sabato 26 aprile 2014

cercando il mare

mare, profumo di mare....
che voglia di andare a fare una passeggiata sulla spiaggia, proprio ora, quando non c'è ancora nessuno....camminare sul bagnasciuga, lasciando che l'onda lambisca  i piedi nudi, e se l'acqua è gelida non importa, raccogliere conchiglien e piccoli sassi levigati,  guardare in  silenzio  l'orizzonte lontano e il movimento ipnotico delle onde.....mi manca il mare, soprattutto il mare d'inverno.
Spero di riuscire ad andarci quest'anno, anche solo per qualche giorno,  vedremo se il lavoro ce lo consentirà.
Per consolarmi cucino pesce. Lo faccio spesso come vedete dalle ricette che pubblico, a casa mia piace molto. Ma visto che è spesso sulla nostra tavola, cerco di variare il più possibile, a volte magari non esce niente di particolare dalla mia cucina, a volte invece escono piatti davvero profumati e soddisfacenti.
Come questo:



Risotto con gallinella di mare e profumo d'arancia.


per due persone

 per la salsa:

1 gallinella di mare  di pezzatura medio/grossa
2 grosse cipolle
1 spicchio d'aglio
2 arance non trattate
10/12 pomodorini datterini
1/2 l. fumetto di pesce
1/2 bicchiere di vino bianco
1 rametto di timo
sale, pepe, olio



per il risotto
1 piccola cipolla tritata finemente
1/2 bicchiere di vino bianco
riso Carnaroli  q.b. per 2 persone
fumetto di pesce, quanto basta a cuocere il riso
poco burro
olio, sale e pepe


Se non avete il fumetto, tocca farlo. Come si fa? Vi dico quello che faccio io.
Ogni volta che vado in pescheria, mi faccio dare teste e lische di pesce, carapaci, ritagli,magari ci aggiungo eventuali parti che non serviranno alla mia preparazione del momento.  Non le interiora naturalmente.
In un tegame sciolgo una noce di burro, aggiungo una cipolla affettata e un piccolo porro a rondelle, una costola di sedano a tocchetti, una carota, sempre a tocchetti, uno spicchio d'aglio, una foglia di alloro, o qualche rametto di prezzemolo, quindi agguiungo gli scarti del pesce, e lascio insaporire bene, sfumo con del vino bianco o del Cognac, e quando è evaporato, copro il tutto a filo con dell'acqua calda. Lascio cuocere a fuoco basso per circa un'ora, schiumando ogni tanto. Poi filtro  il tutto con un colino cinese a maglie strette, premendo bene teste e quello che rimane del pesce. Lascio raffreddare e metto tutto in  quei sacchettini per i cubetti di ghiaccio, ripongo in freezer e voilà, ho sempre del fumetto pronto.

Ora passiamo alla ricetta.

Per prima cosa bisogna sfilettare la gallinella, non è difficile, ma potete farlo fare in pescheria, facendovi dare anche le carcasse ovviamente.
Grattugiate la scorza delle arance, e poi spremetele.
In una casseruola scaldate un goccio d'olio, rosolate dolcemente la cipolla tritata insieme allo spicchio d'aglio, il rametto di timo e metà della scorza grattugiata delle arance.
Lasciate insaporire qualche minuto, poi sfumate col vino bianco, aggiungete la spremuta delle due arance e la carcassa della gallinella.
Lasciate evaporare il vino e poi aggiungere il fumetto di pesce, salate e pepate.
Fate cuocere per quindici minuti circa,  poi aggiungete i pomodorini tagliati a metà, continuando la cottura per venti minuti, mezz'ora circa, rabboccando un poco con il fumetto se la salsa dovesse asciugarsi troppo.
Trasferite tutto nel mixer, frullate qualche secondo poi filtrate con un colino a maglie fitte.
Rimettete la salsa in una piccola casseruola e cuocetela  su fuoco dolce affinché si ispessisca.
Lavate e asciugate i filetti di gallinella, tagliateli a pezzi abbastanza regolari, con pazienza eliminate le evenutali lische, tranquilli, saranno poche,  usando una di quelle pinzette apposite.
Metteteli a marinare in una ciotola con  olio, sale, pepe, foglioline di timo e due terzi della scorza d' arancia rimasta, l'altro terzo servirà per decorare il piatto. Lasciateli almeno 15 minuti così, coperti.
Avviate il riso al solito modo, in una noce di burro e un goccio d'olio, lasciate  soffriggere leggermente la cipolla, e aggiungete il riso, fatelo  insaporire bene poi sfumate col vino bianco e tiratelo pian piano con il fumetto.
Quando il riso è a metà cottura, alzate il fuoco sotto la casseruola della salsa,  e appena inzia a fremere, metteteci i tranci di gallinella, senza muoverli troppo. Lasciate cuocere circa 7 o 8 minuti, poi prelevateli delicatamente e teneteli in caldo.
Il riso, lasciatelo all'onda, e una volta pronto, mantecatelo con una piccola noce di burro e un  po' della salsa di cottura del pesce.
Usate un piatto piano, fate uno strato di risotto, appoggiatevi sopra i pezzetti di gallinella, nappateli con qualche cucchiaiata di salsa e decorate con un rametto di timo e la scorza grattugiata d'arancia rimasta.
Non preoccupatevi se la salsa sembra voler annegare il riso, poi verrà del tutto assorbita alla prima mescolata nel piatto.

