questa ricetta non è niente di particolare, ma è il risultato della necessità di fare spazio sia in frigorifero che nella dispensa.
E sarà il caso che io continui a liberare spazi altrimenti fra un po' la dispensa scoppierà e il frigo pure.
Intanto ecco un primo piatto gustoso e veloce da preparare.
Troccoli con quel che c'è
200/250 gr troccoli freschi
1 vasetto di tonno sott' olio da 190 gr
2 filetti di acciuga sott'olio
1 peperone giallo
1 cucchiaio di capperi sotto sale
olive taggiasche denocciolate
pomodorini datterini
origano fresco, oppure basilico
1 spicchio d'aglio
olio, sale, pepe o peperoncino, a piacere
in una larga padella antiaderente scaldate l'olio insieme all'aglio, aggiungete le acciughe e lasciatele fondere a fuoco basso, unite anche il tonno ben sgocciolato e spezzettato, i capperi preventivamente dissalati, le olive, i peperoni mondati, lavati e tagliati a pezzetti e profumate con delle foglioline di origano fresco o con del basilico spezzettato con le mani.
Lasciate cuocere piano, mescolando spesso, finchè i peperoni si ammorbidiscono e poi aggiungete i pomodorini tagliati a metà o a pezzetti, come preferite. Fateli appassire qualche minuto, regolate di sale e pepe o aggiungete un poco di peperoncino, a piacere.
Cuocete i troccoli freschi, scolateli e fateli saltare nella padella del sugo preparato, in modo che prendano bene il condimento, ancora un poco di origano o di basilico e sono pronti.
Un piatto colorato e saporito!
lunedì 31 marzo 2014
venerdì 28 marzo 2014
Verde pistacchio
Metti che tua fglia va per lavoro in Sicilia, metti che le chiedi di portarti un po' di pasta di pistacchio, e metti che invece non la trova e non ha il tempo per cercare quello che vuoi tu e ti porta un panetto verdolino, solido, pronto per fare il latte di pistacchio.
Metti che tu hai la testa dura e vuoi usarlo lo stesso come useresti la pasta di pistacchio.
Ecco cosa ne viene fuori
amo il connubio pistacchio/arancia, per cui ho voluto unire i due sapori.
Premetto che il panetto di pasta per il latte di pistacchio era già parecchio zuccherato di suo, quindi la quantità di zucchero che ho messo nella pannacotta è molto ridotto.
La ricetta è quindi più o meno quella della pannacotta ma con dose di zucchero molto ridotta.
Pannacotta al pistacchio e crema inglese all'arancia
per la pannacotta
500 gr panna liquida fresca
6 o 7 gr di gelatina in fogli
50 gr di zucchero
(nel caso usaste la pasta di pistacchio vera e propria, non zuccherata, la dose sarebbe 150 gr)
1 cucchiaino di essenza di vaniglia, o i semini di una bacca.
250 gr pasta di pistacchio solida ( quella per fare il latte di pistacchio)
per la crema inglese all'arancia:
2 arance non trattate
170/180 gr latte
5 tuorli
90 gr zucchero
il succo di mezza arancia filtrato
2 gr. di gelatina in fogli
per decorare:
scorze d'arancia
pistacchi sbucciati e tritati
Ammollare la gelatina.
Scaldare la panna a fuoco dolce insieme allo zucchero. Quando è calda, aggiungere il panetto di pasta per latte di pistacchio e mescolare fino a quando è completamente sciolto. Ci vorrà un po'. Eventualmente, per evitare che la panna vada in ebollizione, ogni tanto spostare dal fuoco continuando a mescolare.
Una volta sciolto completamente il panetto, aggiungere la vaniglia e la gelatina ammollata. Fare sciogliere anche questa perfettamente. Lasciar intiepidire e mettere nello stampo prescelto.
Io ho preferito farlo nei bicchieri, mi piaceva di più l'idea. Se optate per lo stampo, aumentate di un paio di grammi la gelatina.
Mettere in frigo a raffreddare quel tanto che basta perchè mettendo la crema inglese, non ci affondi.
Nel frattempo preparare le crema inglese.
Ammollare il foglio di gelatina. Filtrare il succo della mezza arancia e tenere da parte.
Scaldare il latte insieme alla scorza grattugiata delle due arance. Lasciarlo riposare qualche minuto coperto.
In una bastardella montare i tuorli con lo zucchero. Versarvi a filo il latte con le scorze e cuocere su fuoco dolce, mescolando. Se avete un termometro, cuocete fino ad arrivare a 85° circa, in ogni caso la crema sarà cotta quando si è addensata e vela il cucchiaio.
Unire la gelatina ammollata e il poco succo d'arancia, mescolare bene affinchè si sciolga perfettamente.
(se vi piace potete sostituire il succo d'arancia con un cucchiaio di Cointreau o di Grand Marnier)
Lasciar intiepidire la crema inglese.
Riprendere i bicchieri dal frigorifero, e se la pannacotta ha iniziato ad indurirsi, completarli con un leggero strato di crema inglese e rimettere in frigorifero.
Sbollentare una manciata di pistacchi, lasciarli qualche secondo nell'acqua bollente, poi sbucciarli e tritarli grossolonamente.
Con un rigalimoni ricavare delle striscioline sottili da una arancia.
Una volta pronti per essere serviti, decorare i bicchieri con un poco di pistacchi tritati e le scorzette d'arancia.
Per colpa della mia solita fretta, ho fatto l'errore di montare le uova per la crema inglese con la frusta elettrica, questo ha creato la schiuma, che non dovrebbe esserci, e che non se è andata via nemmeno con la cottura, nè avevo il tempo di toglierla. Un brutto errore, perchè la volevo pulita, ma se vai di fretta questo è il risultato. Pasticciona come al solito.
I miei ospiti non se ne sono nemmeno accorti, e l'hanno spazzolata tutta lo stesso...
Metti che tu hai la testa dura e vuoi usarlo lo stesso come useresti la pasta di pistacchio.
Ecco cosa ne viene fuori
amo il connubio pistacchio/arancia, per cui ho voluto unire i due sapori.
Premetto che il panetto di pasta per il latte di pistacchio era già parecchio zuccherato di suo, quindi la quantità di zucchero che ho messo nella pannacotta è molto ridotto.
La ricetta è quindi più o meno quella della pannacotta ma con dose di zucchero molto ridotta.
Pannacotta al pistacchio e crema inglese all'arancia
per la pannacotta
500 gr panna liquida fresca
6 o 7 gr di gelatina in fogli
50 gr di zucchero
(nel caso usaste la pasta di pistacchio vera e propria, non zuccherata, la dose sarebbe 150 gr)
1 cucchiaino di essenza di vaniglia, o i semini di una bacca.
250 gr pasta di pistacchio solida ( quella per fare il latte di pistacchio)
per la crema inglese all'arancia:
2 arance non trattate
170/180 gr latte
5 tuorli
90 gr zucchero
il succo di mezza arancia filtrato
2 gr. di gelatina in fogli
per decorare:
scorze d'arancia
pistacchi sbucciati e tritati
Ammollare la gelatina.
Scaldare la panna a fuoco dolce insieme allo zucchero. Quando è calda, aggiungere il panetto di pasta per latte di pistacchio e mescolare fino a quando è completamente sciolto. Ci vorrà un po'. Eventualmente, per evitare che la panna vada in ebollizione, ogni tanto spostare dal fuoco continuando a mescolare.
Una volta sciolto completamente il panetto, aggiungere la vaniglia e la gelatina ammollata. Fare sciogliere anche questa perfettamente. Lasciar intiepidire e mettere nello stampo prescelto.
Io ho preferito farlo nei bicchieri, mi piaceva di più l'idea. Se optate per lo stampo, aumentate di un paio di grammi la gelatina.
Mettere in frigo a raffreddare quel tanto che basta perchè mettendo la crema inglese, non ci affondi.
Nel frattempo preparare le crema inglese.
Ammollare il foglio di gelatina. Filtrare il succo della mezza arancia e tenere da parte.
Scaldare il latte insieme alla scorza grattugiata delle due arance. Lasciarlo riposare qualche minuto coperto.
In una bastardella montare i tuorli con lo zucchero. Versarvi a filo il latte con le scorze e cuocere su fuoco dolce, mescolando. Se avete un termometro, cuocete fino ad arrivare a 85° circa, in ogni caso la crema sarà cotta quando si è addensata e vela il cucchiaio.
