell'affidabilità e oggi, sfogliandolo, ne ho viste altre che avevo lasciato da parte perchè le ritenevo difficili....chissà perchè,  adesso mi sembrano tranquillamente alla mia portata, per cui credo che prossimamente le rivedrò con calma...

Questa ricetta è di una semplicità e di una facilità  quasi disarmanti, tanto che quando assaggi non puoi fare altro che ringraziare mentalmente  Knam per averci pensato....






 Terrina di cantucci




500 gr panna liquida fresca
80 gr zucchero
5 uova
1/2 bacca di vaniglia ( o un cucchiaino di estratto)
cantucci q.b. a riempire uno stampo da terrina
un pizzico di sale
Vin santo

Avevo la fortuna di avere un bel pacco di questi biscotti fatti dalla pasticceria Mattei di Prato, dono del mio amico Gabriele Giovannelli, detto il Tosco, e li ho usati perchè con la loro ottima qualità avrebbero  dato a questo dolce ancora qualcosa di più...

eccovi la ricetta:

Montare le uova con lo zucchero, e il pizzico di sale finchè sono gonfie e spumose. Portare quasi a ebollizione la panna con la mezza bacca di vaniglia, quindi toglierla e versare la panna a filo sulle uova montate quindi passare la crema al setaccio. Nel caso usaste l'estratto di vaniglia, aggiungetelo fuori dal fuoco, una volta filtrata la crema.
Riempire uno stampo a terrina con i cantucci,  o per meglio dire, Biscottini di Prato, altrimenti il mio amico Gabriele si arrabbia, mettendoli tutti in un verso possibilmente,  e aggiungere la crema delicatamente in modo che non si spostino,  bandando che siano tutti coperti. 

Mettere lo stampo in forno già caldo a 180° e cuocere a bagnomaria per circa 30/40 minuti anche un pochino di più, dipende dal forno.
 
Servire il dolce caldo e spruzzato leggermente di Vin Santo.


Ottima accompagnata da un bicchierino di buon Vin Santo.



Perdonate se non vi mostro l'interno, ma non l'ho preparata per noi, bensì per una amica che me ne aveva fatto richiesta...



  
sono sicura che vi piacerà..