mercoledì 23 settembre 2015

Profumo di cannella

Questa spezia è forse una delle più antiche e  vanta una storia millenaria, era già usata dagli antichi Egizi nel 3000 a.C.  Viene pure citata nella Bibbia, nel libro dell'Esodo, quando Dio ordina a Mosè di consacrare il Tempio con un misto di sostanze aromatiche.Nel bacino del Mediterraneo la cannella era nota per il suo alto valore già nell'epoca classica, e lo stesso Plinio ne lamentava il prezzo esorbitante. Durante il Medioevo era uno dei costosi doni che i nobili facevano a re e regine come simbolo di prestigio. I suoi principi terapeutici servivano per curare tosse e mal di gola, mentre le sue qualità aromatiche la facevano spargere a profusione su ogni pietanza dolce o salata, rendendola immancabile nella cucina di corte, assieme al pepe. Nell’Ottocento era una delle quattro spezie automaticamente considerate nei libri di cucina quando si parlava di “un pizzico di spezie o di droghe” (le altre erano noce moscata, chiodi di garofano e pepe)
Oggi la cannella è apprezzata non solo per l’aroma dolce e delicato, ma anche per gli effetti benefici che ha nella  cura dei  disturbi come raffreddore, indigestione, reumatismi. I polifenoli contenuti in questa spezia, la cui attività nell'organismo è paragonabile a quella dell'insulina, riducono inoltre la glicemia ed evitano che il glucosio nel sangue si trasformi in deposito di grasso.
 il profumo della cannella evoca in me  ricordi lontani, quando mia madre ne metteva un pizzico sugli anelli roventi della stufa a legna, e la sua torta di mele, una delle poche che sapeva fare, era sempre profumata di cannella.
La metto sempre anch'io nelle torte di mele, qualsiasi ricetta faccia, che la preveda o no.
Annusare  il suo profumo è un po' come tornare indietro nel tempo.

Così, mentre montavo i tuorli per  fare un dolce al cucchiaio,  ho pensato che il profumo di cannella ci sarebbe stato  proprio bene....



Crème brulée alla cannella


1 lt. panna liquida fresca
10 tuorli   di uova grandi
160 gr zucchero
1 cucchiaino di estratto di vaniglia
1 pezzetto di stecca di cannella
1 cucchiaino di cannella in polvere

zucchero di canna q.b. per caramellare



scaldate la panna con la cannella sbriciolata e il cucchiaino di cannella in polvere. Al primo cenno di bollore, spegnete il fuoco, coprite con un coperchio e lasciate riposare per circa 15 o 20 minuti.
Nel frattempo montate i tuorli con lo zucchero fino a farli sbianchire, aggiungete il cucchiaino di estratto di vaniglia.
Accendete il forno, statico, a 150°. Mettete in forno  una teglia con dell'acqua già molto calda.
Filtrate la panna attraverso un colino foderato con una garzina in modo che trattenga la polvere di cannella e il resto. Versate la panna filtrata, poca alla volta, sui tuorli, senza montare, basterà mescolare con un cucchiaio o una spatola, per non incorporare aria.
Riempite fin poco sotto l'orlo delle pirofiline da forno e posatele dentro la teglia con l'acqua calda, che dovrà arrivare alla loro  metà altezza-
Cuocete per circa un'ora  e mezza, forse meno, dipende dal forno. E' pronta quando il centro è ancora leggermente tremolante e i bordi un poco più rassodati.
Aprite leggermente lo sportello del forno e lasciatele raffreddare nel loro bagnomaria, dentro il forno stesso.
Una volta raffreddate completamente, coprite ogni singola pirofila con della pellicola e conservatele in frigorifero fino al momento di servire. Io le ho preparate la sera prima, così hanno avuto modo di compattarsi per bene.

Al momento di servire, eliminate la pellicola, cospargete la superficie di ogni pirofilina con dello zucchero di canna, in modo abbastanza omogeneo.
Bruciate velocemente col cannello, oppure fatele caramellare sotto il grill molto caldo.

