Guardando il cielo
I miei fiori preferiti sono i fiori selvatici,
spontanei, liberi, indomabili.
Quelli che fioriscono senza essere annaffiati,
quelli che profumano di rivoluzione,
quelli che donano a se stessi il diritto a crescere
in tutti i luoghi dove la gente pensa
che non avrebbero mai potuto farlo.
(Hermana Águila)Quelli che fioriscono senza essere annaffiati,
quelli che profumano di rivoluzione,
quelli che donano a se stessi il diritto a crescere
in tutti i luoghi dove la gente pensa
che non avrebbero mai potuto farlo.
Guardando il cielo su, in alto a sinistra c'è una piccola, brillante luce che arriva fino a qui. Voglio pensarti lassù Michael, mentre ci guardi con la stessa anarchica e ironica libertà di sempre.
Credo che nella vita tutto ciò che ci succede abbia un senso e che tutti gli incontri che facciamo ci cambino in qualche modo. Ogni persona è un mondo, un mistero con il suo vissuto, le sue caratteristiche, le sue fragilità e quando entra nella nostra vita, anche solo per poco, ci lascia sempre qualcosa di sè e si porta via un po' di noi.
E tu hai lasciato parecchio di te Michael, scommetto che non ci hai mai nemmeno pensato a questo, generoso, franco e disponibile come eri, ma sappi che le tue parole e i tuoi insegnamenti li conservo, indelebili, in uno dei cassetti del cuore e poi lo sai, i ricordi restano e continuano a vivere, pulsando dolorosamente insieme allo scorrere del tempo.
Ma oggi siamo qui, una comunità stretta in un intreccio di pensieri e di abbracci colmi d'affetto per te e per Eleonora, figlia tanto amata, e per Micol, tua moglie, a dirti che ci manchi e ci mancherai. Andremo avanti, certo, ma col dolore e la consapevolezza di aver perso una persona tanto speciale.
Tu però ogni tanto guarda giù, dacci un segno che possa esserci di qualche conforto, nell'attesa ti immaginerò seduto su quella stella in alto a sinistra, con un sorriso ironico e divertito mentre ci osservi e pensi: - ma friggete un po' come c...o vi pare!
Ciao Michael, è stato un privilegio aver incrociato il tuo cammino e ti sono grata per tutte le cose che ho imparato da te. So che vivrò di insonnie e nostalgie, specie nei giorni gelidi dell'inverno, e mi resterà il rimpianto per questo cammino interrotto. Sarà un po' meno lieve senza la tua presenza, la tua compagnia, i tuoi consigli e la tua visione del mondo, senza la tua umanità e la tua generosità.
Ma oggi siamo qui, una comunità stretta in un intreccio di pensieri e di abbracci colmi d'affetto per te e per Eleonora, figlia tanto amata, e per Micol, tua moglie, a dirti che ci manchi e ci mancherai. Andremo avanti, certo, ma col dolore e la consapevolezza di aver perso una persona tanto speciale.
Tu però ogni tanto guarda giù, dacci un segno che possa esserci di qualche conforto, nell'attesa ti immaginerò seduto su quella stella in alto a sinistra, con un sorriso ironico e divertito mentre ci osservi e pensi: - ma friggete un po' come c...o vi pare!
Ciao Michael, è stato un privilegio aver incrociato il tuo cammino e ti sono grata per tutte le cose che ho imparato da te. So che vivrò di insonnie e nostalgie, specie nei giorni gelidi dell'inverno, e mi resterà il rimpianto per questo cammino interrotto. Sarà un po' meno lieve senza la tua presenza, la tua compagnia, i tuoi consigli e la tua visione del mondo, senza la tua umanità e la tua generosità.
Ti dedico questo pane dolce del sabato che ho intrecciato pensando a te, a Eleonora e a Micol e anche le parole di quegli stornelli anarchici che mi avevano fatto immediatamente pensare a te e di cui avevamo parlato a lungo.
