mercoledì 21 dicembre 2016

I mandarini di Natale





questi giorni a ridosso del Natale, sono sempre particolarmente convulsi. Quest'anno per me ancora di più,   per diverse ragioni sto arrivando a Natale con il morale sotto ai piedi e la stanchezza  ormai  cronica, per cui mi sono resa conto  molto in ritado che eravamo a ridosso  del Natale, e io non ero pronta, organizzata come il mio solito.
Milano impazzisce di traffico, sembra che le persone si sveglino all'ultimo minuto, tanto che si riversano come un fiume impetuoso lungo tutte le vie del centro e delle zone adiacenti, ma io  in giro vedo  un'aria triste e  spenta, i negozi hanno vetrine sfavillanti  però dentro ci vedo poca gente, anche la Rinascente,  che di solito in questo periodo è molto frequentata, risente di quest'aria  appannata nonostante le sue luminarie a cascata siano molto belle e si facciano piacevolmente  ammirare,  e anche le altre luminarie, a parte le zone centrali, sono molte meno. La crisi morde forse più di prima e non se ne vede la fine, anzi.  La rassegnazione quasi la si tocca tanto è palpabile.

Anche il caldarrostaro fa magri affari e per lo stesso prezzo dello scorso anno te ne dà di meno...




Mi fermo, attratta dal profumo delle castagne abbrustolite, resto lì un attimo assorta nei pensieri mentre qualcuno mi urta e mi spinge.  Rinuncio e riprendo a camminare ma quel profumo di caldarroste ce l'ho nelle narici e  mi porta immediatamente indietro a una piccola stanza dal pavimento a lunghe travi di legno grezzo, un poco sconnesse e consumate, la tenda a di cotonina a fiori a nascondere  l'acquaio e il fornello a gas, una grande finestra con una griglia panciuta e un ampio davanzale interno dove stavo comodamente seduta a guardare fuori.

Mi piaceva stare in contemplazione, lo sguardo spaziava dal cielo alle case sulle ringhiere, al cortile interno, percorreva il muro di cinta che faceva da confine con quella che era chiamata la Valsolda, una piccola, vecchissima corte abitata da persone ormai molto anziane, sfiorava il tetto di una vecchia rimessa affittata al fruttivendolo ambulante del mercato di Piazza Wagner e si soffermava sulla cima del ciliegio spoglio i cui rami contorti sembravano sofferenti.
Quel piccolo cortile era come un posto magico, solo mio. Da sola in quella grande casa piena di bambini. Che non potevano scendere a giocare in cortile, non era permesso.
Solo io avevo il pieno possesso di quell’angolino, solo io e la mia solitudine.

Dal mio punto di osservazione potevo vedere quasi tutti i piccoli appartamenti sull’ala destra delle ringhiere, cinque piani sempre animati da un movimento e da una vita che oggi sembra lontanissima.
Normalmente erano solo due stanze che si aprivano sulla ringhiera, all'interno uno stanzino con un piccolo lavabo fungeva da servizio, la turca fuori, alla fine della ringhiera, in comune.
I veri e propri bagni sarebbero venuti più tardi.
Era gente semplice quella che ci abitava, e negli anni '50 le case di ringhiera erano tantissime, retaggio di fine '800, quando sorsero, alle porte della città, ricalcando il modello rurale delle cascine. Erano praticamente l'equivalente delle case popolari...
il riscaldamento non esisteva come lo conosciamo noi, ci si scaldava con la stufa a carbone o a legna. Questa realtà di ringhiera, comprendeva anche una serie di botteghe artigiane, negozi il cui retro dava su questo piccolo cortile...