Adoro quel croc che fa la crosticina  di caramello quando la spezzo col cucchiaino!







giovedì 10 settembre 2015

in una giornata grigia

di quelle che intristiscono i pensieri e che coprono tutto con una pesante coperta di malinconia.  Una giornata di fine estate, con il pensiero al mare appena lasciato, la nostalgia del sole e della sabbia calda.  Davanti a me l'attesa dell'autunno, col suo buio e il suo freddo, e non me ne importa nulla dei suoi bellissimi colori, a me pesa moltissimo, soprattutto per  la mancanza della luce. Prodromi di inverno incombente....
Mi faccio un caffè, l'ennesimo oggi, ma ne ho bisogno per scrollarmi di dosso una strana apatia, la sensazione di essere confinata in un limbo da cui fatico ad uscire, nessuna voglia di fare. Passerà?
Ci vorrebbe un occhio di sole,  una fetta di cielo azzurro rallegrato da qualche soffice nuvoletta bianca.
Invece le nuvole sono gonfie e tutte in grigio degradé. Anche belle nel loro genere a voler guardare....
Mi siedo sul divano con un libro. Tratteggia molto bene il carattere di un personaggio molto complesso, ne racconta la storia, e la lettura mi prende. Golia si acciambella appoggiandosi al mio fianco, Perla dorme tranquilla nel suo solito angolino del divano. Tutto è silenzio. Cosa abbastanza strana a quest'ora.
Le pagine scorrono, e ad un certo punto mi ritrovo a pensare che il personaggio del libro assomiglia a qualcuno che conoscevo molto bene, ne ritrovo il carattere fumino, lo spirito ribelle, ma anche molto dolce. Ritrovo la sua voglia di essere indipendente nonostante un piccolo  handycap. Ritrovo la zia Paola.
Non era veramente una zia. La chiamavano così le mie figlie quando erano piccole e in casa nostra è rimasta per sempre la zia Paola.
Veniva da una delle valli bergamasche, la Valle Imagna. Lì, in una domenica di settembre aveva conosciuto Paolo, si erano subito innamorati e quasi subito fidanzati nonostante  lui avesse un matrimonio sbagliato alle spalle. Ma lei si trasferì a Milano per convivere con lui, incurante delle convenzioni del tempo. In quegli anni il divorzio non esisteva ancora e le coppie di fatto erano considerate clandestine, come se amarsi senza essere sposati fosse una colpa inconfessabile.
Per contribuire al bilancio familiare era andata a lavorare in una grossa fabbrica che faceva condensatori e lì aveva lasciato tutte le prime falangi delle dita della  mano destra sotto una trancia. Dovette  smettere di lavorare e si ritrovò casalinga suo malagrado.Il suo tempo lo trascorreva pensando alla casa, che  era sempre uno specchio, e  riversando su Paolo tutte le sue attenzioni, amore e  cure. Leggeva molto, ascoltava la radio, che teneva sempre accesa, giorno e notte, nonostante i brontolamenti di Paolo.
Naturalmente,  zio Paolo per le mie figlie.
Molto più grandi di me e mio marito, avevano pressappoco  l'età dei miei genitori,  non avevano avuto figli  e consideravano  le mie bimbe come vere e proprie nipoti, le adoravano e le volevano spesso a casa loro. Fortunatamente abitavamo molto vicini, praticamente da un capo all'altro della stessa via, per cui era molto facile che passassi da loro con le mie figlie, non dico tutti i giorni, ma abbastanza spesso.
Paolo era un uomo corpulento, con un enorme paio di baffi spioventi, completamente grigi. Nato in provincia di Cremona,  da giovane carabiniere  durante la guerra aveva fatto la campagna di Grecia ed era  tornato  con una scheggia di granata nella gamba, poi, dopo vari lavori in diverse fabbriche, aveva comprato  un piccolo camion, un Cerbiatto, e lavorava facendo consegne per i corrieri.  Alla fine si era messo in proprio. Con mio marito ed altri autisti avevano messo su una piccola azienda di trasporti facendola  crescere molto bene negli anni. Poi, come a volte capita, la diversa età dei vari soci e la conseguente diversa veduta delle cose fu il motivo per cui mio marito e un altro paio di soci più giovani, lasciarono. Ma con lo zio Paolo i rapporti continuarono sempre, per l'affetto che ci legava a lui e alla zia Paola.
