questi giorni a ridosso del Natale, sono sempre particolarmente convulsi. Quest'anno per me ancora di più, per diverse ragioni sto arrivando a Natale con il morale sotto ai piedi e la stanchezza ormai cronica, per cui mi sono resa conto molto in ritado che eravamo a ridosso del Natale, e io non ero pronta, organizzata come il mio solito.
Milano impazzisce di traffico, sembra che le persone si sveglino all'ultimo minuto, tanto che si riversano come un fiume impetuoso lungo tutte le vie del centro e delle zone adiacenti, ma io in giro vedo un'aria triste e spenta, i negozi hanno vetrine sfavillanti però dentro ci vedo poca gente, anche la Rinascente, che di solito in questo periodo è molto frequentata, risente di quest'aria appannata nonostante le sue luminarie a cascata siano molto belle e si facciano piacevolmente ammirare, e anche le altre luminarie, a parte le zone centrali, sono molte meno. La crisi morde forse più di prima e non se ne vede la fine, anzi. La rassegnazione quasi la si tocca tanto è palpabile.
Anche il caldarrostaro fa magri affari e per lo stesso prezzo dello scorso anno te ne dà di meno...
Mi fermo, attratta dal profumo delle castagne abbrustolite, resto lì un attimo assorta nei pensieri mentre qualcuno mi urta e mi spinge. Rinuncio e riprendo a camminare ma quel profumo di caldarroste ce l'ho nelle narici e mi porta immediatamente indietro a una piccola stanza dal pavimento a lunghe travi di legno grezzo, un poco sconnesse e consumate, la tenda a di cotonina a fiori a nascondere l'acquaio e il fornello a gas, una grande finestra con una griglia panciuta e un ampio davanzale interno dove stavo comodamente seduta a guardare fuori.
Mi piaceva stare in
contemplazione, lo sguardo spaziava dal cielo alle case sulle
ringhiere, al cortile interno, percorreva il muro di cinta che faceva
da confine con quella che era chiamata la Valsolda, una piccola,
vecchissima corte abitata da persone ormai molto anziane, sfiorava
il tetto di una vecchia rimessa affittata al fruttivendolo ambulante
del mercato di Piazza Wagner e si soffermava sulla cima del ciliegio
spoglio i cui rami contorti sembravano sofferenti.
Quel piccolo cortile era come un posto
magico, solo mio. Da sola in quella grande casa piena di bambini. Che
non potevano scendere a giocare in cortile, non era permesso.
Solo io avevo il pieno possesso di
quell’angolino, solo io e la mia solitudine.
Dal mio punto di osservazione potevo vedere quasi tutti i piccoli appartamenti sull’ala destra delle ringhiere, cinque piani sempre animati da un movimento e da una vita che oggi sembra lontanissima.
Normalmente erano solo due stanze che si aprivano sulla ringhiera, all'interno uno stanzino con un piccolo lavabo fungeva da servizio, la turca fuori, alla fine della ringhiera, in comune.
Dal mio punto di osservazione potevo vedere quasi tutti i piccoli appartamenti sull’ala destra delle ringhiere, cinque piani sempre animati da un movimento e da una vita che oggi sembra lontanissima.
Normalmente erano solo due stanze che si aprivano sulla ringhiera, all'interno uno stanzino con un piccolo lavabo fungeva da servizio, la turca fuori, alla fine della ringhiera, in comune.
I veri e propri bagni sarebbero
venuti più tardi.
Era gente semplice quella che ci
abitava, e negli anni '50 le case di ringhiera erano tantissime,
retaggio di fine '800, quando sorsero, alle porte della città,
ricalcando il modello rurale delle cascine. Erano praticamente
l'equivalente delle case popolari...
il riscaldamento non esisteva come lo
conosciamo noi, ci si scaldava con la stufa a carbone o a legna. Questa realtà di ringhiera,
comprendeva anche una serie di botteghe artigiane, negozi il cui retro dava su questo piccolo cortile...
