Il giorno dei morti ci si veste pesante perché l'aria è ormai diventata fredda ed è arrivata la prima nebbia della stagione, si toglie il cappotto da dove era stato riposto, si spolverano stivali e scarpe adatte e ci si accinge ad affrontare l'inverno imminente.
Il sole che sbiadisce e ci abbandona, i fiori che pian piano si seccano e cadono, il tappeto di foglie rosse e gialle su cui camminiamo, le notti lunghe che iniziano quando è ancora giorno....tutto questo fa pensare alla fatica, al riposo, al sonno, al passato, e il pensiero ritorna su ciò che è stato.
Così in questa stagione più facilmente si evocano le ombre, si parla con loro.
Il giorno dei morti fiori e lumini riempiono il cimitero di ogni paese con un'aria quasi di festa se non fosse per quelle foto ovali con piccoli volti in bianco e nero di un tempo sparito, che sorridono lontani perché nulla li può più toccare..
La morte è un tema spesso doloroso e difficile da accettare. Ma lo sappiamo, niente nell'universo intero può resistere al tempo. Tutto ne viene travolto, tutto è destinato a scomparire, a mutare. E' difficile ogni giorno accettare, sopportare la mancanza, il vuoto lasciato da chi non c'è più.
Nel tempo a volte subentra una sorta di dolore quieto, quasi fatto di struggente tenerezza, ma il dolore è comunque sordo, è muto e ascolta solo se stesso...non ci sono parole uguali per ognuno di noi, che possono raccontarlo.
Anche nel giorno dei morti richiamiamo alla mente i nostri cari scomparsi, per rivederli intorno a noi, per offrire loro un fiore, per fare pace, per non dimenticare, perché sono sempre ben vivi dentro il nostro cuore, la nostra mente, il nostro ricordo.
Vita e morte sono inevitabilmente legate, e il giorno dei morti ogni casa si riempie di tutte le tradizioni per continuare a mantenere forti legami con i propri defunti e
antiche usanze vivono in tutto il nostro Paese.
Io sono nata in Friuli dove sono rimasta per tutto il primo anno di vita, e poi mi sono trasferita a Milano con i miei genitori, dove sono cresciuta, dopo una parentesi di qualche anno sulle montagne comasche. Grazie alla mia famiglia ho assimilato sia le tradizioni lombarde che quelle friulane e le usanze di entrambe le regioni fanno parte della mia vita da che ho memoria.
A Milano, ma generalmente in tutta la Lombardia, il dolce tradizionale di questo periodo è il Pan dei Morti.
Cuocerlo significa avere la casa a lungo profumata di spezie, un profumo che mi fa tornare bambina, quando il pan dei morti si comprava in panetteria. Ognuna ne aveva sempre un bel vassoio pronto sul banco e il suo profumo si sentiva fin sulla strada, si spandeva per la via solleticando le narici e facendo venire la voglia irrefrenabile di addentarne uno, bello morbido e fondente, e di riempirsi il viso di zucchero a velo..
La signora Luisa, la panettiera quasi all'angolo di Via Marghera dove passavo tutte le mattine per andare a scuola, mi conosceva bene ormai, ogni giorno entravo a comprare la merenda da mettere in cartella....a volte la mantovana, una specie di pasta brioche tutta bitorzoluta, asciutta che più asciutta non si può, altre volte la veneziana, con la granella di mandorle e zucchero sopra, oppure, altre volte ancora, le peschine con la marmellata belle rosse di Alchermes e, in questo periodo, il pan dei morti...
....questo profumo di spezie che aleggia per casa, mi fa ricordare la sciura Luisa, un donnone giunonico bonario e gentile, dagli occhi più azzurri che ho visto in vita mia, piazzata sempre dietro al bancone del negozio, dopo la notte passata a sfornare pane in quantità....
entravo nel negozio insieme a frotte di altri bambini, con un misto di soggezione e timidezza, sceglievo la mia merenda, tiravo fuori le monete che mi dava mamma per pagare e me ne andavo col mio pan dei morti in mano, avvolto in un minuscolo foglio di carta velina beige, accompagnata dal suo sguardo azzurro e intenso fin sul marciapiede...lo sentivo quello sguardo, come se fosse appiccicato sulla schiena...
poi, nell'ultimo pezzo di strada che mi divideva dalla scuola, non resistevo a quel profumo di cannella e ne sbocconcellavo golosamente qualche pezzetto camminando... ne è passato parecchio di tempo da allora, ma il sapore di quel pan dei morti della Luisa, me lo ricordo ancora molto bene....
Invece in Friuli, mio nonno prima e mio padre dopo di lui, prima di andare a letto, il giorno dei morti lasciavano la luce accesa sotto il portico, un secchio d'acqua e del pane sulla tavola cosicché i defunti potessero trovare luce e cibo per ristorarsi durante il pellegrinaggio notturno verso le chiese e i santuari.
Si dice che in quella notte i defunti tornino a noi vestiti di bianco, e che chi entra in quelle chiese e in quei santuari le troverà affollate da una moltitudine di persone che non sono più in vita e che scomparirà all'alba, al primo canto del gallo.
E guai a guardar fuori dalla finestra...ci potevano essere i morti chiamati dall'insistente e prolungato suono delle campane, a spiare noi vivi.
