Oggi giornata dedicata al polpo, sempre nel quadro del Calendario del Cibo Italiano
progetto pensato dalla Associazione Italiana Food Blogger e il relatore su questo argomento sarà Claudio Aloisio, del blog La cucina di Claudio.
Io, come contributo, voglio riproporre una vecchia ricetta marinara portata fino a noi dalla tradizione ligure, in particolare di Portovenere. Una ricetta che caratterizzava la vita di bordo delle lente navigazioni costiere.
Le imbarcazioni da lavoro che partivano da Portovenere navigando sotto costa alla volta di Genova o di Livorno, necessitavano sempre di abbondante zavorra facile da maneggiare e da scaricare all'occorrenza, quindi i marinai addetti, gli zavorristi appunto, andavano alla ricerca di pietre e quelle che le onde non riuscivano a spingere fin sulla battigia erano le più adatte. Pietre consumate e liscissime, ovviamente abbondanti lungo il litorale, che rappresentavano la soluzione migliore e più economica.
Andando a raccogliere pietre, gli zavorristi si imbattevano in numerosi polpi che vivevano fra gli scogli, li catturavano e li portavano a bordo. Li veniva fatto questo paté molto sfizioso e saporito che si conservava senza problemi durante la navigazione e che i marinai consumavano spalmato sulle gallette.
Il polpo è poi motivo di leggende in Liguria. A Tellaro, molto vicino a Portovenere, un piccolo, meraviglioso borgo marinaro arroccato su una scogliera, un luogo dove il tempo sembra essersi fermato, c'è una bellissima chiesa che si protende verso il mare, è dedicata a San Giorgio Martire ed è detta "del polpo" per la leggenda che si tramanda da secoli. Se osservate bene le sue mura, vi accorgerete che in qualche angolo c'è una targa con un polpo in marmo per ricordare che fu proprio un polpo a salvare il paese dai pirati.
La leggenda dice che un bambino, mentre giocava in riva al mare, un giorno si imbatté in un polpo ferito, lui lo prese e lo curò a lungo e fra i due nacque una sorta di amicizia, ma il polpo, una volta guarito, riprese il mare.
Alle origini Tellaro era solo un avamposto su una costa impervia. Il suo compito era difendere il retroterra dai pericoli provenienti dal mare, e quando si profilava un pericolo, o un assalto dei pirati, a Tellaro suonavano le campane e gli abitanti si preparavano a resistere. Ma una notte di tempesta intorno al 1660, così dice la leggenda, Tellaro dormiva tranquilla e nessuno si accorse che i pirati stavano per attaccare ma mentre si avvicinavano alla riva, dalle acque uscì un enorme polpo che arrampicandosi sul campanile della chiesa iniziò a suonare le campane dando l'allarme. Gli abitanti, messi in allarme dallo scampanio , riuscirono a respingere i pirati e alla fine trovarono l'enorme polpo ancora appeso alle funi campanarie. E si accorsero che era quello che mesi prima era stato curato dal bambino.
Da allora in segno di gratitudine il polpo viene celebrato ovunque. Nelle storie, nei racconti mormorati sugli scogli, sugli stemmi e i bassorilievi all'ingresso delle case e, purtroppo per lui,
anche in punta di forchetta.
Ecco dunque che lo celebra anche questa ricetta, che vi consiglio caldamente di provare.
Polpo degli zavorristi
1,5
kg. di polpo
3 spicchi d’aglio
2 cucchiai di capperi sott'aceto
2 cucchiai di capperi sott'aceto
mezzo bicchiere di vino bianco
1 grosso ciuffo di prezzemolo
olio extravergine d’oliva
aceto bianco q.b.
sale
pepe nero macinato al momento
Mettete a cuocere il polpo, dopo averlo lavato ed eviscerato, in un tegame a fondo spesso, o meglio ancora di coccio. Bagnatelo con il vino, aggiungete uno spicchio d'aglio, coprite il tegame e lasciatelo andare a fuoco lento. Non aggiungete altro liquido, ci penserà il polpo stesso a rilasciare il suo.
aceto bianco q.b.
sale
pepe nero macinato al momento
Mettete a cuocere il polpo, dopo averlo lavato ed eviscerato, in un tegame a fondo spesso, o meglio ancora di coccio. Bagnatelo con il vino, aggiungete uno spicchio d'aglio, coprite il tegame e lasciatelo andare a fuoco lento. Non aggiungete altro liquido, ci penserà il polpo stesso a rilasciare il suo.
