...guardo la tv, pochissimo in verità, e solo per qualche particolare trasmissione, però ogni tanto mi capita di sintonizzarmi sul canale del Gambero Rosso, e secondo quello che sta andando in onda mi soffermo a guardare. Dipende da chi c'è in quel momento e da cosa sta facendo.
L'altra settimana, facendo una capatina in tarda mattinata, sono capitata sul programma di Igles Corelli e la sua cucina circolare.
Siccome è uno di quegli chef che mi piace per la semplicità delle sue preparazioni e per la capacità che ha di spiegare, mi son fermata a guardarlo.
Fra le altre cose ha preparato degli sgombri, semplici semplici, ma mi è piaciuto molto il contrasto di sapori e di colori di quel piatto, così ho pensato fra me e me che quella ricetta l'avrei sicuramente fatta.
Il giorno dopo, al banco pescheria della Coop che bazzico e dove trovo sempre pesce molto fresco, c'erano proprio dei begli sgombri. Giusto a fagiolo...
Filetti di sgombro al rosmarino, topinambur e crema di lattuga
per due o tre persone
4 piccoli sgombri
400 gr topinambur
1spicchio d'aglio
1 piccolo cespo di lattuga romana
olio e.v. di buona qualità
sale, pepe
rosmarino
una noce di burro
pulite gli sgombri, eliminate la testa, lavateli e asciugateli.
Foderate di carta forno una teglia, mettete un filo d'olio. Appoggiatevi gli sgombri ben allineati, e nella pancia di ognuno mettete un rametto di rosmarino, così
Scaldate il forno, ventilato, a 180°.
Nel frattempo pelate i topinambur con la mandolina, lavateli, asciugateli e affettateli sottilmente.
In una piccola padella scaldate un goccio d'olio insieme allo spicchio d'aglio, aggiungete i topinambur e cuoceteli a fuoco basso fino a quando iniziano a disfarsi, regolate di sale e di pepe. Non aggiungete liquidi, se non in pochissima quantità, perchè alla fine dovrete avere una crema densa con cui si possano fare delle quenelles.
Una volta cotti, eliminate l'aglio e passateli al minipimer fino ad avere una crema densa, e tenete in caldo.
Infornate gli sgombri e mentre cuociono, ci vorranno circa 20 minuti, forse meno, preparate la crema di lattuga.
Prendete dal cespo le foglie esterne, quelle più sane, e verdi.
Lavatele intere, quindi riducetele a striscioline tagliandole col coltello.
Scaldate un altro goccio d'olio in una padella antiaderente, aggiungete la lattuga romana tagliata e mescolate per qualche minuto, senza cuocerla troppo. Frullate anch'essa a salsa e passatela al colino fine, premendo bene per ottenerne il succo, regolate il sale e mettetelo in un pentolino e poi su fuoco dolce fino a che si sarà ridotto della metà. Togliete dal fuoco e aggiungete una piccola noce di burro molto freddo, mescolate roteando il pentolino, il burro e la differenza di temperatura addenseranno la salsa.
Spinate gli sgombri che ormai saranno pronti, versate un velo di crema di lattuga nel piatto, fate un paio di quenelles di topinambur aiutandovi con due cucchiai, appoggiatevi sopra i filetti di sgombro. Un pizzico di sale Maldon, o altro sale dolce, e un filo d'olio buono completeranno il tutto.
Lui aveva decorato con dei bellissimi fiori viola di borragine, e io, non avendoli, ci ho messo un pizzico di petali di fiordaliso e una cimetta di rosmarino.
Bella da vedere questa ricetta, ma soprattutto da mangiare. Buonissima e semplice semplice, che si fa più presto a farla che a scriverla.
Grazie chef!!
domenica 29 novembre 2015
mercoledì 25 novembre 2015
ricette ritrovate
Ci andavo con una amica, moglie del socio di mio marito, e con i suoi figli. I mariti lavoravano in città e noi eravamo le classiche mogli al mare coi bambini. Tipico stereotipo da cinema degli anni '60....
Avevamo scelto Cervia perchè almeno il venerdì sera gli uomini potevano raggiungerci abbastanza velocemente per trascorrere il fine settimana tutti insieme. Erano i rampanti anni '80, quelli della Milano da bere, e quando arrivava il venerdì le autostrade per il mare erano intasate da lunghe code di auto. Erano i mariti che raggiungevano la famiglia.
Non che al giorno d'oggi sia molto diverso, le code ci sono sempre e forse pure peggio di allora..
Ricordo che il nostro era un alberghetto molto dignitoso, abbastanza vicino al mare, che raggiungevamo in 5 minuti a piedi, gestito da una famiglia. Non so se lo ritroverei, non ne ricordo più il nome, e credo che sia tutto cambiato ormai, in quasi quarant'anni. Ho provato a cercarlo attraverso Google e le relative mappe, penso di averlo individuato nell'attuale Hotel Alma, ma non ne sono del tutto sicura.
Ma ci si stava molto bene, poche camere essenziali, linde, luminose e accoglienti, e un trattamento familiare che ti faceva sentire come a casa. Stavamo talmente bene che alla fine ci siamo andati per diversi anni a fila, sempre a Luglio.
Ci si mangiava sempre molto bene, ricordo che in cucina c'era la nonna, l'azdora di casa, a sovrintendere tutto. E ogni giorno c'era sempre qualcosa fuori menu, poteva essere un antipasto di pesce, un secondo in più, oppure un dolce.
E infatti uno di quei dolci serviti a sorpresa mi è rimasto nella testa per tutti questi anni. Ne ricordo perfettamente il sapore e la consistenza, e la croccante presenza delle mandorle che gli davano un tocco particolare. Una specie di budino morbido ma consistente, profumatissimo.
Stupidamente non mi sono mai ricordata di chiederne la ricetta, ogni anno mi dicevo: l'anno prossimo gliela chiedo, e poi andava a finire che partivamo e me ne ricordavo mentre ero sulla strada del ritorno.
Telefonare apposta per la ricetta non mi pareva carino, per cui rimandavo all'anno successivo, e rimanda rimanda, alla fine abbiamo smesso di andarci e così non ho più avuta occasione di parlarne.
Devo dire che in quel periodo non avevo molto tempo da dedicare alla cucina. Ero assorbita dal lavoro, dalle figlie, da tutta una serie di cose e di problemi per cui la cucina , nonostante fosse una passione, era ridotta a mera sussistenza. Ma il ricordo di quel dolce è rimasto nella mia memoria, nascosto in chissà quale piega o cassetto. Ogni tanto entrando in qualche pasticceria, o anche dal panettiere a volte, venivo investita da un profumo che riportava in superficie quel ricordo e allora iniziavo a spignattare cercando di ritrovare quel sapore, quel profumo.
