giovedì 10 settembre 2015

in una giornata grigia

di quelle che intristiscono i pensieri e che coprono tutto con una pesante coperta di malinconia.  Una giornata di fine estate, con il pensiero al mare appena lasciato, la nostalgia del sole e della sabbia calda.  Davanti a me l'attesa dell'autunno, col suo buio e il suo freddo, e non me ne importa nulla dei suoi bellissimi colori, a me pesa moltissimo, soprattutto per  la mancanza della luce. Prodromi di inverno incombente....
Mi faccio un caffè, l'ennesimo oggi, ma ne ho bisogno per scrollarmi di dosso una strana apatia, la sensazione di essere confinata in un limbo da cui fatico ad uscire, nessuna voglia di fare. Passerà?
Ci vorrebbe un occhio di sole,  una fetta di cielo azzurro rallegrato da qualche soffice nuvoletta bianca.
Invece le nuvole sono gonfie e tutte in grigio degradé. Anche belle nel loro genere a voler guardare....
Mi siedo sul divano con un libro. Tratteggia molto bene il carattere di un personaggio molto complesso, ne racconta la storia, e la lettura mi prende. Golia si acciambella appoggiandosi al mio fianco, Perla dorme tranquilla nel suo solito angolino del divano. Tutto è silenzio. Cosa abbastanza strana a quest'ora.
Le pagine scorrono, e ad un certo punto mi ritrovo a pensare che il personaggio del libro assomiglia a qualcuno che conoscevo molto bene, ne ritrovo il carattere fumino, lo spirito ribelle, ma anche molto dolce. Ritrovo la sua voglia di essere indipendente nonostante un piccolo  handycap. Ritrovo la zia Paola.
Non era veramente una zia. La chiamavano così le mie figlie quando erano piccole e in casa nostra è rimasta per sempre la zia Paola.
Veniva da una delle valli bergamasche, la Valle Imagna. Lì, in una domenica di settembre aveva conosciuto Paolo, si erano subito innamorati e quasi subito fidanzati nonostante  lui avesse un matrimonio sbagliato alle spalle. Ma lei si trasferì a Milano per convivere con lui, incurante delle convenzioni del tempo. In quegli anni il divorzio non esisteva ancora e le coppie di fatto erano considerate clandestine, come se amarsi senza essere sposati fosse una colpa inconfessabile.
Per contribuire al bilancio familiare era andata a lavorare in una grossa fabbrica che faceva condensatori e lì aveva lasciato tutte le prime falangi delle dita della  mano destra sotto una trancia. Dovette  smettere di lavorare e si ritrovò casalinga suo malagrado.Il suo tempo lo trascorreva pensando alla casa, che  era sempre uno specchio, e  riversando su Paolo tutte le sue attenzioni, amore e  cure. Leggeva molto, ascoltava la radio, che teneva sempre accesa, giorno e notte, nonostante i brontolamenti di Paolo.
Naturalmente,  zio Paolo per le mie figlie.
Molto più grandi di me e mio marito, avevano pressappoco  l'età dei miei genitori,  non avevano avuto figli  e consideravano  le mie bimbe come vere e proprie nipoti, le adoravano e le volevano spesso a casa loro. Fortunatamente abitavamo molto vicini, praticamente da un capo all'altro della stessa via, per cui era molto facile che passassi da loro con le mie figlie, non dico tutti i giorni, ma abbastanza spesso.
Paolo era un uomo corpulento, con un enorme paio di baffi spioventi, completamente grigi. Nato in provincia di Cremona,  da giovane carabiniere  durante la guerra aveva fatto la campagna di Grecia ed era  tornato  con una scheggia di granata nella gamba, poi, dopo vari lavori in diverse fabbriche, aveva comprato  un piccolo camion, un Cerbiatto, e lavorava facendo consegne per i corrieri.  Alla fine si era messo in proprio. Con mio marito ed altri autisti avevano messo su una piccola azienda di trasporti facendola  crescere molto bene negli anni. Poi, come a volte capita, la diversa età dei vari soci e la conseguente diversa veduta delle cose fu il motivo per cui mio marito e un altro paio di soci più giovani, lasciarono. Ma con lo zio Paolo i rapporti continuarono sempre, per l'affetto che ci legava a lui e alla zia Paola.
