sabato 27 aprile 2013

Echi lontani


in questi giorni così grigi e pieni di pioggia, non riesco a smettere di pensare a un mare di cristallo, a cieli tanto bassi da poterli quasi toccare, a vegetazione lussureggiante, a canoe e vele latine che solcano silenziose le acque,   a gente dagli occhi buoni, a bambini che ridono allegri anche nella più totale, sconvolgente povertà... penso a  quell'isola bellissima, in mezzo all'Oceano Indiano, l'isola rossa, il Madagascar...
Penso ai nostri bambini della missione, rivedo i loro occhi liquidi che fanno domande mute, i loro sorrisi, i loro capelli intrecciati con le perline, i volti delle loro madri, infiorati con la biacca, e la nostalgia mi stringe il cuore...
chissà la mia Justine come sarà cresciuta....le foto che mi arrivano mi mostrano una donnina in infradito e vestiti colorati, così diversa da quando l'ho incontrata la prima volta!.......Ho una voglia matta di rivederla, di stare un poco con lei...
Penso a quel paradiso quieto e splendente di profumi e allora vado ad annusare quel meraviglioso regalo  che è la vaniglia malgascia. La annuso e ritrovo quei profumi, ripercorro la strada per andarla a comprare, rivedo il capovillaggio di Nosy Komba che mi pesa un bel mazzo di bacche cicciose e morbide, profumatissime al punto che, al rientro,  in valigia tutto sapeva di vaniglia....
non se ne è andato quel profumo, ancora oggi, dopo molto molto tempo.....sono riuscita a conservarla al meglio, per mia fortuna.
Le bacche che man mano ho usato, le ho messe in infusione nella Vodka, e ora sono la felice proprietaria di oltre mezzo litro di estratto, ed è una bella comodità...
Particolarmente buona la vaniglia del Madagascar, un profumo caldo e avvolgente, forte e penetrante  ma allo stesso tempo morbido, piacevolissimo.
Il suo uso lo conosciamo tutti, soprattuto legato ai dolci, ma ci sono abbinamenti col salato che sono sorprendenti...così, dopo aver assaggiato un risotto di  Gabriele Faggionato giovane chef  di Amaltea che ha suscitato in me grande curiosità sull'uso delle spezie, ho dovuto immediatamente provare a farlo, tanto mi ha entusiasmato.  Ve lo propongo in modo che osiate.....è davvero un abbinamento perfetto!!








Risotto in crema di asparagi e burro alla vaniglia



per due o tre persone



riso Carnaroli q.b. (io calcolo due pugni a testa più due per la pentola)
1 mazzetto di asparagi verdi o di aspargina sottile (in questo caso ce ne vorranno due piccoli mazzi)
70 gr burro per mantecare
1 cucchiaino abbondante di estratto di vaniglia
oppure la vaniglia raschiata da una bacca
1 noce di burro e poco olio
1o 2  cipollotti freschi, se son grossi  ne basta uno
sale, pepe


Lasciar ammorbidire il burro in una ciotola  fuori dal frigorifero e una volta pronto, aggiungere l'estratto di vaniglia o i semini della bacca raschiata ben bene. Lavorarlo a crema per qualche minuto in modo che la vaniglia sia perfettamente amalgamata quindi  arrotolarlo in un poco di pellicola e rimetterlo in frigorifero a indurire.
Mondare gli asparagi, conservando anche i gambi spezzati di scarto.
Lavare bene il tutto lasciandoli un poco a bagno in modo che si liberino di eventuale sabbia.

