mercoledì 29 maggio 2013

ancora un po' di cioccolato

ne servirà giusto una piccola dose, da usare per questo dolce antico.
La settimana scorsa non avevo fatto  spesa grossa  come il solito,  perchè confidavo nella mia dispensa e pensavo di utilizzare qualcosa che stava invecchiando in freezer.
E, reduce da una settimana infernale, contavo di cucinare solo il minimo indispensabile per la sopravvivenza, ma  poi......poi  si è allargata la famiglia, e allora addio proposito di lavorare poco...così  metto in pista le tagliatelle col ragù e il coniglio con le olive... per il pranzo siamo a posto, ma per dolce?? E a casa mia, si sa, non è domenica senza un dolce....allora penso a qualcosa di buono ma che non mi impegni troppo, così, mentre guardo dentro al frigorifero in attesa dell'ispirazione, vedo il rotolo di pasta sfoglia che avevo comprato con un'altra intenzione,  e mi si accende la lampadina...mi ricordo di botto di un vecchio dolce che facevo un po' di anni fa, grazie a una serata con Claudio Venturini
Un altro dolce rustico, molto semplice,  prettamente casalingo, di quelli che piacciono di più  a mia figlia, mi è venuto pure bruttarello perchè ho fatto l'errore di metterlo in uno stampo più grande anzichè  in quello  che uso di solito. 
Però è buono, davvero buono.


Dolce Dumont


1 conf. pasta sfoglia
(oppure pasta sfoglia quanto basta per foderare uno stampo da plumcake)
200 gr farina di mandorle
50 gr farina di nocciole
50 gr farina
80 gr cioccolato fondente
200 gr burro
200 gr zucchero a velo
4 albumi
3 tuorli
1 cucchiaino di estratto di vaniglia, o i semi di mezza bacca


per la crema bianca:
200 gr mascarpone
200 gr panna liquida fresca
i semi di una bacca di vaniglia
1 cucchiaio di liquore Crema Cacao
1 cucchiaio abbondante di zucchero a velo



Con la pasta sfoglia foderare uno stampo da plumcake imburrato e infarinato, almeno 3 ore prima, tenendolo poi  in frigorifero fino al momento dell'uso.
Nell'impastatore  mettere il burro tenuto a temperatura ambiente, 200 gr di zucchero a velo e un cucchiaino di essenza di vaniglia, ( o i semini di mezza bacca).
Montare bene con la frusta finchè il tutto e ben omogeneo e cremoso.
Aggiungere le uova una  alla volta continuando a montare.
Mescolare insieme le farine e setacciarle in modo che siano lisce e senza grumi. Ci vorrà un poco di pazienza, ma ci si riesce benissimo.
Montare le chiare a neve ferma.
A questo punto, con l'aiuto di una spatola,  iniziare a incorporare un po' di albumi, alternando con un po' di farine mescolate, continuando finchè tutto è stato amalgamato. Risulterà un composto abbastanza consistente.
Tritare il cioccolato grossolanamente e aggiungerlo all'impasto.
Prendere lo stampo foderato di pasta sfoglia, versarvi il composto fino a 3/4, dare una leggera sbattuta in modo che si assesti bene nello stampo.
Refilare la pasta in eccesso e ripiegare la pasta sull'impasto, coprendone solo i lati. Deve avere lo spazio per crescere.
Cuocere in forno già caldo a 170° statico.
Controllare la cottura secondo il forno, facendo la prova stecchino, è pronto quando esce asciutto. Per me c'è voluta u po' più di un'ora.


La crema bianca:

Montare il mascarpone con le fruste elettriche insieme allo zucchero, al liquore e ai semi di vaniglia, finchè diventa una crema molto soffice.
Montare anche la panna a neve ben ferma e incorporarla pian piano al mascarpone, mescolando con pazienza finchè è tutto ben amalgamato.



Sformare il dolce, lasciarlo raffreddare e poi spolverarlo di zucchero a velo. 
Io me ne sono completamente scordata.  Che sfaticata!

Servirlo con una quenelle di crema bianca.








sabato 25 maggio 2013

cioccolato, semplicemente.

Dice Benni in un suo libro  che il  mondo si divide in: quelli che mangiano il cioccolato senza il pane; quelli che non riescono a mangiare il cioccolato se non mangiano anche il pane; quelli che non hanno il cioccolato; quelli che non hanno il pane.

Io sono fortunata,  ho sia il pane che il cioccolato ma  faccio parte della prima categoria, mi piace mangiarlo da solo, per sentirne appieno tutta la rotondità e riuscire a coglierne tutte le sfumature, comprenderne totalmente il  linguaggio interiore, perchè il cioccolato è cosa  viva....
Cioccolato.  Insieme al tempo che passa,  è rimedio contro il dolore, la tristezza, le paturnie...è capace di consolarti,  di farti mettere da parte per un attimo, solo per un attimo,   le amarezze e le delusioni. E quando ti senti  amareggiata, ferita e delusa,  anche quell'attimo aiuta... 
Per come mi sono sentita ultimamente, ce ne sarebbero voluti quintali...sì, ma poi me li sarei ritrovati tutti sui fianchi, che già non scherzano...
Mi sono accontentata di questo dolce molto semplice,  facile e veloce, niente sovrastrutture, niente complicazioni, niente pasticceria scenografica,  niente ricerca esasperata di materie prime particolari.. 
Un dolce un po' rustico, casereccio, senza un filo di classe, che la  sua breve funzione consolatoria l'ha svolta egregiamente lo stesso.

 Una bella fetta, e ho chiuso tutto fuori dalla porta, e dalla mia vita.




 Nerocake


da  un vecchio numero di  Cioccolata &C ma a modo mio

150 gr biscotti al cioccolato
200 gr cioccolato fondente al 60%,  di ottima qualità
500 gr mascarpone
60 gr burro
120 gr zucchero
3 uova
1 conf. panna da cucina (quella densa per intenderci)
3 o 4 cucchiai cacao amaro
1 cucchiaino di cannella in polvere
1 cucchiaino di essenza di vaniglia

Ungere parete e fondo di uno stampo da 20 cm.
Fondere il burro. In un sacchetto sbriciolare i biscotti col batticarne in modo da avere un composto non troppo sottile, metterlo in una terrina, aggiungere il burro fuso tiepido, mescolare bene e versare nella tortiera, compattandolo bene sul fondo. Mettere in frigo a rassodare.
Fondere il cioccolato spezzettato a bagnomaria e lasciarlo intiepidire.
In una terrina lavorare con una spatola il mascarpone fino farlo diventare una crema liscissima,  incorporare lo zucchero, la vaniglia, la cannella e le uova intere, una alla volta. Mescolare bene il tutto perchè sia omogeneo.
Mettere la panna da cucina in una scodella, aggiungere 2 cucchiai di cacao amaro e lavorare bene il tutto in modo da avere una specie di pappetta densa al cioccolato.
Unire questa pappetta al mascarpone e infine aggiungere anche il cioccolato fuso quasi freddo.
Mescolare molto bene e a lungo perchè tutto sia omogeneo.
Riprendere lo stampo, versare il composto sopra il fondo di biscotto, sbattere leggermente perchè si assesti e livellare bene la superficie col dorso di un cucchiaio.
Cuocere in forno per circa un'ora o più, dipende dal forno. Comunque è pronto quando tende a staccarsi dai bordi.
Il composto tenderà a gonfiarsi e a restare morbido nel centro. E' giusto. Si sgonfierà e si compatterà una volta tolto dal forno e lasciato riposare almeno mezza giornata in frigo.
Sformare il dolce su un piatto, cospargere con il restante cacao amaro fatto scendere da un colino e guarnire a piacere....

Non uso mai ingredienti tipo la panna da cucina che ho indicato nelle ricetta, ma in questo caso è necessario utilizzarla in quanto  è molto più densa della panna fresca. In effetti il mascarpone è già molto fluido di suo e aggiungere altri liquidi comprometterebbe la riuscita del dolce. 