Lei  era appena un poco  rotonda, forse appesantita dall'età, ma il suo fisico rivelava una figura ben proporzionata, doveva essere stata molto bella da giovane,  capelli corti  sempre in ordine, la tinta sempre a posto,  grandi occhi scuri,  una voce stentorea e un accento bergamasco che non perse mai, aveva un senso dell'umorismo molto spiccato, e le sue battute arrivavano fulminee, coglieva sempre il cuore delle situazioni e ironizzava sempre con molta intelligenza. .Le piaceva stare aggiornata sulla moda, amava i colori forti  che le donavano molto. Aveva gusto e  sapeva sempre scegliere le cose giuste per la sua età inoltre aveva un bel portamento,  le stava bene praticamente tutto.
I rapporti fra loro erano sempre un po' scherzosi, si prendevano in giro a vicenda, ma erano molto uniti, lui la chiamava Paolina, e lei fingeva di arrabbiarsi perchè non le piaceva il diminutivo.
Paolo alla fine divorziò, ma  restarono conviventi  per i tre quarti della loro vita.  Ad un certo punto, ormai avanti  con gli anni, decisero di sposarsi. Paola credo che facesse pressione in questo senso, per molti motivi, non ultimo quello della reversibilità delle pensioni,  la vecchiaia era molto vicina ed era l'ora di sistemare le cose.
Ricordo il trambusto e tutte le vicende legate alla preparazione del matrimonio. Per Paola tutto doveva essere perfetto, era finalmente arrivato il momento di realizzare il sogno di tutta la sua vita e niente doveva essere lasciato al caso. Vederli discutere sul colore dei fiori, sulla scelta delle bomboniere, sul tipo di menù del ristorante,  sul colore dell'abito di lui, mi divertiva moltissimo, lui lo voleva blu e lei lo voleva grigio, alla fine la spuntò lei..
Una vecchia coppia collaudatissima che litigava su tutto e si comportava come una coppia di adolescenti.
Ovviamente vollero che le mie figlie facessero un po' da damigelle. Chiara era ancora piccolina, avrà avuto si e no 5 anni, Serena invece ne aveva ormai quasi 11.  Si sposarono nel municipo del paese, con il sindaco avvolto nella fascia tricolore.  Per il pranzo di matrimonio scelsero un ristorante sull'Adda, vicino a Trezzo,  dove  si andava qualche volta insieme. Ma è passato molto tempo, non mi ricordo nemmeno più come si chiamava...
Andavamo spesso a cena da loro, ci tenevano molto. A volte eravamo stanchi, e non se ne aveva voglia, ma per loro era importante averci intorno, per cui non rifiutavamo quasi mai.
Paola era un'ottima cuoca, amava perlopiù la cucina classica lombarda, ricordo i suoi brasati e i suoi arrosti,  la cacciagione che serviva con la polenta gialla della sua valle, i suoi ossibuchi col risotto erano proverbiali! Da lei ho imparato a mettere gli amaretti nel ripieno del cappone natalizio da fare bollito, o nel ripieno della gallina......Vederla in cucina tirare la pasta, con quella sua mano così deformata mi stupiva sempre. Non doveva essere facile, ma lei andava svelta e sicura, arrotolava, stendeva, tirava il mattarello come una sfoglina bolognese...
Una sera fece gli gnocchi al ragù......già, gli gnocchi, uno dei piatti preferiti ancora oggi da mia figlia Chiara, quando era bimba ne andava letteralmente pazza, e lei lo sapeva... Erano davvero  buoni i suoi gnocchi!  Per un attimo la rivedo, stretta nel suo grembiulone immacolato,  intenta ad impastare le patate con la farina, nella sua piccola cucina, calda e profumata di buon cibo....
Paolo se ne è andato prima di lei, lasciandola sola  in quella casa grande e silenziosa. Poi, oltre 10 anni dopo se ne è andata anche lei. Era malata e un po' lontana con la testa e non aveva altri che un paio di nipoti che vivono nella bergamasca. Io andavo da lei  un paio di volte a settimana e cercavo di rendermi utile magari facendole la spesa, o portandole del cibo già pronto..Pur potendo scegliere di stare con i nipoti bergamaschi,  non ha mai voluto lasciare quella casa, nonostante fosse difficile vivere da sola, alla sua età e con i suoi problemi di salute.
Passo ogni tanto sotto le finestre della sua casa. E' rimasta chiusa per molti anni, ma ora credo l'abbiano venduta, la settimana scorsa ho visto delle finestre aperte. Ogni volta che alzo lo sguardo mi sembra di vederla  affacciata a quel balcone e un nodo mi stringe la gola. Quante persone sono passate nella nostra vita, e tante hanno lasciato un segno profondo, lei e Paolo sono fra queste. Presenze importanti, che ci hanno dato molto e il cui ricordo rimane nel cuore per sempre.