Unire la gelatina ammollata e il poco succo d'arancia, mescolare bene affinchè si sciolga perfettamente.
(se vi piace potete sostituire il succo d'arancia con un cucchiaio di Cointreau o di Grand Marnier)
Lasciar intiepidire la crema inglese.
Riprendere i bicchieri dal frigorifero, e se la pannacotta ha iniziato ad indurirsi, completarli con un leggero strato di crema inglese e rimettere in frigorifero.
Sbollentare una manciata di pistacchi, lasciarli qualche secondo nell'acqua bollente, poi sbucciarli e tritarli grossolonamente.
Con un rigalimoni ricavare delle striscioline sottili da una arancia.
Una volta pronti per essere serviti, decorare i bicchieri con un poco di pistacchi tritati e le scorzette d'arancia.
Per colpa della mia solita fretta, ho fatto l'errore di montare le uova per la crema inglese con la frusta elettrica, questo ha creato la schiuma, che non dovrebbe esserci, e che non se è andata via nemmeno con la cottura, nè avevo il tempo di toglierla. Un brutto errore, perchè la volevo pulita, ma se vai di fretta questo è il risultato. Pasticciona come al solito.
I miei ospiti non se ne sono nemmeno accorti, e l'hanno spazzolata tutta lo stesso...
martedì 25 marzo 2014
come quando fuori piove
come quando fuori piove...è un modo di indicare i semi delle carte da gioco.
cuori, quadri, fiori, picche..me lo aveva insegnato Enrico, grande giocatore di briscola chiamata, il cugino più grande di mio marito, depositario delle memorie di tutta la sua famiglia. Ho già parlato di lui, tempo fa in questo topic.
Lui non c'è più, ma questo modo di dire è rimasto e ogni tanto lo tiriamo fuori...
Stavolta però lo cito per tutt'altro motivo...domenica era una giornata freddissima e piovosa, tipicamente invernale e io ne ho approfittato per liberare un po' di posto in freezer. Avevo delle guance di vitellone che stavano aspettando l'occasione da un po'....Ero già rassegnata ad aspettare, visto il bel tempo arrivato e invece ecco che la primavera ha dato buca. Momento giusto per fare una ricetta che avevo in mente da tempo.
Niente brasato classico col Cabernet, ma una storica ricetta di uno dei miei ristoranti preferiti La Kuccagna, pubblicata su un bellissimo libro curato da Roberta Schira, dedicato ai ristoranti del cremonese.
Loro usano il vitello sanato, cosa rara da trovare normalmente al dettaglio, e io invece ho dovuto inevitabilmente ripiegare sul vitellone, ho modificato leggermente la ricetta a modo mio, ma il risultato è stato abbastanza soddisfacente.
Guanciale di vitellone brasato al timo e miele
1 Guancia di vitellone
500 gr cipolla bianca
1 carota
2 costole di sedano
2 bacche di ginepro
qualche rametto di timo
poca scorza di limone
miele q.b.
1 bicchiere di vino bianco
brodo di carne
sale, pepe
olio e.v. di buona qualità
polenta
Tritare finissimamente carota e sedano.
Mondare e affettare le cipolle, metterle a stufare con il trito di carote e sedano, il timo, il ginepro in una casseruola con un goccio d'olio e poco brodo. Lasciar cuocere il tutto per 40 minuti circa, poco più, poco meno.
Pulire la guancia da eventuali parti di grasso eccedenti, lavarla e asciugarla. Quindi condirla con il miele, il timo, sale e pepe. In una padella antiaderente, scaldare dell'olio, quindi rosolarvi la guancia facendola glassare, rigirandola continuamente per circa 15 minuti.
Dopodichè unire la guancia rosolata alle verdure che cuociono a parte, sfumare con il vino, aggiungere un pezzetto di scorza di limone senza la parte bianca, trasferire tutto in una casseruola capiente e aggiungere il brodo fino a coprire la carne. Cuocere a fuoco basso per circa 1 ora oppure fino a quando un forchettone infilato nella carne entra senza avere resistenza.
Nel frattempo preparare anche la polenta, come più vi piace, al solito modo.
Togliere la guancia dalla casseruola, eliminare le bacche di ginepro e passare la salsa al passaverdura poi, se preferite, filtratela in modo da avere una salsa perfettamente liscia.
Io, per ragioni di tempo non l'ho fatto. La salsa era già abbastanza fluida, e non l'ho nemmeno passata al passaverdure, mi sono limitata a sbattela energicamente con la frusta.
Servire la guancia a fette, nappata con la sua salsa, appoggiata a un cuscino di polenta. Decorare con scorze di limone e foglioline di timo.
Se non vi piace la polenta, va benissimo anche un buon puré di patate.
Ecco, ho cucinato come quando fuori piove...
cuori, quadri, fiori, picche..me lo aveva insegnato Enrico, grande giocatore di briscola chiamata, il cugino più grande di mio marito, depositario delle memorie di tutta la sua famiglia. Ho già parlato di lui, tempo fa in questo topic.
Lui non c'è più, ma questo modo di dire è rimasto e ogni tanto lo tiriamo fuori...
Stavolta però lo cito per tutt'altro motivo...domenica era una giornata freddissima e piovosa, tipicamente invernale e io ne ho approfittato per liberare un po' di posto in freezer. Avevo delle guance di vitellone che stavano aspettando l'occasione da un po'....Ero già rassegnata ad aspettare, visto il bel tempo arrivato e invece ecco che la primavera ha dato buca. Momento giusto per fare una ricetta che avevo in mente da tempo.
Niente brasato classico col Cabernet, ma una storica ricetta di uno dei miei ristoranti preferiti La Kuccagna, pubblicata su un bellissimo libro curato da Roberta Schira, dedicato ai ristoranti del cremonese.
Loro usano il vitello sanato, cosa rara da trovare normalmente al dettaglio, e io invece ho dovuto inevitabilmente ripiegare sul vitellone, ho modificato leggermente la ricetta a modo mio, ma il risultato è stato abbastanza soddisfacente.
Guanciale di vitellone brasato al timo e miele
1 Guancia di vitellone
500 gr cipolla bianca
1 carota
2 costole di sedano
2 bacche di ginepro
qualche rametto di timo
poca scorza di limone
miele q.b.
1 bicchiere di vino bianco
brodo di carne
sale, pepe
olio e.v. di buona qualità
polenta
Tritare finissimamente carota e sedano.
Mondare e affettare le cipolle, metterle a stufare con il trito di carote e sedano, il timo, il ginepro in una casseruola con un goccio d'olio e poco brodo. Lasciar cuocere il tutto per 40 minuti circa, poco più, poco meno.
Pulire la guancia da eventuali parti di grasso eccedenti, lavarla e asciugarla. Quindi condirla con il miele, il timo, sale e pepe. In una padella antiaderente, scaldare dell'olio, quindi rosolarvi la guancia facendola glassare, rigirandola continuamente per circa 15 minuti.
Dopodichè unire la guancia rosolata alle verdure che cuociono a parte, sfumare con il vino, aggiungere un pezzetto di scorza di limone senza la parte bianca, trasferire tutto in una casseruola capiente e aggiungere il brodo fino a coprire la carne. Cuocere a fuoco basso per circa 1 ora oppure fino a quando un forchettone infilato nella carne entra senza avere resistenza.
Nel frattempo preparare anche la polenta, come più vi piace, al solito modo.
Togliere la guancia dalla casseruola, eliminare le bacche di ginepro e passare la salsa al passaverdura poi, se preferite, filtratela in modo da avere una salsa perfettamente liscia.
Io, per ragioni di tempo non l'ho fatto. La salsa era già abbastanza fluida, e non l'ho nemmeno passata al passaverdure, mi sono limitata a sbattela energicamente con la frusta.
Servire la guancia a fette, nappata con la sua salsa, appoggiata a un cuscino di polenta. Decorare con scorze di limone e foglioline di timo.
Se non vi piace la polenta, va benissimo anche un buon puré di patate.
Ecco, ho cucinato come quando fuori piove...
domenica 23 marzo 2014
lettera ad una amica
non mi è per niente facile scrivere oggi, lo faccio con il cuore gonfio dal dolore perchè sento forte il bisogno di parlarti, anche se ci siamo sentite solo qualche giorno fa.