Conoscevo tutti, visto che ero la
figlia della portiera, e vivevo immersa un piccolo universo variegato
e rumoroso che riempiva le giornate con voci gridate, canzoni cantate
a squarciagola, ritmiche battiture di materassi la mattina,
apparecchi radio a tutto volume il pomeriggio, e, nel corso della
giornata, un continuo spandersi di profumi di cucina….…
scendendo le scale sentivi il profumo del ragù al quarto piano, a
casa Tolusso oggi pastasciutta…….e quello di fritto al piano
sotto, la signora Pilone è stranamente in cucina, al secondo piano
il minestrone copriva tutti gli altri odori, era la signora
Bellenghi, una nonnina molto anziana che viveva sola, da lei sentivi
sempre e solo odore di minestra…..
Ogni tanto il grammofono del
signor Giussani, capo contabile alla Voce del padrone, spandeva
nell’aria romanze d’opera…. Era un fortunato lui, possedeva
quel bellissimo grammofono a tromba ed è stato per tanto tempo il
primo ed il solo in tutto il caseggiato a potersi permettere un
televisore.
Quanti pomeriggi ho passato in casa
sua! Ogni giorno, alle 17,30 mi pare, cominciavano i programmi, e i
primi erano sempre quelli per i ragazzi. Lui allora permetteva a me e
agli altri bambini di stare a casa sua a guardare la
televisione.....metteva tutte le sedie disponibili disposte su più
file, come al cinema, e alla fine c'era sempre una caramella per
ognuno di noi....
Una vita in comunità dunque , gomito a gomito divisi da una tramezza, Si sapeva tutto di tutti, ci si aiutava, ci si sosteneva, si era solidali. Certo non era tutto rose e fiori, i litigi avvenivano ogni tanto, alcuni non si parlavano più, altri si guardavano con sospetto, ma nell’insieme c’era un forte senso di solidarietà e nel momento del bisogno sapevi che potevi contare sull’aiuto di tutti.
Ma il momento più bello arrivava a Natale.
Non c’era usanza di fare alberi di
Natale nei giardini, né di mettere luminarie. Erano Natali un po’
in sordina, i momenti non erano dei migliori e la gente non aveva
soldi, proprio come nel momento attuale,....no adesso è anche
peggio...in quegli anni le speranze di una vita migliore avevano un
fondamento, eravamo agli inizi degli anni del boom economico, mentre
ora il futuro è buio e senza certezze.
Non ricordo se ci fosse già la tredicesima, non lo so, ma credo di sì, anche se non nella forma che conosciamo ora. Ricordo che mia madre, sotto Natale, parlava di gratifica. Certo non si spendevano soldi in regali inutili né ci si faceva prendere dal consumismo, i bisogni erano altri. Anche il clima era diverso, faceva molto più freddo, la neve arrivava presto e rimaneva per giorni e giorni ed era l’unico momento in cui ai bambini del palazzo era consentito scendere a fare il pupazzo poi si finiva sempre col fare a palle di neve fino a ridurci bagnati fino all’osso.
Il Natale dicevo…nei negozi comparivano cose tipicamente natalizie e stagionali, niente pomodori o fragole in inverno, si seguivano le stagioni e quando arrivava il momento gustavi tutto molto di più, perché finalmente si soddisfaceva la lunga attesa...
zampone, cotechini e salsicce facevano
bella mostra di sé su tutti i banchi delle salumerie e delle
macellerie...
il mascarpone che di solito veniva
venduto sfuso, tal quale, a Natale era montato come una mousse,
sembrava spremuto con la sac à poche in enormi volute, una montagna
di mascarpone bianchissimo e sofficissimo che ti faceva venire voglia
di infilarci prima un dito e poi tutta la faccia.