Tagliare a pezzi gli asparagi che andranno cotti, tenendo da parte qualche punta.
Raschiare con la mandolina  i gambi di scarto tenuti da parte.
Preparare un brodo vegetale con i gambi raschiati.
In una risottiera o in una casseruola sciogliere la noce di burro con un goccio d'olio, tritare i cipollotti freschi abbastanza finemente, e lasciarli stufare nel condimento, aggiungere gli asparagi tagliati a pezzi e qualche punta, conservandone altre da parte.
Lasciar insaporire il tutto quindi aggiungere un poco del brodo di cottura dei gambi, e portare quasi a cottura.
Una volta pronti, toglierne metà dalla casseruola  tenendoli da parte, e frullare  in maniera grossolana quello che resta nella pentola.
Rimettere sul fuoco la casseruola e versare il riso, lasciare insaporire bene nella crema e procedere a fare il risotto al solito modo, aggiungendo il brodo di gambi poco per volta fino a che la cottura sia al dente e il risotto ancora molto morbido, all'onda.
A metà cottura aggiungere le punte crude tenute da parte e anche gli asparagi cotti tolti dalla pentola in precedenza. Regolare di sale e di pepe bianco.
Alla fine, quando il riso sarà pronto e all'onda, spegnere il fuoco e lasciar riposare qualche secondo, nel frattempo tagliare a rondelle il burro alla vaniglia che si sarà perfettamente indurito.
Preparare nei piatti il riso, aggiungere un paio di rondelle sottili di burro in modo che ogni commensale possa mantecarlo direttamente nel piatto e servire velocemente.


Un piatto per nulla difficile, ma con un gusto sorprendentemente delicato. Un abbinamento incredibilmente perfetto!!  



Mi raccomando, osate senza paura!!







 





domenica 21 aprile 2013

Toscana mon amour

ci vado, al mare, quasi ogni estate,  da oltre 15 anni.
In quella parte di Toscana, Alta Maremma, che va da Livorno a  Piombino. In terra etrusca insomma.
In tanti anni di frequentazione ho imparato a conoscerla e ad amarla di un amore profondo.
Mi piacciono le sue colline coperte di ulivi e di vigne
 

  
le mille sfumature dell'ocra, il colore della terra...




e la solitudine di un  albero proprio sulla cima,  a guardia degli armenti che pascolano sotto di lui

















mi piacciono  i suoi paesi medioevali arroccati sulla cima, con delle viste incredibili sul mare, lontano,  con i palazzi di cotto  e le stradine arrampicate che se chiudi gli occhi ti  senti trasportare nel passato e quasi ti sembra di sentire lo scalpitio dei cavalli e le voci dei cavalieri,  







mi piace la  selva che incontri percorrendo le strade che dal mare portano all'interno,  mi piace il profumo che c'è sempre nell'aria, di fiori e salsedine,


 mi piacciono i suoi paesaggi sempre così diversi secondo le stagioni,  















mi piace la tranquillità delle barche in attesa












e il cielo infuocato di certi indimenticabili tramonti










mi piace la sua gente, sempre pronta all'ironia e dalla battuta fulminante... ..

e infine, mi piace la sua cucina, forte,  decisa, e un po' piccante come la sua gente.

A Sassetta, un paese di circa 500 anime,  immerso nella macchia toscana che si percorre salendo da Castagneto Carducci, c'è un ristorante che si chiama Il Castagno , quando siamo in zona, capita di andarci.
Lì ci ho mangiato una zuppa di cipolle fantastica, niente a che vedere con quella francese, direi diversa, ma ugualmente buona.

L'ultima volta che l'ho ordinata, ho sfacciatamente chiesto la ricetta e con molta gentilezza me l'hanno data.

E' un piatto semplice, che ha il profumo del cibo di casa, del cibo di una volta...





Cipolle alla sassetana

per 2/3 persone


4 o 5 grosse cipolle bionde
1 spicchio d'aglio
1 noce di burro
brodo q.b.
abbondante origano fresco
parmigiano
olio e.v.
sale, pepe ero.
 
pane casereccio toscano a fette, bruscato.