Ho provato tantissime volte a riprodurlo questo dolce, andando un po' a naso, ma il risultato di tutte quelle prove non mi ha mai soddisfatto pienamente per cui ci avevo praticamente rinunciato. Ho deciso che lo avrei conservato nella memoria, fra i ricordi più dolci.
Poi un pomeriggio in cui mi son persa a curiosare fra millemila blog, eccolo lì, bello, ambrato e perfetto, che riempie il video. Un dolce che assomiglia in tutto e per tutto a quello che vado cercando da una vita.
Avevo già pensato al dolce della domenica, però mi son salvata la ricetta.
Scorrendola mi sono accorta che poteva essere molto simile a quello che ricordavo, anche se non c'era traccia di cannella, mentre io ero sicura che ci fosse, così ho fatto di testa mia, usando la ricetta trovata come canovaccio.
Volevo assolutamente ritrovare quel sapore, quel profumo e l'ho preparato.
Budino di pane e mandorle
vi riporto la ricetta con le mie aggiunte
750 ml latte
7 uova intere
100 gr pane raffermo
180 gr zucchero
100 gr mandorle pelate
la scorza di una arancia non trattata, grattugiata
(la ricetta dice di usare il limone ma io ho preferito l'arancia)
1 cucchiaino di essenza di vaniglia
mezzo cucchiaino di cannella
2 cucchiai di Rhum
per il caramello:
200 gr zucchero
3 cucchiai d'acqua
per completare il dolce:
100 ml di panna liquida fresca
una manciata di mandorle a lamelle
Preparate il caramello. In un pentolino mettete lo zucchero insieme a poca acqua, tre cucchiai saranno sufficienti. Non mescolate mai mentre cuoce. Piuttosto, se serve, muovete il pentolino roteandolo in modo che l'acqua arrivi a bagnare tutto lo zucchero.
Lasciate caramellare fino a che il caramello assume un bel colore dorato. Togliete dal fuoco un momento prima che diventi troppo dorato, il calore continuerà a cuocere lo zucchero e rischiereste di bruciarlo, rendendolo amaro e vanificando tutto.
Caramellate benissimo e abbondantemente uno stampo da budino da 1,5 l. Io ho usato uno stampo da Kughelupf un poco più capiente. Ma dove ci sta il tanto, ci sta anche il poco.
Lasciate indurire il caramello nello stampo.
Affettate o spezzettate il pane raffermo, mettetelo a bagno nel latte per circa un'ora o poco più, finchè il pane si disfa completamente. Fate attenzione a che stia ben coperto di latte.
Mettetelo sul fuoco insieme a 120 gr di zucchero e fatelo cuocere mescolando spesso, fino a farlo diventare una crema densa. Aggiungete a questo punto la cannella, la vaniglia e la scorza grattugiata dell'arancia. Se preferite potete usare la scorza di un limone non trattato, ovviamente.
Lasciate raffreddare completamente, poi trasferite il pane col latte nel mixer, aggiungete le uova e il rhum e il restante zucchero e frullate tutto fino ad avere una crema perfettamente liscia e omogenea.
A questo punto tritate le mandorle, lasciandone qualcuna più grossolana, e aggiungetele al composto. Mescolate bene e versate tutto nello stampo caramellato.
Cuocete il dolce a bagnomaria, in forno già caldo a 180°, statico, per circa 50 minuti, o poco più, dipende dal forno. E' pronto quando al tatto è sodo e compatto.
Nei primi 15 minuti, tenetelo coperto con un poco di alluminio, poi eliminatelo e finite la cottura.
Lasciatelo nel forno, dentro il suo bagnomaria, ma con lo sportello socchiuso, fino a completo raffreddamento, poi trasferitelo in frigorifero.
Io ce l'ho lasciato tutta la notte. Poco prima di servire, tostate leggermente le mandorle in forno o, per fare prima, in un padellino antiaderente, smuovendole spesso perchè non si brucino.
Toglietele e lasciatele raffreddare in un piattino. Montate la panna a neve ferma.
Sformate il dolce su un piatto leggermente concavo che possa contenere il caramello che inevitabilmente un po' si sarà sciolto. Con una sac à poche e bocchetta spizzata, riempite il foro centrale di panna montata, cospargete tutto con le mandorle tostate e servite.
beh, se non è lui, gli assomiglia molto.
Inutile dire che l'ho assaggiato ad occhi chiusi....profumo e sapore c'erano tutti.
E poi è un dolce semplice, talmente facile che è persino imbarazzante.
Ma alle cose semplici, alla fine, torniamo sempre.
Contenta io.
e grata a questo chef Francesco che ha un bellissimo blog e che mi ha fatto ritrovare un dolce davvero speciale.
domenica 15 novembre 2015
Benvenuti agrumi
è iniziata la stagione, si incominciano a vedere ormai dappertutto, nei negozi e nei supermercati.
Di solito non ne compro ad inizio stagione, non sono ancora dolci come piace a noi, aspetto un po' ancora, ed ho il mio fornitore preferito, Arance da gustare, che mi spedisce a casse, direttamente da Acireale, una miscellanea di mandarini, cedri, limoni, mandaranci e aranci di ottima qualità.
Ma l'altro giorno sono entrata dal mio solito fruttivendolo cercando dei frutti della passione, che non ho trovato fra l'altro, anche se il negozio è sempre molto fornito, e ho adocchiato dei bellissimi bergamotti. E' raro trovarne, e non mi sono fatta scappare l'occasione.
Avevo in mente una ricetta da fare con questo agrume, ma disperavo di poterla realizzare, vista la difficoltà di reperimento. E invece......
Già che c'ero ho preso anche qualche arancia, giusto per sentire come sono, al limite ne farò spremuta...
Complici gli agrumi le realizzazioni son diventate due...
Polpettine di gamberi e sogliole in brodo di pesce al bergamotto
per le polpettine:
2 piccole sogliole
700 gr di gamberi grandi
1 cucchiaio abbondante di farina di riso
2 albumi
poco prezzemolo
poco aglio
sale, pepe bianco
per il fumetto:
le teste e i carapaci del gamberi
le carcasse e i resti delle sogliole
1 carota
1 costola di sedano
1 scalogno
1 foglia di alloro
qualche grano di pepe nero
mezzo bicchiere di vino bianco
un goccio d'olio buono
sale, pepe
per completare il piatto:
il succo filtrato di un bergamotto maturo
qualche fogliolina di origano, o di altra erba aromatica, solo per colorare il piatto
Per prima cosa meglio preparare il fumetto, perchè andrà filtrato molto bene, per eliminare tutte le impurità e ricavarne un liquido limpidissimo. Per farlo bisognerebbe procurarsi dei filtri in carta da enologia. A Milano li trovo da Enosacchi, in viale Carlo Troya, ma credo che si possano trovare anche in rete.