Qualche giorno fa tu eri a pochi chilometri di distanza, mi parlavi al telefono dopo che ci eravamo viste un paio di giorni prima. Ci chiedevamo quando ci saremmo riviste, come stavamo, cosa stavamo facendo in quel momento, quali sarebbero stati i programmi della giornata.
Ora tu non ci sei più, e io resto qui, a piangerti e a parlarti come fossi ancora dall'altro capo del telefono.
Non ero preparata, no.
Non lo ero affatto benchè in cuor mio intuissi la gravità della malattia, non ci volevo credere, mi aggrappavo disperatamente alla speranza che qualcosa, qualsiasi cosa accadesse e venisse a darti la forza di alzarti da quel divano e riprendere la tua vita piena di attività, di progetti, di speranze, di affetti.
E invece la vita è fuggita via lentamente, dolorosamente nel primo giorno di primavera.
E chi la vedrà ora la primavera?
Non c'è colore, non c'è più. Te lo sei portato via.
Cara Manu, non so quante volte ti ho detto che ti voglio bene, tante credo. So che lo sapevi, e ogni volta che te lo dicevo ti facevi un po' schiva, non eri abituata a sentirtelo dire. Custodivi i tuoi sentimenti molto gelosamente dentro il cuore, con un delicato pudore, per mostrarli sempre nei momenti in cui ce n'era bisogno, con le tue azioni, con i tuoi piccoli gesti, con la tua presenza a volte silenziosa, a volte con le tue battute fulminanti che avevano il potere di rasserenarmi un poco.
Fra noi non c'è mai stato bisogno di molte parole per capirci. Ci siamo sempre dette tutto, anche le cose di noi che non ci piacevano, senza infingimenti. Ed era bello per questo, perchè sapevo che da te avrei avuto sempre la verità, sempre. Come io ti ho sempre detto le cose che pensavo, direttamente, senza giri di parole. Era una specie di patto non scritto, ci siamo sempre accettate per come siamo. E questo ha fatto sì che la nostra amicizia durasse tutta una vita.
Mi manchi Manu. Mi manchi. E l'idea che sarà per sempre mi distrugge e mi fa sentire un po' più sola...
Grazie Manuela, per tutte le cose che abbiamo condiviso nel corso degli anni, per esserci sempre stata quando ne ho avuto bisogno, per tutte le volte che mi hai ascoltato, confortato, rallegrato, e anche rimproverato quando ti sembrava che fosse giusto farlo.
Grazie. E' tutto racchiuso in quella breve parola. Grazie di tutto quanto mi hai dato in questa vita.
E' tutto dentro il mio cuore, ogni gesto, ogni parola, ogni sguardo, ogni sorriso. E ci resterà per sempre.
Oggi fa freddo, dal balcone guardo quelle montagne piene di nuvole sopra casa tua, montagne che per anni ho salutato pensando a te, mentre magari stendevo il bucato, o guardando la neve con la riga scura dei pini del Bolettone....sapevo che eri là vicino, e ti mandavo mentalmente un saluto.Quando te lo raccontavo, sorridevi, ma ti faceva piacere saperlo.
Continuerò a farlo, ben sapendo che la tua casa ora è un'altra, sotto quelle montagne, e ogni volta piangerò, come ora.
Ciao Manu, non c'è un addio per noi.
Qualche giorno fa tu eri a pochi chilometri di distanza, mi parlavi al telefono dopo che ci eravamo viste un paio di giorni prima. Ci chiedevamo quando ci saremmo riviste, come stavamo, cosa stavamo facendo in quel momento, quali sarebbero stati i programmi della giornata.
Ora tu non ci sei più, e io resto qui, a piangerti e a parlarti come fossi ancora dall'altro capo del telefono.
Non ero preparata, no.
Non lo ero affatto benchè in cuor mio intuissi la gravità della malattia, non ci volevo credere, mi aggrappavo disperatamente alla speranza che qualcosa, qualsiasi cosa accadesse e venisse a darti la forza di alzarti da quel divano e riprendere la tua vita piena di attività, di progetti, di speranze, di affetti.
E invece la vita è fuggita via lentamente, dolorosamente nel primo giorno di primavera.
E chi la vedrà ora la primavera?
Non c'è colore, non c'è più. Te lo sei portato via.
Cara Manu, non so quante volte ti ho detto che ti voglio bene, tante credo. So che lo sapevi, e ogni volta che te lo dicevo ti facevi un po' schiva, non eri abituata a sentirtelo dire. Custodivi i tuoi sentimenti molto gelosamente dentro il cuore, con un delicato pudore, per mostrarli sempre nei momenti in cui ce n'era bisogno, con le tue azioni, con i tuoi piccoli gesti, con la tua presenza a volte silenziosa, a volte con le tue battute fulminanti che avevano il potere di rasserenarmi un poco.
Fra noi non c'è mai stato bisogno di molte parole per capirci. Ci siamo sempre dette tutto, anche le cose di noi che non ci piacevano, senza infingimenti. Ed era bello per questo, perchè sapevo che da te avrei avuto sempre la verità, sempre. Come io ti ho sempre detto le cose che pensavo, direttamente, senza giri di parole. Era una specie di patto non scritto, ci siamo sempre accettate per come siamo. E questo ha fatto sì che la nostra amicizia durasse tutta una vita.
Mi manchi Manu. Mi manchi. E l'idea che sarà per sempre mi distrugge e mi fa sentire un po' più sola...
Grazie Manuela, per tutte le cose che abbiamo condiviso nel corso degli anni, per esserci sempre stata quando ne ho avuto bisogno, per tutte le volte che mi hai ascoltato, confortato, rallegrato, e anche rimproverato quando ti sembrava che fosse giusto farlo.
Grazie. E' tutto racchiuso in quella breve parola. Grazie di tutto quanto mi hai dato in questa vita.
E' tutto dentro il mio cuore, ogni gesto, ogni parola, ogni sguardo, ogni sorriso. E ci resterà per sempre.
Oggi fa freddo, dal balcone guardo quelle montagne piene di nuvole sopra casa tua, montagne che per anni ho salutato pensando a te, mentre magari stendevo il bucato, o guardando la neve con la riga scura dei pini del Bolettone....sapevo che eri là vicino, e ti mandavo mentalmente un saluto.Quando te lo raccontavo, sorridevi, ma ti faceva piacere saperlo.
Continuerò a farlo, ben sapendo che la tua casa ora è un'altra, sotto quelle montagne, e ogni volta piangerò, come ora.
Ciao Manu, non c'è un addio per noi.
Credo
che nessuno muoia
credo che l’anima in realtà
divenga un’ombra
e al culmine del suo vagare
si adagi ai piedi
d’un fiore non visto.
Quei fiori gialli
di cui son piene
le campagne
quando fai ritorno a casa
e vorresti che lei
esistesse.
Carlo Bramanti
credo che l’anima in realtà
divenga un’ombra
e al culmine del suo vagare
si adagi ai piedi
d’un fiore non visto.
Quei fiori gialli
di cui son piene
le campagne
quando fai ritorno a casa
e vorresti che lei
esistesse.
Carlo Bramanti
martedì 18 marzo 2014
se vi piace il pesce crudo
questa fa per voi.
Qui da me piace molto agli uomini di casa, per cui quando mi capita di trovare il tonno giusto, li accontento.
Questo faceva parte di un bel pezzo di filetto centrale, che ho preventivamente, e debitamente abbattuto facendolo stazionare qualche giorno in freezer.
Ora, dopo averlo scongelato, ho preparato due o tre cosette.
Questa che vi propongo è la prima...
Carpaccio di tonno a modo mio
per 2 o 3 persone
400 gr filetto di tonno a fette sottili
3 arance non trattate
2 finocchi tondi
mandorle a lamelle
1 peperoncino fresco
olio, sale, pepe
Per prima cosa, in un padellino antiaderente, tostare le mandorle per qualche minuto a fuoco alto, sempre muovendo la pentola in modo che si tostino ma non brucino.
Tenere da parte a raffreddare.
Pulire i finocchi conservando qualche barbina per decorare e per la salsa.
Affettarli finemente con la mandolina e lasciarli a bagno con acqua e ghiaccio.
Pelare a vivo due arance ricanvandone degli spicchi ben puliti dalle pellicine interne.