La ricotta piemontese, esposta in
enormi coni rovesciati, lisci lisci.... La mostarda di frutta, tipica
lombarda, non mancava mai, dentro a piccole tinozze di legno chiaro
spiccava coi suoi colori fra i formaggi delle Fattorie Prealpine,
dove improvvisamente comparivano numerose anitre, oche e faraone,
le prime esposte come fossero
accovacciate, con le ali divaricate le penne della coda messe a
ventaglio, oche e faraone invece con ancora tutto il piumaggio
intatto
galli e capponi penzolavano appesi
alla rastrelliera dietro il banco. Il tacchino no, ancora la moda
americana non aveva preso piede...
Grandi vassoi di insalata russa in forma e gelatina, tranci di paté in bellavista e formaggi strani tipo il Panerone e la forma grande di grana lodigiano, quello con la crosta nera, troneggiavano in tutti i negozi di alimentari...
La decorazione del bancone era sempre fatta con rami di alloro, intrecciati con carta stagnola o carta crespa rossa, alle volte con agrifoglio, ma più di rado.
Grandi vassoi di insalata russa in forma e gelatina, tranci di paté in bellavista e formaggi strani tipo il Panerone e la forma grande di grana lodigiano, quello con la crosta nera, troneggiavano in tutti i negozi di alimentari...
La decorazione del bancone era sempre fatta con rami di alloro, intrecciati con carta stagnola o carta crespa rossa, alle volte con agrifoglio, ma più di rado.
Il panettone si comprava direttamente
allo stabilimento dell’Alemagna, che era poco distante.
Naturalmente quello uscito storto, con qualche pecca. Lo spaccio li
vendeva per poche lire. Ricordo il profumo di burro e canditi che
aleggiavano dentro a quella stanza, ne uscivi inebriato con i vestiti
impregnati di quel profumo, e io continuavo ad annusarli anche dopo
giorni per ritrovare quel profumo...
La produzione era quasi sempre in
vicinanze del Natale, non da mesi prima.. Era fragrante e burroso,
mi pareva molto più buono che adesso....ma magari è solo una mia
impressione, perché è uno di quei sapori legati all'infanzia...
La festa era completa quando arrivavano gli zampognari. Ogni Natale li aspettavamo chiedendoci quando sarebbero arrivati.
Normalmente arrivavano per
Sant'Ambroeus, infatti alla fiera degli oh bej oh bej, c'erano
sempre...da lì iniziavano a fare il giro della città casa per
casa....
A pensarci ora erano povera gente che approfittava delle feste per guadagnare qualcosa, arrivavano dal Lazio, battevano la città palmo a palmo entrando in tutti portoni e mettendosi a suonare nel mezzo dei cortili.
A pensarci ora erano povera gente che approfittava delle feste per guadagnare qualcosa, arrivavano dal Lazio, battevano la città palmo a palmo entrando in tutti portoni e mettendosi a suonare nel mezzo dei cortili.
La gente si affacciava e lanciava delle
monete dalle ringhiere e io, a riparo del mio osservatorio, stavo a
guardarli un po’ affascinata ma anche un po’ intimorita dal loro
vestiario. Erano figure alle quali non ero abituata, gente che veniva
da una realtà completamente diversa dalla nostra.
Avevano le cioce, il gilet di vello di pecora, cappellacci a tesa larga, e a coprire tutto un grande tabarro,un mantello a ruota di colore indefinito. Sembravano i briganti di Musolino...
Finito di suonare, uno di loro raccoglieva il magro incasso e se ne andavano.
Quel canto dolce e malinconico di zampogne sottolineava l’atmosfera natalizia ed era magica davvero....poi pian piano anche questa tradizione si è persa, i bisogni cominciavano a non essere più così impellenti e alla fine non vennero più e Natale non fu più la stessa cosa...
Lo stesso rito, ma il Primo dell'anno, lo compiva la banda....
Avevano le cioce, il gilet di vello di pecora, cappellacci a tesa larga, e a coprire tutto un grande tabarro,un mantello a ruota di colore indefinito. Sembravano i briganti di Musolino...
Finito di suonare, uno di loro raccoglieva il magro incasso e se ne andavano.