A depurarsi passando attraverso questi filtri ci mette parecchio tempo, per cui meglio prepararlo in anticipo.
Non li trovaste, credo vadano bene anche quelli per il caffè, oppure bisognerà filtrare e rifiltrare attraverso una tela o una garza fitta.
Sgusciate i gamberi, eliminate il budelletto e conservate teste e carapaci. Sfilettate le sogliole, eliminate la pelle e tagliate a pezzi le carcasse.
In una pentola scaldate un filo d'olio, aggiungete il sedano, la carota e lo scalogno tritati grossolanamente, lasciate insaporire, aggiungete la foglia di alloro, le teste e i carapaci dei gamberi, i pezzi delle carcasse delle sogliole , salate, pepate, fate cuocere mescolando ogni tanto e poi sfumate con il vino bianco,
Una volta evaporato, coprite di acqua calda e lasciate sobbollire per circa mezz'ora. Dopodichè filtrate il liquido dalle verdure e dalle carcasse e iniziate a chiarificarlo attraverso un filtro di carta come ho spiegato sopra.
Si dovrà ottenere un liquido dorato, trasparente.
Tenete da parte, meglio in frigorifero ovviamente.
Preparate ora l'impasto per le polpettine.
Dopo aver lavato e asciugato i filetti di sogliola e i gamberi scusciati, su un tagliere tritate a coltello, molto finemente, i filetti di sogliola raccogliendoli poi in una ciotola.
Passate i gamberi nel tritatutto, usando la velocità ad impulsi in modo di non stracciare troppo la polpa.
Basteranno tre o quattro impulsi.
Unite il trito di gamberi al trito di sogliola.
Aggiungete 2 albumi di uova medie, la farina di riso, un cucchiaio di trito di prezzemolo e aglio, molto fine, regolate di sale e di pepe bianco, mescolate bene il tutto fino ad avere un impasto abbastanza omogeneo e maneggiabile senza problemi. In caso fosse troppo morbido, aggiungete poca farina di riso fino ad arrivare alla consistenza giusta per poter appallottolare l'impasto fra le mani.
Preparate le polpettine rotolando un poco di impasto fra le mani, mettetele man mano in un cestello per la cottura a vapore.
Preparate una pentola in cui appoggiare il cestello, aggiungete un goccio di vino bianco all'acqua di cottura e procedete alla cottura a vapore per circa 15/20 minuti..
Una volta cotte, prendete il brodo di pesce dal frigorifero e scaldatelo.
Spremete il bergamotto, filtrate accuratamente il succo.
Versatelo a cucchiaiate nel brodo e assaggiate ad ogni passaggio e ferrmatevi quando il sapore vi aggrada.
Il bergamotto è leggermente amarognolo e se ne versate troppo rischiate di pregiudicare il risultato finale.
Dovrà essere un sentore fresco e delicatamente aromatico, che contrasterà con la dolcezza del gambero.
Regolate il sale a questo punto e mescolate per farlo sciogliere bene.
Versate alla fine un poco di brodo al bergamotto in un piatto fondo, appoggiatevi tre o quattro polpettine di gambero cotte a vapore e decorate con qualche piccola fogliolina di origano, oppure tagliuzzate dell'erba cipollina, o pensate a qualche altra erba aromatica verde a foglia piccola, per dare colore al piatto.
Ho cotto parte delle polpettine a vapore, il resto invece l'ho preparato così:
Polpettine di gamberi e sogliole impanate, crema di topinambur all'arancia e chips di topinambur
per la crema di topinambur:
300 gr topinambur, pesati puliti
poco burro
poco latte
il succo di mezza arancia
poca scorza per decorare
sale, pepe
per le chips di topinambur:
un piccolo topinambur, di forma regolare
poco olio d'oliva
pelate i topinambur, affettateli e tritateli grossolanamente.
Tenete da parte un piccolo topinambur, lavatelo accuratamente lasciando la scorza. Affettatelo con la mandolina e bagnate le fette con un goccio di limone perché non anneriscano.
Fondete una noce di burro e aggiungete i topinambur tritati, lasciate insaporire qualche momento, poi coprite tutto con del latte. Regolate di sale e di pepe e portate a cottura a fuoco basso, mescolando spesso e aggiungendo poco latte alla volta se si asciugasse troppo senza che la verdura sia cotta.
Verso fine cottura, unite il succo della mezza arancia e lasciate che la crema si asciughi. In ogni caso non deve essere troppo densa.
Passatela al minipimer una volta pronta, tenete in caldo.
In un padellino antiaderente, scaldate un goccio d'olio e friggete velocemente le chips di topinambur, senza farle scurire troppo. Scolatele su della carta paglia e tenete da parte.
Prendete le polpette di gamberi e sogliola della preparazione precedente, passatele nel pane grattugiato e friggetele in olio d'oliva ben caldo.
Scolatele su della carta paglia per eliminare l'eventuale olio in eccesso.
Nel piatto, fate un velo di crema di topinambur, appoggiatevi le polpettine fritte e decorate con le chips di topibambur.
Servite tutto ben caldo.
Ecco...come diceva quella pubblicità? Due is meglio che uan....
Di solito non ne compro ad inizio stagione, non sono ancora dolci come piace a noi, aspetto un po' ancora, ed ho il mio fornitore preferito, Arance da gustare, che mi spedisce a casse, direttamente da Acireale, una miscellanea di mandarini, cedri, limoni, mandaranci e aranci di ottima qualità.
Ma l'altro giorno sono entrata dal mio solito fruttivendolo cercando dei frutti della passione, che non ho trovato fra l'altro, anche se il negozio è sempre molto fornito, e ho adocchiato dei bellissimi bergamotti. E' raro trovarne, e non mi sono fatta scappare l'occasione.
Avevo in mente una ricetta da fare con questo agrume, ma disperavo di poterla realizzare, vista la difficoltà di reperimento. E invece......
Già che c'ero ho preso anche qualche arancia, giusto per sentire come sono, al limite ne farò spremuta...
Complici gli agrumi le realizzazioni son diventate due...