Un risotto di cui sono proprio soddisfatta!






 
Ecco, e ora con questa ricetta vi saluto per qualche giorno. Torno alle mie radici per un po', torno nel mio Friuli.  Il lavoro mi aspetta anche là, ma chissà che non riesca a fare quella passeggiata sulla spiaggia...

A presto!

martedì 22 aprile 2014

Terrine, che passione!

e anche Pasqua se ne è andata, portata via da un giorno di pioggia e nuvoloni neri.
Non vi sto a raccontare tutto quello che ho cucinato in questi giorni, per la maggior parte sono state cose molto classiche,  già inserite nel blog. Eravamo parecchi per cui, per motivi di spazio, abbiamo preparato una sorta di buffet.
Nel cucinare, ho tenuto conto delle necessità e delle preferenze di tutti i presenti, per cui nessun menù  particolarmente raffinato o studiato espressamente, nessuna tradizione pasquale a parte le uova sode e la torta umbra di Pasqua, ma  allo stesso tempo una mescolanza di tante cose buone  in modo da permettere ad  ognuno dei presenti di  trovare qualcosa di suo gradimento.
In mezzo alle tante cose buone, ho pensato di metterci  anche  quello che avrei voluto mangiare anch'io.
E la mia scelta è caduta su una terrina che era parecchio tempo che non facevo. Amo molto le terrine, trovo che siano una risorsa in ogni situazione, sia che si tratti di un pranzo elegante, sia che si tratti di un buffet, come nel nostro caso.
La terrina è questa:


 Terrina di faraona al Calvados


per 12 persone


2 faraone disossate
200 gr. di lardo a fettine sottili
2 dl. Calvados
2 tartufi neri ( in alternativa,  pasta di tartufo )
timo, alloro, prezzemolo
sale, pepe
lonza di maiale
(la quantità è pari al peso di quanto resta della faraona
disossata, una volta prelevati i due terzi)
Disossate le faraone, oppure fatevele disossare dal macellaio, se ne avete uno di fiducia ed eliminate la pelle.
Pesate la carne ottenuta, prendete un petto intero e aggiungetelo  alla carne di altre parti,  in modo da prelevarne  in tutto due terzi sul totale, e tenete la carne prelevata da parte.
La carne che rimane,  pesatela e fatevela tritare insieme a pari peso di lonza di maiale, meglio se un poco venata di grasso.
Tagliare a fette sottili il petto, e a piccoli  pezzetti le altre carni.
Mettete le carni così tagliate a marinare in metà del Calvados,  insieme ai tartufi puliti e affettati sottili.
Nel caso usiate la pasta di tartufo, scioglietene un cucchiaino abbondante nel Calvados prima di unire la carne.
Lasciate la carne nella marinatura di Calvados almeno per due ore.
Poi, raccogliete la carne tritata in una ciotola, aggiungete un trito abbondante e molto sottile  di alloro, timo e prezzemolo, scolate la carne dalla marinatura, togliete le fettine di petto,  il resto aggiungetelo nella carne tritata, regolate di sale e di pepe, unite il Calvados rimasto e mescoalte molto bene,  anche con le mani,  per rendere tutto perfettamente omogeneo.
Rivestite uno stampo da terrina, dalla capienza più o meno di un litro, con le fette di lardo, in modo da ricoprire anche il fondo e lasciandole debordare un poco.
Mettete metà della farcia sul fondo della terrina e premete leggermente per fare assestare la carne. Disponete le fettine di petto scolate in precedenza sulla farcia, insieme ai tartufi, se usate quelli.
Ricoprite con il resto della farcia e di nuovo premete per assestare tutto, riversando all'interno  le fettine di lardo a ricoprire tutto per bene, eventualmente se il lardo non arrivasse  a coprire del tutto  la superficie, stendetene qualche altra fetta sopra la carne prima di risvoltare le fettine  debordanti.
Cuocete la terrina a bagnomaria, chiusa col suo coperchio,   in forno già caldo a 170° per circa un'ora e mezza.
Lasciate riposare qualche minuto, poi, con molta cautela per non scottarvi, cercate di eliminare il più possibile  il liquido che inevitabilmente si sarà formato e mettete un piccolo peso sulla carne in modo che si compatti e non si formino vuoti una volta raffreddata.
Io stavolta non l'ho fatto,  presa da tutto quello che avevo da fare in cucina, e  dalla foto della fetta centrale si vede.
Tenetela in frigorifero fino al momento di portarla in tavola.
Meglio farla un paio di giorni prima, si compatta e i sapori si amalgamano meglio.
Io, per ragioni di comodità, sulla tavola l'ho lasciata nella terrina dove ognuno poteva tagliarsi la quantità che voleva ma si può servire a fette, sia fredda che appena appena tiepida,  accompagnata da insalatina o decorata con bacche rosse e foglie di alloro.





