Felice era rimasto solo. Un uomo ormai
di mezza età, solo.
La vita si era dipanata in solitaria,
seguendo anno dopo anno il ritmo delle stagioni, il lavoro nei
campi e nelle vigne, e le cure per sua madre inferma.
Triste destino quello di sua madre.
Un trattore che trainava un carro
carico di fieno si era rovesciato e le aveva ucciso il marito e lei ,
da là sotto, era uscita paralizzata
In un attimo si era ritrovata vedova
e inferma con un figlio adolescente.
Felice era poi cresciuto con sua zia e con
la madre inferma, e alla fine, quando fu in età di matrimonio, non
se la sentì di cercar moglie sapendo che le avrebbe dato una vita
di lavoro e rinunce, con la terra da lavorare, quella casa grande da
mandare avanti e la madre che richiedeva un impegno totale.
E poi si sentiva inadeguato.
Era nato con una piccola malformazione
del palato e aveva una dislalìa che lo faceva parlare con la
“zeppola”. . Questo piccolo difetto di linguaggio non aveva fatto
altro che aumentare la sua insicurezza e la sua timidezza e lo
aveva sempre tenuto distante dai suoi coetanei, e ancor più dalle
ragazze.
Si sentiva solo in quella grande casa
affogata nella campagna, lontano dalla vita del paese e dal
contatto con le persone, in quel suo isolamento volontario.
Una vita solitaria dunque, scandita dal
lavoro per la terra e l'impegno costante per sua madre.
Finita la guerra, dovette vendere le
vigne e la terra per pagare vecchi debiti accumulati negli anni e a
lui restò solo quella grande casa.
La vita cambiò quando la madre morì.
Iniziò a venire in paese più
spesso, a frequentare l'osteria, lo Spaccio, dove anche mio nonno era
solito andare a bere un taj ogni tanto la sera, dopo il lavoro.
Iniziò a socializzare con le persone,
perdendo un poco di quella insicurezza che aveva segnato la sua
vita.
Per mantenersi si era inventato un attività che ai giorni nostri può sembrare anacronistica e poco producente, ma che un tempo non lo era affatto. Fare il sapone.
Per mantenersi si era inventato un attività che ai giorni nostri può sembrare anacronistica e poco producente, ma che un tempo non lo era affatto. Fare il sapone.
Per farlo in quantità tale da poterlo
vendere, e guadagnare, aveva bisogno di ossa, di molte ossa. Così,
spingendo un piccolo carretto, girava a piedi in tutti i paesi
limitrofi in cerca di ossa, bussando a tutte le case, praticamente
faceva una raccolta porta a porta e se ne tornava a casa quasi
sempre carico come un somaro.
Un somaro con un basto pieno di ossa.
In una comunità contadina era
praticamente normale, visto che in inverno ogni famiglia macellava
il maiale, e durante l'anno qualche vitello o qualche vacca.
Capitava spesso. E in paese c'era anche il macellaio che spesso lo
riforniva..
Fare il sapone con le ossa e la soda
caustica era una cosa abbastanza normale, tante volte l'ho visto fare
a mia nonna! Aveva un pentolone dove metteva a bollire le ossa del
maiale a cui aggiungeva soda caustica. Accendeva un fuoco di legna
in un angolo del cortile, metteva su il pentolone che bolliva,
bolliva e bolliva e alla fine una sostanza liquida marroncina veniva
colata da ma nonna dentro a una larga cassa di legno, bassa e
rettangolare che lei teneva solo per quella funzione. Quando il
composto cominciava a solidificarsi mia nonna lo tagliava in grossi
pezzi. E aveva il sapone da bucato per tutto l'anno.
Così mi è capitato innumerevoli volte
di vedere Felice, con il suo immancabile cappellaccio nero calcato in
testa, e il suo zej (un grosso cesto di salice intrecciato) sotto
il braccio. Arrivava nel cortile di casa gridando per chiamare mia
nonna Lussia!Lussia! Vuess! Vuess,! (Lucia, Lucia, ossa, ossa) con
quella sua esse roca e grossa...
Mi nonna lo apostrofava in dialetto
Sotu uchì Filissi dai vuess?? Sei qui Felice degli ossi? Per noi è
sempre stato Filissi dai vuess....
Una volta arrivò come al solito a
chiedere ossa, ma mia nonna non ne aveva. Gli promise però che non
appena ne avesse avute gliele avrebbe portate.
Successe proprio mentre io ero in
vacanza in Friuli, mia nonna, avute le ossa non so da chi, prese la
carriola col suo carico e chiese a me di accompagnarla da Felice.
Quando arrivammo, la prima cosa che mi
colpì fu la vista dell'orto che dovemmo attraversare per arrivare
alla casa, era grandissimo e ricco di ortaggi di ogni tipo.