Un consiglio......perchè la superficie del cake non faccia delle crepe, è sufficiente, a caldo, appena sfornato,  passare una lama  molto sottile e affilata tutto intorno ai bordi, con delicatezza e  facendo ovviamente molta attenzione a non rovinarlo.
Così  il dolce, che tende di solito a sgonfiarsi e a ritirarsi dai bordi, si staccherà senza danni. 
















martedì 21 maggio 2013

il pesce del venerdì



l'altro giorno, mentre aspettavo il mio turno davanti al banco della pescheria, osservavo il pesce disponibile sperando che mi si accendesse presto  la solita lampadina su cosa cucinare.... C'era parecchia gente, e qualcuno era pure indeciso e ci metteva parecchio a decidere cosa comprare, qualcun'altro mugugnava io invece ringraziavo mentalmente, avrei avuto più tempo per decidere cosa fare......effettivamente con tutto quello che c'era sul banco, se non  arrivi con già qualche idea di base,  si perde un po' di tempo  e si fa perdere sicuramente anche agli altri....
Così, mentre aspettavo,  mi sono tornati in mente certi  venerdì mattina  in Friuli...
mia nonna si alzava ancora più presto il venerdì. A volte non la sentivo nemmeno scendere le scale di legno, solitamente parecchio scricchiolanti ....
il motivo era l'arrivo di Giuseppe, detto Bepi dal pess, (Bepi del pesce)  Un personaggio che in paese aspettavano sempre, se non tutti, parecchi...
Tutti i venerdì si faceva in bicicletta quei 50 km  e passa che dividono Marano Lagunare  da Arzene, il mio paese  immerso nelle vigne e nei campi.
Era un omettino smilzo sulla cinquantina, sempre vestito di tutto punto, con la giacchetta grigia come quella che usavano i ferrovieri, baffetti sottili,  e due occhi guizzanti, vivacissimi, che spiccavano sul suo volto scavato, perennemente color terracotta. Sotto la giacca aveva un pezzo di cartone, per ripararsi dall'aria andando in bicicletta...
La sua  era una famiglia di pescatori e lui ogni giorno, che grandinasse o che ci fosse il sole, prendeva la bici, ci caricava le cassette di legno,  un po' davanti e un po' dietro il sellino, le riempiva del pescato, un poco di ghiaccio, copriva tutto con un sacco di juta   e partiva...ogni giorno un paese diverso. Ad Arzene, guardacaso, toccava al venerdì.  Lui partiva sempre dal fondo del paese per la vendita. Scendeva dalla bici,  si toglieva il cartone da sotto la giacchetta e,  camminando,  intonava la sua cantilena di richiamo, pian piano risaliva la strada e si fermava dove le donne uscivano di casa  per comprare il pesce....lui, oltre a vendere, un po' faceva il cascamorto...una battuta qui, un complimento un po' azzardato  di là,  un sorriso fra una sarda e uno sgombro, un bacio mandato con la mano.....le conquistava tutte, magari, così facendo,  a qualcuna rifilava il pesce del giorno prima...chissà...
Come si può immaginare, la scelta e le quantità non erano sufficienti ad accontentare tutti, e allora l'unico modo  per  mia nonna di poter avere un poco di pesce fresco, di cui era davvero ghiotta,  era di anticipare la sveglia per precedere gli altri..
Non aspettava che lui arrivasse in cima al paese, dove abitavamo noi, ma gli andava incontro fin quasi a metà strada, così era sicura che almeno qualche  sardina sarebbe riuscita a comprarla. Non che ci fosse molto altro...qualche cefalo, molto raramente qualche sogliola, e  poi sarde,  alici e sgombri  a riempire bene le cassette..
D'altra parte il pesce azzurro era il  più economico, e lo è ancora. In quegli anni non c'erano molte pretese, e  la possibilità di avere pesce fresco faceva andare bene qualsiasi cosa Bepi portasse.
Così, ogni venerdì sarde diliscate, aperte a libro, infarinate e   fritte.
 A volte anche accoppiate e ripiene di un composto di formaggio, pane grattugiato prezzemolo e aglio. Fatte così le adoravo! Me le mangiavo appena scolate  dalla padella quasi, a costo di ustionarmi le mani, con sommo disappunto di mia nonna in tavola ne arrivava la metà...
Guardavo tutto quel pesce disponibile sul banco della pescheria, e pensavo a cosa avrebbe detto Bepi.....
pensavo a tutta la fatica e ai sacrifici di quel mondo davvero povero, dove per poter vendere un poco del pesce pescato  dovevi fare chilometri e chilometri in bicicletta, in mezzo alle intemperie, una vita fatta di buio....alzarti col buio e rientrare a casa col buio. Per pochi soldi davvero. Cosa potevano rendergli quei 10/15 kg di pesce azzurro  che riusciva a portare in bici?
Poi, un anno, uno degli ultimi in cui passavo l'estate da mia nonna, Bepi sorprese tutti arrivando con un Fiorino, guidato dal figlio....e allora stessa procedura, stessa  partenza dal fondo del paese, stessa corte serrata all donne, solite qualità di pesce, ma  le cassette colme erano ben allineate nel cassone refrigerato del furgoncino...sono andati avanti così fino a non molti anni fa......poi sono arrivati i supermercati...

Signora, desidera?  La voce del commesso mi riporta all'oggi....meno male che nel frattempo ho deciso.
- Una coda di rospo per favore, me la lasci intera che mi arrangio io a sfilettarla..




Coda di rospo, patate e carciofi con salsa al Martini

per due persone

1 piccola coda di rospo
2 o 3 patate medie
2 grosse mammole romanesche
mezzo bicchiere di vino bianco
poco aglio
poco prezzemolo
olio e.v., sale e pepe



per la salsa:
 
50 gr circa di scalogno
1 rametto di timo
1 piccola foglia di alloro
150 ml Martini Dry 
250 ml  brodo vegetale (oppure, se piace,  fumetto di pesce)
50 gr burro freddo
2 cucchiai panna liquida
sale, pepe


Mondare i carciofi al solito modo, lavarli in acqua acidulata col limone, tagliarli a fettine sottili e saltarli in padella con un goccio d'olio e uno spicchio d'aglio, aggiungere poco brodo vegetale o poca acqua calda, regolare di sale e portare a cottura lasciandoli leggermente croccanti.  Tenere in caldo.

Nel frattempo spellare e sfilettare la corda di rospo ottenendone due parti. Pulire bene da eventuali filamenti e parti scure. Tagliare ogni filetto ancora  a metà.
In una padella scaldare un goccio d'olio, aggiungere uno spicchio d'aglio in camicia e i quattro filetti a rosolare. Una volta rosolati, sfumare con il vino bianco salare e pepare. Tenere in caldo.

Preparare la salsa:
In una casseruola riunire lo scalogno tritato finissimamente, il timo, l'alloro e il Martini dry, mettere sul fuoco e lasciar ridurre di un terzo.
Dopodichè aggiungere  il brodo vegetale, (o il fumetto)  e lasciar cuocere dolcemente per circa 15 minuti, aggiungere la panna lasciar cuocere ancora a fuoco abbastanza alto in modo che la salsa si riduca un po', addensandosi.
A questo punto unire il burro molto freddo, poco alla volta sbattendo con una frusta, condire con sale e pepe  e tenere in caldo.


Lessare le patate. Una volta cotte, scolarle e tagliarle a pezzetti finchè sono ancora ben calde. Condirle con un goccio d'olio, sale, pepe e poco prezzemolo tritato grossolanamente.
Tagliare a pezzi anche la pescatrice, nè troppo piccoli nè troppo grossi. Mescolare i pezzi ottenuti alle patate condite.
In un piatto posare un coppapasta a piacere, fare il primo strato coi carciofi, premendo bene in modo che sia pareggiato, appoggiare sopra i carciofi il mix di patate e pescatrice. Premere leggermente e sfilare il coppapasta. Aggiungere qualche cucchiaiata di salsa.

Et voilà....semplice, quasi quasi anche dietetico, basta ridurre ancora di più i condimenti.










 

mercoledì 15 maggio 2013

se vi piacciono le melanzane...

questa preparazione potrebbe fare per voi.
Io le adoro cotte in ogni modo e quando vedo qualche ricetta a base di melanzane mi ci fiondo subito.
E poi sono anche curiosa, mi piace provare anche la cucina di altri paesi,  comparare i gusti, sperimentare.
Per cui quando Susanna  ha portato a un raduno di Coquinaria questa crema, l'ho adorata appena l'ho assaggiata. Da allora la faccio spesso, sorprende e piace sempre a tutti.
E' una ricetta siriana, molto facile da fare ed è perfetta soprattutto ora che arriva la bella stagione. Forse.