Conoscevo tutti, visto che ero la figlia della portiera, e vivevo immersa un piccolo universo variegato e rumoroso che riempiva le giornate con voci gridate, canzoni cantate a squarciagola, ritmiche battiture di materassi la mattina, apparecchi radio a tutto volume il pomeriggio, e, nel corso della giornata, un continuo spandersi di profumi di cucina….… scendendo le scale sentivi il profumo del ragù al quarto piano, a casa Tolusso oggi pastasciutta…….e quello di fritto al piano sotto, la signora Pilone è stranamente in cucina, al secondo piano il minestrone copriva tutti gli altri odori, era la signora Bellenghi, una nonnina molto anziana che viveva sola, da lei sentivi sempre e solo odore di minestra…..
Ogni tanto il grammofono del signor Giussani, capo contabile alla Voce del padrone, spandeva nell’aria romanze d’opera…. Era un fortunato lui, possedeva quel bellissimo grammofono a tromba ed è stato per tanto tempo il primo ed il solo in tutto il caseggiato a potersi permettere un televisore.
Quanti pomeriggi ho passato in casa sua! Ogni giorno, alle 17,30 mi pare, cominciavano i programmi, e i primi erano sempre quelli per i ragazzi. Lui allora permetteva a me e agli altri bambini di stare a casa sua a guardare la televisione.....metteva tutte le sedie disponibili disposte su più file, come al cinema, e alla fine c'era sempre una caramella per ognuno di noi....

Una vita in comunità dunque , gomito a gomito divisi da una tramezza, Si sapeva tutto di tutti, ci si aiutava, ci si sosteneva, si era solidali. Certo non era tutto rose e fiori, i litigi avvenivano ogni tanto, alcuni non si parlavano più, altri si guardavano con sospetto, ma nell’insieme c’era un forte senso di solidarietà e nel momento del bisogno sapevi che potevi contare sull’aiuto di tutti.

Ma il momento più bello arrivava a Natale.


Non c’era usanza di fare alberi di Natale nei giardini, né di mettere luminarie. Erano Natali un po’ in sordina, i momenti non erano dei migliori e la gente non aveva soldi, proprio come nel momento attuale,....no adesso è anche peggio...in quegli anni le speranze di una vita migliore avevano un fondamento, eravamo agli inizi degli anni del boom economico, mentre ora il futuro è buio e senza certezze.

Non ricordo se ci fosse già la tredicesima, non lo so, ma credo di sì, anche se non nella forma che conosciamo ora. Ricordo che mia madre, sotto Natale, parlava di gratifica. Certo non si spendevano soldi in regali inutili né ci si faceva prendere dal consumismo, i bisogni erano altri. Anche il clima era diverso, faceva molto più freddo, la neve arrivava presto e rimaneva per giorni e giorni ed era l’unico momento in cui ai bambini del palazzo era consentito scendere a fare il pupazzo  poi si finiva sempre col fare a palle di neve fino a ridurci bagnati fino all’osso.

Il Natale dicevo…nei negozi comparivano cose tipicamente natalizie e stagionali, niente pomodori o fragole in inverno, si seguivano le stagioni e quando arrivava il momento gustavi tutto molto di più, perché finalmente si soddisfaceva la lunga attesa...
zampone, cotechini e salsicce facevano bella mostra di sé su tutti i banchi delle salumerie e delle macellerie...
il mascarpone che di solito veniva venduto sfuso, tal quale, a Natale era montato come una mousse, sembrava spremuto con la sac à poche in enormi volute, una montagna di mascarpone bianchissimo e sofficissimo che ti faceva venire voglia di infilarci prima un dito e poi tutta la faccia.
La ricotta piemontese, esposta in enormi coni rovesciati, lisci lisci.... La mostarda di frutta, tipica lombarda, non mancava mai, dentro a piccole tinozze di legno chiaro spiccava coi suoi colori fra i formaggi delle Fattorie Prealpine, dove improvvisamente comparivano numerose anitre, oche e faraone,
le prime esposte come fossero accovacciate, con le ali divaricate le penne della coda messe a ventaglio, oche e faraone invece con ancora tutto il piumaggio intatto
galli e capponi penzolavano appesi alla rastrelliera dietro il banco. Il tacchino no, ancora la moda americana non aveva preso piede...
Grandi vassoi di insalata russa in forma e gelatina, tranci di paté in bellavista e formaggi strani tipo il Panerone e la forma grande di grana lodigiano, quello con la crosta nera, troneggiavano in tutti i negozi di alimentari...
La decorazione del bancone era sempre fatta con rami di alloro, intrecciati con carta stagnola o carta crespa rossa, alle volte con agrifoglio, ma più di rado.
Il panettone si comprava direttamente allo stabilimento dell’Alemagna, che era poco distante. Naturalmente quello uscito storto, con qualche pecca. Lo spaccio li vendeva per poche lire. Ricordo il profumo di burro e canditi che aleggiavano dentro a quella stanza, ne uscivi inebriato con i vestiti impregnati di quel profumo, e io continuavo ad annusarli anche dopo giorni per ritrovare quel profumo...
La produzione era quasi sempre in vicinanze del Natale, non da mesi prima.. Era fragrante e burroso, mi pareva molto più buono che adesso....ma magari è solo una mia impressione, perché è uno di quei sapori legati all'infanzia...