Prelevare metà buccia dall'altra arancia, poi spremerla e filtrarne il succo.
Togliere il più possibile la parte bianca dalla scorza prelevata prima, e ridurla a pezzetti.
In un contenitore alto, mettere il succo d'arancia, 4 o 5 cucchiai di olio buono, sale, pepe e il peperoncino a pezzetti, (se non lo amate, mettetene solo un pezzetto) e un po' delle barbe di finocchio tenute da parte e la scorza a pezzetti..
Col minipimer frullare tutto ottenendo una salsina profumatissima.
Comporre quindi il piatto con il tonno, i finocchi ben sgocciolati ed asciugati, gli spicchi di arancia pelati a vivo. Condire con la salsa preparata, cospargere con le mandorle tostate e colorare il piatto con qualche barbetta di finocchio, o, se ne avete, con del finocchietto selvatico.
Non amando il pesce crudo, al mio tonno ho fatto fare un giro in microonde, non tantissimo, il tempo che diventasse rosato, e l'ho condito con la salsa d'arancia, gli spicchi e le mandorle....
Buono in entrambi i modi..
Qui da me piace molto agli uomini di casa, per cui quando mi capita di trovare il tonno giusto, li accontento.
Questo faceva parte di un bel pezzo di filetto centrale, che ho preventivamente, e debitamente abbattuto facendolo stazionare qualche giorno in freezer.
Ora, dopo averlo scongelato, ho preparato due o tre cosette.
Questa che vi propongo è la prima...
Carpaccio di tonno a modo mio
per 2 o 3 persone
400 gr filetto di tonno a fette sottili
3 arance non trattate
2 finocchi tondi
mandorle a lamelle
1 peperoncino fresco
olio, sale, pepe
Per prima cosa, in un padellino antiaderente, tostare le mandorle per qualche minuto a fuoco alto, sempre muovendo la pentola in modo che si tostino ma non brucino.
Tenere da parte a raffreddare.
Pulire i finocchi conservando qualche barbina per decorare e per la salsa.
Affettarli finemente con la mandolina e lasciarli a bagno con acqua e ghiaccio.
Pelare a vivo due arance ricanvandone degli spicchi ben puliti dalle pellicine interne.
Prelevare metà buccia dall'altra arancia, poi spremerla e filtrarne il succo.
Togliere il più possibile la parte bianca dalla scorza prelevata prima, e ridurla a pezzetti.
In un contenitore alto, mettere il succo d'arancia, 4 o 5 cucchiai di olio buono, sale, pepe e il peperoncino a pezzetti, (se non lo amate, mettetene solo un pezzetto) e un po' delle barbe di finocchio tenute da parte e la scorza a pezzetti..
Col minipimer frullare tutto ottenendo una salsina profumatissima.
Comporre quindi il piatto con il tonno, i finocchi ben sgocciolati ed asciugati, gli spicchi di arancia pelati a vivo. Condire con la salsa preparata, cospargere con le mandorle tostate e colorare il piatto con qualche barbetta di finocchio, o, se ne avete, con del finocchietto selvatico.
Non amando il pesce crudo, al mio tonno ho fatto fare un giro in microonde, non tantissimo, il tempo che diventasse rosato, e l'ho condito con la salsa d'arancia, gli spicchi e le mandorle....
Buono in entrambi i modi..
domenica 16 marzo 2014
cambiando idea
non so se capita anche a voi, ma ogni volta che vado a fare la spesa con una idea precisa di quello che voglio cucinare, regolarmente cambio tutto. Mi succede sempre davanti al banco del pesce. Ero partita con la voglia di un bel pesce al forno, curiosa di vedere cosa c'era sul banco, e sono tornata a casa con tutt'altro. Ho visto delle belle vongole veraci, e lì è partita l'idea...già, ma cosa metterci insieme?
Un giro fra i banchi della frutta e della verdura, la lampadina si accende e mi fa andare dal pastaio, dove so di trovare delle ottime orecchiette fresche..
Orecchiette con cima di rapa, vongole e capesante
per 2/3 persone
1 kg scarso vongole veraci
7 o 8 capesante
orecchiette fresche
800 gr cime di rapa
la scorza di una arancia
poco peperoncino
2 o 3 spicchi d'aglio
olio di ottima qualità
sale, pepe
lasciar spurgare le vongole in acqua salata, cambiandola spesso, finchè non buttano più sabbia.
Mondare e lavare le cime di rapa.
Pulire le capesante eliminando il corallo, e lavarle bene per eliminare ogni traccia di eventuale sabbia.
In una larga padella mettere un goccio d'olio, con due spicchi d'aglio, lasciar scaldare, quindi versarvi le vongole e coprire tutto con un coperchio. Lasciar aprire le vongole, regolare di sale e pepe, spegnere e tenere in caldo.
Affettare le capesante in modo da avere dei piccoli dischetti.
Mettere a bollire l'acqua.
Riprendere le vongole e sgusciarle tenendone da parte qualcuna col guscio per decorare il piatto.
Salare l'acqua, aggiungere le cime di rapa sgrondate e cuocere qualche minuto, quindi aggiungere le orecchiette.
Filtrare scrupolosamente l'acqua di governo delle vongole che si sarà formata e rimetterla nella padella insieme ad un altro goccio s'olio e a un altro spicchio d'aglio, unire i dischetti di capesante e cuocerli a fuoco moderato nell'acqua delle vongole. Salare e pepare.
A questo punto rimettere anche le vongole nella padella e tenere in caldo.
Ormai le orecchiette saranno cotte, quindi scolarle e metterle nella padella con le vongole e le capesante, a fuoco vivace mescolare il tutto perchè si insaporisca, aggiungere ancora un goccio d'olio e un po' di peperoncino, se piace. Profumare con della scorza di arancia grattugiata e servire..
Mi è piaciuto molto, e l'arancia esalta il sapore delle cime di rapa, regalando eleganza al piatto, molto saporito.
Un giro fra i banchi della frutta e della verdura, la lampadina si accende e mi fa andare dal pastaio, dove so di trovare delle ottime orecchiette fresche..
Orecchiette con cima di rapa, vongole e capesante
per 2/3 persone
1 kg scarso vongole veraci
7 o 8 capesante
orecchiette fresche
800 gr cime di rapa
la scorza di una arancia
poco peperoncino
2 o 3 spicchi d'aglio
olio di ottima qualità
sale, pepe
lasciar spurgare le vongole in acqua salata, cambiandola spesso, finchè non buttano più sabbia.
Mondare e lavare le cime di rapa.
Pulire le capesante eliminando il corallo, e lavarle bene per eliminare ogni traccia di eventuale sabbia.
In una larga padella mettere un goccio d'olio, con due spicchi d'aglio, lasciar scaldare, quindi versarvi le vongole e coprire tutto con un coperchio. Lasciar aprire le vongole, regolare di sale e pepe, spegnere e tenere in caldo.
Affettare le capesante in modo da avere dei piccoli dischetti.
Mettere a bollire l'acqua.
Riprendere le vongole e sgusciarle tenendone da parte qualcuna col guscio per decorare il piatto.
Salare l'acqua, aggiungere le cime di rapa sgrondate e cuocere qualche minuto, quindi aggiungere le orecchiette.
Filtrare scrupolosamente l'acqua di governo delle vongole che si sarà formata e rimetterla nella padella insieme ad un altro goccio s'olio e a un altro spicchio d'aglio, unire i dischetti di capesante e cuocerli a fuoco moderato nell'acqua delle vongole. Salare e pepare.
A questo punto rimettere anche le vongole nella padella e tenere in caldo.
Ormai le orecchiette saranno cotte, quindi scolarle e metterle nella padella con le vongole e le capesante, a fuoco vivace mescolare il tutto perchè si insaporisca, aggiungere ancora un goccio d'olio e un po' di peperoncino, se piace. Profumare con della scorza di arancia grattugiata e servire..
Mi è piaciuto molto, e l'arancia esalta il sapore delle cime di rapa, regalando eleganza al piatto, molto saporito.
mercoledì 12 marzo 2014
le arance stan finendo
quelle che ho fatto arrivare dalla Sicilia, da Arance da gustare .