sabato 19 aprile 2014

giovedì 17 aprile 2014

tempo di asparagi

approfittiamone....a me piacciono molto, è una di quelle verdure che non mi stancano mai e quando arriva la stagione li faccio molto spesso. A mio marito piacciono classicamente con le uova, io invece, che non vado pazza per le uova,  li preferisco in altri modi. A volte mi piace anche provare accostamenti diversi, e se mi convincono, li condivido. 
Questa pasta, per esempio, mi ha proprio soddisfatto



 Chitarrelle all'uovo  e curry di asparagi

per 2/3 persone

1 kg  asparagi verdi 
1 grosso  scalogno,  2 se sono piccoli
curry q.b.
200/250  gr spaghetti alla chitarra all'uovo
poco prezzemolo
olio, sale, pepe bianco


Pulite gli asparagi spezzandone il fondo, lasciateli a bagno in acqua fredda qualche minuto dopodichè scolateli e con un coltello ben affilato ricavatene delle losanghe abbastanza sottili tagliandoli in diagonale dal lato lungo e lasciando intere le punte.
Tritate lo scalogno.
In una larga padella, meglio se antiaderente, scaldate un goccio d'olio, unite lo scalogno e lasciatelo insaporire un po' poi aggiungete anche gli asparagi preparati.
Mescolate e lasciate cuocere qualche minuto poi coprite il tutto con un filo d'acqua calda,  non troppa perchè cuoceranno in breve tempo. Salate e pepate.
Poco prima che siano cotti, aggiungete il curry. Qui ne ho usato un cucchiaino, ma meglio regolarsi secondo il proprio gusto e secondo il tipo di curry. Il mio era abbastanza dolce. Una volta cotti, frullatene un terzo col minipimer e rimettete la crema  ottenuta nel tegame insieme al resto degli asparagi.
Cuocete le chitarrelle in abbondante acqua salata, quando sono cotte  al dente scolatele e versatele nel tegame degli asparagi, fatele saltare qualche secondo in modo che si amalgamino bene con il condimento, profumate il tutto con un pizzico di prezzemolo tritato e......buon appetito!