La festa era completa quando arrivavano gli zampognari. Ogni Natale li aspettavamo chiedendoci quando sarebbero arrivati.
Normalmente arrivavano per Sant'Ambroeus, infatti alla fiera degli oh bej oh bej, c'erano sempre...da lì iniziavano a fare il giro della città casa per casa....
A pensarci ora erano povera gente che approfittava delle feste per guadagnare qualcosa, arrivavano dal Lazio, battevano la città palmo a palmo entrando in tutti portoni e mettendosi a suonare nel mezzo dei cortili.

La gente si affacciava e lanciava delle monete dalle ringhiere e io, a riparo del mio osservatorio, stavo a guardarli un po’ affascinata ma anche un po’ intimorita dal loro vestiario. Erano figure alle quali non ero abituata, gente che veniva da una realtà completamente diversa dalla nostra.
Avevano le cioce, il gilet di vello di pecora, cappellacci a tesa larga, e a coprire tutto un grande tabarro,un mantello a ruota di colore indefinito. Sembravano i briganti di Musolino...

Finito di suonare, uno di loro raccoglieva il magro incasso e se ne andavano.
Quel canto dolce e malinconico di zampogne sottolineava l’atmosfera natalizia ed era magica davvero....poi pian piano anche questa tradizione si è persa, i bisogni cominciavano a non essere più così impellenti e alla fine non vennero più e Natale non fu più  la stessa cosa...
Lo stesso rito, ma il Primo dell'anno, lo compiva la banda....
arrivavano, entravano in cortile, suonavano romanze d'opera e altre canzoni natalizie, una sorta di mini concerto di Capodanno, e la gente ugualmente si affacciava e lanciava monete e dolciumi. Era il concerto d'auguri per il nuovo anno, fatto casa per casa.
A volte era la banda dei Martinitt, gli orfani....mi intristiva vederli, sapevo che vivevano nell'orfanotrofio che anticamente era situato nell'oratorio di S. Martino, di qui, il nome Martinitt....
arrivavano, bambini poco più grandi di me, nella loro divisa di panno grigio, con una banda rossa sul lato dei pantaloni, una piccola mantellina altrettanto grigia bordata di rosso, e il berretto  rigido con la visiera, sulla testa.... Tutti compìti coi loro strumenti, tutti in fila ordinatamente, ai comandi del maestro che li dirigeva nella musica.....
a volte invece arrivava la banda dei Combattenti e Reduci, a volte di altre istituzioni... ma era un appuntamento immancabile, che tutti aspettavamo e seguivamo con gioia.

I regali….praticamente erano fatti di piccole cose, un libro, un paio di guanti, un paio di calzettoni…. A casa mia soldi pochi e mia madre faceva quello che poteva per farmi trovare un pacchetto la mattina di Natale.
La signorina Barbolini, di cui ho già ampiamente raccontato, mi regalava sempre libri, Aspettavo il suo regalo sicura che fosse un libro e ne pregustavo la lettura, anche senza sapere che tipo di libro sarebbe arrivato.
Erano sempre bellissimi libri di avventure tipo 20.000 leghe sotto i mari, oppure La storia di Cosa Cosetta, L'Isola del Tesoro…. E la mia fantasia volava ogni volta...

Il regalo invece che ricordo con un sentimento misto di tenerezza e malinconia, erano i mandarini che mia madre nascondeva nei calzettoni per farmeli trovare. Un frutto che compravamo abbastanza di rado allora, perlomeno noi che avevamo ben poco, in effetti si mangiavano solo nei giorni di festa. Mio padre li legava e li appendevamo al piccolo albero di Natale che stava nell'angolo opposto alla vetrata. Pian piano naturalmente sparivano.....poi mettevamo le bucce sulla stufa, per profumare la casa.
Non esistevano ancora i mandaranci, e ai semi eravamo abituati, era normale trovarceli.