  

Mirza Gasemi

per 5/6 persone

4 belle melanzane di quelle tonde scure
mezza scatola di pomodori  pelati, passati.
1 cucchiaino scarso di curcuma (serve a colorare)
4 spicchi d'aglio (1 ogni melanzana)
olio e.v. di buona qualità, 
sale e, se vi piace, un poco di peperoncino


Il procedimento è facile, però meglio avere l'accortezza di rivestire il piano cottura con dell'alluminio, altrimenti sarà poi lungo ripulire...

allora, rivestire il piano cottura sotto i fornelli. Accendere tutti i fuochi  al massimo e su ogni fuoco porre una melanzana.




lasciarle scottare bene in modo che la scorza scura sia completamente bruciata



 a questo punto iniziare a spellarle per bene, cercando di eliminare del tutto le parti bruciate.
Metterle quindi su un tagliere inclinato per far loro perdere l'acqua di vegetazione. Io ce le lascio finchè son fredde.


 
 Una volta fredde, scaldare abbondante olio in una capiente padella, meglio se antiaderente.
Tritare finissimamente l'aglio, metterlo a profumare l'olio e aggiungere le melanzane tagliuzzate grossolanamente sul tagliere.
Mentre le melanzane si insaporiscono, con un cucchiaio di legno o una forchetta o un pestello di legno, schiacciarle bene in modo che cuocendo diventino una crema.


 aggiungere il cucchiaino scarso di curcuma, il peperoncino se vi va,  mezza scatola di pomodori pelati passati, e regolare di sale.
Mescolarle spesso, sempre schiacciandole. 
Una volta che le melanzane hanno riassorbito il poco liquido  che inevitabilmente avranno, e cominciano ad attaccarsi alla padella, sono pronte.

Non resta che trasferirle in una ciotola, un contenitore, o dove volete.
Sono ottime appena fatte, ma ancora di più dopo un paio di giorni di riposo. Si mangiano tiepide o fredde.
Guarnire a piacere e servire con dei crostini di pane. Stavolta avevo del Naan e ho scaldato quello.
Fantastico connubio!




Buon appetito!!

lunedì 13 maggio 2013

racconti di un viaggio

fra poco sarà il nostro  43° anniversario, così  in questi giorni io e mio marito stiamo pensando di fare una piccola vacanza on the road, e stiamo valutando la meta...a dire il vero ne ho molte in mente, ma vedremo.....
intanto ripenso a quello che abbiamo voluto regalarci in occasione del quarantesimo, le nozze di smeraldo,  una specie di secondo viaggio di nozze, noi soli, in auto, verso posti che da tempo desideravamo vedere...ve lo racconto..

Avevo tutto organizzato da tempo, e finalmente arriva il momento di partire.. destinazione Camargue e Provenza. Partiamo di buonora, la strada è lunga e la vogliamo fare con calma...e poi voglio mangiare la bouillabaisse...dove se non a Marsiglia?

La prima tappa è qui



davanti al mare, al porto vecchio...una vista bellissima e un pranzo da ricordare..
riprendiamo il viaggio, destinazione Arles...
un alberghetto molto carino,suggeritomi da Sandra Venturoli,  minuscolo ma molto accogliente, proprio nel centro storico della cittadina francese. Che ci da il benvenuto con il Mistral che soffia a 80 km all'ora, rendendo il cielo di un blu incredibile, ma che ci penetra fin nelle ossa...

Arles è sul fiume Rodano, che a vederlo è molto grande, due volte il Po e forse più¹... metto qualche notizia presa in rete:

La città di Arles conserva importanti rovine d'epoca romana, tra cui l'arena (1° - 2° secolo d.C.), l'obelisco rinvenuto nel Rodano e ora in Place de la République, il teatro dove fu trovata la statua di Afrodite (oggi al Louvre) e il complesso delle terme sul Rodano. Altri monumenti di valore sono la chiesa romanica di Saint-Trophime e il municipio, opera di Hardouin-Mansart. Arles è celebre anche per le sue case con i tetti di coppi e per i suoi ombrosi, tortuosi e stretti vicoli. Il suo centro storico è  iscritto dal 1981 alla lista del Patrimonio Mondiale dell'UNESCO e con i suoi 77 000 ha di superficie, Arles è  il più esteso comune di Francia. Centro artistico e culturale, alla fine del 19° secolo Arles ospitò i pittori Gauguin e Van Gogh. Quest'ultimo vi si stabilìper oltre un anno (febbraio 1888 - maggio 1889) e dipinse oltre 200 tele, compresi quadri celeberrimi come "I girasoli", "Campo di grano", "La sedia di Van Gogh", "Notte stellata" e "Il ponte di Arles". Curioso notare che nessuno dei suoi lavori sia conservato ad Arles...


E' molto carina, il centro lo si gira a piedi tranquillamente, e si viene catturati dall'atmosfera che si respira, dalle brasserie, dai vicoli e dai colori...









i lampioni sono rosa, o a volte alternati con queli bianchi....si intonano alle persiane azzurre che hanno quasi tutte le case


lungo il Rodano


una piazza davanti all'anfiteatro romano



case










l'anfiteatro



uno scorcio








la piazza del Comune



un palazzo dipinto, in un angolo del centro aperto al traffico, purtroppo,




St. Trophime col suo magnifico portale




le finestre hanno tutte le persiane azzurre, un azzurro più o meno forte, più o meno acceso, che va dal celeste/grigio al blu cobalto....alcune veramente strane







la mattina dopo decidiamo di andare a Carcassonne, 200 km più  in giù, verso il confine spagnolo.....
arrivando, questo è  quello che si vede dal parcheggio






e già si ha una mezza idea di quello che ci aspetta...
qualche nota informativa:

Carcassonne E' un borgo medievale perfettamente restaurato. Improvvisamente trovandosela davanti, sembra di essere piombati a mille anni fa. Posta su una ripida sponda sopra il fiume Aude. Quando si arriva dall'autostrada vicina, non si crede quasi ai propri occhi, una visione incredibile con le sue torrette e i suoi bastioni che dominano la città più bassa. La posizione strategica tra l'Atlantico e il Mediterraneo, tra la penisola iberica e il resto dell'Europa, ha fatto di Carcassonne un presidio militare fin dai tempi dei romani, e quindi un luogo che si è ripetutamente trovato al centro di guerre sanguinose. Nel periodo del suo massimo splendore, nel XII secolo, era governata dai Trencavel, che costruirono il castello e la cattedrale. Spostamenti militari e il Trattato dei Pirenei (1659), che risistemo il confine con la Spagna, resero obsolete le grandiose fortificazioni e avviarono contemporaneamente il declino. Lo storico e architetto Viollet-le-Duc fece si che fosse restaurata nel XIX secolo. Il borgo vecchio è suggestivo e molto bello caratterizzato da strade piccole e tortuose che finiscono in piazzette da favola, animante da negozietti e boutiques di varia natura, insieme a non pochi ristorantini. La rue Cros-Mayrevielle porta al castello. Prima di entrare nell'antico borgo dalla porta Narbonnaise da non perdere è il giro delle Lices, il largo spazio tra le due cinte di murarie, con scorci suggestivi e panoramici. Da qui si potranno osservare le varie epoche di costruzione della città, dal periodo tardo-romano del III-IV secolo cui appartengono le torri basse e semicilindriche della cinta interna al secondo periodo del XI- XIII secolo a cui risale il castello comitale, gran parte della cinta esterna e le opere di rafforzamento delle mura romane.
La posizione strategica di Carcassonne ne fece spesso il centro di conflitti religiosi. I Catari trovarono qui rifugio nel 1209 grazie a Raymond-Roger Trencaval quando furono assediati da Simon de Mondort nella sua crociata contro gli eretici. Nel XIV secolo l'Inquisizione continuò la lotta contro i Catari e Carcassonne divenne uno dei centri di questa lotta sanguinaria contro questa eresia.




infatti restiamo impressionati da quello che vediamo


la doppia cinta di mura





































































nei cortili interni sono esposte sculture in ferro





il ritorno ad Arles lo facciamo escludendo l'autostrada, così abbiamo modo di fare strade secondarie, dove non incontriamo traffico, e dove la campagna offre spettacoli incredibilmente belli...