Chiudo il libro, guardo l'orologio. Il tempo ha preso la rincorsa mentre me ne stavo a crogiolarmi nella malinconia, assorta nei miei pensieri e nei miei ricordi. E' ora che mi metta in cucina. Credo che farò qualcosa con le patate, tipo gnocchi, anche se mia figlia Chiara non li mangerà....


Mezzelune di patate ripiene di salsiccia e porri

per 2/3 persone


1 kg di patate a pasta bianca
300 gr farina
1 uovo
1 pizzico di sale

2 piccoli porri
200 gr salsiccia dolce a nastro
una noce di burro
poco vino bianco
poco olio


per condire:
burro q.b.
1 rametto di timo
1 spicchio d'aglio
parmigiano grattugiato a piacere


Una premessa, le dosi di farina che ho scritto sono abbastanza indicative, la quantità è quella che è occorsa a me, ma tutto dipende dalle patate, da quanto assorbono. Per cui regolatevi al momento, in base alle patate,  all'occorrenza aumentate un pochino  la farina se vedete che l'impasto non  sta insieme, ma senza esagerare altrimenti vi ritroverete con delle palle da schioppo.
L'impasto dovrà essere morbido ma elastico e si deve maneggiare senza problemi.


lavate bene le patate sotto l'acqua corrente, cuocetele con la buccia.  Io le ho cotte nel cestello per la cottura a vapore della pentola a pressione, per fare prima le ho sbucciate e tagliate a tocchi. Con questa cottura non assorbono acqua.
Mentre le patate cuociono, mondate i porri, eliminate la parte più verde, dura, e affettateli a rondelle. Fate fondere una noce di  burro in una padella, aggiungete le rondelle di porro e fatele stufare a fuoco dolce finchè saranno morbide, regolate di sale e tenete da parte.
Spellate la salsiccia, riducetela a pezzetti piccoli, scaldate un goccio d'olio in un altro padellino e rosolateci la salsiccia, sfumate con il vino, e con la forchetta schiacciatela ulteriormente. Lasciate evaporare il vino, è pronta quando tutto il liquido si è assorbito. Tenete da parte anche la salsiccia.
Mettete a bollire una capace pentola piena d'acqua, salate.
Le patate saranno pronte, sbucciatele se le avete lasciate intere, e passatele con lo schiacciapatate. direttamente sulla spianatoia, lasciatele sfiatare dal vapore per un poco. Poi fate la fontana e aggiungete la farina, e l'uovo. Impastate fino a che tutto è perfettamente liscio e maneggevole. Raccogliete l'impasto a palla e pulite bene la spianatoia, quindi infarinatela.
Riprendete l'impasto delle patate, tiratelo con il mattarello infarinato fino allo spessore di circa 1 cm. o poco più.
Con un coppapasta, di diametro 9 o 10 cm.  ricavate dei cerchi. Nel mezzo mettete un po' di porri e un po' di salsiccia, richiudete il cerchio a mezzaluna pressando bene i bordi  per sigillarli, in modo che  non si aprano in cottura. Allineate le mezzelune su un piano infarinato.
Ripetete la stessa operazione fino all'esaurimento degli ingredienti.
In un pentolino a parte, fate fondere il burro a fuoco dolce,  insieme a uno spicchio d'aglio e a un rametto di timo.
Quando l'acqua accenna appena a bollire, aiutandovi con una schiumarola, mettete due o tre mezzelune per volta a cuocere. Sono pronte quando tendono a tornare a galla.
Scolatele subito, impiattatele e conditele con il burro fuso, una generosa spolverata di parmigiano completerà tutto.
Se vi piace, decorate con un rametto di timo.


Guardo fuori dalla finestra, il grigio si sta diradando, una nuvoletta bianca fa capolino fra quelle grigie e un buco d'azzurro cerca di farsi largo. Chissà se è Paola che ha sentito i  miei pensieri...

Ciao zia Paola. Grazie.



5 commenti:

  1. Gnam gnam, sono perfette! Ne approfitto per invitarti a partecipare al mio primo contest "il mio piatto preferito" :*

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  2. Ciao Giuliana, hai proprio ragione son tante le persone che entrano nella nostra vita e lasciano segni indelebili. A volte, però, non ne siamo consapevoli, finché i ricordi non riitornano prepotentemente, facendoci rivivere emozioni indimenticabili. Un abbraccio
    Paola

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  3. Cara amica mia,
    quando i ricordi nostalgici prendono il sopravvento e lasciano riaffiorare nella nostra memoria lembi della nostra vita, è lì che facciamo i conti con essa e facciamo anche un rapido conto di chi è stato veramente importante, di chi è riuscito veramente a lasciare in noi una traccia indelebile, nel bene e nel male.......
    La melanconia che ti pervade con l'avvicinarsi dell'autunno è per noi, fortunati avventori nella tua vita e nella tua casa virtuale, un prezioso momento di riflessione, di apprendimento e di grandi sentimenti.
    Grazie, per esserci e per ciò che ci doni di te a piene mani.
    Un bacio.
    Anna

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  4. Giuliana, sei così magica...
    Federic@

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  5. Questo post mi ha rischiaffato in viso il ricordo della mia nonna lombardo-piemontese che impastava gli gnocchi sull'asse della cucina, borbottando: "Queste patate! Hanno assorbito così tanta farina! Non stavano insieme!!". Io adoravo i suoi gnocchi, e avrei adorato quelli della bella e coraggiosa Paola, e adoro i tuoi, questi, come quello grosso al limone, ma chissà se troverò mai il coraggio di farli.

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