I mandarini volevano dire Natale, odore di inverno, di nebbia, di neve, di carbone, di panni bagnati messi ad asciugare sui raggi di ferro avvitati intorno al tubo della stufa, luci e ombre di un tempo che non tornerà più, profumi, colori e visi di persone che non ci sono più ma che per un attimo lungo 10 anni hanno condiviso la mia vita e che hanno tutti un loro piccolo cassetto nel mio cuore...

Quei frutti me li ricordo sempre, col loro colore acceso e il loro profumo e a pensarci bene, ancora oggi, per me, non è Natale senza mandarini.


Buon Natale a tutti, che sia migliore di quello che immaginate.









giovedì 15 dicembre 2016

aspettando Natale

un bel risotto ci sta, ma  che non sia il solito risotto di pesce.
Per me è sicuramente da  inserire sotto la voce "piatti delle feste" per via di quel suo profumo così particolare, e per la semplicità e la facilità di esecuzione. Come il mio solito, massima resa con il minimo sforzo,  e non è poco, soprattutto nei giorni che precedono il  Natale, dove le corse sono frenetiche e si arriva alla fine con la lingua di fuori, stremate.
Dunque prendete nota, e procuratevi il bergamotto per tempo.



 Risotto gamberi e bergamotto

per 2 persone:

250 g riso Carnaroli
6 gamberoni
1 bergamotto maturo, il succo
poco olio
1 piccolo scalogno
una noce di burro
fumetto di gamberi


per il fumetto:
1 carota
1 costa di sedano
1 scalogno
qualche gambo di prezzemolo
1 foglia di alloro
vino bianco
sale, pepe in grani
le teste e i carapaci dei gamberoni
poco olio


per completare il piatto:
due o tre spicchi di bergamotto pelati a vivo
qualche foglia di acetosella


Pulite i gamberoni, togliete la testa e il carapace, eliminate il budelletto, lavateli e asciugateli. Eventualmente divideteli in due metà se fossero troppo grossi. Tenete da parte.
Preparate il fumetto. Preparate un trito grossolano con la carota, il sedano, lo scalogno. Fatelo rosolare in una larga padella con un goccio d'olio, aggiungete le teste e il carapace dei gamberoni, fateli tostare bene insieme alle verdure, salate, aggiungete i grani di pepe, poi sfumateli con il vino bianco, una volta evaporato, unite i gambi di prezzemolo e l'alloro e coprite tutto con dell'acqua calda e portate a ebollizione. Cuocete per una mezz'ora dopodichè spegnete e filtrate il tutto attraverso un colino cinese, premendo bene le teste per estrarre tutto il loro succo.  Con metà di questo fumetto farete il risotto, l'altra metà mettetela in congelatore dentro a quei sacchetti per i cubetti di ghiaccio.  Lo avrete sempre pronto per insaporire qualsiasi piatto di pesce.
Allungate leggermente con poca acqua la metà del fumetto  che è rimasta e rimettete sul fuoco in modo che sia sempre molto caldo. In questo modo il fumetto sarà delicato e non prevarrà sul profumo del bergamotto, pur conferendo carattere al piatto.
Ora è la volta del risotto,  in una casseruola scaldate un poco di olio extra vergine d'oliva, aggiungete lo scalogno tritato finemente e lasciatelo appassire qualche istante, quindi aggiungete il riso, mescolate affinchè assorba il condimento e quando diventa traslucido bagnate con un mestolino del fumetto ai gamberi.
Continuate così, tirando il risotto con il fumetto versato poco per volta, mescolando. Verso fine cottura unite i gamberi e il succo del bergamotto filtrato, qualche minuto ancora di cottura e mantecate il tutto con una noce di burro. Fate in modo che il riso resti all'onda, cremoso e morbido.
Lasciatelo riposare qualche secondo poi mettete nei piatti completandoli con uno o due spicchi di bergamotto pelati a vivo e un paio di foglie di acetosella che darà colore al piatto.