domenica 13 aprile 2014

di mandorle, di arance e di ricordi

1° ottobre 1955  il mio primo giorno di scuola. .
La mattina mia madre mi svegliò presto, mi aiutò a vestirmi e mi infilò il mio grembiulino bianco, fresco di stiratura, chiese a una inquilina di quella casa di ringhiera di badare alla portineria e mi accompagnò a scuola. L'unico, solo giorno della mia vita in cui andai a scuola accompagnata.
Per arrivare alla scuola di Piazza Sicilia il percorso era abbastanza lungo, tutta la via S. Siro, Piazza Wagner, Piazza Piemonte, e alla fine la scuola e Via Sardegna.. Un edificio grigio a due piani, con grandi finestroni, un po' triste e austero, come tanti edifici costruiti ai primi del '900.
Quando arrivammo in vista della scuola, mi prese un po' di paura, non avevo idea di quello che mi aspettava, di chi sarebbero state le mie compagne, e soprattutto non sapevo come fosse la maestra.
Perché la maestra, nell'immaginario di un bambino, è una figura importante. 
Io avevo un poco di timore...dai racconti dei miei genitori, la maestra era descritta come un cerbero munito di una lunga bacchetta con la quale ti pestava le mani o le gambe alla prima parola, o al primo errore.
Ricordo quella piccola scalinata con le ringhiere, affollatissima di mamme e bambini in grembiule bianco. E un vociare continuo che si acquietò non appena comparve la direttrice per fare l'appello delle classi. Non dovetti aspettare molto perché finii per essere chiamata quasi subito.
Dunque ero in Prima A. E le classi, a quel tempo, erano tutte o femminili o maschili. Niente classi miste.
Mia madre mi accompagnò in classe insieme alle altre bambine e alle loro mamme. E lì conobbi quella che sarebbe stata la mia maestra. Si chiamava Zina Tresoldi.
Pochi minuti per presentarsi e le mamme vennero congedate. E mentre pian piano le mamme uscivano dalla classe, io osservavo la maestra...
Una donna di mezza età, con i capelli di lunghezza media, tinti di quel grigio argento con quello che un tempo chiamavano cachet, ondulati e con una pettinatura anni '20... un viso largo, e un sorriso accogliente, così mi parve all'inizio.
Ricordo che mi colpirono i suoi occhi, ne aveva uno mobilissimo, il sinistro, che sembrava andare per fatti suoi.
Negli anni, ogni volta che facevamo un compito in classe, quell'occhio era sempre rivolto verso di noi, mentre l'altro era abbassato sul registro, come se leggesse, e noi non sapevamo mai se ci stesse guardando oppure no. Non l'ho mai capito.
Quel giorno conobbi tutte le mie compagne, fra cui anche la figlia di un noto primo violino della Scala, Cesare Ferraresi. Musicista molto conosciuto che fondò poi, nel 1968, il Trio di Milano complesso che conquistò un posto di primo piano nel concertismo internazionale.
Fu lì, in prima elementare che scoprii che il mondo non era quel posto facile e bello in cui avevo vissuto fino a quel momento.
Poco alla volta vennero a galla i favoritismi, gli aiuti indebiti, le preferenze, a scapito di quelli che non avevano un censo o non appartenevano alla stessa classe sociale della Ferraresi, o della maestra stessa.
Quante volte chiamava me e un'altra mia compagna alla cattedra e ci ispezionava davanti a tutti, capelli, collo e orecchie, e poi scendeva e esaminava minuziosamente il grembiule bianco. Non ci doveva essere nessuna macchia, nemmeno la più piccola. E a quel tempo si scriveva con l'inchiostro e il pennino.
Se ne trovava anche solo una microscopica erano note sul quaderno e lavate di capo. Eppure mia madre mi mandava a scuola pulitissima, grembiule immacolato tutte le mattine.
Chissà cosa credeva la Zina Tresoldi? Pensava forse che non abitando in case signorili come la sua o quella della Ferraresi non avessimo un posto dove lavarci? Nel mio caso era anche vero, il bagno lo facevo dentro a un grande mastello, con l'acqua scaldata sul fornello a gas, ma la pulizia e l'igiene personale sono sempre state massime in casa mia, mia madre ci teneva troppo a mandarci in giro come si deve, me e mia sorella.
Queste ispezioni erano umilianti, perché gira e rigira, le faceva quasi sempre a quelle bambine che non rientravano fra le sue preferite.
Comunque fui sempre promossa, e arrivò anche la fine delle elementari.
La Zina Tresoldi aveva 5 anni di più e probabile che con noi chiudesse la sua attività di insegnamento. Così alla fine della quinta, appena concluso l'anno scolastico, invitò tutte le alunne a casa sua, per una merenda di commiato.
Lei e sua sorella Maria Rosa, ci accolsero in un elegantissimo appartamento in Via Verga 15, all'ultimo piano, dove avevano un grande terrazzo fiorito. Il tavolo, sul terrazzo,  era apparecchiato per il the, e un sacco di pasticcini e altre cose buone facevano bella mostra nel vassoi. Ad un certo punto suona il campanello e arriva il ragazzo del bar con del sorbetto per tutti. Sorbetto all'arancia.
Me lo ricordo ancora come fosse adesso il sapore di quel sorbetto. Era forse la prima volta che ne sentivo parlare e la prima volta che ne assaggiavo. Mi rimase impresso per giorni.
Ci salutammo e da quel momento passarono moltissimi anni prima che la rivedessi. La salutai che ero bambina e la rividi che ero donna e madre.
Capitò nel 1979, aspettavo la mia seconda figlia ed ero quasi alla fine del tempo. Andammo a trascorrere una breve vacanza alle cinque terre, a Monterosso, in occasione del ponte del 25 aprile.
Ricordo che il tempo non era clemente e un pomeriggio che mio marito volle rimanere in albergo, io e mia figlia Serena uscimmo per una passeggiata, nonostante minacciasse di piovere.
Camminando lungo il mare, prima di arrivare alla galleria, lo sguardo si posa sul citofono di una bella casa, richiamato dal nome scritto: Zina Tresoldi. Un tuffo al cuore perchè di colpo ricordo che lei parlava sempre della sua casa di Monterosso. Senza starci a pensare, incoscientemente suono.
Mi risponde lei direttamente e ne riconosco subito la voce. Ci fa entrare, commossa. Mi abbraccia e accarezza mia figlia.
Parliamo per un'ora e più, e lei si ricorda perfettamente di me, perfettamente. Mi rammenta un paio di episodi che me lo confermano. Questa cosa mi destabilizza un poco perché la mia opinione di lei e dei suoi favoritismi non era granché positiva, però dopo tanti anni, tutto è stemperato nella nebbia dei ricordi, ed averla davanti in quel momento, dopo tutta una vita mi fa molto molto piacere.
La saluto a malincuore con la promessa che sarei tornata a salutarla con mio marito, che aveva chiesto di conoscere.
Purtroppo non fu possibile tornare a trovarla, dovemmo rientrare urgentemente a Milano per motivi di lavoro.
Molti anni dopo, cercando dei documenti storici per una ricerca, mi imbattei in un libro,
Volontarie della Libertà, che parlava fra le altre donne, di lei e di sua sorella. Scoprii che durante la guerra avevano aiutato per anni molte persone, ebrei e antifascisti soprattutto, a nascondersi, andando anche in carcere prima a Como e poi a S. Vittore e una volta libere per una amnistia, avevano contribuito ad organizzare la fuga rocambolesca dal carcere, di Franco Momigliano, il grande economista.
Non ho più avuto modo di vederla, di parlarle, di raccontarle quello che avevo letto su di lei, di dirle che la sua figura è stata comunque importante nel mio percorso.
Me la ricorderò per sempre, seduta su una vecchia poltrona a fiori, con un grande scialle di lana sulle spalle, la sua testa argentata, e il suo occhio ballerino che mi guarda amorevolmente mentre chiudo dolcemente la porta della stanza.