Quel canto dolce e malinconico di zampogne sottolineava l’atmosfera natalizia ed era magica davvero....poi pian piano anche questa tradizione si è persa, i bisogni cominciavano a non essere più così impellenti e alla fine non vennero più e Natale non fu più la stessa cosa...
Lo stesso rito, ma il Primo dell'anno, lo compiva la banda....
arrivavano, entravano in cortile,
suonavano romanze d'opera e altre canzoni natalizie, una sorta di
mini concerto di Capodanno, e la gente ugualmente si affacciava e
lanciava monete e dolciumi. Era il concerto d'auguri per il nuovo
anno, fatto casa per casa.
A volte era la banda dei Martinitt,
gli orfani....mi intristiva vederli, sapevo che vivevano nell'orfanotrofio che anticamente era situato nell'oratorio di S.
Martino, di qui, il nome Martinitt....
arrivavano, bambini poco più grandi
di me, nella loro divisa di panno grigio, con una banda rossa sul
lato dei pantaloni, una piccola mantellina altrettanto grigia bordata
di rosso, e il berretto rigido con la visiera, sulla testa.... Tutti
compìti coi loro strumenti, tutti in fila ordinatamente, ai comandi
del maestro che li dirigeva nella musica.....
a volte invece arrivava la banda dei
Combattenti e Reduci, a volte di altre istituzioni... ma era un
appuntamento immancabile, che tutti aspettavamo e seguivamo con
gioia.
I regali….praticamente erano fatti di piccole cose, un libro, un paio di guanti, un paio di calzettoni…. A casa mia soldi pochi e mia madre faceva quello che poteva per farmi trovare un pacchetto la mattina di Natale.
La signorina Barbolini, di cui ho già ampiamente raccontato, mi regalava sempre libri, Aspettavo il suo regalo sicura che fosse un libro e ne pregustavo la lettura, anche senza sapere che tipo di libro sarebbe arrivato.
I regali….praticamente erano fatti di piccole cose, un libro, un paio di guanti, un paio di calzettoni…. A casa mia soldi pochi e mia madre faceva quello che poteva per farmi trovare un pacchetto la mattina di Natale.
La signorina Barbolini, di cui ho già ampiamente raccontato, mi regalava sempre libri, Aspettavo il suo regalo sicura che fosse un libro e ne pregustavo la lettura, anche senza sapere che tipo di libro sarebbe arrivato.
Erano sempre bellissimi libri di
avventure tipo 20.000 leghe sotto i mari, oppure La storia di Cosa
Cosetta, L'Isola del Tesoro…. E la mia fantasia volava ogni
volta...
Il regalo invece che ricordo con un sentimento misto di tenerezza e malinconia, erano i mandarini che mia madre nascondeva nei calzettoni per farmeli trovare. Un frutto che compravamo abbastanza di rado allora, perlomeno noi che avevamo ben poco, in effetti si mangiavano solo nei giorni di festa. Mio padre li legava e li appendevamo al piccolo albero di Natale che stava nell'angolo opposto alla vetrata. Pian piano naturalmente sparivano.....poi mettevamo le bucce sulla stufa, per profumare la casa.
Non esistevano ancora i mandaranci, e ai semi eravamo abituati, era normale trovarceli.
I mandarini volevano dire Natale, odore
di inverno, di nebbia, di neve, di carbone, di panni bagnati messi ad
asciugare sui raggi di ferro avvitati intorno al tubo della stufa,
luci e ombre di un tempo che non tornerà più, profumi, colori e
visi di persone che non ci sono più ma che per un attimo lungo 10
anni hanno condiviso la mia vita e che hanno tutti un loro piccolo
cassetto nel mio cuore...
Quei frutti me li ricordo sempre, col loro colore acceso e il loro profumo e a pensarci bene, ancora oggi, per me, non è Natale senza mandarini.
Quei frutti me li ricordo sempre, col loro colore acceso e il loro profumo e a pensarci bene, ancora oggi, per me, non è Natale senza mandarini.
Buon Natale a tutti, che sia migliore di quello che immaginate.