Sì, decisamente un piatto che "fa festa"












mercoledì 7 dicembre 2016

Natale si avvicina

e io sono entrata nel tunnel del budino ....
non un dolce qualsiasi, ma nientepopodimenoche il Christmas Pudding. Lo conoscete? E' classicissimo dolce inglese delle feste. Si cucina intorno al 20  Novembre e si lascia maturare al fresco fino al giorno di Natale.
La sua preparazione ha regole ben precise, così  come la cottura e la conservazione.
Dunque, nel mio frigorifero riposa tranquillo il mio primo Christmas Pudding  e ve lo mostrerò più avanti, con le ricette delle feste e poi,  siccome  ci sono moltissime versioni che si possono fare,  ne ho in mente una con il cioccolato che farò per Capodanno o per l'Epifania, così vi mostrerò anche quello.
Solitamente in Inghilterra le operazioni cominciano all'inizio dell'Avvento, infatti tradizione vuole che venga preparato nella venticinquesima domenica dopo la Trinità, che di solito cade fra  Maggio e Giugno,  e si devono usare tredici ingredienti per rappresentare Gesù e i dodici Apostoli. Ogni componente della famiglia, a turno,  dovrebbe mescolarlo usando un cucchiaio o un mestolo di legno procedendo in senso orario per ricordare il viaggio  dei Re Magi.  Mentre si mescola  si può esprimere un desiderio.  La tradizione dice anche   di infilare una monetina avvolta in alluminio  nel composto  in modo che porti  un anno fortunato a chi la trova.
Un dolce che nella prima metà del Seicento, con l'avvento di Oliver Cromwell,  quando il puritanesimo si diffonde in tutto il Paese, viene dichiarato illegale con una legge apposita, così come il Natale con tutte le sue tradizioni. Con l'avvento di Carlo II le leggi emanate da Cromwell decadono e il Pudding, pur rimanendo nell'immaginario un dolce proibito,  ritorna sulle tavole inglesi, riabilitato pienamenete  però solo durante l'epoca vittoriana.
Nel tempo è  diventato un dolce molto conosciuto e apprezzato, più o meno in tutto il mondo.
Io ho avuto modo di assaggiarlo diverse volte, in varie occasioni. Ovviamente di quelli confezionati, già pronti. Ma grazie a Roberta   una amica blogger  che su FB ha buttato lì una frase  tipo: - che ne direste di provare a fare il Christmas Pudding.- eccomi qui,  in questo tunnel puddofilo da cui credo stenterò ad uscire...
Infatti, per il mio compleanno appena trascorso, mi sono regalata una delle tante versioni possibili. Un  pudding che non deve maturare, da fare e mangiare subito. E quale migliore occasione per assaggiare un Pudding fatto con le mie manine senza aspettare il Natale?  Dopo aver tribolato  per trasformare in grammi le dosi di cup, mezze cup, tre quarti di cup, eccolo qui:


Steamed Persimmon Puddig  ovvero Pudding ai cachi
ricetta di Martha  Stewart

280/300 g farina
70 g burro morbido
3 uova grandi
250 g zucchero
70 g uvetta sultanina
120 g noci pecan
40 g zenzero candito
70 g Calvados
3  grossi cachi maturi
120 ml latte
1,5 cucchiaini estratto di vaniglia
2 e 1/4 cucchiaini cannella
1/4 di cucchiaino di sale grosso
3/4 di cucchiaino di noce moscata
1, 5 cucchiaini  lievito per dolci
1 cucchiaio succo di limone fresco, filtrato

per completare il dolce:
1 caco mela  maturo ma sodo
zucchero a velo q.b.
ribes
alkikinger

 
per la crema di accompagnamento:
250 g mascarpone
3 cucchiai abbondanti Calvados
150 ml panna liquida fresca
poco zucchero a velo


Prendete il caco mela, abbastanza sodo, lavatelo, asciugatelo e tagliatelo a fettine sottili, in sezione,  con un buon coltello bene affilato. Foderate di carta forno una teglia bassa, e disponete le fette più sane e integre sulla carta, distanziate e sfalzate fra loro.
Spolveratele abbondantemente di zucchero a velo, mettete la teglia in forno ventilato a 90/100° e dimenticatevene per almeno un'ora, dopodichè girate delicatamente le fette di caco, rispolveratele di zucchero a velo  e rimettetele in forno.  Passata un'altra mezz'ora controllate che si siano asciugate bene, non fosse così, lasciatele in forno fino a che sono pronte. Si arricceranno un poco, è normale.
Potete prepararle anche il giorno prima, volendo.

Imburrate abbondantemente  uno stampo che possa sopportare la cottura a vapore.
Ne esistono di specifici per il pudding che va necessariamente cotto in questo modo.  Hanno una forma a cupola svasata con un bordo in rilievo, in modo che si possa sigillare, oppure ce ne sono anche muniti di coperchio avvitabile,  di diverse capienze e sono pensati per la lunga permanenza del dolce all'interno dello stampo.


