domenica 1 dicembre 2013

il sapore dell'inverno


strano come un profumo sentito sulle scale di casa ti riporti immediatamente a sapori e profumi, a situazioni che hai relegato in fondo alla memoria ma che stanno lì ad aspettare,  pronte ad essere ripescate quando meno te lo aspetti.
L'altro giorno, intorno all'ora di pranzo,  suona il citofono. E' il corriere che deve consegnare un pacco. Mi infilo il cappotto e chiamo l'ascensore.  Non arriva.
Così  per far presto, visto che il corriere non sempre ha tempo di aspettare, scendo a piedi, con  un poco di malumore  al pensiero delle scale da fare dopo, risalendo. Abito all'ultimo piano, e anche se salire le scale  a piedi è salutare a volte, farlo con  pesi da portare non è proprio l'ideale. Pazienza,  trattengo il mugugno e scendo i piani.
Le scale sono invase da un forte, inequivocabile odore di verza. La vicina del terzo piano probabilmente  sta facendo la cassoeula.
Mi piace la verza, ma c'è stato un tempo in cui non la volevo nemmeno vedere. D'inverno, riso e verze era la minestra preferita di mia madre, e io ce l'avevo fuori dagli occhi. Dopo sposata ho lasciato passare molto tempo prima di ricominciare a prenderla in considerazione.
Ma quel profumo di verza in cassoeula mi  ha riportato a un periodo  felice,  quando abitavo in quella casa di ringhiera di via Correggio.
La Lina Madella,  abitava al terzo piano, ma non sulla ringhiera, bensì nell'appartamento che si apriva sul grande ballatoio prospiciente le ringhiere, ogni piano ne aveva due, veri e propri appartamenti di tre locali, con grandi balconi in pietra che si affacciavano sulla strada, un lusso rispetto a quelli minuscoli sulla ringhiera che consistevano di due stanze e basta.
Lina è nata in un piccolo borgo,  Cavalcaselle, una piccola frazione di  Castelnuovo del Garda, poco lontano da Peschiera. Quando arrivammo a Milano per prendere la portineria, lei, suo marito  Nino e i due figli, già vivevano lì, al terzo piano. Lei e mia madre avevano la stessa età più o meno, e ci volle molto poco perchè diventassero amiche.
Lina è magra, anzi magrissima direi. Allora, quando l'ho conosciuta, aveva lunghi capelli neri,  un poco mossi, ma portati con una acconciatura che li faceva sembrare legati dietro la nuca, come raccolti. Un naso "importante" che era la sua caratteristica più marcata, e la bocca immancabilmente disegnata con la matita e  dipinta di rosso, ma un rosso spento, non volgare, che le stava benissimo.  Di una simpatia travolgente, battuta pronta e intelligente ironia. Grande fumatrice, e bevitrice di caffè.
Ricordo con molto piacere certi capodanni passati in casa loro, dopo la chiusura della portineria alle 22, e i tanti pomeriggi a casa sua,  a giocare con Marco e Maurizio, i suoi ragazzi. Eravamo abbastanza assidui, loro e i miei  genitori erano buoni amici,  ed era un piacere la loro compagnia!
Un anno, per Ognissanti, lei dovette tornare al suo paese per sistemare alcune cose legate a una eredità e così chiese a mia madre il permesso di portarmi con sè e i suoi ragazzi. Mia madre titubò un poco, ma alla fine mi lasciò andare. Così lasciò a casa il marito e partimmo. Il viaggio in treno fu emozionante, per me almeno, era una delle poche volte che mi allontanavo da casa e perdipiù da sola, senza i miei genitori.
Fu  bellissima quella settimana!  Eravamo tutti ospiti della madre di Lina che viveva in una grande casa bianca, in centro paese.
Di giorno io e i ragazzi andavamo nella piazza a giocare a pallone, a rincorrerci, a nascondino, a fare tutti i giochi che si fanno intorno ai 9- 10 anni.... ci perdevamo nelle stradine del paese incuranti del freddo  e rincasavamo quando iniziava a far buio.
In casa, per merenda,  ci aspettava sempre una  tazza di cioccolata fumante, e poi  alla spicciolata arrivavano le sorelle  e le cugine di Lina che tiravano tardi a forza di chiacchiere e alla fine  si fermavano regolarmente a cena con tutti noi.
Fra loro parlavano dialetto veronese, e io ne capivo si e no la metà, tanto parlavano veloce!  Ma qualcosa qua e là capivo. Una sera, non so chi di loro, si mise a parlare di verze sofegae e  la cucina si animò all'improvviso. Lina prese un paio di verze dallo stanzino/cantina, le sorelle si misero  grandi grembiuli con la pettorina e iniziarono a  sfogliare, lavare, tagliare, soffriggere, il tutto inframmezzato da un chiacchiericcio fitto fitto  in dialetto veneto.
....Ben presto il profumo delle verze si sparse per casa, e mentre quel pentolone brontolava dolcemente sul fuoco, noi bambini apparecchiammo la grande tavola del salone. La fame cominciava a farsi sentire...
Non ricordo cosa ci fosse d'altro per cena, ma quel sapore così deciso sì, me lo ricordo bene, era così diverso da quello della minestra che conoscevo...
Le verze arrivarono in una grande zuppiera, al posto della minestra. Mentre metteva nei piatti, la mamma di Lina disse che la verza è il sapore dell'inverno, una frase che mi colpì evidentemente, dato che me la ricordo ancora..
Così, mentre risalivo le scale con il mio bravo pacco sotto il braccio, risentendo quel profumo di cassoeula mi sono ricordata che non l'ho preparata nemmeno l'anno scorso, ed è un piatto che ai miei piace moltissimo.
Quasi quasi, mi son detta, ma poi ho pensato che ci sarebbero volute le verze che hanno preso la brina... è ancora presto, tocca aspettare almeno un paio di settimane....ma ormai in testa avevo l'idea delle verze, e allora  ne ho comprata una non troppo grande, e l'ho preparata così