Oggi, domenica, ho preparato un dessert come tutte le domeniche, un dolce che prevede anche un sorbetto all'arancia.
Lo dedico a lei, in ricordo di quel lontano giorno a casa sua.

Ciao Zina.




Crema di mandorle, sorbetto di arance rosse e streusel alla fava Tonka

 per 6 persone


 per la crema alle mandorle
400 ml panna liquida fresca
100 gr mandorle pelate
225 gr latte di mandorla
8 tuorli
140 gr zucchero



per il sorbetto di arance rosse
400 gr succo d'arancia
1 limone, il succo
2 albumi
150 gr zucchero
2 cucchiai Cointreau, o altro liquore all'arancia


per lo streusel alla fava Tonka
50 gr farina di mandorle
50 gr burro
50 gr farina
2 cucchiai zucchero di canna
1 fava tonka

qualche fogliolina di menta per colorare


Questo dolce va preparato con un po' di anticipo rispetto al momento di servire.

Se non trovate le arance rosse, non ha importanza, sarà più giallo il sorbetto, ne risentirà solo l'estetica.

Per prima cosa preparate il sorbetto, se avete una gelatiera è una cosa veloce, altrimenti sarà un po' più laborioso ma ci si riesce ugualmente.
Spremete le arance, filtratene il succo arrivando alla dose di 400 gr.
spremete anche il limone e aggiungetelo al succo d'arancia.
Unite lo zucchero e mescolate il tutto finché è completamente sciolto.
Unite anche il liquore.
Montate a neve i due albumi e cercate di incorporarli al composto, non è facile unire una massa montata con un liquido, ma man mano che congela ce la si fa.
Se avete la gelatiera, basta versare il composto e azionare la macchina con la funzione sorbetto, altrimenti mettete il composto in una vaschetta bassa, meglio se di acciaio, o altro metallo, in modo che in freezer conduca meglio il freddo.
Mettete la vaschetta in freezer, e ogni 30/40 minuti, estraetela e mescolate il composto.
Operazione da ripetere finché tutto  è completamente congelato e amalgamato. Ci vorrà un po' evidentemente, ma alla fine il risultato sarà uguale.
Una volta pronto il sorbetto, dimenticatevelo in freezer.

Il giorno prima, tritate le mandorle, intiepidite la panna liquida, versatela in una ciotola e aggiungete le mandorle tritate. Coprite e tenete in frigorifero fino al momento dell'uso.
Al momento di preparare il dolce, filtrate la panna dalle mandorle con un colino cinese, premendole bene per estrarre tutto il liquido.  Le mandorle che resteranno non buttatele, potranno essere usate per un dolce o per un crema frangipane.
In un pentolino scaldare la panna filtrata insieme al latte di mandorla.
Mescolate le uova con lo zucchero con un cucchaio di legno, in modo da non fare schiuma.
Versate la panna calda sulle uova, a filo, mescolando fino ad amalagamare bene tutto.
Preparate degli stampi da forno, delle cocottes, degli stampi da crème brulée, quello che preferite,  dentro a una teglia che possa contenerli agevolmente.
Versate delicatamente la crema negli stampi in modo che siano più o meno tutti pari.
Mettete la teglia nel forno già caldo a 180°, versate con attenzione dell'acqua bollente nella teglia in modo che arrivi a metà degli stampi e infornate per 50 minuti, forse meno.
La crema è cotta quando al tatto è resistente. Nel caso dovesse iniziare a scurirsi, copritela con dell'alluminio.
Togliete dal forno, lasciate raffreddare la crema nel suo bagnomaria, poi coprite uno per uno gli stampi con la pellicola e tenete in frigorifero fino al momento di portare a tavola.