Lei  era appena un poco  rotonda, forse appesantita dall'età, ma il suo fisico rivelava una figura ben proporzionata, doveva essere stata molto bella da giovane,  capelli corti  sempre in ordine, la tinta sempre a posto,  grandi occhi scuri,  una voce stentorea e un accento bergamasco che non perse mai, aveva un senso dell'umorismo molto spiccato, e le sue battute arrivavano fulminee, coglieva sempre il cuore delle situazioni e ironizzava sempre con molta intelligenza. .Le piaceva stare aggiornata sulla moda, amava i colori forti  che le donavano molto. Aveva gusto e  sapeva sempre scegliere le cose giuste per la sua età inoltre aveva un bel portamento,  le stava bene praticamente tutto.
I rapporti fra loro erano sempre un po' scherzosi, si prendevano in giro a vicenda, ma erano molto uniti, lui la chiamava Paolina, e lei fingeva di arrabbiarsi perchè non le piaceva il diminutivo.
Paolo alla fine divorziò, ma  restarono conviventi  per i tre quarti della loro vita.  Ad un certo punto, ormai avanti  con gli anni, decisero di sposarsi. Paola credo che facesse pressione in questo senso, per molti motivi, non ultimo quello della reversibilità delle pensioni,  la vecchiaia era molto vicina ed era l'ora di sistemare le cose.
Ricordo il trambusto e tutte le vicende legate alla preparazione del matrimonio. Per Paola tutto doveva essere perfetto, era finalmente arrivato il momento di realizzare il sogno di tutta la sua vita e niente doveva essere lasciato al caso. Vederli discutere sul colore dei fiori, sulla scelta delle bomboniere, sul tipo di menù del ristorante,  sul colore dell'abito di lui, mi divertiva moltissimo, lui lo voleva blu e lei lo voleva grigio, alla fine la spuntò lei..
Una vecchia coppia collaudatissima che litigava su tutto e si comportava come una coppia di adolescenti.
Ovviamente vollero che le mie figlie facessero un po' da damigelle. Chiara era ancora piccolina, avrà avuto si e no 5 anni, Serena invece ne aveva ormai quasi 11.  Si sposarono nel municipo del paese, con il sindaco avvolto nella fascia tricolore.  Per il pranzo di matrimonio scelsero un ristorante sull'Adda, vicino a Trezzo,  dove  si andava qualche volta insieme. Ma è passato molto tempo, non mi ricordo nemmeno più come si chiamava...
Andavamo spesso a cena da loro, ci tenevano molto. A volte eravamo stanchi, e non se ne aveva voglia, ma per loro era importante averci intorno, per cui non rifiutavamo quasi mai.
Paola era un'ottima cuoca, amava perlopiù la cucina classica lombarda, ricordo i suoi brasati e i suoi arrosti,  la cacciagione che serviva con la polenta gialla della sua valle, i suoi ossibuchi col risotto erano proverbiali! Da lei ho imparato a mettere gli amaretti nel ripieno del cappone natalizio da fare bollito, o nel ripieno della gallina......Vederla in cucina tirare la pasta, con quella sua mano così deformata mi stupiva sempre. Non doveva essere facile, ma lei andava svelta e sicura, arrotolava, stendeva, tirava il mattarello come una sfoglina bolognese...
Una sera fece gli gnocchi al ragù......già, gli gnocchi, uno dei piatti preferiti ancora oggi da mia figlia Chiara, quando era bimba ne andava letteralmente pazza, e lei lo sapeva... Erano davvero  buoni i suoi gnocchi!  Per un attimo la rivedo, stretta nel suo grembiulone immacolato,  intenta ad impastare le patate con la farina, nella sua piccola cucina, calda e profumata di buon cibo....
Paolo se ne è andato prima di lei, lasciandola sola  in quella casa grande e silenziosa. Poi, oltre 10 anni dopo se ne è andata anche lei. Era malata e un po' lontana con la testa e non aveva altri che un paio di nipoti che vivono nella bergamasca. Io andavo da lei  un paio di volte a settimana e cercavo di rendermi utile magari facendole la spesa, o portandole del cibo già pronto..Pur potendo scegliere di stare con i nipoti bergamaschi,  non ha mai voluto lasciare quella casa, nonostante fosse difficile vivere da sola, alla sua età e con i suoi problemi di salute.
Passo ogni tanto sotto le finestre della sua casa. E' rimasta chiusa per molti anni, ma ora credo l'abbiano venduta, la settimana scorsa ho visto delle finestre aperte. Ogni volta che alzo lo sguardo mi sembra di vederla  affacciata a quel balcone e un nodo mi stringe la gola. Quante persone sono passate nella nostra vita, e tante hanno lasciato un segno profondo, lei e Paolo sono fra queste. Presenze importanti, che ci hanno dato molto e il cui ricordo rimane nel cuore per sempre.