Ogni famiglia prepara i dolci dei morti....a casa mia delle semplici caldarroste, con un bicchiere di vino rosso...e un goccio non si negava anche ai bambini..
Su per le montagne invece , hanno da sempre fatto rivivere anche le antichissime tradizioni pagane e ancora oggi si fa la rievocazione storica del capodanno celtico, quando si pensava che in questa notte i defunti tornassero accompagnati dal piccolo popolo degli elfi, (gli sbilfs) delle streghe (lis striis) e delle fate (lis aganis) per visitare i luoghi in cui avevano vissuto. La gente va per le strade del paese con le zucche intagliate come maschere spaventose, illuminate dalle candele...
Intagliare le zucche per usarle come lumi non è solo una usanza americana, è presente da noi da secoli...
Ricordo quelle notti fredde, le processioni lungo le strade del paese, la polenta bianca, calda fumante , di mia nonna, il muset con la brovada, il riunirsi tutti intorno alla grande tavola insieme a parenti ed amici, a chiacchierare e a mangiare le castagne man mano che mio padre le cuoceva sulla stufa a legna, fra un bicchiere di Merlot e un bicchierino di grappa, e poi, prima di andare a letto, la tavola apparecchiata con tutto quello che avevamo preparato, le caldarroste, il vino, il pane, l'acqua.
Mio padre usciva sotto il portico, accendeva la luce, rientrava e chiudeva le porte a doppia mandata...
Il giorno dopo era tutto come l'avevamo lasciato, ma ogni anno, alla stessa ricorrenza, erano gli stessi gesti, lo stesso sentire...Come a non voler spezzare quel legame col mondo dei più..
Ogni volta, la mattina dopo, osservavo la tavola e poi guardavo mio padre ... Perchè è ancora tutto lì dove lo abbiamo lasciato, gli chiedevo muta... lui mi guardava sorridendo sornione e scambiava uno sguardo complice con mia nonna, si alzava dalla sedia e mi diceva: Dai, sparecchiamo e non preoccuparti, sono venuti ma non avevano fame...probabilmente hanno mangiato a casa della zia Norina. Solo qualche anno dopo, ho capito.
Ecco la ricetta del Pan dei Morti, di tradizione lombarda.
PAN
DEI MORTI
200
gr di rimasugli o briciolame di biscotti secchi
120
gr farina
150
gr zucchero semolato
3
cucchiai rasi di cacao amaro
100gr
uvetta
50
gr mandorle pelate
50
gr pinoli
50
gr ciliegie candite
2
fichi secchi (facoltativo)
mezzo
cucchiaino di lievito per torte
1
cucchiaio raso di cannella in polvere
1
cucchiaino di chiodo di garofano macinato
mezzo
cucchiaino di noce moscata
un
pizzico di sale
vino
bianco q.b. (o del Vinsanto)
1
albume
Ammorbidite
l'uvetta in un goccio di acqua calda mista a poco vino bianco, unite
anche i fichi secchi ridotti a pezzetti, se decidete di metterli.
Nel
mixer tritate i biscotti, raccoglieteli in una terrina e aggiungere
la farina, lo zucchero, le mandorle tritate non troppo fini, i
pinoli, le ciliegie tritate anch'esse grossolanamente, il lievito, il
cacao, le spezie e infine l'uvetta scolata e strizzata e il pizzico
di sale.
A
questo punto aggiungete i liquidi, l'albume appena appena sbattuto,
giusto per scioglierlo un pochino, e infine il vino bianco. Versate
il vino poco alla volta, e regolatevi con la quantità in modo che
l'impasto risulti abbastanza compatto e solido, da lavorare con
le mani, alla fine deve risultare una specie di palla compatta e
liscia.
Scaldate
il forno a 180° ventilato e foderate una teglia con carta forno.
Con
l'impasto fate una specie di salsicciotti di 6/7 cm di diametro,
tagliateli in pezzi di circa 4 cm, appiattiteli leggermente con le
mani inumidite, in modo da ricavare una forma allungata ovoidale,
alta poco meno di 1 cm.
Adagiateli
in file sfalzate sulla teglia foderata, tenendo conto che un poco si
gonfiano, distanziandoli abbastanza regolarmente.
Cuocete
a 180° per 15 minuti, in funzione ventilata, si formeranno delle
crepe, è normale. A questo punto abbassate a 160° la temperatura,
cambiando la funzione da ventilato a statico, e tenendo un poco
aperto il forno mettendo un cucchiaio di legno nello sportello (come
si fa a volte con le meringhe) quindi continuate la cottura per
altri 20/ 25 minuti. Devono essere morbidi e fondenti
all'interno..
Lasciate
che si raffreddino poi spolverate abbondantemente con lo zucchero a
velo.
Sulla tavola, insieme a un vassoio di Pan dei Morti, io aggiungo anche qualche caldarrosta accompagnata da un buon bicchiere di vino rosso. E' il mio modo di fondere le tradizioni e di ricordare le persone a me care che non ci sono più.
Sulla tavola, insieme a un vassoio di Pan dei Morti, io aggiungo anche qualche caldarrosta accompagnata da un buon bicchiere di vino rosso. E' il mio modo di fondere le tradizioni e di ricordare le persone a me care che non ci sono più.
Ed è anche il mio contributo a questa giornata dedicata alla commemorazione dei defunti da parte del Calendario del Cibo Italiano.