Polpettine di gamberi e sogliole in brodo di pesce al bergamotto
per le polpettine:
2 piccole sogliole
700 gr di gamberi grandi
1 cucchiaio abbondante di farina di riso
2 albumi
poco prezzemolo
poco aglio
sale, pepe bianco
per il fumetto:
le teste e i carapaci del gamberi
le carcasse e i resti delle sogliole
1 carota
1 costola di sedano
1 scalogno
1 foglia di alloro
qualche grano di pepe nero
mezzo bicchiere di vino bianco
un goccio d'olio buono
sale, pepe
per completare il piatto:
il succo filtrato di un bergamotto maturo
qualche fogliolina di origano, o di altra erba aromatica, solo per colorare il piatto
Per prima cosa meglio preparare il fumetto, perchè andrà filtrato molto bene, per eliminare tutte le impurità e ricavarne un liquido limpidissimo. Per farlo bisognerebbe procurarsi dei filtri in carta da enologia. A Milano li trovo da Enosacchi, in viale Carlo Troya, ma credo che si possano trovare anche in rete.
A depurarsi passando attraverso questi filtri ci mette parecchio tempo, per cui meglio prepararlo in anticipo.
Non li trovaste, credo vadano bene anche quelli per il caffè, oppure bisognerà filtrare e rifiltrare attraverso una tela o una garza fitta.
Sgusciate i gamberi, eliminate il budelletto e conservate teste e carapaci. Sfilettate le sogliole, eliminate la pelle e tagliate a pezzi le carcasse.
In una pentola scaldate un filo d'olio, aggiungete il sedano, la carota e lo scalogno tritati grossolanamente, lasciate insaporire, aggiungete la foglia di alloro, le teste e i carapaci dei gamberi, i pezzi delle carcasse delle sogliole , salate, pepate, fate cuocere mescolando ogni tanto e poi sfumate con il vino bianco,
Una volta evaporato, coprite di acqua calda e lasciate sobbollire per circa mezz'ora. Dopodichè filtrate il liquido dalle verdure e dalle carcasse e iniziate a chiarificarlo attraverso un filtro di carta come ho spiegato sopra.
Si dovrà ottenere un liquido dorato, trasparente.
Tenete da parte, meglio in frigorifero ovviamente.
Preparate ora l'impasto per le polpettine.
Dopo aver lavato e asciugato i filetti di sogliola e i gamberi scusciati, su un tagliere tritate a coltello, molto finemente, i filetti di sogliola raccogliendoli poi in una ciotola.
Passate i gamberi nel tritatutto, usando la velocità ad impulsi in modo di non stracciare troppo la polpa.
Basteranno tre o quattro impulsi.
Unite il trito di gamberi al trito di sogliola.
Aggiungete 2 albumi di uova medie, la farina di riso, un cucchiaio di trito di prezzemolo e aglio, molto fine, regolate di sale e di pepe bianco, mescolate bene il tutto fino ad avere un impasto abbastanza omogeneo e maneggiabile senza problemi. In caso fosse troppo morbido, aggiungete poca farina di riso fino ad arrivare alla consistenza giusta per poter appallottolare l'impasto fra le mani.
Preparate le polpettine rotolando un poco di impasto fra le mani, mettetele man mano in un cestello per la cottura a vapore.
Preparate una pentola in cui appoggiare il cestello, aggiungete un goccio di vino bianco all'acqua di cottura e procedete alla cottura a vapore per circa 15/20 minuti..
Una volta cotte, prendete il brodo di pesce dal frigorifero e scaldatelo.
Spremete il bergamotto, filtrate accuratamente il succo.
Versatelo a cucchiaiate nel brodo e assaggiate ad ogni passaggio e ferrmatevi quando il sapore vi aggrada.
Il bergamotto è leggermente amarognolo e se ne versate troppo rischiate di pregiudicare il risultato finale.
Dovrà essere un sentore fresco e delicatamente aromatico, che contrasterà con la dolcezza del gambero.
Regolate il sale a questo punto e mescolate per farlo sciogliere bene.
Versate alla fine un poco di brodo al bergamotto in un piatto fondo, appoggiatevi tre o quattro polpettine di gambero cotte a vapore e decorate con qualche piccola fogliolina di origano, oppure tagliuzzate dell'erba cipollina, o pensate a qualche altra erba aromatica verde a foglia piccola, per dare colore al piatto.
Ho cotto parte delle polpettine a vapore, il resto invece l'ho preparato così:
Polpettine di gamberi e sogliole impanate, crema di topinambur all'arancia e chips di topinambur
per la crema di topinambur:
300 gr topinambur, pesati puliti
poco burro
poco latte
il succo di mezza arancia
poca scorza per decorare
sale, pepe
per le chips di topinambur:
un piccolo topinambur, di forma regolare
poco olio d'oliva
pelate i topinambur, affettateli e tritateli grossolanamente.
Tenete da parte un piccolo topinambur, lavatelo accuratamente lasciando la scorza. Affettatelo con la mandolina e bagnate le fette con un goccio di limone perché non anneriscano.
Fondete una noce di burro e aggiungete i topinambur tritati, lasciate insaporire qualche momento, poi coprite tutto con del latte. Regolate di sale e di pepe e portate a cottura a fuoco basso, mescolando spesso e aggiungendo poco latte alla volta se si asciugasse troppo senza che la verdura sia cotta.
Verso fine cottura, unite il succo della mezza arancia e lasciate che la crema si asciughi. In ogni caso non deve essere troppo densa.
Passatela al minipimer una volta pronta, tenete in caldo.
In un padellino antiaderente, scaldate un goccio d'olio e friggete velocemente le chips di topinambur, senza farle scurire troppo. Scolatele su della carta paglia e tenete da parte.
Prendete le polpette di gamberi e sogliola della preparazione precedente, passatele nel pane grattugiato e friggetele in olio d'oliva ben caldo.
Scolatele su della carta paglia per eliminare l'eventuale olio in eccesso.
Nel piatto, fate un velo di crema di topinambur, appoggiatevi le polpettine fritte e decorate con le chips di topibambur.
Servite tutto ben caldo.
Ecco...come diceva quella pubblicità? Due is meglio che uan....
giovedì 12 novembre 2015
a proposito di pesce crudo...
l'altro giorno in pescheria ho visto una freschissima ricciola. Non mi è parso giusto lasciarla sul banco e me la sono portata a casa.
Al momento non avevo idea di come cucinarla, ma durante il breve viaggio in auto per tornare a casa, qualche idea è affiorata. Potevo farla al forno, semplicemente con pomodorini e vino bianco, ma non mi sembrava una fine degna, oppure avrei potuto aprirla a libro e gratinarla, ma il gratin avrebbe coperto un po' il suo sapore. La cosa migliore era forse lasciarla al naturale.
Così ho optato per una classicissima tartare. Io non amo il pesce crudo, ma qui si imponeva pensare a qualcosa di diverso, di speciale, per rendere onore a tanta freschezza.