Chiudo il libro, guardo l'orologio. Il tempo ha preso la rincorsa mentre me ne stavo a crogiolarmi nella malinconia, assorta nei miei pensieri e nei miei ricordi. E' ora che mi metta in cucina. Credo che farò qualcosa con le patate, tipo gnocchi, anche se mia figlia Chiara non li mangerà....


Mezzelune di patate ripiene di salsiccia e porri

per 2/3 persone


1 kg di patate a pasta bianca
300 gr farina
1 uovo
1 pizzico di sale

2 piccoli porri
200 gr salsiccia dolce a nastro
una noce di burro
poco vino bianco
poco olio


per condire:
burro q.b.
1 rametto di timo
1 spicchio d'aglio
parmigiano grattugiato a piacere


Una premessa, le dosi di farina che ho scritto sono abbastanza indicative, la quantità è quella che è occorsa a me, ma tutto dipende dalle patate, da quanto assorbono. Per cui regolatevi al momento, in base alle patate,  all'occorrenza aumentate un pochino  la farina se vedete che l'impasto non  sta insieme, ma senza esagerare altrimenti vi ritroverete con delle palle da schioppo.
L'impasto dovrà essere morbido ma elastico e si deve maneggiare senza problemi.


lavate bene le patate sotto l'acqua corrente, cuocetele con la buccia.  Io le ho cotte nel cestello per la cottura a vapore della pentola a pressione, per fare prima le ho sbucciate e tagliate a tocchi. Con questa cottura non assorbono acqua.
Mentre le patate cuociono, mondate i porri, eliminate la parte più verde, dura, e affettateli a rondelle. Fate fondere una noce di  burro in una padella, aggiungete le rondelle di porro e fatele stufare a fuoco dolce finchè saranno morbide, regolate di sale e tenete da parte.
Spellate la salsiccia, riducetela a pezzetti piccoli, scaldate un goccio d'olio in un altro padellino e rosolateci la salsiccia, sfumate con il vino, e con la forchetta schiacciatela ulteriormente. Lasciate evaporare il vino, è pronta quando tutto il liquido si è assorbito. Tenete da parte anche la salsiccia.
Mettete a bollire una capace pentola piena d'acqua, salate.
Le patate saranno pronte, sbucciatele se le avete lasciate intere, e passatele con lo schiacciapatate. direttamente sulla spianatoia, lasciatele sfiatare dal vapore per un poco. Poi fate la fontana e aggiungete la farina, e l'uovo. Impastate fino a che tutto è perfettamente liscio e maneggevole. Raccogliete l'impasto a palla e pulite bene la spianatoia, quindi infarinatela.
Riprendete l'impasto delle patate, tiratelo con il mattarello infarinato fino allo spessore di circa 1 cm. o poco più.
Con un coppapasta, di diametro 9 o 10 cm.  ricavate dei cerchi. Nel mezzo mettete un po' di porri e un po' di salsiccia, richiudete il cerchio a mezzaluna pressando bene i bordi  per sigillarli, in modo che  non si aprano in cottura. Allineate le mezzelune su un piano infarinato.
Ripetete la stessa operazione fino all'esaurimento degli ingredienti.
In un pentolino a parte, fate fondere il burro a fuoco dolce,  insieme a uno spicchio d'aglio e a un rametto di timo.
Quando l'acqua accenna appena a bollire, aiutandovi con una schiumarola, mettete due o tre mezzelune per volta a cuocere. Sono pronte quando tendono a tornare a galla.
Scolatele subito, impiattatele e conditele con il burro fuso, una generosa spolverata di parmigiano completerà tutto.
Se vi piace, decorate con un rametto di timo.


Guardo fuori dalla finestra, il grigio si sta diradando, una nuvoletta bianca fa capolino fra quelle grigie e un buco d'azzurro cerca di farsi largo. Chissà se è Paola che ha sentito i  miei pensieri...

Ciao zia Paola. Grazie.