In questo caso, dato che il budino era di pronto consumo, è stato sufficiente uno stampo antiaderente  da Kugelhupf della capienza di circa 2 litri, e anche se la quantità di impasto non arrivava a riempirlo tutto ho preferito usare quello lo stesso, per l'effetto estetico del dolce  una volta sformato. Un po' si gonfia comunque in cottura.                                                                                                 

In un pentolino tostate le noci pecan, mescolandole continuamente, per qualche minuto. Toglietele, lasciatele raffreddare poi tritatele grossolanamente.  Tritate finemente anche lo zenzero candito. Tenete tutto da parte.
Mettete l'uvetta in un pentolino, aggiungete il Calvados e mettete su fuoco dolce fino a quando inizia l'ebollizione, poi togliete dal fuoco e lasciate raffreddare  per circa 15 minuti, l'uvetta assorbirà il liquore per la maggior parte, ma eventualmente scolatela e tenetela da parte.
In una ciotola setacciate la farina,  unite le spezie, il sale.
Pelate i cachi e ricavatene la polpa, frullatela se non è liscia abbastanza e mettetela in una ciotola, aggiungete metà del latte e mescolate.
In un'altra ciotola montate il burro con lo zucchero con le fruste elettriche o nella planetaria, a velocità media fino a che il burro è montato e spumoso. Aggiungete le uova una alla volta, la vaniglia, il succo di limone e il composto di cachi e latte in due volte, man mano che la frusta o lo scudo a K della planetaria girano.
A questo punto unite la farina e le spezie preparate in precedenza, poca alla volta, sempre mescolando con le fruste o con lo scudo, aiutatevi con il resto del latte se l'impasto fosse troppo sodo. Magari non servirà tutto, andate poco per volta finchè avrete un  impasto morbido, ma senza esagerare. Unite  il lievito, le noci pecan e lo zenzero, tritati. Mescolate bene bene.
Versate nello stampo e sbattetelo leggermente in modo che si assesti e si pareggi.
E ora viene la parte della copertura.
Prendete un foglio di carta forno, imburratene un lato, poi, a metà del foglio, fategli fare una piega su se stesso, posatelo con la parte imburrata verso  l'impasto  e, con dello spago da cucina, legate bene tutto intorno ai bordi, in modo da sigillare lo stampo. La piegatura della carta forno lascerà  al budino lo spazio  per gonfiarsi in cottura senza il rischio che si rovini.



ora coprite tutto con dell'alluminio, ripetete piega e legatura facendola passare anche da un capo all'altro, formando una sorta di manico.
Mettete a cuocere il pudding dentro a una capiente pentola di acqua già calda, in quantità tale da arrivare a metà dello stampo.


cuocete il pudding per circa  3 ore e mezza, controllando sempre il livello dell'acqua che non dovrà mai scendere sotto la metà dello stampo, nel caso rabboccate di volta in volta  con dell'altra acqua calda.. Abbassate il fuoco una volta raggiunta l'ebollizione, coprite la pentola e continuate così fino a cottura terminata.
Mentre il pudding cuoce, preparate la crema di accompagnamento. In una ciotola mettete il mascarpone, montatelo qualche secondo con la frusta elettrica per renderlo fluido e senza grumi, unite il liquore, mescolate per farlo assorbire, montate la panna ben ferma e aggiungetela al mascarpone mescolando con una spatola, finchè tutto è perfettamente omogeneo. Tenete in frigorifero fino al momento di servire.
Quando il pudding  è pronto toglietelo dal bagno, eliminate alluminio e la carta forno,   lasciatelo intiepidire leggermente,  quindi sformatelo sul piatto di servizio, decoratelo con  le fettine di cachi, dei grappolini di ribes rosso e gli alkikinger. Servitelo  tiepido con delle quenelles di crema di mascarpone  a parte.





Bene, un dolce che non fa parte della tradizione natalizia italiana ma che entra a buon diritto nella mia e credo che ci resterà a lungo.  Vi consiglio caldamente di provare a prepararlo, la sua cottura lascia la casa profumata a lungo ed ha un sapore delizioso, esaltato perfettamente dalla crema di mascarpone e Calvados, che ci sta davvero  molto bene.
Ed  ora aspetto il Christmas Pudding  che dorme al fresco...