Solo che il crudo va sempre abbattuto prima dell'uso. Mi dispiaceva anche questo, ma se la volevo fare cruda, non avevo scelta.
L'ho abbattuta, dopo averla ben sfilettata, pulita e dopo aver eliminato la pelle e con pazienza tutte le spine.....un lavoro un po' improbo, ma che va assolutamente fatto.
Comunque, ecco come l'ho arrangiata
Tartare di ricciola, gelée di lemongrass e carpaccio di uva bianca
1 bella ricciola di media pezzatura
2 steli di lemongrass fresco,
in mancanza, 2 cucchiai rasi di quello secco
1 lime
3 o 4 fettine sottili di zenzero fresco
qualche chicco d'uva Italia ben sodo
4 gr gelatina in fogli
sale, pepe bianco
olio e.v. di buona qualità
Per prima cosa preparate l'infusione di lemongrass.
Mettete a bollire 250/300 gr di acqua, aggiungete il lemongrass tagliato sottile, insieme allo zenzero. Lasciate sobbollire qualche istante, poi togliete dal fuoco e lasciate in infusione per circa una mezz'ora, aggiungete un pizzico di sale, e uno di zucchero.
Dopodichè filtrate il tutto e trasferite il liquido ambrato in un pentolino.
Ammollate la gelatina in acqua fredda. Rimettete sul fuoco l'infusione di lemongrass e quando accenna a bollire aggiungete la gelatina ammollata e strizzata. Fate sciogliere bene poi prendete un paio di bicchieri, o di coppette, e versatene un dito sul fondo. Il resto versatelo in un piatto fondo e mettete tutto in frigorifero a rassodare.
Ora preparate la tartare. Dopo aver abbattuto e riportato a temperatura i filetti di ricciola, usando un coltello affilato, procedete a tagliuzzarla in modo di avere alla fine una tartare.
Conditela con un pizzico di sale, una macinata di pepe, il succo del lime e un giro d'olio buono. Mescolatela bene, copritela e conservatela in frigorifero fino al momento di servire.
Preparate i chicchi d'uva lavati e asciugati.
Quando la gelatina è rappresa, con un bisturi da cucina, o con un coltellino dalla lama sottile e affilatissima, affettate sottilissimamente i chicchi d'uva, eliminando i vinaccioli.
Disponete le fettine di uva tutto intorno alla parte dei bicchieri, appoggiandole alla gelatina ormai rappresa.
Riprendete la tartare dal frigorifero e con l'aiuto di un cucchiaio riempite i bicchieri o le coppette che avete scelto, senza arrivare all'orlo.
Prendete la gelatina che avete colato nel piatto, tagliuzzatela con un coltello in modo da avere una specie di granita. Posatene un poca su un lato del bicchiere e guarnite con un ciuffo di maggiorana, di prezzemolo, di erba cipollina. Io in casa avevo maggiorana e ho usato quella. Giusto per dare un poco di colore perchè è tutto abbastanza omogeneo, forse troppo.
La mia idea iniziale era proprio di accompagnarla con una granita di lemongrass, che ci sarebbe stata benissimo, ma non avendo la gelatiera mi ci sarebbe voluto troppo tempo, per cui ho risolto con una gelatina.
Ma se avete tempo e voglia, la granita sarebbe il massimo! Fatta l'infusione, credo che non ci voglia molto con la gelatiera..
E' stata molto gradita, in casa c'è chi apprezza molto il crudo.
Alla mia porzione invece ho fatto fare un giretto in microonde, giusto il tempo di scottarla leggermente, e poi una volta fredda ho messo nel bicchiere e ho aggiunto la gelée di lemongrass.
Un po' insolito come connubio con l'uva, ma ci stava benissimo.
Al momento non avevo idea di come cucinarla, ma durante il breve viaggio in auto per tornare a casa, qualche idea è affiorata. Potevo farla al forno, semplicemente con pomodorini e vino bianco, ma non mi sembrava una fine degna, oppure avrei potuto aprirla a libro e gratinarla, ma il gratin avrebbe coperto un po' il suo sapore. La cosa migliore era forse lasciarla al naturale.
Così ho optato per una classicissima tartare. Io non amo il pesce crudo, ma qui si imponeva pensare a qualcosa di diverso, di speciale, per rendere onore a tanta freschezza.
Solo che il crudo va sempre abbattuto prima dell'uso. Mi dispiaceva anche questo, ma se la volevo fare cruda, non avevo scelta.
L'ho abbattuta, dopo averla ben sfilettata, pulita e dopo aver eliminato la pelle e con pazienza tutte le spine.....un lavoro un po' improbo, ma che va assolutamente fatto.
Comunque, ecco come l'ho arrangiata
Tartare di ricciola, gelée di lemongrass e carpaccio di uva bianca
1 bella ricciola di media pezzatura
2 steli di lemongrass fresco,
in mancanza, 2 cucchiai rasi di quello secco
1 lime
3 o 4 fettine sottili di zenzero fresco
qualche chicco d'uva Italia ben sodo
4 gr gelatina in fogli
sale, pepe bianco
olio e.v. di buona qualità
Per prima cosa preparate l'infusione di lemongrass.
Mettete a bollire 250/300 gr di acqua, aggiungete il lemongrass tagliato sottile, insieme allo zenzero. Lasciate sobbollire qualche istante, poi togliete dal fuoco e lasciate in infusione per circa una mezz'ora, aggiungete un pizzico di sale, e uno di zucchero.
Dopodichè filtrate il tutto e trasferite il liquido ambrato in un pentolino.
Ammollate la gelatina in acqua fredda. Rimettete sul fuoco l'infusione di lemongrass e quando accenna a bollire aggiungete la gelatina ammollata e strizzata. Fate sciogliere bene poi prendete un paio di bicchieri, o di coppette, e versatene un dito sul fondo. Il resto versatelo in un piatto fondo e mettete tutto in frigorifero a rassodare.
Ora preparate la tartare. Dopo aver abbattuto e riportato a temperatura i filetti di ricciola, usando un coltello affilato, procedete a tagliuzzarla in modo di avere alla fine una tartare.
Conditela con un pizzico di sale, una macinata di pepe, il succo del lime e un giro d'olio buono. Mescolatela bene, copritela e conservatela in frigorifero fino al momento di servire.
Preparate i chicchi d'uva lavati e asciugati.
Quando la gelatina è rappresa, con un bisturi da cucina, o con un coltellino dalla lama sottile e affilatissima, affettate sottilissimamente i chicchi d'uva, eliminando i vinaccioli.
Disponete le fettine di uva tutto intorno alla parte dei bicchieri, appoggiandole alla gelatina ormai rappresa.