siamo nella regione dell'Aude e le vigne si distendono a perdita d'occhio













arriviamo a Lagrasse dove sappiamo esserci una bellissima abbazia









lasciamo la macchina fuori dal paesetto e ci inoltriamo a piedi fra i vicoli




una casa a colombiers



qui le porte sono di un bel blu





ma proprio blu



e finalmente arriviamo all'Abbazia, o meglio, sulla sponda di fronte all'abbazia.....abbiamo sbagliato lato del fiume, e son troppo stanca per rifare tutto il giro...
così la vediamo solo da fuori, anche se sappiamo che all'internoè completamente spoglia



le note informative:

La fondazione della abbazia di sainte Marie d'Orbieu in Lagrasse è anteriore al VIII sec. confermata da una carta di Carlo Magno (ora conservata a Carcassonne). Ben presto, grazie a numerose donazioni, divenne una delle abbazie più importanti. Adottà la regola di S. Bernardo de Nursie fino alla decadenza del XVII sec. in cui venne integrata alla congregazione di S.Maur. I rivoluzionari la divisero in due e la vendettero.
E' formata da due piani: il pianterreno con un cortile delimitato da due gallerie del XII sec, la cappella dell'abate, le cantine (300 mq), il forno e la sacrestia; il primo piano con il grande dormitorio (poteva contenere centinaia di frati), la cappella di Saint-Barthelemy del 1296 e la sala con la mostra del maestro di Cabestany. Al tutto si aggiunge una torre del X sec.

torniamo ad Arles che é sera inoltrata. E' il giorno dell'anniversario e ci regaliamo una cena buonissima di pesce qui:
Le Cilantro



andiamo a letto stanchi morti, col vento che soffia,  sibila e penetra dapperutto, sperando che il giorno dopo si calmi un po'.
Speranza vana, ma abbiamo deciso di andare verso gli stagni e verso la foce del Rodano, proprio nella Camargue e allora sveglia presto e,  vento o no, ci corazziamo bene e andiamo...
Percorriamo una strada secondaria, dove incontriamo si e no una decina di macchine, una strada che corre in mezzo agli stagni e alle risaie, agli alberi piegati dal vento e alle canne che ondeggiano creando movimenti ed effetti bellissimi...
Incontriamo subito i famosi cavalli della Camargue..


mi colpisce il loro modo di stare tutti allineati, completamente immobili, uno di loro si gira a guardarmi e poi riprende la sua posa, probabilmente é per difendersi dal Mistral







questi due erano intenti a leccarsi l'un l'altro



una strana razza, sono bianchi ma i puledri invece no...




a un certo punto vediamo un cartello che indica le bocche del Rodano, e allora lasciamo questa strada lunga e completamente dritta e svoltiamo....dopo poco ci troviamo incanalati in due corsie obbligate. Leggo che una é per gli abbonati.....eravamo all'attracco dei barcarin...le chiatte che trasbordano le vetture, attraversando le bocche del Rodano....confesso che con quel vento forte non ero proprio tranquilla...ma eravamo lì e non si poteva tornare indietro.. così, dopo aver attesa circa un quarto d'ora arriva il nostro turno per l'imbarco




la traversata dura circa 5 minuti più o meno, il tempo che io scatti un paio di foto al fiume. Il vento increspa l'acqua e crea delle onde come fosse il mare, e l'occhio si perde all'orizzonte..E'  talmente largo che l'obiettivo della macchina non riesce a prenderlo tutto da sponda a sponda.



scendiamo dal barcarin e prendiamo la direzione di Saintes Marie de la Mer, ma a un certo punto vedo una freccia che indica una spiaggia a 11 km.
Prendiamo quella strada e ci troviamo improvvisamente in un paesaggio quasi lunare, con alla nostra sinistra il Rodano e alla destra stagni e bassa vegetazione.  Arriviamo alle saline. Il vento è sempre fortissimo, mi sposta la macchina fotografica dalle mani, anche se la tengo con più forza  che posso...questo è quello che vedo







c'é, su un piazzale tutto bianco di sale, una specie di baracca di legno, tipo di quelle che ci sono anche da noi lungo le strade, dove vendono frutta o cose del posto.
vendevano il sale, e allora ci fermiamo, e cerco di scendere dalla macchina, ma il vento é talmente forte che devo lottare qualche minuto per riuscire ad aprire la portiera. Finalmente scendo e sono avvolta dal pulviscolo salino, entro di corsa nella casa di legno e trovo un sacco di cose....dal riso rosso, tipico della Camargue, al riso lungo, al sale in tutte le maniere.....sono uscita da lì con un bel po' di zavorra....il vento non mi sposta più...
Salgo a fatica su un piccolo promontorio cintato, uno spazio apposito per fare le foto penso. Cerco di scattare, ma é davvero difficile....davanti a me una distesa sterminata di colore rosso, divisa in zone delimitate da muretti piani....realizzo che sono le vasche di salinizzazione...l'acqua é completamente rossa, increspata dal vento: La zona é talmente estesa che ogni tanto qualche auto di servizio passa fra le vasche, l'unica specie di costruzione si intravede lontanissimo, sfocata dal pulviscolo che il vento muove....









proseguiamo in mezzo a questo panorama bellissimo e andiamo verso la foce del Rodano





scendo a fotografare e disturbo una intera colonia di oche bianche e nere che si levano in volo nonostante io avessi cercato di non fare rumore...




le foci sono vicine, ma la spiaggia ancora non si vede













finalmente arriviamo alla spiaggia. Che non é, come si potrebbe pensare, una spiaggia tipo le nostre, attrezzata, ma forse è perchè non è ancora stagione.
E' immensa e non c'é assolutamente niente a parte una costruzione bassa gialla, della guardia costiera, e un baracchino che fa da bar ristorante.
Qualche camper staziona sulla lingua di terra che separa il mare dal Rodano per un pezzetto, e io scendo per fotografare. Immediatamente la sabbia mi colpisce con mille punture di spillo, fatico a tenere in mano la macchina fotografica, e camminare col vento contro, é  una vera impresa, non mi era mai capitata una sensazione simile
il mare é davanti a me, di un azzurro carico, increspato da migliaia di onde bianche di spuma, mentre il vento crea e modifica le dune secondo come spira, creando con la sabbia una specie di nebbia fluttuante sul dorso delle dune con un effetto bellissimo, che non so se sono riuscita a fermare con le foto...









risalire in macchina é un vero sollievo, e ci dirigiamo verso Les Saintes Marie de la Mer, capoluogo di Camargue.

Note informative sulla Camargue

" la Camargue é il risultato dell'azione congiunta del Rodano, del Mediterraneo e dei venti. Alla fine dell'era terziaria e inizio di quella quaternaria, mentre il mare arretra i corsi d'acqua trasportano enormi quantitativi di pietruzze che si stratificano su centinania di metri di spessore. Su questa base di ciottoli si depositano in seguito strati di sedimenti marini (il mare infatti si estendeva fino alla riva nord dello Stagno di Vaccarès) e il paesaggio non cessa di modificarsi: il Rodano trasporta enormi masse di detriti e si formano delle terre che isolano le zone paludose: appaiono cordoni litorali modellati dalle correnti costiere che chiudono delle lagune. Assieme alle lontre e ai castori, sono le varie specie di uccelli a regnare su quest'immenso terreno paludoso. Se ne contano circa 400 specie diverse, delle quali circa 160 migratrici. L'avifauna cambia secondo la stagione: uccelli migratori vengono a svernare dal Nord Europa (anatre alzavole) o vi fanno scalo in primavera e in autunno (aironi rossi). Vi sono anche aironi guardabuoi, eleganti garzette, aironi cinerini, anatre tuffatrici, trampolieri bianchi e tarabusi, senza dimenticare gli abitanti tradizionali dei litorali: gabbiani di varie specie e dimensioni, grandi cormorani e una moltitudine di passeracei, falchi di palude e, vedettes incontrastate, i fenicotteri rosa. L'acqua é ricca di pesci: carpe, pesci castagna, persici e soprattutto anguille che vivono nei piccoli canali di acqua dolce della Camargue. Vi si trovano anche raganelle, piccole tartarughe d'acqua e biscie dal collare (non velenose). "

S.tes Marie de la Mer é un paese di mare come tanti, abbastanza deludente, con basse case bianche e vicoli pieni di botteghe di souvenirs e ristoranti e bar da turisti...niente di che. Ma é bello, molto bello invece il percorso per arrivarci, in mezzo a campi di fiori, a stagni e marcite popolati di animali bellissimi, garzette, aironi, fenicotteri rosa, folaghe, anitre selvatiche, alzavole... un percorso in mezzo a una natura quasi incontaminata, una sensazione a cui non siamo più abituati...