Ora tocca allo streusel.
In una ciotola mescolate la farina di mandorle con la farina bianca, aggiungete lo zucchero di canna, la fava Tonka grattugiata e il burro a pezzetti, freddissimo.
Con le mani mescolate tutto in modo che il burro si incorpori e il composto sia una specie di briciolame.
Foderate di carta forno una teglia bassa, sbriciolatevi sopra il composto e cuocete in forno a 180° per circa 10/15 minuti, dipende dal forno.
Se si allarga e tende ad unirsi non ha importanza, tanto poi va sbriciolato comunque con le mani, per decorare il dolce.

Al momento di portare a tavola montare il dolce.
Riprendete la crema dal frigo, sbriciolatevi in mezzo un poco di streusel,  prendete anche il sorbetto dal freezer, lasciatelo qualche attimo ad ammorbidirsi quindi fatene delle quenelles e appoggiatele sopra lo streusel. Guarnite con una fogliolina di menta.

Un dolce ottimo, una vera armonia di sapori fra arancia e mandorle.









giovedì 10 aprile 2014

pane&formaggio

mangiare da re, almeno per me.
Adoro il formaggio, ci farei pranzo e cena. Mettermi lì davanti una bella scelta di formaggi magari accompagnati dalle mie marmelline, o dalle gelatine al vino, e per alcuni anche dal miele....
Ma qui non vi parlo solo di formaggio. Vi parlo anche di pane.
Ultimamente, per motivi di dieta,  ne mangiamo raramente, ma a volte mi capita di comprarne se ho ospiti e come al solito esagero con le quantità, e poi mi ritrovo con sacchetti di pane raffermo che va a finire dentro torte paesane, o nella panada friulana, il pancotto. Ma quello piace solo a me, per cui lo faccio poco.
Stavolta,  due lunghi sfilatini sono finiti  in una ricetta collaudatissima, regalo di Marina Braito, e con le sue ricette si va sempre  sul sicuro.



 Canederli al formaggio.

per 2 o 3  persone

300gr pane raffermo
1/2 l. latte
1 uovo
250/300 gr formaggi misti
(di solito quelli che girano nel frigo)
1 cucchiaio di farina
1 manciata abbondante di erba cipollina o di prezzemolo
sale, pepe, noce moscata
brodo di carne q.b.
burro fuso q.b.
parmigiano grattugiato

Ridurre a cubetti il pane raffermo raccogliendolo in una terrina. Intiepidire il latte e versarlo poco alla volta sul pane. Meglio andare piano per vedere quanto ne assorbe, a volte dipende molto anche dal tipo di pane e da quanto è duro.
Se vi accorgete che lo assorbe bene, non occorre metterlo tutto. Io mi regolo impastando un poco con le mani. Se il pane è ancora molto asciutto aggiungo pian piano  fino a mettere tutto il latte.
Una volta versato il latte, date una leggera mescolata con le mani in modo da essere sicuri che il pane sia  tutto bagnato di latte e lasciate riposare per una mezzora.
Nel frattempo tritate grossolanamente  a coltello i formaggi.
Io ho usato Montasio, Asiago e parmigiano in uguale proporzione, ma non ha grossa importanza il tipo di formaggio, di solito uso quelli che girano in frigorifero da un po'. Un ottimo modo per consumare i tanti pezzi iniziati  che rimangono.
Mettete a scaldare il brodo.
Sbattete l'uovo, aggiungete sale, pepe e noce moscata e versatelo sul pane ammorbidito,  con le mani mescolate bene, però alla fine si dovranno ancora sentire dei cubetti di pane morbidi,  non del tutto sfatti.
Aggiungete il formaggio tritato  la manciata abbondante di erba cipollina o di prezzemolo tritato.
Mescolate nuovamente molto bene, poi, con le mani inumidite formate i canederli, abbastanza grossi, appoggiandoli man mano su un vassoio spolverato di farina.
Una volta che il brodo  sta per bollire, abbassate il fuoco e aspettate che l'ebollizione sia solo un fremito, quindi mettete delicatamente i canederli nel brodo caldo e lasciateli cuocere qualche minuto.

Scolateli man mano con una schiumarola,  posandoli direttamente nei piatti e conditeli con abbondante con l burro fuso e altrettanto abbondante parmigiano.

Io li preferisco di gran lunga a quelli di carne, spero che piacciano anche a voi.




 

lunedì 7 aprile 2014

ricette "senza"

senza glutine per esempio, o senza lattosio, che oggi sempre più ci sono intolleranze e allergie, e la celiachia è in aumento.
A volte capita di avere a tavola amici con problemi di questo tipo, e ogni volta bisogna stare molto attenti alle contaminazioni, e a cercare cibi adatti che siano anche piacevolmente appetibili, che soddisfino occhi e palato.
Quello che vi suggerisco  è un ottimo stuzzichino, bello colorato da vedere ma anche molto buono.
E' la variazione di una ricetta di Trish Deseine, che  la cuoca petulante pubblicò anni fa. Mi aveva molto colpito e da allora l'ho fatta e rifatta innumerevoli volte, sempre con molto apprezzamento, ed è perfetta per chi ha intolleranze al glutine e al lattosio.
E' davvero golosa, e non ringrazierò mai abbastanza Chiara, la cuoca petulante, di averla condivisa.