Tostare in forno le fette di pane casereccio.

tagliare le cipolle possibilmente uguali, ma non troppo sottili.
In una larga padella scaldare l'olio insieme al burro, aggiungere lo spicchio d'aglio e le cipolle affettate, abbondante origano fresco, lasciar insaporire bene, salare,  quindi coprirle a filo con il brodo  già caldo.
Lasciarle cuocere a fuoco basso in modo che pian piano il liquido sia consumato, ma non del tutto,  ne deve rimanere ancora un poco. Le cipolle dovranno essere appassite, ma non sfatte.
Mettere le fette di pane in un piatto da forno, o una pirofilina, versarvi sopra del parmigiano grattugiato, aggiungere una mestolata di cipolle con un poco del loro liquido, altra generosa spolverata di parmigiano e una grattatina di pepe nero macinato al momento, e metterle in forno a gratinare leggermente qualche minuto sotto il grill, non devono comunque scurire. Una volta tolte dal forno, guarnire con un ciuffetto di origano.
La gratinatura non è essenziale, serve magari a colorire un pochino la superficie...







lunedì 15 aprile 2013

certi momenti

A volte ci sono momenti  che devi saper  riconoscere,  apprezzare e conservare in qualche cassetto del cuore, e  tenerlì lì, di riserva, per i momenti in cui  ti prende la tristezza, come una maniglia  a cui aggrapparsi per non cadere...
Ieri è stato uno di quei momenti. Sarà che finalmente era davvero primavera, che il cielo era di un blu incredibile, che l'aria profumava di fiori e di sole..una giornata come era da tanto che non succedeva. Un tepore dolce che distende l'anima  e ti fa sembrare che il mondo sia un po' meglio...
Così è bastato uno sguardo complice con mio marito per decidere  sui due piedi di andare al lago, al mio lago, il più bello del mondo per me che ci ho vissuto,  seppure per qualche  tempo..
Lo conosco a memoria ormai, e nonostante questo ogni volta scopro qualche angolo diverso, o che vedevo con occhi diversi....conosco le sue rive scoscese, le sue cascatelle d'acqua, le sue piccole insenature e le sue spiaggette di ghiaia sottile...
Un posto che però mi mancava di vedere era la Villa del Balbianello, a Lenno, quella che fa parte del FAI, un posto veramente affascinante, con una atmosfera d'altri tempi, con i suoi colori e la sua posizione sul lago, sul grande promontorio di Làvedo,  affacciato sul golfo di Venere, talmente affascinante  che sono venuti a girarci diversi film. Guerre stellari per esempio, e mi pare anche qualche cosa con 007....
Finora non ero mai riuscita ad andarci. Un tempo era chiusa al pubblico, e poi, una volta aperta, per un motivo o per un altro non l'avevo mai vista.
Così ieri, ecco arrivare l'occasione per  goderci una bella giornata.
Il lago era uno spettacolo fantastico, rifletteva il blu del cielo mischiato al colore delle montagne, non ancora del tutto verdi, qualche nuvoletta bianca messa qua e là come batuffoli di cotone completavano il quadro...
Alla Villa si arriva solo a piedi, e ci vogliono più di venti minuti di cammino fra salite e discese, in mezzo a un grande  bosco di latifoglie e conifere, oppure con un servizio di taxi boat che parte dal molo di Lenno.
La salita è stata il prologo alla bellezza, un cammino lento immersi nel silenzio del bosco, rotto soltanto dalle voci delle rare persone che incontravamo e dal fruscio del vento,  gli occhi al panorama sottostante, il blu del lago filtrava  fra i rami degli alberi, e l'ultima neve sulle montagne abbacinava...
lungo la strada primule, violette, pervinche..il colore e il profumo della primavera, finalmente!