Un intero campo di Iris gialli, sulla strada



un fenicottero rosa ha deciso di venirsi a cercare il cibo proprio davanti alla mia macchima fotografica, e lo vedo incamminarsi nell'acqua con quelle sue lunghe e sottili zampe, elegantissimo e sussiegoso, non mi ha degnato di uno sguardo pur sapendo che ero a pochi passi da lui...abituato ormai agli umani..









il vento, a Ste Maries de la Mer émeno forte, e i gabbiani, in gran numero, si lasciano trasportare



scegliamo per il pranzo un piccolo ristorante defilato, con le tovaglie e i tovaglioli di stoffa finalmente.
Solitamente tutti quei ristoranti tipo brasserie, apparecchiano con tovagliette e tovaglioli di carta...
Un ottimo pranzo di pesce, con una saporitissima zuppa, con l'aioli, lo zafferano e le erbe di Provenza...dopodiche decidiamo di andare ad Aigues Mortes, una città fortificata sul fiume Gardon


le note:

"Il borgo di Aigues Mortes, é un interessante esempio di fortificazione militare del medioevo francese. Comunque vi lavorarono anche maestranze genovesi assoldate da Filippo III l'Ardito e poi da Filippo il bello. Per un po' di tempo il completamento della cittadella fu infatti affidato ai genovesi Nicola Cominelli e Guglielmo Boccanegra. Quest'ultimo, fuggito per motivi politici dalla sua città, intorno al 1262 fu anche governatore del borgo fortificato.
La cittadina si chiama Aigues -Mortes per via delle vicine paludi. Anticamente veniva chiamata in latino "Aquae Mortuae". La zona é infatti quella della Camargue, dipartimento Gard, regione Languedoc -Roussillon. All'interno del borgo sono visitabili alcuni interessanti monumenti: fra i più antichi la chiesa di Notre-Dame des Sablons (più volte rimaneggiata) e la "tour Constance".un imponente mastio in muratura a sezione cilindrica eretto nell'angolo nord-occidentale della città e terminato nel 1248. E' costituito da un torrione cilindrico alto 30 metri e di diametro di 22 con pareti spesse sei metri, sormontato da una torretta alta 11 metri terminante a cuspide. Le sue fondamenta sono state poggiate su palafitte profonde che rimediano alla scarsa consistenza del terreno paludoso. La torre principale contiene all'interno due grosse sale sovrapposte dotate di soffitto ad ogiva. Nel XVII secolo fu adibita a prigione ove venivano rinchiusi gli ugonotti. Nella torre sono visitabili tre ambienti: la "salle des Gardes", la cappella di S.Luigi e la "salle des chevaliers""


qui, nella cittadella, la solita teoria di negozi da turisti, e le piazze tutte completamente occupate da tavolini e ombrelloni di ristoranti e bar, a tal punto che quasi non si vede più  la piazza stessa..




ho scattato qualche foto ai monumenti più inmportanti e siamo fuggiti...

arrivando, mi ha colpito il cimitero, molto piccolo, ma con le tombe tutte più o meno simili, alternate fra le grandi e piccole, con una sorta di cappelletta sopra.




la Chiesa di Notre Dame des Sables



Le mura dall'interno con il Mastio sullo sfondo


le mura e una parte del castello, viste da fuori



Il mastio



proprio qui sotto il Mastio e tutto intorno alle mura ci sono i parcheggi delle auto, abbastanza incasinati, ho evitato quindi di inquadrare la parte sottostante..

siamo fuggiti dicevo...e siamo andati al Pont du Gard, un pezzo dell'antico acquedotto romano, molto ben conservato.
I francesi, al contrario di noi, sanno valorizzare molto bene anche la più piccola cosa,
per qualsiasi reperto storico, anche il più  piccolo, o di valore relativo, loro giustamente fanno una politica di promozione e salvaguardia...dovremmo imparare....
promozione a tal punto che per vedere un pezzo di acquedotto romano, come ne abbiamo noi nella campagna toscana e in altri luoghi, arrivi a un certo punto che la strada è incanalata obbligatoriamente in due corsie divise da un alto cordolo, non puoi più cambiare idea, e arrivi nel parcheggio.
Ti fai la tua bella escursione, le tue belle foto, e quando torni e vai a pagare ti prendi una stangata che te la ricordi per un bel pezzo. 15 euro per parcheggiare 30 minuti.
E nessuno con cui prendersela, sono tutte casse automatiche nei parcheggi francesi...


comunque eccolo qua il Pont du Gard, foto scattate in controluce ma pazienza..



le note

Dopo il Mont St Michel è il monumento di provincia più visitato ed é il più grande, il più bello e il meglio conservato fra i ponti-acquedotti romani. Fu costruito verso il 60 d.C. sotto il regno dell'Imperatore Claudio e si tratta solo della parte centrale e più bella di un immenso acquedotto lungo 50 km che arrivava fino a Nimes. Il Pont du Gard attraversa la Valle del Gardon, in un punto in cui questo é particolarmente stretto. La sua massima altezza é 48.7 m sul livello del fiume, la lunghezza attualeé 275 m al terzo piano.E' quasi interamente costruito con grosse pietre calcaree le cui cave si trovano a qualche centinaia di metri di distanza. Comprende 3 ordini di archi, rientranti gli uni rispetto agli altri. Il 1° piano misura 21.87 m di altezza e si compone di 6 archi di 6.36 m di larghezza ciascuno (raggiungendo la lunghezza totale di 142.35 m), il piano intermedio misura 19.50 m di altezza e 4.56 m di larghezza e si compone di 11 archi (lunghezza complessiva di 242.55 m). L'apertura degli archi dei primi due livelli é identica in quanto i pilastri di sostegno di quelli del 2° piano sono stati posti nell'asse dei pilastri di sostegno del 1° piano e questo per dare al ponte una maggiore stabilità. La larghezza varia dai 24.52 m di quelli che attraversano il fiume, ai 19.50 m per quelli che seguono, fino ad arrivare ai più stretti che misurano solo 15.50 m; il terzo piano misura 275 m di lunghezza e possiede 35 archetti di 7.40 m di altezza e 3.50 m di larghezza con un'apertura costante di 4.80 m. Lo spessore dei pilastri varia in modo che un numero di archetti completi possa essere inserito nello spazio fra i pilastri di sostegno degli archi dei piani inferiori: cioé 4 archetti nell'arco più grande (quello che attraversa il Gardon) e 3 negli altri (eccezionalmente l'ultimo grande arco sulla riva sinistra sostiene solo 2 archetti). I primi due livelli sono formati da grandi blocchi di pietra di più di 50 cm di spessore, che possono raggiungere anche i 2 m di lunghezza e il cui peso é di circa 6 tonnellate e venivano posizionati con la tecnica del montacarichi, azionato da uomini che salivano gli scalini interni di una ruota del tipo di quella delle gabbie per piccoli animali. Erano montati a secco e il bugnato lasciato grezzo. Le volte dei due piani inferiori sono costituite da archi accoppiati e che venivano sistemati uno ad uno. Questo processo permetteva anche di fare economie sul legno che serviva a misurare l'apertura dell'arco e che veniva spostato di volta in volta. I pilastri inferiori sono posti direttamente sulla roccia che resta asciutta anche in periodo di piena e questo per evitare ogni rischio di erosione. Pare che il letto del fiume sia stato scavato perchél'acqua non raggiungesse mai la base dei pilastri.






lasciamo il Pont du Gard, un po' delusi e di malumore per la cifra assurda  del parcheggio, in direzione di Avignone.
arriviamo verso il tramonto, la luce é bellissima. Avignone é una delle città  che più mi é piaciuta. Il centro é davvero molto caratteristico con tutti i suoi vicoli colorati e circondati da palazzi d'epoca e da bellissime chiese...il tutto poi conduce nella piazza del Palais des Papes, che ti lascia senza fiato per la sua bellezza. E vederla con la luce del tramonto éstato davvero emozionante..
peccato non aver potuto visitarlo, all'interno era tutto transennato e c'erano dei lavori per cui era chiuso per la maggior parte e quella visibile chiudeva alle 16,30 per via dei lavori che dovevano continuare comunque. E noi, per colpa del ponte di Gard siamo arrivati troppo tardi. Ma ci tornerò prima o poi....








la piazza dall'altra parte del palazzo dei Papi




intanto i Mori sul campanile battono le ore..






la piazza dell'Orologio con tutti i suoi ristorantini e caffé  e l'immancabile Carrousel si va pian piano riempiendo di gente..




passiamo davanti a Molière e Corneille pietrificati all'entrata del teatro di Avignone




sta scendendo la sera e noi ce ne torniamo lemme lemme a Les Halles, al parcheggio....direzione Arles..

la mattina dopo il vento é sempre forte, ma ormai ci stiamo abituando. Decidiamo di andare a Les Baux. Partiamo presto e sulla strada incontriamo l'abbazia di Montmajour.

qualche nota informativa..