avevo visto di sfuggita una foto di  qualcosa di simile presentata nel bicchiere e mi è piaciuta molto come idea, e l'ho fatta mia.


per due/tre persone


Verze nel bicchiere

800 gr di verza, pesata pulita
1 porro
1 cucchiaio scarso di semi di finocchio
poca noce moscata
150 gr  latte
150 gr  panna liquida
150 gr parmigiano grattugiato
30 gr Maizena
una noce  abbondante di burro
bacon a fette
sale, pepe


sfogliare la verza  eliminando le foglie esterne più dure e le nervature più grosse.  Ridurla a listarelle, lavarla accuratamente e  scottarla in acqua bollente per cinque minuti.
Scolarla conservando un poco dell'acqua di cottura, e strizzarla.
Pulire il porro dalla parte verde e dalle radichette. Affettarlo sottilmente, fondere una grossa noce di burro in una larga padella, aggiungere il porro e lasciarlo ammorbidire, insieme ai semi di finocchio pestati nel mortaio, quindi  unire anche la verza scolata e strizzata. Lasciar insaporire a fuoco dolce mescolando spesso. Regolare di sale e di pepe. Se si asciuga troppo aggiungere un po' dell'acqua di cottura tenuta da parte e portare a cottura. Alla fine dovrà essere morbida e asciutta.

Mentre la verza cuoce, preparare la fonduta di grana.
In una ciotola, sciogliere la Maizena in un goccio di latte prendendolo dalla dose prevista dalla ricetta.
Scaldare poi il  latte restante insieme alla panna, quando sono ben caldi, aggiungere la Maizena sciolta, mescolando velocemente, e rimettere sul fuoco dolce, aggiungere il parmigiano grattugiato, mescolare il tutto con una frusta in modo da farlo sciogliere completamente. Lasciar addensare sul fuoco qualche minuto, profumare con la noce moscata, regolare di sale  e tenere in caldo.

Scaldare una padella antiaderente e tostare le fette di bacon  senza ulteriori grassi, in modo che diventino croccanti.

Quando il tutto è pronto, fare uno strato di verze nel bicchiere, coprire con un poco di fonduta di parmigiano,  aggiungere  un "cappellino" di altre verze e decorare con una fetta di bacon croccante.





Questa ricetta la dedico a Lina, amica della mia famiglia da tutta una vita.
Ora vive sola con i suoi acciacchi, sempre in quella casa di ringhiera, i suoi ragazzi sono lontani e Nino non c'è più da molti anni.

Un bacio Lina, e grazie per tutti i bei momenti passati insieme!








2 commenti:

  1. succede anche a me di annusare qualcosa e di far scattare la memoria....Una ricetta che parla di ricordi ma rivisitata in chiave moderna, cara Giuli sei sempre bravissima!Buona settimana, un bacio grande

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