Hummus di piselli

300 gr piselli freschi o surgelati
1 cucchiaio colmo di pistacchi
1 cucchiaio colmo di mandorle pelate
1 cucchiaio e 1/2  di Tahina
mezzo spicchio d'aglio
sale, pepe bianco
pepe rosa per decorare
poco olio



nel cestello per la cottura a vapore della pentola a pressione, cuocete i piselli finchè sono morbidi morbidi.
Eliminate la pellicina rossa dai pistacchi, sbollentandoli e lasciandoli nell'acqua qualche minuto, verrà via senza fatica.
In un  padellino tostate leggermente le mandorle e lasciatele raffreddare
Nel tritatutto tritate molto bene sia le mandorle che i pistacchi, separatamente.
Una volta cotti i piselli, conservate un poco della loro acqua di cottua e  metteteli in una alta ciotola, o direttamente  nel bicchiere del minipimer. Aggiungete il mezzo spicchio d'aglio a cui sarà meglio dare una grossolana tritata, le mandorle, i pistacchi tritati e la tahina. Frullate molto bene il tutto a crema, che dovrà essere perfettamente liscia. Se fosse troppo densa, allungate poco con un goccio dell'acqua di cottura dei piselli fino alla consistenda desiderata. Un giro d'olio, una macinata di pepe e regolate di sale.
Trasferite la crema  in una ciotola e tenete in frigorifero.
Prima di servirla, colorate con del pepe rosa.

Un ottimo intermezzo, uno stuzzichino da aperitivo, o un antipasto da servire con crostini o crackers, o grissini, magari per chi è celiaco con del pane fatto con le farine apposite...

Si fa notare per il suo bel colore ed è veramente molto buono..


sabato 5 aprile 2014

sperimentando

di solito non amo il pesce crudo, lo preparo per gli uomini di casa che invece lo apprezzano molto.
Qualche volta però vengo colpita da una ricetta, da un modo di preparalo o di presentarlo che mi fa desiderare di assaggiare. Tranne il salmone, che proprio non ce la faccio perché lo sento viscido,  va a finire che poi  apprezzo anch'io.
Rimettendo ordine fra le millemila riviste di cucina che ho collezionato nel corso degli anni, e da cui, anche se vorrei tanto, mi è difficile separarmi, sono capitata su un vecchio Sale&Pepe e la mia attenzione è stata attratta da una ricetta un po' insolita e  mi son detta perché non provare a sperimentare accostamenti inusuali?
Beh, il risultato mi ha molto sorpreso, favorevolmente sorpreso. E' una ricetta molto facile, ci vuole solo il tempo del riposo. Una ricetta che potrebbe anche essere dietetica, visto che non contempla nessun tipo di condimento grasso.
Eccola qui:



Ceviche di tonno al latte di cocco

per due persone

500 gr filetto di tonno fresco
4 lime
200 cc latte di cocco
1 pizzico di  peperoncino piccante a pezzetti
mezza cipolla
qualche foglia di lattuga
1 cetriolo non troppo grande
3 o 4 pomodorini ciliegini
sale



Se non è già stato abbattuto dalla pescheria, alcune lo fanno,  mettete in freezer il filetto di tonno avvolto in un foglio di carta forno, e poi nella pellicola, per 24 ore, dopodichè lasciatelo scongelare in frigorifero.
Una volta pronto, lavatelo e asciugatelo  poi appoggiatelo sul tagliere e dividetelo in bastoncini e quindi in piccoli dadi di circa mezzo centrimentro per lato.
Raccogliete tutto il tonno in una ciotola.
Ammorbidite un poco i lime, premendoli con il palmo della mano facendoli rotolare sul piano di lavoro.
Spremeteli con lo spremiagrumi e versate 2/3 del succo sui bocconcini di tonno. Mescolate bene, coprite con la pellicola e lasciate in frigorifero a marinare per  2 ore.
Mettete nel frattempo a bagno in acqua fredda, la mezza cipolla tagliata a fettine sottili.
Trascorso il tempo, riprendete il tonno, scolatelo bene dalla marinata, trasferitelo in un altra ciotola, e aggiungere il sale, la cipolla sgocciolata ed asciugata, il peperoncino, il  succo di lime rimasto e il latte di cocco, una bella mescolata e via.... Sigillate nuovamente il tutto e rimettete in frigorifero per almeno 6 ore. Io l'ho preparato la sera e ce l'ho lasciato  fino al momento del pranzo del giorno dopo.
Poco prima di mettere a tavola, sbucciate il cetriolo eliminandone le estremità, lavatelo e asciugatelo poi  tagliatelo a metà per il lungo e con uno scavino, o un cucchiaino, eliminate i semi interni. Riducete anche il cetriolo in piccola dadolata.
Se non vi piace il cetriolo potete aggiungere cubetti di mela croccante.
Lavate e asciugate i pomodorini, tagliateli a metà ed eliminate i semi interni, quindi riducete anche questi a piccoli pezzetti.
Lavate e asciugate con delicatezza delle foglie di lattuga.
In un alto bicchiere, o in una coppa,  posate le foglie di lattuga, quindi il tonno ben scolato dal liquido, guarnite con i dadini di cetriolo e di pomodorino e servite.