"L'abbazia di Montmajour deve il suo nome al grande scoglio emerso dalla palude su cui i benedettini la edificarono a partire dal 948. Dopo la guerra dei cent'anni fu fortificata per proteggerla dai saccheggi dei mercenari. Ritornà in auge nel XVII sec sotto la congregazione di S. Mauro. Nel 1791 fu venduta al comune di Arles. Si entra attraverso la dispensa (cava di pietra nel periodo rivoluzionario). Il primo edificio che si incontra è il chiostro. La parte più antica è la galleria est (XII sec.) visto che il lato ovest Ã?¨ stato pesantemente rimaneggiato nel XVII sec. causa crolli. La chiesa (1153) ha una la crociera del transetto e della navata ogivale e abside con tre aperture. Interessante é la cripta che fa da fondamenta e da chiesa: ha pianta rotonda con cinque cappelle radiali che formano il capocroce. L'edificio é dominato dalla torre Pons de l'Orme (1369, 3 piani per 26 m). All'esterno c'é la necropoli con diverse tombe scavate nella roccia"


saliamo



e cominciamo a gironzolare, non c'è molta gente, solo due o tre coppie di francesi, di mezza età come noi...
quando capiscono che siamo italiani ci vengono incontro e ci fanno moltissime domande e moltissimi complimenti sull'Italia...e dai francesi proprio non me l'aspettavo, di solito sono abbastanza superbi e non é che ci pigliamo molto.... ..diciamo che ci sopportiamo....
non c'éuna guida vera e propria, ma prendiamo dei dépliants  che tutte le biglietterie all'entrata delle Abbazie e ai monumenti hanno...

l'abbazia é completamente disadorna, vuota, e alcune parti non sono finite, ma conserva un fascino molto particolare. E' un posto che consiglio di vedere...







la torre e una parte della necropoli







la necropoli, e la vista sulla campagna di Arles, pare che Van Gogh venisse qui molto spesso, infatti ha dedicato molti disegni a questa Abbazia. Guardando da lassù la vista spazia su campi di grano ondeggianti al vento, ed è stata una bellissima emozione essere fra quelle mura e vedere quel panorama..





il chiostro:





poco distante, in un terreno privato, cintato c'é la Cappella di Sainte Croix, patrimonio mondiale dell'Unesco.
Il cancello era momentaneamente aperto e ne ho approfittato per scattare una foto.





passiamo da St. Rhemy de Provence, il paese natale di Nostradamus, ma non c'é molto da vedere, per andare a Les baux dovremmo attraversare il paese ma i vigili fanno deviare tutto il traffico, così non ci fermiamo, e proseguiamo verso Les Baux. L'aria éfrizzantina, il vento é molto meno, stiamo andando verso l'interno.....poco fuori St. Rhemy imbocchiamo una larga strada fiancheggiata da platani, e per oltre 15 km é così






bellissima davvero, tanto che obbligo mio marito a fermarsi perché voglio scendere a fotografare, rischiando anche, era maledettamente trafficata e ho dovuto aspettare un po' perché  non ci fossero macchine..facendo perdere la pazienza al mio chauffeur..

passiamo da Fontvieille, dove c'é  il Mulino descritto da Daudet, vorrei andare a vederlo, ma arrivati in paese non esiste nessun cartello indicatore, niente di niente, per cui ci é  impossibile trovarlo, e nessuno in giro a cui chiedere,..decidiamo che possiamo vivere anche senza averlo visto e continuiamo la strada per Les Baux, infatti dopo poco cominciamo a salire lungo una strada che si inerpica su falesie bianche...
Arriviamo, lasciamo la macchina al parcheggio in basso, e ci incamminiamo... Les Baux é pressocché deserta, ed é una meraviglia poterla girare cos^, con calma, godendone ogni angolo senza fretta e senza gente....i negozietti stanno aprendo man mano, si stanno svegliando poco a poco...
iniziamo la salita.






passiamo davanti al piccolo edificio del Comune



e giriamo per i vicoli deserti, in un silenzio incredibile, a cui non sono più abituata.







e riscendiamo per altri vicoli, riempiendoci gli occhi di altri scorci..








edifici imbandierati







scendiamo verso il parcheggio mentre una frotta di giapponesi sta salendo.....siamo contenti di essere arrivati presto, infatti sono le 9,30 e i pullman di turisti stanno arrivando alla spicciolata...
mentre scendiamo da Les Baux, direzione Gordes, unn Canadair fa delle continue evoluzioni nel cielo, pensiamo a qualche incendio, e invece no...dopo poco scopriamo che c'è  in corso una esercitazione di pompieri, ci sono autobotti sulla strada, macchine e mezzi rossi dappertutto. Fanno una specie di staffetta lungo la strada che va a Gordes, attraverso le montagne....noi siamo in mezzo a loro. Ogni tanto, dove la strada lo consente, un altro gruppo di camion che aspetta quelli che arrivano, e danno loro il cambio....questa cosa va avanti per molti chilometri, sui tornanti della montagna, e interessa diversi piccoli paesi.....
finalmente la cosa finisce al loro punto di ritrovo e noi possiamo filare via un po' più velocemente...





arriviamo a Gordes, che ci accoglie così








anche Gordes é un piccolo paese medioevale, arroccato sul Plateau de Vaucluse e da cui si domina uno spettacolare panorama sulla valle.
facciamo un giro fra le stradine e i vicoli. La mia attenzione viene attratta da un piccolo negozietto di frutta e verdura, e mi faccio tentare da delle bellissime fragole che avevano l'aria si essere state appena colte, entro e ne compro due cestini....spendo come in gioielleria e un po' mi pento, ma quando le assaggio mi passa subito......sono fantastiche, erano anni che non mangiavo fragole così  buone....e così  spiluccando fragole siniziamo il nostro giro per Gordes...


appena dentro le mura, la piccola piazza



sovrastata dal Castello




vicoli e stradine medioevali




e strane finestre




Gordes P chiamata il balcone della Provenza, ed hanno perfettamente ragione...

scendiamo al belvedere, il  mio sherpa personale, rimane un po' indietro...





mentre davanti e sotto di noi si apre un panorama mozzafiato















finte le fragole, finita la visita di Gordes, ci avviamo all'auto.....uscendo dalla cittadella vedo un cartello per l'Abbazia di Sénanque. E' quella rappresentata in tutte le foto con la lavanda, mi ricordo di aver visto la foto, bellissima, anche se ora la lavanda non é fiorita.....
Ci andiamo. La strada é un senso unico in discesa,  strettissimo e tortuoso a picco su un canyon...si scende lentamente, a tornanti stretti. Mio marito, pazientemente, si ferma per farmi guardare cosa c'é nel canalone sotto di noi e la sopresa e il colpo d'occhio sono fantastici...nel vallone sottostante, incastonata fra i boschi c'é l'Abbazia, e la vedo dall'alto in tutto il suo splendore.

Quelle righe che si vedono dietro, é tutta lavanda...immaginatevi cosa deve essere quando sarà in fiore...









finalmente la strada scende verso l'Abbazia, ma é chiusa, e non possiamo visitarla.
Allora consultiamo la cartina e vista la non eccessiva distanza, ci dirigiamo verso Roussillon...


per arrivarci, attraversiamo territori e campagne che mi ricordano molto la Toscana, con vigneti e ulivi, scendo dall'auto per fotografare e ancora una volta mi colpisce il silenzio, un silenzio vero, rotto solo dal fruscio del vento e dal canto degli uccellini, una poesia, e l'aria é fine e profumata di erba e fiori....