Buone come queste non ne ho mai trovate. Non so quante me ne sono mangiate, diversamente dagli altri anni, tanto erano succose e dolci. Alcune sono finite nei dolci, altre in scorzette candite, altre ancora
in liquore, un po' di scorza grattugiata l'ho congelata, per ritrovarne il profumo in piena estate, ho anche provato varie volte ad accostarle al salato, sempre con molta soddisfazione.
L'ultima in ordine di tempo è questa e la voglio condividere perchè è stata di grande soddisfazione:
Pescatrice carciofi e arancia
1 piccola pescatrice intera
5 o 6 carciofi senza spine
1 bicchiere di vino bianco
il succo di una arancia
poca scorza grattugiata
un trito fine di prezzemolo
2 spicchi d'aglio
sale, pepe
olio e.v. di buona qualità
sfilettare la pescatrice ricavandone due filetti. Pulire tutto da pelle in eccesso e filamenti scuri.
Ridurre i filetti in bocconcini. Lavare e asciugare bene.
Mondare i carciofi scartando il più possibile le foglie esterne, dure. Lavarli ed asciugarli molto bene
In una padella scaldare olio insieme all'aglio, aggiungere i carciofi, e lasciarli insaporire mescolando ognim tanto, per qualche minuto, quindi coprirli a filo con dell'acqua bollente e lasciarli cuocere pian piano. Spegnere quando sono ancora un po' indietro di cottura, ma asciutti, regolare di sale e di pepe. Eliminare l'aglio e tenere da parte.
In una larga padella scaldare l'olio insieme allo spicchio d'aglio intero, non appena questo accenna ad imbiondire, eliminarlo e aggiungere i bocconcini di pescatrice. Lasciarli rosolare bene, salare, pepare quindi sfumare con il vino bianco. Una volta evaporato e asciugato un poco il vino, abbassare il fuoco, bagnare il tutto con il succo dell'arancia , assolutamente non filtrato, e aggiungere poca scorza grattugiata.
Quando il tutto è quasi a cottura, aggiungere nel tegame i carciofi preparati a parte, e lasciar finire di cuocere tutto insieme. Non ci vorrà molto, la pescatrice cuoce abbastanza in fretta.
Una volta pronto tutto, spolverare leggermente di prezzemolo fresco e servire subito.
Esperimento decisamente riuscito!
Buone come queste non ne ho mai trovate. Non so quante me ne sono mangiate, diversamente dagli altri anni, tanto erano succose e dolci. Alcune sono finite nei dolci, altre in scorzette candite, altre ancora
in liquore, un po' di scorza grattugiata l'ho congelata, per ritrovarne il profumo in piena estate, ho anche provato varie volte ad accostarle al salato, sempre con molta soddisfazione.
L'ultima in ordine di tempo è questa e la voglio condividere perchè è stata di grande soddisfazione:
Pescatrice carciofi e arancia
1 piccola pescatrice intera
5 o 6 carciofi senza spine
1 bicchiere di vino bianco
il succo di una arancia
poca scorza grattugiata
un trito fine di prezzemolo
2 spicchi d'aglio
sale, pepe
olio e.v. di buona qualità
sfilettare la pescatrice ricavandone due filetti. Pulire tutto da pelle in eccesso e filamenti scuri.
Ridurre i filetti in bocconcini. Lavare e asciugare bene.
Mondare i carciofi scartando il più possibile le foglie esterne, dure. Lavarli ed asciugarli molto bene
In una padella scaldare olio insieme all'aglio, aggiungere i carciofi, e lasciarli insaporire mescolando ognim tanto, per qualche minuto, quindi coprirli a filo con dell'acqua bollente e lasciarli cuocere pian piano. Spegnere quando sono ancora un po' indietro di cottura, ma asciutti, regolare di sale e di pepe. Eliminare l'aglio e tenere da parte.
In una larga padella scaldare l'olio insieme allo spicchio d'aglio intero, non appena questo accenna ad imbiondire, eliminarlo e aggiungere i bocconcini di pescatrice. Lasciarli rosolare bene, salare, pepare quindi sfumare con il vino bianco. Una volta evaporato e asciugato un poco il vino, abbassare il fuoco, bagnare il tutto con il succo dell'arancia , assolutamente non filtrato, e aggiungere poca scorza grattugiata.
Quando il tutto è quasi a cottura, aggiungere nel tegame i carciofi preparati a parte, e lasciar finire di cuocere tutto insieme. Non ci vorrà molto, la pescatrice cuoce abbastanza in fretta.
Una volta pronto tutto, spolverare leggermente di prezzemolo fresco e servire subito.
Esperimento decisamente riuscito!
lunedì 10 marzo 2014
D come domenica
ma anche D come dolce...
Come ogni domenica che si rispetti, a casa mia c'è un dessert. E quando la famiglia è tutta riunita, anche più di uno. Come ieri che si festeggiavano compleanni.
Dolci che sono un classico di casa mia, come la torta di mele chiesta da mia figlia Chiara, il più classico dei tiramisù per mia nipote Margherita, e una bavarese di quelle che piacciono a me.
Non sto a raccontare né torta di mele né tiramisu, le cui ricette sono universalmente conosciute e io, confesso, le ho un po' fuori dagli occhi.
Questa però é una delle mie ricette classiche. Non la facevo da molto e stavolta ho voluto variare un pochino, perchè avevo ancora delle ottime arance di Arance da Gustare. Le ultime purtroppo.
Ve la racconto:
Bavarese al Grand Marnier in crosta di cioccolato
per la crosta:
200 gr wafer al cioccolato
80 gr burro
per la bavarese:
Come ogni domenica che si rispetti, a casa mia c'è un dessert. E quando la famiglia è tutta riunita, anche più di uno. Come ieri che si festeggiavano compleanni.
Dolci che sono un classico di casa mia, come la torta di mele chiesta da mia figlia Chiara, il più classico dei tiramisù per mia nipote Margherita, e una bavarese di quelle che piacciono a me.
Non sto a raccontare né torta di mele né tiramisu, le cui ricette sono universalmente conosciute e io, confesso, le ho un po' fuori dagli occhi.
Questa però é una delle mie ricette classiche. Non la facevo da molto e stavolta ho voluto variare un pochino, perchè avevo ancora delle ottime arance di Arance da Gustare. Le ultime purtroppo.
Ve la racconto:
Bavarese al Grand Marnier in crosta di cioccolato
per la crosta:
200 gr wafer al cioccolato
80 gr burro
per la bavarese:
2
dl. latte
70 gr zucchero
4 tuorli d'uovo
2,5 dl panna fresca
6 cl. Grand Marnier
10 gr colla di pesce
70 gr zucchero
4 tuorli d'uovo
2,5 dl panna fresca
6 cl. Grand Marnier
10 gr colla di pesce
per il ripieno:
150 gr cioccolato fondente
150 gr panna liquida
1 cucchiaio di Grand Marnier
1 arancia
pr guarnire:
1 arancia
Per prima cosa preparare il guscio di cioccolato:
Fondere il burro e lasciarlo intiepidire.
Nel mixer tritare grossolanamente i wafer, versando il burro fuso mentre il mixer è in funzione.
Foderare il fondo di una tortiera apribile da 24 con della carta forno bagnata e strizzata.
Versare nel centro dello stampo foderato i wafer tritati col burro.
Per prima cosa meglio fare i bordi premendo tutto intorno il composto di wafer fino a realizzare un bordo alto un dito, o poco più. Poi compattare il fondo premendo bene e cercando i mantenere uno spessore uniforme.
Per prima cosa meglio fare i bordi premendo tutto intorno il composto di wafer fino a realizzare un bordo alto un dito, o poco più. Poi compattare il fondo premendo bene e cercando i mantenere uno spessore uniforme.
A me piace che il profilo del bordo sia irregolare, quindi non cerco di livellare alla perfezione la parte superiore, lascio che sia come mi viene. Il risultato finale, un po' più rustico, mi piace di più.
Mettere la tortiera in frigorifero in modo che il guscio di wafer si indurisca.
Nel frattempo preparare la ganache per il ripieno.
Tagliare a pezzetti il cioccolato, mettere a bollire la panna, appena questa è in ebollizione aggiungere il cioccolato spezzettato, spegnere il fuoco e lasciar riposare un momento, poi mescolare bene per amalgamare il tutto ed avere una crema perfettamente liscia, e profumare con un cucchiaio di Grand Marnier. Lasciar intiepidire.
