Negli anni '60 e fino ai primi anni '70, era di moda andare a mangiare il risotto con le rane a Monlué, un piccolo borgo agricolo di origini antichissime, pare che fosse stato fondato intorno al 1270, come una grande cascina a corte chiusa con degli edifici monastici e i rustici agricoli, circondati da prati irrigui ed arativi.
Il borgo, inizialmente abitato da un migliaio di persone, stretto fra Lambrate e Morsenchio, si è andato spopolando via via, ma resisteva appunto qualche piccola trattoria, meta dei milanesi che andavano a gustare questo famoso risotto.
In quegli anni, parlo del 1966, ho incontrato quello che sarebbe poi diventato mio marito. Nei primi tempi del fidanzamento si usciva spesso in compagnia degli amici frequentando più che altro i locali della nostra zona, Dergano -Affori-Bovisa-Niguarda, quindi per me Monlué era solo un nome su una cartina, dato che era praticamente fuori dal nostro raggio d'azione, in più non avevamo grossi mezzi per spostarci, se non quelli pubblici. Era molto, molto diverso rispetto ad oggi, l'automobile l'avevano in pochi, chi magari già lavorava e poteva mantenersela, chi aveva il motorino o la bici, ma per la maggior parte delle volte si scroccava un passaggio o si prendeva il tram. Non si andava spesso al ristorante, un po' per mancanza di soldi, un po' perchè non c'era ancora, per i ragazzi giovani, la giusta mentalità. Si preferiva la pizzeria, molto più semplice, molto più immediata.
Un sabato sera, appuntamento classico, mio marito mi viene a prendere con una vecchia Fiat 600, prestatagli da un amico. Stupita, salgo tempestandolo di domande, anche perchè non era una data particolare, nessun anniversario o compleanno. Dove andiamo? Dove mi porti? Dove hai preso questa macchina? Lui, eludendo tutte le domande, guidava ridacchiando sotto i baffi.
La strada mi è sembrata lunghissima ma finalmente arriviamo davanti a una vecchia trattoria di mattoni rossi, dopo aver percorso piccole stradine bianche affiancate da fontanili e filari di pioppi.
Ecco, mi dice, andiamo a mangiare il risotto con le rane.
Dentro, tanti piccoli tavoli apparecchiati con tovaglie a quadretti rossi, sedie impagliate, madie per il pane e credenze uguali a quella di mia nonna.
Ci sediamo, ordiniamo questo famoso risotto. Ma il risotto con le rane quella sera non era in carta. Così dovemmo ripiegare sul risotto con le quaglie, altro loro cavallo di battaglia, un classicissimo piatto lombardo. Peccato che a me le quaglie non piacciano particolarmente.
Vabbè, faccio buon viso e inizio a mangiare l'antipasto, un bel tagliere di salame, pancetta e formaggi, il tutto accompagnato da una giardiniera di verdure sott'aceto fatta in casa e annaffiato da una bottiglia di barbera dell'Oltrepo, quello che "buscia". All'arrivo del risotto, mio marito tira fuori dalla tasca una scatolina e me la mette davanti. Apro e dentro c'è un anello, una semplicissima fedina d'argento intrecciata ma per me, in quel momento, è stato come fosse un anello di brillanti. Eravamo insieme solo da un anno, e ricevere quell'anello, il significato che aveva al punto in cui eravamo, le parole che ha usato per darmelo, sono state una delle emozioni più forti della mia vita.
Ecco dunque la ricetta che fu galeotta, un po' rivisitata.
Risotto con le quaglie al Passito e polvere di pane tostato al pepe
per due persone
per le quaglie:
2 quaglie
salvia abbondante
1 piccolo scalogno
poca pancetta liscia, tesa
1 bicchiere di Passito di Pantelleria
una grossa noce di burro
poco sale, pepe
per il risotto:
300 g di riso Carnaroli riserva San Massimo
una noce di burro
un goccio d'olio
1 piccola cipolla
un cucchiaio abbondante di parmigiano
poco brodo di carne, oppure vegetale
mollica di pane raffermo, frullato
pepe bianco
poco olio
Pulite, fiammeggiate, lavate e asciugate le quaglie. Con un coltello affilato tagliatele a metà e poi dividetele in pezzi ricavando le cosce con il sovracoscia e il petto. Conservate anche il resto della carcassa. tagliate a pezzetti molto piccoli anche la pancetta liscia.
In una larga casseruola fate fondere una noce di burro insieme all'olio, aggiungete lo scalogno affettato insieme alla salvia, lasciatelo appassire un momento quindi unite nella casseruola la pancetta e le quaglie a pezzi, carcasse comprese e lasciatele rosolare da tutte le parti. Sfumatele con il vino Passito, regolate di sale e pepe, abbassate il fuoco e portate a cottura coperte.
Ci vorrà più o meno mezz'ora.
Una volta pronte, toglietele dalla casseruola e deglassate il fondo con un altro goccio di vino Passito, quindi filtrate e tenete in caldo.
Nel mixer mettete la mollica di pane raffermo e azionatelo fino ad avere un briciolame sottile.
In una larga padella scaldate un filo d'olio, aggiungete il pane tritato e una generosa macinata di pepe bianco, quindi tostatelo mescolando continuamente affinché non bruci. Deve solo colorire e prendere sapore.
Preparate il risotto al solito modo, facendo appassire la cipolla in olio e burro, tostando il riso, senza sfumarlo col vino stavolta, ma col brodo.
Portate a cottura aggiungendo brodo poco alla volta.
Quando il riso è quasi pronto, aggiungete un pezzetto di burro e iniziate a mantecarlo con un cucchiaio di parmigiano, sbattendolo velocemente e agitando il tegame allo stesso tempo.
A questo punto riprendete il fondo di cottura delle quaglie, rimettetelo sul fuoco in modo che sia ben caldo e poi, togliendolo dalla fiamma, aggiungere una piccola noce di burro freddissimo, fate roteare il pentolino per farlo sciogliere in modo che ispessisca la salsa.
Impiattate il riso, appoggiatevi sopra il petto e le cosce della quaglia, spolverate di pane tostato al pepe e nappate con il fondo al Passito.
Servitelo subito.
Spero che sia un risotto abbastanza emozionante per gli amici del Clan.
Per inciso, Monlué è decaduta definitivamente dopo la realizzazione della tangenziale Est, nel 1971, che ha isolato completamente l'antico borgo agricolo dalla città, stretto appunto fra la tangenziale, Lambrate e l'aereoporto di Linate,
Ora, quando capita di percorrere la tangenziale in quel punto, dal finestrino dell'auto vedo ancora la chiesa che sporge dal guard-rail e mi viene un po' di malinconia...