La Villa  ti sorprende, e anche se la stagione è in ritardo,  i suoi giardini a picco sul lago sono perfettamente ordinati, le piante  topiate,





 i grandi platani potati "a candelabro", come silenziosi guardiani dei viali,





terrazze a lago rinfrescate  dagli  enormi  ombrelli degli alberi di canfora, dai cipressi, da magnolie e da vecchie conifere piegate dal vento








.innumerevoli statue guardano verso il lago, mute  custodi  della memoria di tanta vita passata fra quei viali delimitati da siepi di bosso...

















 i glicini sono dappertutto, ed è un peccato che non siano ancora in fiore, regaleranno un tocco ancora più romantico al giardino, e sarà sicuramente uno spettacolo bellissimo....dovrò tornare a vederlo..


 mio marito, stanco, si siede su una panchina e si immerge nei suoi pensieri contemplando il lago,  mentre io piano piano, armata di macchina fotografica percorro tutti i vialetti alla ricerca dell'inquadratura giusta,  osservando attraverso l'obiettivo tutta quella bellezza senza tempo, cercando di fissarla per sempre in ogni scatto.
Fortunatamente c'è pochissima gente, ho il tempo di stare in contemplazione nel più assoluto silenzio, ed è una vera poesia....
qualche straniero si siede all'attracco del taxi boat ad aspettare



e io arrivo alla chiesetta



per poi risalire fino alla loggia, magnifica, che domina la piccola collinetta all'interno del giardino, e da cui si ha una vista meravigliosa su due fronti.
Le sue colonne sono ricoperte da un groviglio di piante, attorcigliate, abbarbicate ai muri, come a volersene impadronire. Ma la mano dell'uomo si vede, è lui, è il suo lavoro che le ha guidate in questa continua contorsione che crea arabeschi viventi...





 un discorso che continua sui muri della  villa,  dove sorprendo due graziose bimbe inglesi a parlottare fra loro





dalla loggia mi godo una vista magnifica, da entrambi i lati il lago è un vero spettacolo.
Da questa parte, verso Como, la scogliera che si getta a picco nel lago




e da quest'altra invece, opposta,  l'alto lago, con le sue montagne ancora piene di neve a fare da corona, e i piccoli paesi affacciati sulle rive, la punta di Bellagio è là sullo sfondo, a dividere il lago in due braccia.



resto in silenzio, abbandono la macchina fotografica e mi riempio gli occhi di tanta bellezza. Cerco di farne scorta, mentre la serenità entra nel cuore...
ma ormai è tardi, è ora di scendere, comincia a fare caldo, le gambe mi cedono un poco per la scarpinata  e la fame comincia a farsi sentire....
riprendiamo la via e mentre ci avviamo scatto le ultime foto dall'alto del giardino alla riva di fronte, dove il battello sta uscendo da Lenno




ci fermiamo un attimo al Lido, per un veloce pranzo, un posto molto bello, proprio ai piedi della salita alla Villa, con una vista sul lago fantastica.  Pranziamo con il lago e le montagne negli occhi.
Qualcuno è già in spiaggia a prendere il sole, sulla sponda opposta qualcun'altro accende fuochi e alza un filo di fumo, un paio di ragazzotti  mettono in acqua il loro armo e si accingono a vogare, e i teli bianchi fluttuano morbidamente nell'aria mentre scatto l'ultima foto della giornata.


a volte si aspetta la felicità  senza saper cogliere le piccole cose che la vita ci regala,  senza accorgerci che la serenità, la felicità passa in momenti come questi, in una giornata piena di luce, di sole, di profumo e colore, di storia, di  bellezza.



qualche cenno sulla Villa:


La costruzione della Villa e della Loggia risale alla fine del Settecento, quando il cardinal Durini acquistò la punta di Lavedo, una romantica penisola lacustre sul lago di Como, per edificarvi un’appartata dimora di villeggiatura e di svago letterario. Il luogo aveva ospitato fino al XVI secolo un piccolo cenobio religioso francescano, del quale rimane a testimonianza solo la stretta facciata della chiesetta caratterizzata da due campanili. Alla morte del Cardinale, avvenuta nel 1797, la Villa appariva già costituita da due corpi quadrangolari comunicanti e da un elegante loggiato che si poneva come ponte ideale fra la biblioteca e il salotto adito alla musica. La Villa quindi passò in eredità al patriota Luigi Porro Lambertenghi, nipote del Durini, che trasformò la residenza da luogo di meditazione ad impegnato ritrovo per massoni (Silvio Pellico dal carcere ricorderà con nostalgia quei giorni). Il volontario esilio di Luigi in Belgio suggerì la vendita della proprietà all’amico Giuseppe Arconati Visconti che, insieme alla moglie Costanza, rese la Villa un prestigioso salotto estivo frequentato da Berchet, Giusti e Manzoni. Gianmartino Arconati Visconti, figlio di Giuseppe, arricchì il Balbianello del parapetto in pietra, che delimita la terrazza. Il casato andava però estinguendosi e la Villa venne abbandonata per trentanove lunghi anni prima che, nel 1919, venisse acquistata dal generale americano Butler Ames, a cui si devono importanti restauri tesi a recuperare i preziosi arredi degli Arconati. Alla morte del generale, gli eredi vendettero il Balbianello a Guido Monzino, noto imprenditore milanese, colto collezionista e appassionato viaggiatore. La Villa venne nuovamente restaurata e trasformata in parte in museo privato ove Monzino raccolse con perizia e attenzione museografica i ricordi di viaggio, le collezioni d’arte e i cimeli delle famose spedizioni da lui compiute, come la conquista del Polo Nord nel 1971 e dell’Everest nel 1973. L’11 Ottobre 1988, alla morte di Monzino, per suo volere testamentario la Villa, gli arredi e lo splendido giardino del dosso di Lavedo vennero lasciati in eredità al FAI, con una dote che ne aiuta ancora oggi la manutenzione.

martedì 9 aprile 2013

aspettando primavera

quella vera, non questa che è infigardamente bugiarda.....

qui siamo ancora tutti in giro  col cappotto,  non mi ricordo di un Aprile così freddo, stamattina il termometro segnava 5°, inverno pieno praticamente, freddo, vento e pioggia e un cielo novembrino,  e invece   sui banchi della frutta e verdura la primavera è arrivata...

Tantissimi asparagi fanno bella mostra di sè quasi in ogni supermercato, in ogni negozio...che faccio, li compro? Non resisto agli asparagi in primavera, così come non resisto ai carciofi d'inverno....
E come si fa a resistere alle tentazioni?  Semplice, non si resiste, si cede senza vergogna....





questa ricetta è ormai un classico a casa mia,   in  tempo di asparagi
le dosi vanno bene per 4/6 persone...

 
Flan di asparagi in salsa di parmigiano


800 g  di asparagi,
2 uova, 
un paio di  cipollotti freschi, o una  piccola cipolla bianca,
100 ml di panna, 
un ciuffo di prezzemolo,
60 g di burro,
sale, pepe.


Per la salsa al parmigiano

60   gr panna liquida
60   gr latte
180 gr parmigiano reggiano grattugiato


Scaldare il latte insieme alla panna, una volta caldo, aggiungere il parmigiano mescolando velocemente con una piccola frusta fimchè è ben sciolto, abbassare il fuoco e lasciar ridurre leggermente facendo attenzione a che non attacchi. Tenere in caldo.

Mondate gli asparagi, scartando il più possibile la parte dura del gambo, passare il fondo con una mandolina per eliminare eventuali residui di scorza dura, lavarli bene lasciandoli qualche minuto a bagno per eliminare eventuale sabbia residua.Scolarli e lessarli  in acqua già  bollente, salata,  per 5 minuti, scolarli.
Tritare la cipolla e farla appassire in 40 g di burro. Unire gli asparagi  tenendone da parte alcune punte per la decorazione e qualche cucchiaio di acqua; far cuocere coperto per 5 minuti, poi frullarli . 
Rimettere la purea ottenuta su fuoco vivace e lasciar asciugare bene, poi lasciarla raffreddare, quindi incorporare  la panna,  le uova preventivamente sbattute a parte, qualche foglia di prezzemolo tritato, sale e pepe a piacere.
Versare questo composto in uno stampo da ciambella imburrato e cuocete a bagnomaria in forno caldo a 180ø per 50 minuti.
Io di solito preferisco preparla in  stampini individuali, mi piacciono di più alla fine.... in questo  caso il tempo di cottura si ridurrà a circa 35/40 mimuti, dipende dal forno, sono pronti quando resistono al tatto.
Infine, lasciar riposare  per 5 minuti, quindi velare il piatto con un poco di salsa al parmigiano, sformare  e decorare con  qualche punta di asparago tenuta da parte.