Ora, mentre la ganache intiepidisce, preparare la bavarese.
Scaldare il latte, montare i tuorli con lo zucchero finchè son belli chiari e spumosi, unire il latte a filo e il Grand Marnier.
Mettere a bagno la colla di pesce.
Rimettere il composto di uova su fuoco dolce e cuocere mescolando continuamente fino a quando la crema si ispessisce e vela il cucchiaio, se avete un termometro, lasciarla cuocere fino a 85°. A questo punto aggiungere la colla di pesce ben strizzata e farla sciogliere mescolando dolcemente.
Togliere dal fuoco e lasciar raffreddare avendo cura di mescolare ogni tanto perchè non inizi a tirare.
Semimontare la panna e quando la crema è completamente fredda, incorporarla delicatamente.
Rimettere il composto di uova su fuoco dolce e cuocere mescolando continuamente fino a quando la crema si ispessisce e vela il cucchiaio, se avete un termometro, lasciarla cuocere fino a 85°. A questo punto aggiungere la colla di pesce ben strizzata e farla sciogliere mescolando dolcemente.
Togliere dal fuoco e lasciar raffreddare avendo cura di mescolare ogni tanto perchè non inizi a tirare.
Semimontare la panna e quando la crema è completamente fredda, incorporarla delicatamente.
Pelare a vivo una arancia, ricavarne delle fettine molto sottili.
Riprendere il guscio di cioccolato ormai indurito. Sul fondo stendere un poco di ganache intiepidita ma ancora abbastanza fluida. Appoggiarci le fettine di arancia tagliate a piccoli pezzi, questo per comodità nel taglio al momento di servirla. Mettere in frigorifero a indurire qualche minuto, dopodichè riprendere lo stampo e a cucchiaiate e con delicatezza aggiungere il resto della ganache in modo da coprire completamente i pezzetti di arancia. Rimettere tutto in frigorifero finchè la ganache è abbastanza solida.
A questo punto il guscio è pronto per essere riempito con la crema.
Con un piccolo mestolo, versare poco per volta la crema al Grand Marnier sulla ganache ormai rassodata e riempire il guscio fino al bordo.
Tenere in frigorifero fino al momento di servire.
Pe sformarla, aprire la teglia, eliminare la carta forno dal fondo, appoggiarla sul piatto scelto.
Con un rigalimoni ricavare delle striscioline di scorza da una arancia.
Pelare a vivo la stessa arancia, tagliarla a fettine sottili, quindi usare il tutto per decorare la superficie della bavarese, a piacimento.
venerdì 7 marzo 2014
quando ti arriva un regalo..
del tutto inaspettato, un regalo gourmet molto gradito e apprezzato, l'unica cosa che puoi fare è cercare di rendergli il massimo onore. Perchè la materia prima va rispettata e dopo va valorizzata mettendoci passione, fantasia, e perchè no, anche amore.
Una amica che mi è venuta a trovare mi ha portato dei filetti di anguilla affumicata....
- Li ho visti ed ho subito pensato a te - mi ha detto..
e confesso che mi ha fatto molto piacere sentirglielo dire, al di là del dono in sè. Bello quando un regalo è pensato apposta, non scelto a caso.
Così, messi i filetti in frigorifero mi son messa a pensare a come trasformare qualcosa di speciale in un altro qualcosa di altrettanto speciale.
Mi è venuta in mente una ricetta di Valeria Piccini, la chef del ristorante Caino, una delle poche donne chef stellate italiane, la cui cucina, molto legata al suo territorio, mi piace molto. Ho apportato una leggera modifica, ma la ricetta, in sostanza, è la sua.
Una ricetta relativamente veloce, ma molto delicata, perfetta per rendere omaggio a quei filetti, così perfettamente rosei e profumati..
eccola qui
Paté di anguilla affumicata e crema di sedano rapa
150 gr filetti di anguilla affumicata
150 gr panna liquida fresca
60 gr burro di ottima qualità
per la crema di sedano rapa
1 sedano rapa non troppo grosso
1 cipolla bionda
40 gr di lardo, o di grasso di prosciutto
brodo di carne q.b.
sale, pepe
olio
origano fresco per colorare il piatto
Ammorbidire il burro a temperatura ambiente.
Frullare i filetti di anguilla spezzettati insieme alla panna liquida, lasciando frullare finchè si sarà ottenuta una crema non troppo liscia. A questo punto aggiungere il burro morbido e continuare a frullare per qualche istante in modo da amalgamare perfettamente il burro.
Togliere dal frullatore, trasferire in una ciotola e mettere in frigorifero.
Se si desidera un composto a grana più fine, passare la crema al setaccio. Io questo lavoro abbastanza ingrato me lo sono risparmiato per ragioni di tempo, e anche perchè in fondo paté di questo tipo mi piacciono anche abbastanza rustici.
Pulire il sedano rapa, con la mandolina ricavarne qualche fetta né troppo spessa, né troppo sottile. Serviranno per la decorazione. Tagliare il resto a piccoli cubetti.
In una larga padella, meglio se antiaderente, scaldare un goccio d'olio, affettare la cipolla e il lardo, o del grasso di prosciutto e aggiungerli nel tegame, lasciandoli soffriggere qualche minuto, aggiungere il sedano rapa a cubetti, mescolare per farlo insaporire, poi coprire il tutto di brodo caldo, regolare di sale e pepe bianco, e portare a cottura aggiungendo poco brodo per volta se si asciugasse troppo. Cuocerlo quindi, lasciandolo un po' morbido.
Frullare il tutto a crema.
In un piccolo pentolino, friggere in olio profondo le fettine di sedano tenute da parte finchè sono ben dorate.
Scolarle su un poco di carta da cucina per eliminare eventuale olio in eccesso.
A questo punto è tutto pronto per essere portato in tavola.
Mettere una piccola quantità di crema di sedano rapa sul piatto, con l'aiuto di due cucchiai fare delle quenelles di crema di anguilla, posarle sul piatto a piacere e guarnire con una fettina di sedano rapa fritto e qualche fogliolina di origano.
L'idea era di colorare tutto con dei pistacchi sbucciati e tostati, ma all'ultimo minuto mi sono resa conto, che contrariamente a quello che pensavo, non ne avevo in casa, per cui ho optato per l'origano fresco.
delicato, davvero delicato e anche raffinato. L'accostamento col sedano rapa è qualcosa di inaspettato, altrettanto azzeccato. Ci è piaciuto molto!
Grazie Simona!!!
Una amica che mi è venuta a trovare mi ha portato dei filetti di anguilla affumicata....
- Li ho visti ed ho subito pensato a te - mi ha detto..
e confesso che mi ha fatto molto piacere sentirglielo dire, al di là del dono in sè. Bello quando un regalo è pensato apposta, non scelto a caso.
Così, messi i filetti in frigorifero mi son messa a pensare a come trasformare qualcosa di speciale in un altro qualcosa di altrettanto speciale.
Mi è venuta in mente una ricetta di Valeria Piccini, la chef del ristorante Caino, una delle poche donne chef stellate italiane, la cui cucina, molto legata al suo territorio, mi piace molto. Ho apportato una leggera modifica, ma la ricetta, in sostanza, è la sua.
Una ricetta relativamente veloce, ma molto delicata, perfetta per rendere omaggio a quei filetti, così perfettamente rosei e profumati..
eccola qui
Paté di anguilla affumicata e crema di sedano rapa
150 gr filetti di anguilla affumicata
150 gr panna liquida fresca
60 gr burro di ottima qualità
per la crema di sedano rapa
1 sedano rapa non troppo grosso
1 cipolla bionda
40 gr di lardo, o di grasso di prosciutto
brodo di carne q.b.
sale, pepe
olio
origano fresco per colorare il piatto
Ammorbidire il burro a temperatura ambiente.
Frullare i filetti di anguilla spezzettati insieme alla panna liquida, lasciando frullare finchè si sarà ottenuta una crema non troppo liscia. A questo punto aggiungere il burro morbido e continuare a frullare per qualche istante in modo da amalgamare perfettamente il burro.
Togliere dal frullatore, trasferire in una ciotola e mettere in frigorifero.
Se si desidera un composto a grana più fine, passare la crema al setaccio. Io questo lavoro abbastanza ingrato me lo sono risparmiato per ragioni di tempo, e anche perchè in fondo paté di questo tipo mi piacciono anche abbastanza rustici.