Roussillon é una cittadina rossa come le sue crete...e pur essendo medioevale,  é comunque diversa da tutte le altre, appunto per i suoi colori. Sfumature incredibili che vanno dal giallo vivo all'ocra, dal rosso cupo al carminio....e il contrasto con quel cielo così  terso e azzurro ce l'ha mostrata al suo massimo...lasciamo l'auto al solito parcheggio esterno e saliamo...


incontriamo prima questa vista




svoltiamo l'angolo ed ecco la Mairie





quella porticina e quella scaletta mi attiravano tantissimo...



case ombreggiate da viti e fiori



e l'ultima immagine prima di andarcene...




avevo letto non so più dove che c'era in zona un posto che chiamano il Colorado Provençal, così  convinco il marito a portarmici......
nel  tragitto incontriamo queste costruzioni antichissime, risalgono all'età del bronzo, ai bordi delle strade...le bories. Questa è solo un piccolo esemplare, ma c'é un intero villaggio museo, molto grande.





lungo la strada, vedo da lontano un mulino su una collina, allora  deviamo dalla strada per il Colorado..





riscendiamo e riprendiamo ad andare verso il Colorado, non immaginando cosa ci aspetta..

nel frattempo il paesaggio é completamente cambiato, stiamo correndo in mezzo a verdi colline intervallate da campi coltivati a grano e a vite..uno spettacolo bellissimo vedere il gioco del vento nel grano....e il silenzio regna...





dopo una decina di chilometri arriviamo al Colorado provençal, e sono già le 16,30 circa....
prendiamo il biglietto e ci consegnano una piantina. Evito di mostrarla subito al  marito.....
Ci sono tre possibili giri da fare, uno di 5 ore, uno di 3 e uno di 1 ora e mezza. Scelgo il più breve naturalmente, e comincio a preoccuparmi..
zaino in spalla cominciamo il percorso rosso.... dopo un quarto d'ora di cammino nel bosco, guadando fiumiciattoli fangosi , in precario equilibrio su pietre e tronchi di alberi caduti messi a bella posta...



arriviamo a un sentiero un po' pi§ agevole....ma la strada é ancora lunga e mio marito comincia a brontolare...... nel bosco é umido,  fa caldo, siamo molto sudati e benché  fossimo attrezzati relativamente per camminare, non lo eravamo abbastanza per quel posto..... la mia preoccupazione aumenta.....
sul sentiero, due gazze ghiandaie ci fanno compagnia....iin lontananza sento voci, segno di presenze che come noi stanno facendo i vari percorsi....







dopo un'altra mezzora buona di cammino veloce i colori cambiano, il bosco si dirada e ci troviamo catapultati in un mondo irreale, che mai penseresti esistere in mezzo a tutte quelle verdissime colline...



il marito si ferma all'iombra rossa di un piccolo canyon




mentre io mi arrampico  faticosamente su una collina per metà sabbiosa, di una sabbia giallo ocra, che contro quel cielo é abbagliante..

























un posto incredibile da cui non riesco a staccarmi, e continuo a scattare foto, mentre incrocio persone che a loro volta incrociano i percorsi....
Mino é stanco, ma proseguiamo,  sempre bosco, ruscellii, sentieri su e giù e fatica, tanta fatica....finalmente vediamo la fine. Le scarpe sono rosse di polvere, noi siamo bagnati fradici e stanchissimi, ma consapevoli di aver visto un posto veramente unico.
Si torna a casa, e verso Arles ci godiamo un tramonto sulla campagna....







qui finisce il giro in Camargue e ci trasferiamo a Cannes, dove faremo base....

e sulla strada per Cannes cé l'abbazia di Thoronet...ci fermiamo naturalmente.

ecco le note

"Le Thoronet, situata nel Var a 24 km a sud-est di Draguignan, E'  una delle trois soeurs provençales cistercensi. Monaci cistercensi che abbandonarono l'abbazia di Mazan e iniziarono la costruzione dell'abbazia nel 1160. Raggiunse il massimo splendore nel XIII sec., ma dopo un paio di secoli cominciò  la sua decadenza. Nel 1790 c'erano ancora 7 monaci. La chiesa (orientata ad est) a tre navate ha solo due porte laterali. L'abside ha tre finestre a tutto sesto simboleggianti la trinità. Dalla chiesa a nord si accede all'armarium (piccola biblioteca) e poi alla sala del capitolo con influenze gotiche. Il dormitorio é al piano superiore e si accede con una scala a volta. Il Chiostro trapezoidale, sobrio ed eccezionalmente rivolto a nord, ha un buon dislivello a causa del terreno. Appoggiata ad ovest c'é la cantina (i monaci producevano vino ed olio) con volta a botte e camini di ventilazione."



fa caldo, il vento qui non c'é. Entriamo in chiesa, il marito si siede al fresco mentre io giro per foto. C' é un gruppo tedesco che sta ascoltando la guida....esco per non disturbare mentre scatto..







il chiostro







sono completamente sola, mi dirigo verso il retro dell'abbazia ed entro in una specie di cortile....e mi sembra di tornare indietro nel tempo...





fa davvero molto caldo, finisco di girare intorno all'abbazia e torno in chiesa a chiamare Mino....mi dice che mi sono persa una cosa bellissima. La guida aveva un CD portatiile ed ha fatto sentire l'acustica con un canto gregoriano, che anche lui accompagnava cantando...dice che è  stato bellissimo....e io me lo sono perso....

restiamo ancora un attimo al fresco e poi guadagnamo l'uscita




Cannes ci aspetta. C'é ancora il festival del cinema, la città è tutta decorata in tema...




i palazzi sono dipinti trompe l'oeil con tutti gli attori e registi possibili immaginabili...



c'é chi si svacca nell'erba delle aiuole, non so se stanco, sbronzo, o fatto...






nel porto é  la solita selva di alberi di barche a vela..





gironzoliamo un po', ceniamo e poi a nanna presto che il giorno dopo sarà  pesantino....


Era da tanto che volevo tornare alle gole del Verdon. Le avevamo viste in minima parte e di sfuggita la prima volta che siamo venuti in Provenza, più di vent'anni fa. Stavolta me le voglio fare proprio tutte....o quasi. Così partiamo presto. E' sabato e temo ci sia traffico e parecchia gente. Invece no. Per i francesi é Pentecoste e sono da altre parti evidentemente. Meglio per noi.

Attraversiamo Grasse, direzione Castellane. E mi controllo, non dico a mio marito di fermarsi da Fragonard a comprare qualche essenza.....se lo facessi credo che spenderei un botto....

la strada non é  male, un po' sale a tornanti, un po' attraversa pianori.....ma del Verdon ancora nessuna traccia.....boh....


le valli sono bellissime, offrono paesaggi maestosi e molto diversi pur a poca distanza











intanto arriviamo a Castellane, dopo quasi un'ora di montagna....




finalmente incontriamo il fiume....qui corre relativamente tranquillo, ma vediamo alcune persone che stanno discendendolo facendo rafting




cominciamo costeggiando il fiume...



incontriamo paesini arroccati




arriviamo a La Palud e scegliamo la riva sinistra del canyon...seguiamo la strada che si inerpica in cima al canyon, su fino a 1300 m. d'altitudine, offrendoci panorami da vertigine



ed infatti mi fa un po' effetto guardare giù.  La strada ha pochi parapetti, e non sono del tutto tranquilla, anche se so di avere  un ottimo autista....



il Verdon e il lago di Sainte Croix, ottenuto con uno sbarramento.