Riprendete la tartare dal frigorifero e con l'aiuto di un cucchiaio riempite i bicchieri o le coppette che avete scelto, senza arrivare all'orlo.
Prendete la gelatina che avete colato nel piatto, tagliuzzatela con un coltello in modo da avere una specie di granita. Posatene un poca su un lato del bicchiere e guarnite con un ciuffo di maggiorana, di prezzemolo, di erba cipollina. Io in casa avevo maggiorana e ho usato quella. Giusto per dare un poco di colore perchè è tutto abbastanza omogeneo, forse troppo.
La mia idea iniziale era proprio di accompagnarla con una granita di lemongrass, che ci sarebbe stata benissimo, ma non avendo la gelatiera mi ci sarebbe voluto troppo tempo, per cui ho risolto con una gelatina.
Ma se avete tempo e voglia, la granita sarebbe il massimo! Fatta l'infusione, credo che non ci voglia molto con la gelatiera..
E' stata molto gradita, in casa c'è chi apprezza molto il crudo.
Alla mia porzione invece ho fatto fare un giretto in microonde, giusto il tempo di scottarla leggermente, e poi una volta fredda ho messo nel bicchiere e ho aggiunto la gelée di lemongrass.
Un po' insolito come connubio con l'uva, ma ci stava benissimo.
sabato 7 novembre 2015
Verzotte
le chiamano così. Verzotte. Dovrebbero essere i ricacci delle verze. Una volta che sono state colte, nascono appunto altre foglie che non avranno comunque la forza di avvolgersi di nuovo.
Le ho trovate al solito all'Esselunga, cellofanate a piccoli cespi e le ho comprate al volo. Usando queste, evito di comprare una verza intera, che non sempre posso usare tutta allo stesso tempo.
Conservano tutto il loro sapore, e le trovo molto eclettiche. Infatti mi sono divertita a preparare diverse cose.
Questa ricetta me l'ha ispirata l'amico Gianfranco. A parer mio un g randissimo cuoco che dà parecchi punti a tanti chef che impazzano, decisamente sopravvalutati.
Qualche giorno fa ha pubblicato su Facebook la foto di un piatto di spaghetti al nero di seppia con una tartare di ricciola appoggiati su una vellutata di pomodori confit. E la lampadina si è accesa.
La mia lampadina però non mi parlava di pesce crudo, ma di pescatrice...
Bocconcini brasati di pescatrice e verze su crema di pomodori confit
per due persone
1 piccola coda di rospo (pescatrice) intera
le foglie più grandi di qualche verzotta , quanto bastano
120/150 gr pancetta tesa, liscia.
1 bicchiere di vino bianco
poco fumetto di pesce
1 spicchio d'aglio
1 rametto di rosmarino
1 cucchiaio abbondante di mandorle a lamelle
sale, pepe
olio e.v.
per la crema di pomodori confit:
500 gr pomodorini piccadilly
timo, origano
1 cucchiaio di zucchero
sale, pepe
aglio
olio e.v.
per prima cosa preparate i pomodorini confit. Lavateli e tagliateli a metà, eliminate il grosso dei semi interni e posateli su una teglia foderata di carta forno, con la parte tagliata rivolta verso l'alto. Cospargeteli di timo, origano secco, aglio a pezzettini, una leggera spolverata di sale e di zucchero e fate un leggero giro d'olio buono.
Infornateli a 120°/140°° ventilato, in forno già caldo ovviamente, per un'ora e mezza. Sono pronti quando sono un poco avvizziti ma morbidi e profumati.
Togliete dal forno e frullateli a caldo fino ad avere una crema completamente liscia e densa.
Allungatela con un gocco d'olio e tenete da parte.
Mentre i pomodorini cuociono, sfilettate la pescatrice, pulitela dalla pelle scura e ricavatene due parti eliminando la grossa lisca centrale. Lavatela e asciugatela. Tagliate le due parti in tre tranci ciascuna.
Sbollentate in acqua salata le foglie delle verzotte, lavate e scolate. Ce ne vorranno tante quanti saranno i tranci di pescatrice, di più se sono foglie piccole
Basteranno un paio di minuti in acqua bollente, poi con una schiumarola, toglietele con delicatezza e tuffatele subito in acqua molto fredda in modo da fissare il loro bel colore verde. Stendetele su un canovaccio ben allargate e separate e tamponatele leggermente con della carta da cucina per asciugarle il più possibile.
Prendete i bocconcini di pescatrice, bardateli con la pancetta tesa, quindi avvolgeteli nelle le foglie sbollentate, legateli tutto intorno con dello spago da cucina in modo che la verza non se ne vada in giro per la padella.
In un tegame antiaderente che possa andare in forno, scaldate un goccio d'olio buono, aggiungete lo spicchio d'aglio e il rametto di rosmarino e lasciate insaporire. Adagiate con attenzione i bocconcini di pescatrice bardati, e lasciateli insaporire, senza colorire, da tutti i lati girandoli con delicatezza. Eliminate aglio e rosmarino e sfumate con il vino bianco, regolate di sale e di pepe, lasciate evaporare il vino e quando si è asciugato aggiungete un goccio di fumetto se l'avete, o di acqua calda..
Scaldate il forno a 180° e quando è caldo trasferite il tegame nel forno, coperto con della carta stagnola.
Lasciate cuocere per circa una mezz'oretta, forse meno.
Nel frattempo, in un padellino antiaderente, tostate le mandorle a lamelle, muovendolo spesso in modo che non si brucino e tenetele da parte.
Una volta cotta la pescatrice, toglietela dal forno e lasciatela riposare qualche attimo. Versate un poco di crema di pomodorini confit sul fondo del piatto. Eliminate lo spago da cucina dai bocconcini di pescatrice e allineateli sulla crema, cospargete di mandorle tostate e unite un sottilissimo filo d'olio buono e voilà.
Buon appetito!
Le ho trovate al solito all'Esselunga, cellofanate a piccoli cespi e le ho comprate al volo. Usando queste, evito di comprare una verza intera, che non sempre posso usare tutta allo stesso tempo.
Conservano tutto il loro sapore, e le trovo molto eclettiche. Infatti mi sono divertita a preparare diverse cose.
Questa ricetta me l'ha ispirata l'amico Gianfranco. A parer mio un g randissimo cuoco che dà parecchi punti a tanti chef che impazzano, decisamente sopravvalutati.
Qualche giorno fa ha pubblicato su Facebook la foto di un piatto di spaghetti al nero di seppia con una tartare di ricciola appoggiati su una vellutata di pomodori confit. E la lampadina si è accesa.
La mia lampadina però non mi parlava di pesce crudo, ma di pescatrice...