Pulire il sedano rapa, con la mandolina ricavarne qualche fetta né troppo spessa, né troppo sottile. Serviranno per la decorazione. Tagliare il resto a piccoli cubetti.
In una larga padella, meglio se antiaderente, scaldare un goccio d'olio, affettare la cipolla e il lardo, o del grasso di prosciutto e aggiungerli nel tegame, lasciandoli soffriggere qualche minuto, aggiungere il sedano rapa a cubetti, mescolare per farlo insaporire, poi coprire il tutto di brodo caldo, regolare di sale e pepe bianco, e portare a cottura aggiungendo poco brodo per volta se si asciugasse troppo. Cuocerlo quindi, lasciandolo un po' morbido.
Frullare il tutto a crema.
In un piccolo pentolino, friggere in olio profondo le fettine di sedano tenute da parte finchè sono ben dorate.
Scolarle su un poco di carta da cucina per eliminare eventuale olio in eccesso.
A questo punto è tutto pronto per essere portato in tavola.
Mettere una piccola quantità di crema di sedano rapa sul piatto, con l'aiuto di due cucchiai fare delle quenelles di crema di anguilla, posarle sul piatto a piacere e guarnire con una fettina di sedano rapa fritto e qualche fogliolina di origano.
L'idea era di colorare tutto con dei pistacchi sbucciati e tostati, ma all'ultimo minuto mi sono resa conto, che contrariamente a quello che pensavo, non ne avevo in casa, per cui ho optato per l'origano fresco.
delicato, davvero delicato e anche raffinato. L'accostamento col sedano rapa è qualcosa di inaspettato, altrettanto azzeccato. Ci è piaciuto molto!
Grazie Simona!!!
lunedì 3 marzo 2014
vite fortunate e vite nascoste
anche oggi piove, una pioggerellina sottile sottile, leggera e delicata, quasi primaverile. Le azalee del vialetto d'ingresso sono all'inizio della fioritura, promessa di colore in tutto questo grigio.
Ma non basta a scacciare la strana inquietudine che sento. Non la ascolto, vado avanti con tutte le cose da fare, quelle di tutti i giorni oltre alle scadenze, al lavoro..... Ma è lì, sotto sotto.
Mi siedo con un libro appena acquistato che vorrei leggere con calma. Non ci riesco.
Mentre me ne sto seduta sul divano la gatta, acciambellata accanto a me, tossisce, è qualche tempo che ha questi accessi di tosse, mi dico che devo farla vedere al veterinario.
Abbandono il libro, mi faccio un caffé, accendo la tv su Rai news per sentire le ultime notizie...ma l'inquietudine torna a galla e non riesco a ricacciarla giù...
Ci sono delle parole che mi girano in testa, parole scambiate l'altro ieri con una amica virtuale. Parole che mi hanno riportato a molto tempo fa, a una persona molto speciale.
Daniela era poco più piccola di me, forse un anno o due. Ha vissuto una vita molto breve, una vita nascosta.
Era una bimba down, e sua madre se ne vergognava a tal punto che non le ha mai fatto frequentare nessuna scuola, nemmeno quelle particolari, nessun istituto. Non le ha dato nessuna possibilità di inserimento, di socializzazione. L'ha tenuta sempre dentro casa, sempre con lei, senza contatti col mondo esterno che non fossero parenti strettissimi e amici di famiglia.
Quando sono stata in età da capire, l'ho odiata per questo.
Daniela era nata, ma non era voluta e in più aveva la sindrome di Down.
Sua madre Valeria aveva avuto una vita molto dura, cresciuta in quel piccolo paese con una madre che definire strana era un eufemismo. Se ne era andata dal Friuli giovanissima per fuggire da quella madre e per guadagnarsi la vita, prima in Svizzera, e poi a Lanzo d'Intelvi. Fu grazie al suo interessamento che anche i miei genitori si trasferirono lassù, per fare i custodi di villa Herbatschek.
Quando si sposò, andò a vivere a Milano, e la frequentazione quotidiana cessò, e poi non fu facile vedersi, pena lunghissimi viaggi fra treni e corriere..
in ogni caso non passò molto che anche i miei si trasferirono in città e allora ripresero i contatti.
Ho memoria di Daniela solo da quando eravamo emtrambe intorno ai 10 anni, più o meno...il periodo precedente non me lo ricordo. Eravamo cresciute lontane, e lei tenuta completamente a riparo da tutto.
Se guardo indietro, me la ricordo minuta, esile, con dei lunghi capelli castano chiaro. Si esprimeva a gesti, solo qualche no o sì con la testa, e il battito delle mani per ogni cosa positiva oppure strepiti e pianti quando non era contenta.
Qualche volta emetteva una specie di grugnito sordo, soprattutto quando le portavo i cioccolatini, di cui era golosissima.
E le piaceva tantissimo il risotto. Lo voleva sempre e quando nel piatto vedeva la pasta, lo scaraventava a terra con un gesto della mano.
Ma quello che non posso dimenticare era il suo modo di salutarmi ogni volta che andavamo da lei. Mi abbracciava stretta stretta, lungamente, fin quasi a soffocarmi. E in quell'abbraccio c'era tutto.
Vivacissima, era impossibile per lei stare tranquilla qualche istante, ed era davvero impegnativo farle compagnia. Lo facevo come meglio potevo, disegnando pupazzi su fogli bianchi, canticchiando e raccontandole fiabe. Lei sembrava non capire, non ascoltare e probabilmente era così, ma quando ce ne andavamo, mi afferrava le mani e mi tirava verso la sua stanzetta, non voleva che me ne andassi...
Siamo diventate donne alla fine, io fortunata e lei chiusa fra le pareti di casa, senza nessuna possibilità, con una madre che si vergognava di lei.
E' morta a 42 anni. Ogni volta che penso a lei, gli occhi si velano e l'inquietudine mi prende, mi chiedo se si poteva fare di più per lei, per evitarle quella vita ...non lo so, proprio non lo so....in quei momenti ancora non c'era una scuola adatta a bambini con questa sindrome, c'erano degli istituti specifici che assomigliavano più a dei parcheggi che non a sistemi educativi specifici, non so...forse sua madre non se l'è sentita di mandarcela, e ha preferito confinarla in casa....sta di fatto che la sua è stata una vita nascosta, vissuta inconsapevolmente.
Tante volte ho chiesto a mia madre se sarebbe stato possibile cambiare la situazione, ma la risposta è sempre stata no...i miei si erano scontrati per anni con Valeria, per indurla a farle fare una vita diversa, ma non c'era stato verso di convincerla, piegata com'era da una mentalità arcaica e antiquata, carica di rassegnazione...
Ciao Daniela, non ti dimentico, non dimentico quei tuoi abbracci che dicevano tutto...
Questo risotto è per te, credo che ti sarebbe piaciuto.
Risotto zucca, porro e capesante
per 2 persone
300 gr zucca
2 porri
1 scalogno
8/10 capesante
riso Carnaroli q.b. (io calcolo 2 pugni a testa più 2 per la pentol)
brodo vegetale q.b.
2 cucchiai di parmigiano
1 bicchiere di vino bianco
sale, pepe
olio, burro
pulire le capesante, eliminare il corallo. Io lo congelo, e quando ne ho un po' li lascio scongelare poi li metto su una placca foderata di carta e li metto in forno a 100° finché sono completamente secchi, li lascio raffreddare e poi li polverizzo e a volte uso la polvere per decorare i piatti di pesce.
Comunque, una volta pulire le capesante, tagliarle a pezzetti grossolani, si devono poi trovare nel risotto. Tenerne due o tre da parte, intere.
Pulire la zucca e ridurla a pezzetti. Pulire anche i porri eliminando le foglie esterne più dure. Lavarli ed asciugarli bene. Ridurli a rondelle.
Tenere da parte un po' di rondelle della parte superiore verde, la più tenera naturalmente.
In una larga pentola, fondere una noce di burro insieme ad un goccio d'olio, affettare lo scalogno e metterlo a stufare insieme al porro e alla zucca. Lasciar cuocere una decina di minuti quindi aggiungere il riso, lasciarlo insaporire poi sfumare con mezzo bicchiere di vino bianco buono. Una volta evaporato l'alcool, iniziare a tirare il risotto al solito modo, aggiungendo il brodo vegetale poco alla volta. Ci sarebbe stato meglio del fumetto di pesce, ma non ne avevo.