dal Pont Sublime



sempre dal Pont Sublime, dall'altro lato. Per la proporzione, guardate sulla destra, si vede la strada e le macchine parcheggiate in una piazzola da foto




arrivando al lago





a un certo punto, corriamo a livello del lago e vediamo un grande ponte con un po' di gente ferma. Scendiamo ed ecco lo spettacolo:








dall'alto





le note informative sul Verdon

"durante l'era terziaria le acque del fiume Verdon hanno scavato in Provenza le gole più profonde d'Europa, un ambiente selvaggio che fino agli inizi del 1900 era ancora praticamente inesplorato (la prima discessa del Grand Canyon del Verdon ebbe luogo nel 1905 da un gruppo guidato da André-Emile Martel a cui il Touring Club di Francia ha dedicato un sentiero lungo 14 km). Si tratta del Canyon più grande d'Europa e del 2° al mondo dopo il Grand Canyon del fiume Colorado in Arizona. Misura 21 km di lunghezza ed é delimitato da pareti calcaree alte fino a 800 metri, che sono il risultato dell'azione erosiva del ghiaccio e del fiume nel corso dei millenni. Le Gole del Verdon sono strette e profonde: da 250 a 700 metri di profondità, da 6 a 100 metri di larghezza a livello del fiume e da 200 a 1500 metri da una parete rocciosa all'altra. Nelle Gole regnano una bellezza ed un silenzio vertiginosi, mentre nei dintorni il panorama è  stupendo con villaggi arroccati, altopiani e vette. In questa zona si possono trovare numerosi prodotti naturali: oltre al miele e all'olio d'oliva, la terra rossa e le querce bianche del Verdon offrono tartufi rari e profumati (da novembre a marzo si possono trovare al mercato di Aups). Le Gole del Verdon costituiscono per un buon tratto la frontiera fra i dipartimenti del Var a sud e delle Alpes-de-Haute-Provence a nord. In certi punti, in fondo alle gole, i due dipartimenti sono separati solo da una distanza di pochi metri."






alla fine ce la facciamo ad arrivare fino a Moustier St. Marie, un paese medioevale abbarbicato alla montagna, famosoper le maioliche.
C'éuna piccola cappella su, sopra le rocce, e ci si arriva solo a piedi. Non ce la sentiamo....




meglio prendere una bibita qui...





e poi gironzolare per i vicoli arrivando alla chiesa



attraversando un ponte vediamo graziosissimi balconcini fioriti











i negozietti sono davvero particolari








ma si sente tuonare in lontananza, il cielo si sta annuvolando...la strada è  lunga e ci conviene tornare verso casa.....


rifacciamo la strada di prima, tornando verso il lago



il Verdon ci saluta così, con un cielo minaccioso e cupo...i colori cambiano ma lo spettacolo è sempre bello e ancor più affascinante









anche il fiume é più  cupo







vedo quella montagna lassù che sembra un castello turrito e la avvicino con la macchina fotografica. E' come una cattedrale e la luce del temporare che si avvicina la illumina regalandoci una immagine emozionante




comincia a piovere, quattro gocce, giusto per bagnare la polvere....scendiamo lentamente verso Grasse e a un tratto, in un pezzo pianeggiante pieno di prati verdissimi mi accorgo che tutti quei fiori bianchi che li punteggiano sono narcisi.... narcisi!!! Sono anni che non ne vedo più! Da noi non ci sono quasi più  nei prati, a forza di coglierli dissennatamente sono spariti....
Mi fermo e ne raccolgo due o tre, solo per ritrovarne il profumo. Poco lontano invece sono ferme un paio di macchine e gli occupanti ne stanno raccogliendo dei mazzi enormi....




io mi accontento di questi 5 o 6 che ho colto, e me li godo mentre torniamo a Cannes










arriva anche l'ultimo giorno di vacanza. Si avvicina il rientro a casa...
Ultima tappa, St. Paul de Vence, e Tourrettes sur Loup. Appuntamento con Sandra, una amica virtuale fino a questo momento, conosciuta fin dai tempi di frequentazione di  C.I. e che abita a Vence, che ci aspetta per farci da cicerone.
Mi riconosce subito, pur non avendomi mai vsto ma è bello incontrarla e sentire che è  come se ci fossimo lasciate la sera prima....
Con lei passeggiamo per i caratteristici vicolo arrampicati ....non c'é molta gente in giro ed é piacevolissimo passeggiare chiacchierando..

mentre entriamo nel cuore del paese passiamo da una piazza molto animata, c'é  in corso una partita a bocce, la Pétanque, una variante del gioco delle bocce nata in Provenza..



Folon parla con alberi e rondoni





ci inoltriamo nelle viuzze, fra luci e ombre




fontane e tavolini



fontane e cortili







sottoportici che nascondono angoli deliziosi







la via romana passava qui




poi strani ciclisti



molto carina davvero St. Paul de Vence, ma un vero gioiellino é Tourrettes sur Loup, che ho conosciuto grazie a Sandra. E' il paese delle violette e ricorda moltissimo certi paesini toscani......





















il tempo scorre veloce, fra passeggiate, pranzo, chiacchiere, caffé......
salutiamo Sandra e riprendiamo la via di Cannes....e questaé l'ultima immagine di Tourrettes sur Loup che porto con me...





E'  il momento di partire, come tutte le cose belle questa vacanzaé finita proprio in un attimo.....abbiamo ancora uno scampolo da ritagliarci sulla riviera ligure, dove decidiamo di fermarci a pranzare...
armi (non vi dico cosa ho comprato....) e bagagli in macchina riprendiamo le autostrade francesi..... una volta in Italia usciamo a Bordighera e andando lungo il mare in cerca di un ristorante che ci ispiri incrociamo un cartello turistico: Bussana Vecchia. Decidiamo di andarci, ne avevo sentito parlare da tempo ma non c'é mai stata l'occasione di venirci e allora perché  non approfittare del fatto che ci passiamo proprio sotto?

Intanto si fa una sosta tecnica e io scendo a guardare il mare....c'é gente sugli scogli che prende il sole e io li invidio da morire




la strada che porta su a Bussana é strettissima, ci passa solo una macchina alla volta....un problema se scende qualcuno mentre noi saliamo. Per fortuna non succede. La strada finisce in un piccolo slargo dove  si  fa manovra e giriamo l'auto, pronta per la discesa successiva......

intanto un po' di storia di questo posto:

"Bussana Vecchia é una parte speciale di Sanremo. Un angolo che racchiude una storia unica: un paese distrutto dal terremoto più di un secolo fa, con i suoi drammi umani, le sue ansie, le sue caratteristiche di cui sono testimonianza ultracentenaria le sue rovine. Un paese unico. "Morto", perché distrutto da un rovinoso terremoto nel 1887, abbandonato dai suoi abitanti e ricostruito più a valle; rinato alla vita neglia anni Sessanta quando un gruppo di artisti lo scelse come luogo del proprio lavoro. Da allora la "magia" di Bussana continua. Gli artisti, in silenzio, continuano a lavorare nelle sue vie e nelle sue piazze fra gli antichi ruderi, e turisti di tutto il mondo arrivano a cercare di capire i segreti di questo paese che ha saputo tornare alla vita."


dalla strada che sale, la prima immagine di Bussana arriva d'improvviso, dietro una curva






cominciamo a inerpicarci sulle stradine a ciottoli, faticosissime, fra ateliers di pittura, laboratori di scultura e oggetti d'arte




alcune case sono state risistemate, a volte alla meglio, altre volte in maniera adeguata, altre ancora invece sono ruderi che il tempo ha coperto di vegetazione lussureggiante




lasciamo il caffé degli artisti, unico punto di ristoro dopo aver bevuto un  vero caffé espresso...

la strada sale ancora, il suono di una armonica a bocca mi incuriosisce e cerco di capire da dove viene



seguendolo mi perdo in vicoli stretti e bui, coperti di edera




che improvvisamente si aprono su piccoli spazi molto creativi









continuo a salire, fino ad arrivare alla chiesa diroccata, ma del suonatore di armonica ancora nessuna traccia




seguo sempre il suono dell' armonica...e lo trovo qui dentro. Un uomo sulla quarantina la sta suonando. Mi fermo ad ascoltare, ma non lo fotografo. Lui se ne sta ad occhi chiusi suonando e ascoltando la sua armonica.....



riscendo verso l'inizio del paese e un ramo di rose rosse mi saluta mentre lascio la stradina




e mi lascio Bussana alle spalle






ce ne andiamo, per la stessa strada stretta e tortuosa. Stavolta incrociamo una panda che sale a tutta birra. Fortunatamente in un punto dove c'era un poco più  di spazio sulla destra........
Il ristorante lo troviamo a S. Stefano al mare, dentro un carrugio. Un ottimo pranzo di pesce per concludere in bellezza.....
un ragazzo sta pescando sugli scogli...




mi fermo a guardare il mare mentre mio marito fa manovra, e mi riempio gli occhi e la mente dei suoi colori, del suo profumo, perché so che per molto tempo non lo rivedrò.

E' finita. si torna a casa. Salgo in macchina e ripartiamo.

Ora è   un altro bellissimo ricordo solo nostro, e sono in attesa di quello che sarà il prossimo....