Bocconcini brasati di pescatrice e verze su crema di pomodori confit
per due persone
1 piccola coda di rospo (pescatrice) intera
le foglie più grandi di qualche verzotta , quanto bastano
120/150 gr pancetta tesa, liscia.
1 bicchiere di vino bianco
poco fumetto di pesce
1 spicchio d'aglio
1 rametto di rosmarino
1 cucchiaio abbondante di mandorle a lamelle
sale, pepe
olio e.v.
per la crema di pomodori confit:
500 gr pomodorini piccadilly
timo, origano
1 cucchiaio di zucchero
sale, pepe
aglio
olio e.v.
per prima cosa preparate i pomodorini confit. Lavateli e tagliateli a metà, eliminate il grosso dei semi interni e posateli su una teglia foderata di carta forno, con la parte tagliata rivolta verso l'alto. Cospargeteli di timo, origano secco, aglio a pezzettini, una leggera spolverata di sale e di zucchero e fate un leggero giro d'olio buono.
Infornateli a 120°/140°° ventilato, in forno già caldo ovviamente, per un'ora e mezza. Sono pronti quando sono un poco avvizziti ma morbidi e profumati.
Togliete dal forno e frullateli a caldo fino ad avere una crema completamente liscia e densa.
Allungatela con un gocco d'olio e tenete da parte.
Mentre i pomodorini cuociono, sfilettate la pescatrice, pulitela dalla pelle scura e ricavatene due parti eliminando la grossa lisca centrale. Lavatela e asciugatela. Tagliate le due parti in tre tranci ciascuna.
Sbollentate in acqua salata le foglie delle verzotte, lavate e scolate. Ce ne vorranno tante quanti saranno i tranci di pescatrice, di più se sono foglie piccole
Basteranno un paio di minuti in acqua bollente, poi con una schiumarola, toglietele con delicatezza e tuffatele subito in acqua molto fredda in modo da fissare il loro bel colore verde. Stendetele su un canovaccio ben allargate e separate e tamponatele leggermente con della carta da cucina per asciugarle il più possibile.
Prendete i bocconcini di pescatrice, bardateli con la pancetta tesa, quindi avvolgeteli nelle le foglie sbollentate, legateli tutto intorno con dello spago da cucina in modo che la verza non se ne vada in giro per la padella.
In un tegame antiaderente che possa andare in forno, scaldate un goccio d'olio buono, aggiungete lo spicchio d'aglio e il rametto di rosmarino e lasciate insaporire. Adagiate con attenzione i bocconcini di pescatrice bardati, e lasciateli insaporire, senza colorire, da tutti i lati girandoli con delicatezza. Eliminate aglio e rosmarino e sfumate con il vino bianco, regolate di sale e di pepe, lasciate evaporare il vino e quando si è asciugato aggiungete un goccio di fumetto se l'avete, o di acqua calda..
Scaldate il forno a 180° e quando è caldo trasferite il tegame nel forno, coperto con della carta stagnola.
Lasciate cuocere per circa una mezz'oretta, forse meno.
Nel frattempo, in un padellino antiaderente, tostate le mandorle a lamelle, muovendolo spesso in modo che non si brucino e tenetele da parte.
Una volta cotta la pescatrice, toglietela dal forno e lasciatela riposare qualche attimo. Versate un poco di crema di pomodorini confit sul fondo del piatto. Eliminate lo spago da cucina dai bocconcini di pescatrice e allineateli sulla crema, cospargete di mandorle tostate e unite un sottilissimo filo d'olio buono e voilà.
Buon appetito!
domenica 1 novembre 2015
una domenica a pranzo
E' tornata la stagione dei pranzi di famiglia, la domenica. Non che non ne sia contenta. Mi piace molto avere tutti i miei affetti intorno alla tavola, cucinare per loro, immaginare i visi delle mie ragazze quando, entrando in casa, cercano di indovinare cosa si nasconde sotto i coperchi delle pentole, o cosa sta cuocendo in forno, o vedere la gioia che illumina i loro occhi quando racconto tutto quello che offre la mia cucina quel giorno, soprattutto se fra i piatti presenti nella lista c'è qualcosa che amano particolarmente. E c'è sempre, naturalmente. Ho la fortuna di avere marito e generi che sono buone forchette, ed è sempre gratificante vedere come apprezzano il cibo che ho cucinato con amore per loro.
Oggi il piccolino di casa, Valerio, goloso quanto basta, mi ha chiesto: Nonna, c'è la torta?
E certo che c'è, amore di nonna!!!
Infatti, che domenica sarebbe senza un dolce?
Prima o poi mi cimenterò con quei fantastici dessert di pasticceri famosi, fatti di cremosi, di gelées, di stampi strani, di innumerevoli passaggi e preparazioni, ma devo trovare un giorno un cui posso dedicarmi solo a quello. Non so se ne sarò capace, data la mia scarsa manualità in fatto di decorazioni e precisione, sono abbastanza pasticciona, ma davvero, prima o poi lo farò.
Intanto, ho pensato a questo, che oltre ad essere perfettamente di stagione, è anche molto semplice e molto veloce da fare. Avevo parecchio da preparare e ho pensato ad ottenere il miglior risultato col minimo sforzo.
E poi sono una donna fortunata, una cara amica mi ha donato dei barattoli di una meravigliosa crema di marroni dell'Ardèche, (un dipartimento francese della zona Rodano-Alpi) che custodisco gelosamente perchè buona così, liscia e setosa così non ne conosco, e avevo anche delle piccole meringhe, fatte per utilizzare degli albumi avanzati, e allora ho pensato a questo dolce
Spuma di marroni in crosta di cioccolato
per la crosta:
250 gr wafer al cioccolato fondente (ho usato i Loacker in quadretti)
80 gr burro
per la spuma:
400 gr di crema di marroni
400 gr panna liquida
1 cucchiaio abbondante di Cointreau
1 tazzina di caffé ristretto
la scorza e il succo di mezza arancia non trattata
5 o 6 gr di gelatina in fogli
meringhe di piccola dimensione q.b.
per decorare:
marron glacés interi
piccole meringhe
cacao
Per prima cosa, con un poco di burro ungete e poi foderate il fondo di uno stampo ad anello apribile da 24 cm con un poco di carta forno bagnata e strizzata.
Fondete il burro e tritate grossolanamente nel mixer i wafer al cioccolato insieme al burro.
Versate tutto nella teglia col fondo foderato e distribuite bene tutto, facendo risalire un poco i biscotti sul bordo. Poi pressate bene il fondo per compattarlo e riponete in frigorifero il tempo che basta ad indurire tutto.