A metà cottura, aggiungere anche le capesante a pezzetti.
Fra una mescolata e l'altra di risotto, far saltare nel burro le capesante tenute da parte, sfumandole con il restante vino bianco, regolando di sale e di pepe. Cuocerle qualche minuto lsciandole dorare leggermente e tenerle in caldo.
In un piccolo pentolino, scaldare dell'olio, e quando è bel caldo, friggervi un paio di minuti le rondelle verdi del porro tenute da parte in precedenza. Scolarle su un foglio di carta per far perdere l'olio in eccesso e tenerle da parte nuovamente.
Una volta pronto il riso, mantecare con una noce di burro e il parmigiano, mettere nei piatti aggiungendo le capesante al vino bianco e decorando con il porro fritto.
Pur non amando la zucca, questo risotto mi è piaciuto. Il porro e le capesante hanno contribuito a smorzare il sapore dolce..
Ma non basta a scacciare la strana inquietudine che sento. Non la ascolto, vado avanti con tutte le cose da fare, quelle di tutti i giorni oltre alle scadenze, al lavoro..... Ma è lì, sotto sotto.
Mi siedo con un libro appena acquistato che vorrei leggere con calma. Non ci riesco.
Mentre me ne sto seduta sul divano la gatta, acciambellata accanto a me, tossisce, è qualche tempo che ha questi accessi di tosse, mi dico che devo farla vedere al veterinario.
Abbandono il libro, mi faccio un caffé, accendo la tv su Rai news per sentire le ultime notizie...ma l'inquietudine torna a galla e non riesco a ricacciarla giù...
Ci sono delle parole che mi girano in testa, parole scambiate l'altro ieri con una amica virtuale. Parole che mi hanno riportato a molto tempo fa, a una persona molto speciale.
Daniela era poco più piccola di me, forse un anno o due. Ha vissuto una vita molto breve, una vita nascosta.
Era una bimba down, e sua madre se ne vergognava a tal punto che non le ha mai fatto frequentare nessuna scuola, nemmeno quelle particolari, nessun istituto. Non le ha dato nessuna possibilità di inserimento, di socializzazione. L'ha tenuta sempre dentro casa, sempre con lei, senza contatti col mondo esterno che non fossero parenti strettissimi e amici di famiglia.
Quando sono stata in età da capire, l'ho odiata per questo.
Daniela era nata, ma non era voluta e in più aveva la sindrome di Down.
Sua madre Valeria aveva avuto una vita molto dura, cresciuta in quel piccolo paese con una madre che definire strana era un eufemismo. Se ne era andata dal Friuli giovanissima per fuggire da quella madre e per guadagnarsi la vita, prima in Svizzera, e poi a Lanzo d'Intelvi. Fu grazie al suo interessamento che anche i miei genitori si trasferirono lassù, per fare i custodi di villa Herbatschek.
Quando si sposò, andò a vivere a Milano, e la frequentazione quotidiana cessò, e poi non fu facile vedersi, pena lunghissimi viaggi fra treni e corriere..
in ogni caso non passò molto che anche i miei si trasferirono in città e allora ripresero i contatti.
Ho memoria di Daniela solo da quando eravamo emtrambe intorno ai 10 anni, più o meno...il periodo precedente non me lo ricordo. Eravamo cresciute lontane, e lei tenuta completamente a riparo da tutto.
Se guardo indietro, me la ricordo minuta, esile, con dei lunghi capelli castano chiaro. Si esprimeva a gesti, solo qualche no o sì con la testa, e il battito delle mani per ogni cosa positiva oppure strepiti e pianti quando non era contenta.
Qualche volta emetteva una specie di grugnito sordo, soprattutto quando le portavo i cioccolatini, di cui era golosissima.
E le piaceva tantissimo il risotto. Lo voleva sempre e quando nel piatto vedeva la pasta, lo scaraventava a terra con un gesto della mano.
Ma quello che non posso dimenticare era il suo modo di salutarmi ogni volta che andavamo da lei. Mi abbracciava stretta stretta, lungamente, fin quasi a soffocarmi. E in quell'abbraccio c'era tutto.
Vivacissima, era impossibile per lei stare tranquilla qualche istante, ed era davvero impegnativo farle compagnia. Lo facevo come meglio potevo, disegnando pupazzi su fogli bianchi, canticchiando e raccontandole fiabe. Lei sembrava non capire, non ascoltare e probabilmente era così, ma quando ce ne andavamo, mi afferrava le mani e mi tirava verso la sua stanzetta, non voleva che me ne andassi...
Siamo diventate donne alla fine, io fortunata e lei chiusa fra le pareti di casa, senza nessuna possibilità, con una madre che si vergognava di lei.
E' morta a 42 anni. Ogni volta che penso a lei, gli occhi si velano e l'inquietudine mi prende, mi chiedo se si poteva fare di più per lei, per evitarle quella vita ...non lo so, proprio non lo so....in quei momenti ancora non c'era una scuola adatta a bambini con questa sindrome, c'erano degli istituti specifici che assomigliavano più a dei parcheggi che non a sistemi educativi specifici, non so...forse sua madre non se l'è sentita di mandarcela, e ha preferito confinarla in casa....sta di fatto che la sua è stata una vita nascosta, vissuta inconsapevolmente.
Tante volte ho chiesto a mia madre se sarebbe stato possibile cambiare la situazione, ma la risposta è sempre stata no...i miei si erano scontrati per anni con Valeria, per indurla a farle fare una vita diversa, ma non c'era stato verso di convincerla, piegata com'era da una mentalità arcaica e antiquata, carica di rassegnazione...
Ciao Daniela, non ti dimentico, non dimentico quei tuoi abbracci che dicevano tutto...
Questo risotto è per te, credo che ti sarebbe piaciuto.
Risotto zucca, porro e capesante
per 2 persone
300 gr zucca
2 porri
1 scalogno
8/10 capesante
riso Carnaroli q.b. (io calcolo 2 pugni a testa più 2 per la pentol)
brodo vegetale q.b.
2 cucchiai di parmigiano
1 bicchiere di vino bianco
sale, pepe
olio, burro
pulire le capesante, eliminare il corallo. Io lo congelo, e quando ne ho un po' li lascio scongelare poi li metto su una placca foderata di carta e li metto in forno a 100° finché sono completamente secchi, li lascio raffreddare e poi li polverizzo e a volte uso la polvere per decorare i piatti di pesce.
Comunque, una volta pulire le capesante, tagliarle a pezzetti grossolani, si devono poi trovare nel risotto. Tenerne due o tre da parte, intere.
Pulire la zucca e ridurla a pezzetti. Pulire anche i porri eliminando le foglie esterne più dure. Lavarli ed asciugarli bene. Ridurli a rondelle.
Tenere da parte un po' di rondelle della parte superiore verde, la più tenera naturalmente.
In una larga pentola, fondere una noce di burro insieme ad un goccio d'olio, affettare lo scalogno e metterlo a stufare insieme al porro e alla zucca. Lasciar cuocere una decina di minuti quindi aggiungere il riso, lasciarlo insaporire poi sfumare con mezzo bicchiere di vino bianco buono. Una volta evaporato l'alcool, iniziare a tirare il risotto al solito modo, aggiungendo il brodo vegetale poco alla volta. Ci sarebbe stato meglio del fumetto di pesce, ma non ne avevo.
A metà cottura, aggiungere anche le capesante a pezzetti.
Fra una mescolata e l'altra di risotto, far saltare nel burro le capesante tenute da parte, sfumandole con il restante vino bianco, regolando di sale e di pepe. Cuocerle qualche minuto lsciandole dorare leggermente e tenerle in caldo.
In un piccolo pentolino, scaldare dell'olio, e quando è bel caldo, friggervi un paio di minuti le rondelle verdi del porro tenute da parte in precedenza. Scolarle su un foglio di carta per far perdere l'olio in eccesso e tenerle da parte nuovamente.
Una volta pronto il riso, mantecare con una noce di burro e il parmigiano, mettere nei piatti aggiungendo le capesante al vino bianco e decorando con il porro fritto.
Pur non amando la zucca, questo risotto mi è piaciuto. Il porro e le capesante hanno contribuito a smorzare il sapore dolce..
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