Aveva di lato una rete di cinta che
lo divideva dal campo adiacente, su cui si arrampicavano enormi
zucche dalla forma allungata. Erano ancora indietro di maturazione,
ma erano enormi, immaginavo che prima o poi la rete sarebbe
crollata sotto il loro peso! Mi son sempre chiesta come fossero poi
quelle zucche, chi le mangiasse, se gli servivano come scambio con le
ossa, se qualcuno gliele chiedeva, se le coltivava per venderle..
Eravamo sul finire degli anni '50, si
faceva il sapone in casa, come il bucato con la lisciva e la cenere
e lo si sciacquava nella roggia fuori casa, si facevano molte altre
cose di cui abbiamo perso la memoria.
Felice ha vissuto a lungo mantenendosi
in quel modo, e resterà nel mio ricordo di quegli anni, anni duri,
ma che visti con gli occhi di una bambina non lo sembravano affatto.
Lui, la sua esse zoppa e il suo
cappello nero fanno parte dei miei anni più belli, di quelle
innumerevoli persone che ho incontrato e che mi hanno lasciato
qualcosa, e di cui conservo un ricordo lucidissimo e tenero
dentro di me.
Non amo molto la zucca, troppo dolce
per i miei gusti, ma ogni tanto capita di trovarne una che non lo è
troppo e allora la cucino volentieri, mi rallegra con il suo colore
dorato e in questi giorni grigi e umidi mi scalda fino al cuore...
ecco, proprio una zuppa scaldacuore...
Chissà se cucinata così a Felice
sarebbe piaciuta...
Crema di zucca, patate e porri, con cavolo nero e pane tostato
500 gr di zucca (pesata pulita)
600 gr patate (anch'esse pesate pulite)
200 gr di porri, la parte bianca
cavolo nero, le foglie più tenere
poco brodo vegetale
scaglie di grana o di pecorino, a piacere
pane nero a cubetti
sale, pepe
olio buono
pulire la zucca e ridurla in tocchetti, pulire anche le patate e ridurre anch'esse a tocchetti.
Mondare il porro e ricavarne soltanto la parte bianca, ridurlo a rondelle.
In una casseruola mettere tutte le verdure a tocchetti con un mestolo di brodo vegetale, salare, pepare e coprire con un coperchio. Portare a cottura così, mescolando spesso. Non servirà molto brodo perchè le verdure rilasceranno la loro acqua di vegetazione, ma nel caso diventasse troppo asciutta, aggiungerne un poco in modo che resti tutto molto morbido.
A parte ungere un padellino antiaderente, tagliare il pane nero a cubetti e farlo saltare fino a farlo diventare croccante. Tenere da parte.
Mondare e lavare molto bene una ventina di foglie di cavolo nero, le più interne, quelle più tenere.
Asciugarle molto bene e friggerle per qualche minuto in abbondante olio d'oliva, avendo cura di muoverle continuamente in modo che non si scuriscano.
Scolarle su della carta assorbente e tenere in caldo.
Passare la verdura al minipimer per ottenere una crema densa e vellutata, regolare di sale.
Metterla nel piatto, aggiungere il pane tostato e il cavolo nero. Finire con delle scaglie di parmigiano o di pecorino e un giro d'olio buono.
E' una dose sufficiente per due persone, un po' abbondante, ma a me piace molto fare il bis...
servitela ben calda.
servitela ben calda.
una ricetta che ho visto su una rivista di cucina, credo fosse Cucina di casa mia, mentre curiosavo anche fra altre pubblicazioni, lo so, sono incorreggibile...
il cavolo nerò qui è difficile da trovare, ma lo cercherò, ho bisogno di una zuppa scaldacuore e mi pare che stia a pennello con la dolcezza della zucca.
RispondiEliminaun abbraccio
pioi usare un cavolo verza, se ti piace e se lo trovi.
EliminaOppure anche un cavolo cappuccio, o crauto...scottato sempre allo stesso modo naturalmente.
Un caro saluto e grazie per la visita
non amo la zucca ma mi fa sempre piacere passare da te comunque...Buona settimana cara Giuli, un bacione
RispondiEliminaPiccole storie, frammenti di vita che scaldano il cuore, è sempre bello passare da te !!!!
RispondiEliminabuona! il mio orto mi ha prodotto tante zucche ottime, questa la provo, Mi manca il cavolo nero, ma non mancano le verze. Grazie Giuliana per le tue bellissime ricette
RispondiElimina....anche le tue parole scaldano il cuore Giuliana ....
RispondiEliminaBravissimo! Ciao e complimenti! http://dessertbest.blogspot.com/
RispondiEliminaConquistano questi post dove parla un'Italia e un passato che abbiamo voluto dimenticare, ma che è così vicino e vivente nei ricordi appena li si lascia parlare.
RispondiEliminaLe minestre sono sempre fra i miei piatti preferiti, questa non fa eccezione.