Nel frattempo mettete la crema di marroni in una ciotola, aggiungete il liquore, la buccia grattugiata della mezza arancia e anche il succo, debitatmente filtrato.
Mescolate molto bene per amalgamare tutto.
Mettete ad ammollare la gelatina in acqua fredda. Preparate la tazza di caffè ristretto e poi versatelo in un piccolo padellino e mettetelo a fuoco dolce, aggiungete la gelatina ormai morbida, ben strizzata e fatela sciogliere completamente, quindi lasciate leggermente intiepidire e versatela nella crema di marroni sempre mescolando in modo da avere alla fine una crema densa e liscia.
Montate la panna a neve ben ferma e incorporatela alla crema di marroni. Mescolate con accuratezza finché la panna è completamente incorporata e non si vedono più fiocchetti bianchi.
Riprendete la teglia con il guscio di wafer ormai solido. Allineate sul fondo delle piccole meringhe.
A questo punto, con un cucchiaio e con delicatezza per non spostare le meringhe, versate la crema dentro al guscio, livellandone alla fine la superficie.
Non preoccupatevi se supererà l'altezza della crosta di wafer.
Sigillate con della pellicola e rimettete in frigorifero fino al momento di servire.
Una volta arrivato il momento di portare in tavola, togliete la tortiera dal frigo, aprite la cerniera con delicatezza per non rovinare i bordi del dolce, quindi eliminate la carta forno dal fondo e appoggiate il dolce su un piatto, spolverate leggermente di cacao amaro e decorate con i marron glacé alternati alle piccole meringhe, spolverate anch'esse di cacao.
Temevo fosse troppo dolce, perchè la crema di marroni lo è, e in quella quantità pensavo si sentisse parecchio, ma non lo era, data la presenza della crosta al cioccolato che ha bilanciato tutto perfettamente.
L'arancia ci sta benissimo, come altrettanto bene ci sta il caffè. La presenza di entrambi fa sì che il dolce non sia affatto stucchevole, anzi.
Al taglio si presenta così, e son contenta di aver avuto l'idea di aggiungere le meringhe sul fondo. Ci stanno bene, no?
Non ne è avanzato molto, forse un paio di fette.....domani avrò modo di gustarmelo meglio....
Oggi il piccolino di casa, Valerio, goloso quanto basta, mi ha chiesto: Nonna, c'è la torta?
E certo che c'è, amore di nonna!!!
Infatti, che domenica sarebbe senza un dolce?
Prima o poi mi cimenterò con quei fantastici dessert di pasticceri famosi, fatti di cremosi, di gelées, di stampi strani, di innumerevoli passaggi e preparazioni, ma devo trovare un giorno un cui posso dedicarmi solo a quello. Non so se ne sarò capace, data la mia scarsa manualità in fatto di decorazioni e precisione, sono abbastanza pasticciona, ma davvero, prima o poi lo farò.
Intanto, ho pensato a questo, che oltre ad essere perfettamente di stagione, è anche molto semplice e molto veloce da fare. Avevo parecchio da preparare e ho pensato ad ottenere il miglior risultato col minimo sforzo.
E poi sono una donna fortunata, una cara amica mi ha donato dei barattoli di una meravigliosa crema di marroni dell'Ardèche, (un dipartimento francese della zona Rodano-Alpi) che custodisco gelosamente perchè buona così, liscia e setosa così non ne conosco, e avevo anche delle piccole meringhe, fatte per utilizzare degli albumi avanzati, e allora ho pensato a questo dolce
per la crosta:
250 gr wafer al cioccolato fondente (ho usato i Loacker in quadretti)
80 gr burro
per la spuma:
400 gr di crema di marroni
400 gr panna liquida
1 cucchiaio abbondante di Cointreau
1 tazzina di caffé ristretto
la scorza e il succo di mezza arancia non trattata
5 o 6 gr di gelatina in fogli
meringhe di piccola dimensione q.b.
per decorare:
marron glacés interi
piccole meringhe
cacao
Per prima cosa, con un poco di burro ungete e poi foderate il fondo di uno stampo ad anello apribile da 24 cm con un poco di carta forno bagnata e strizzata.
Fondete il burro e tritate grossolanamente nel mixer i wafer al cioccolato insieme al burro.
Versate tutto nella teglia col fondo foderato e distribuite bene tutto, facendo risalire un poco i biscotti sul bordo. Poi pressate bene il fondo per compattarlo e riponete in frigorifero il tempo che basta ad indurire tutto.
Nel frattempo mettete la crema di marroni in una ciotola, aggiungete il liquore, la buccia grattugiata della mezza arancia e anche il succo, debitatmente filtrato.
Mescolate molto bene per amalgamare tutto.
Mettete ad ammollare la gelatina in acqua fredda. Preparate la tazza di caffè ristretto e poi versatelo in un piccolo padellino e mettetelo a fuoco dolce, aggiungete la gelatina ormai morbida, ben strizzata e fatela sciogliere completamente, quindi lasciate leggermente intiepidire e versatela nella crema di marroni sempre mescolando in modo da avere alla fine una crema densa e liscia.
Montate la panna a neve ben ferma e incorporatela alla crema di marroni. Mescolate con accuratezza finché la panna è completamente incorporata e non si vedono più fiocchetti bianchi.
Riprendete la teglia con il guscio di wafer ormai solido. Allineate sul fondo delle piccole meringhe.
A questo punto, con un cucchiaio e con delicatezza per non spostare le meringhe, versate la crema dentro al guscio, livellandone alla fine la superficie.
Non preoccupatevi se supererà l'altezza della crosta di wafer.
Sigillate con della pellicola e rimettete in frigorifero fino al momento di servire.
Una volta arrivato il momento di portare in tavola, togliete la tortiera dal frigo, aprite la cerniera con delicatezza per non rovinare i bordi del dolce, quindi eliminate la carta forno dal fondo e appoggiate il dolce su un piatto, spolverate leggermente di cacao amaro e decorate con i marron glacé alternati alle piccole meringhe, spolverate anch'esse di cacao.
Temevo fosse troppo dolce, perchè la crema di marroni lo è, e in quella quantità pensavo si sentisse parecchio, ma non lo era, data la presenza della crosta al cioccolato che ha bilanciato tutto perfettamente.
L'arancia ci sta benissimo, come altrettanto bene ci sta il caffè. La presenza di entrambi fa sì che il dolce non sia affatto stucchevole, anzi.
Al taglio si presenta così, e son contenta di aver avuto l'idea di aggiungere le meringhe sul fondo. Ci stanno bene, no?
Non ne è avanzato molto, forse un paio di fette.....domani avrò modo di gustarmelo meglio....
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