Se continua con questo freddo, chiedo asilo in un posto caldo....magari in Madagascar...









martedì 2 aprile 2013

Passata la festa..

rimesso a posto tutta la cucina, sistemato tutta la cristalleria,  resta  la casa vuota e una grande stanchezza,  la sento tutta, ma non importa, passerà. 
Sono stati giorni sereni, con tutta la mia famiglia, e questo è quello che conta di più.
Non vi sto a raccontare tutto quello, parecchio,  che è uscito dalla mia cucina, perchè non è stato niente di particolarmente diverso dalla Pasqua dell'anno scorso. Però stavolta ho deciso di non cucinare agnello o capretto. L'avrebbero apprezzato solo in tre. Ho preferito cambiare, per una volta.
Vi racconto però il dolce, quello sì.....
 Oltre alla colomba fatta da mia figlia Serena, e una pastiera regalo di una amica napoletana, io ho pensato bene di utilizzare  tutti quei pistacchi di Bronte che aspettavano da un po' in dispensa...





Bavarese al pistacchio e profumo d'arancia
 
3 dl latte
3 dl panna liquida fresca
4 tuorli
200 gr pistacchi (meglio se di Bronte)
200 gr zucchero
13gr gelatina in fogli
la scorza di una arancia grattugiata

per la crema inglese profumata all'arancia:
200 gr latte
300 gr panna
70 gr zucchero
6 tuorli
la scorza di una arancia grattugiata
2 cucchiai succo d'arancia

per guarnire
pistacchi tritati
scorzette d'arancia

 
la bavarese:

per prima cosa sbollentare i pistacchi qualche minuto in acqua bollente, scolarli e sgusciarli subito, quindi stenderli in un unico strato su un foglio di carta forno e farli asciugare in forno a temperatura bassa, non devono tostare.
Una volta asciutti, tritarli finissimamente o frullarli finchè sono poltiglia.
Idratare la gelatina in acqua fredda.
Scaldare il latte con la scorza d'arancia grattugiata.
Sbattere i tuorli con lo zucchero finchè saranno quasi bianchi e spumosi, e versarvi a filo il latte caldo con la scorza, mescolando con un cucchiaio di legno, quindi versare il composto in una casseruola e rimettere a cuocere a fuoco dolce, mescolando sempre finchè la crema si ispessisce e vela il cucchiaio. Unire la gelatina strizzata e mescolare per far sciogliere bene, quindi togliere dal fuoco e passare il composto attraverso un colino fine. 
A questo punto unire il trito di pistacchi e mescolare ben bene.
Lasciar raffreddare mescolando spesso perchè non rapprenda. Quando è completamente fredda la crema, semimontare la panna e incorporarla con pazienza fino ad ottenere un composto del tutto liscio e omogeneo.

Versare in uno stampo a piacere e al momento di servire sformate su un letto di crema inglese all'arancia e guarnire con granella di pistacchi e scorzette d'arancia.

 
Per la crema inglese all'arancia:
scaldare il latte e la panna con la scorza grattugiata.
Montare i tuorli con lo zucchero fino a crema quasi bianca.
Diluire la crema di uova con il latte/panna caldo a filo, mescolare bene e rimettere sul fuoco. Cuocere a fuoco dolce mescolando sempre  finchè la crema diventa spessa e vela il cucchiaio, evitando di farla bollire. Profumare con i due cucchiai di succo, lasciar cuocere ancora qualche secondo, togliere dal fuoco e filtrare al colino fine. Tenere in frigo fino al momento di servire.