Quando è tenero, spegnete il fuoco e
lasciatelo intiepidire poi adagiatelo su un tagliere ed eliminate tutta la pelle e le ventose. Man mano che lo liberate da pelle e ventose, mettete i pezzi in una ciotola, o una pentola, in cui avrete messo almeno un litro d' acqua e un bicchiere di aceto bianco. Questa è la proporzione, 1 litro acqua/1 bicchiere aceto. Quindi regolatevi in base alla quantità d'acqua che occorrerà perchè il polpo sia ben coperto di liquido.
Lasciatelo a bagno una decina di minuti, dopodiché fatelo a pezzetti piccoli, mettetelo nel frullatore e frullatelo ad intermittenza, controllando che diventi della consistenza di un paté. Tenetelo da parte.
Tritate finissimamente l'aglio, il prezzemolo e i capperi ben sgocciolati.
In una larga padella scaldate un goccio d'olio extravergine d'oliva, aggiungete il trito e lasciatelo soffriggere leggermente, quindi unite il paté di polpo e mescolate molto bene, con pazienza affinché si amalgamino i sapori, sfumate il tutto con un paio di cucchiai di aceto bianco, regolate di sale, aggiungete ancora un filo d'olio se vi sembra necessario e date una generosa macinata di pepe nero.
Servitelo, sia tiepido che freddo, con crostini di pane.
Per la ricetta del Calendario, l'ho volutamente lasciato un po' più rustico, ma se preferite la consistenza del paté, frullatelo a lungo, poi procedete allo stesso modo e alla fine compattatelo bene.
Il risultato sarà come questo:
Un modo un po' diverso di cucinare il polpo, ma altrettanto soddisfacente!
No, vabbeh, questa ricetta non la conioscevo ma considerato che amo il polpo ai limiti dell'ossessione, sono sicura che la farò il prima possibile. Buonissima come sempre, questo blog è una fucina di delizie!
RispondiEliminasplendidi ricordi a Tellaro...Questa è stata la ricetta che ho scelto anni fa come apripista per la mia rubrica "Blogs Got talent !", sei stata la mia prima ospite,ricordi Giuli? Un abbraccio
RispondiEliminaUn'idea alternativa ed un avvincente racconto! cosa volere di più?
RispondiEliminaComplimenti, stupendo post! :)
Bellissima ricetta Giuliana, non la conoscevo e non vedo l'ora di provare a realizzarla. Un modo insolito ma assolutamente goloso per preparare questa prelibatezza. Grazie del tuo splendido contributo.
RispondiEliminaGrazie non solo per aver condiviso questa ricetta che proverò senz'altro, ma anche per aver condiviso la leggenda. Questo genere di cose mi affascinano molto. Buona domenica!
RispondiEliminaFantastica questa tua proposta, ho già l'acquolina in bocca, penso proprio che la proverò questa ricetta. Ciao Alessandra
RispondiEliminaDelizioso! bello il post, bella la presentazione, complimenti
RispondiEliminaSpero che il polpo in questione si sia guadagnato un occhio di riguardo da parte degli abitanti e gli abbiano riconcesso la via del mare.
RispondiEliminaLa ricetta che proponi è davvero inusuale, non avevo mai sentito parlare di patè di polpo, ma io non faccio testo. Deve essere molto stuzzicante. Quanto tempo si può conservare. Ho visto che è molto presente l'aceto e quindi conservabile. Ti ringrazio tanto. Un abbraccio Ciao Stefania
Tra monti, mari e gravine
che luogo incantato davvero Tellaro! NOn conoscevo la leggenda del polpo, che dolce! Conoscevo invece il paté degli zavorristi tramite il libro L'Ora del Paté e mi riprometto da tempo di farlo perché mi piace molto e forse lo preferirei in versione rustica!
RispondiEliminaUh mamma, ma che cosa è questo patè?! Forse io lo preferisco un po' grossolano, come nella prima foto...ma per essere sicura proverei entrambe le versioni :-D
RispondiEliminaSai sempre così tante cose, e le racconti con tale naturalezza e semplicità che leggerti è un piacere da gustare piano e in silenzio.
Grazie Giuliana, sempre più felice di averti trovata :-)
@Cristina, questo paté lo conoscevo grazie ad una amica di Coquinaria, che lo portò ad uno dei nostri raduni culinari parecchi anni fa, e me ne sono innamorata. Lo preferisco così, rustico, che non compattato.
RispondiElimina@Alice, grazie per le parole di stima, totalmente ricambiata. Provalo, te ne innamorerai, come me ne sono innamorata io...e a dirla tutta, lo preferisco così, ancora un poco riconoscibile, che non proprio compatto come un vero e proprio paté.
@Chiara, certo che mi ricordo! E' stata una emozione dare il via alla tua rubrica!!
@Stefania, credo che tre o quattro giorni al massimo, ben protetto in frigorifero possa durare....
grazie a tutti per i commenti!
E' proprio necessario spellarlo?
RispondiEliminasì, è un paté, deve essere spellato.
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