Il primo assaggio mi ha conquistato, il lime era appena percettibile e il latte di cocco ha regalato estrema morbidezza, in un mix di sapori perfettamente bilanciati.

Una ricetta da rifare assolutamente, perfetta per l'estate in arrivo....




giovedì 3 aprile 2014

Fine stagione



eh sì, ormai  la stagione delle arance, almeno per me,  è finita. Quelle che trovi in giro ormai non hanno più quella freschezza e il loro pieno sapore. 
Quest'anno, grazie  ad Arance da gustare ho potuto  finalmente trovare arance davvero ottime, succose e dolci come non mi capitava da un po'.
Mi sono anche  fatta una bella scorta di scorza grattugiata, l'ho congelata per quando mi verrà voglia di qualche dolce all'arancia anche in pieno agosto.
Ne ho usate parecchie per fare ricette salate, come avrete già visto, e molte per i dolci.
L'ultimo, che chiuderà la serie dei dolci all'arancia, è uno dei miei classici, la prima bavarese che ho fatto in vita mia, secoli fa. Un dolce a cui sono molto legata, e che mi ha sempre regalato soddisfazioni.




Bavarese all'arancia

per la bavarese:

2 arance non trattate
200 gr zucchero
4 tuorli
3 dl. latte
1/2 l. panna liquida fresca
10/12  gr gelatina in fogli
3 cucchiai di Grand Marnier, o Cointreau, o Aurum
o altro liquore all'arancia


per guarnire:

una  o più  arance pelate a vivo
(dipende dallo stampo prescelto)
pochi pistacchi
poca scorza di arancia candita 



Grattugiare la scorza delle due arance non trattate, ben lavate e asciugate, avendo cura di non arrivare alla parte bianca, l'albedo.
Scaldare il latte, aggiungere la scorza grattugiata, spegnere e lasciare in infusione per almeno mezz'ora.
Poi aggiungere il succo filtrato di una arancia e mezza.
Ammollare la gelatina in acqua fredda.
Montare i tuorli con lo zucchero finchè sono gonfi e spumosi, versarvi sopra il latte a filo e rimettere su fuoco dolce cuocendo la crema finchè velerà il cucchiaio
A questo punto aggiungere la gelatina ben strizzata, il liquore scelto, e sempre a fuoco bassissimo, mescolare finchè tutto è perfettamente amalgamato e sciolto.
Filtrare la crema attraverso un colino a maglie fitte e lasciar raffreddare completamenet  il tutto, mescolando ogni tanto affinché non inizi ad addensarsi.
Montare la panna. Qui dipende da che consistenza desiderate per la bavarese, se la volete più moussosa, bisogna che la panna sia montata a neve. Se invece la volete classica, la panna sarà semimontata.
Nel primo caso ci vorrà più pazienza e tempo per incorporarla alla crema di arancia, nel secondo caso sarà un po' più facile.
Io stavolta ho semimontato  la panna, per fare più presto. Ma di solito, con questo dolce, mi piace più sostenuta.
Una volta preparata la panna secondo le nostre preferenze, incorporarla delicatamente alla crema d'arancia pefettamente fredda, in modo che alla fine sia completamente liscia e omogenea.
Foderare di pellicola uno stampo a piacere. Io ne ho scelto uno da zuccotto, perchè avevo in mente di  realizzare una cupola da coprire poi con le arance a rondelle.
Versarvi il composto, sigillare con la pellicola e tenere in frigorifero fino al momento di servire.
Nel frattempo sbollentare i pistacchi  e lasciarli a bagno qualche minuto, dopodichè sgusciarli eliminando la pellicina scura. Lasciarli asciugare qualche minuto e poi tritarli a coltello.
Una volta pronta la bavarese, sformarla direttamente nel piatto da portata.
Pelare a vivo le arance che serviranno a decoare e con un coltellino affilato tagliarle a rondelle abbastanza sottili.
Coprire la cupola di bavarese con le fette di arancia, per coprire il centro bianco delle fette, un poco antiestetico da vedere, meglio metterci un pezzetto di candito all'arancia, o un pistacchio intero, sbucciato.
Colorare la base  del piatto spargendo i pistacchi tritati tutto intorno.





Una fine stagione davvero golosa!