"Nostra patria il mondo intero, nostra legge la libertà, ed un pensiero ribelle in cor ci sta"
Pane dolce del sabato, in ricordo di Michael Meyers.
ricetta di Eleonora Colagrosso, del blog Burro e Miele
per due trecce ripiene:
500 g di farina 02 uova grandi medie (circa 60-62 g l'una, pesate con il guscio)
100 g di zucchero
20 g di lievito di birra
125 ml di acqua tiepida
125 ml di olio extra vergine d'oliva
10 g di sale
100 g di uva passa
un tuorlo d'uovo
un cucchiaio di acqua
semi di sesamo e papavero
io ho diversificato il ripieno di una treccia. In una l'uvetta e per l'altra ho tritato abbastanza finemente 80 g di scorza d'arancia candita e l'ho unita a 60 g di pinoli.
Prima di tutto, e importantissimo, setacciate la farina.
Mettete a bagno l'uvetta in poca acqua tiepida. Lasciate che si ammorbidisca e poi scolatela e asciugatela benissimo.
Sciogliete il lievito nei 125 ml d'acqua tiepida insieme a un cucchiaino di zucchero e fate riposare una decina di minuti fino a far formare una schiuma.
In una ciotola, o nell'impastatrice, mescolate insieme la farina, il sale e lo zucchero e versateci l'acqua con il lievito, cominciando ad impastare, unite poi l'olio e per ultimo le uova, uno ad uno, finchè sono ben incorporate. Lavorate a lungo l'impasto fino a quando si stacca perfettamente dalla ciotola, lasciandola pulita. E' un impasto molto idratato, con olio e acqua, ci metterà un po' a incordare, ma non scoraggiatevi. Continuate a lavorarlo fino a quando incorderà.
Lasciatelo lievitare per almeno due ore, dopodichè, sgonfiate l'impasto e tagliatelo in due parti uguali. Dividete poi ognuna delle parti in altre tre.
Col mattarello stendete su un piano infarinato ognuna delle tre parti portandole a circa circa 35 centimetri di lunghezza e a 15 di larghezza. Spargete l'uva passa sulle tre parti.
Arrotolate ogni striscia sulla lunghezza, in modo da ottenere tre lunghi "salsicciotti".
Uniteli da un capo e intrecciate i tre rotolini.
Ripetete la stessa operazione per la seconda treccia.
Adagiate le trecce su una placca da forno unta di olio. Lasciate lievitare ancora due ore almeno o anche di più, ha bisogno di tempo per lievitare, non siate impazienti.
Sbattete il tuorlo d'uovo con un cucchiaio di acqua e spennellate delicatamente la superficie; spolverate con i semi di sesamo o papavero.
Mettete in forno già caldo e STATICO a 200°C per circa 15-20 minuti

Eleonora, Micol, vi stringo forte in un abbraccio colmo d'affetto.
Ciao Doc, grazie.
Calendario del Cibo italiano
carne
secondi
selvaggina
Cinghiale alla Sassetana
Ho iniziato ad apprezzare il cinghiale frequentando la Toscana o per meglio dire, quel pezzo di Maremma che comprende anche la fascia costiera livornese da Cecina verso Piombino, conosciuta come Maremma Pisana.
Chi mi conosce sa quanto io sia legata a questi luoghi, ci sono capitata per caso oltre 25 anni fa e da allora non passa anno che non ci torni, anche solo per un breve w.e.
In tanti anni io e la mia famiglia abbiamo imparato a conoscerne le bellezze, così diverse e così ricche di storia e di vita, immerse in una natura che per certi versi ti lascia senza fiato. Un paesaggio variegato e affascinante, che ti colpisce e ti resta dentro per sempre.
Nel nostro peregrinare abbiamo scoperto molte piccole realtà , molti borghi arrampicati sulle colline che per certi versi sembrano fermi nel tempo, tanto hanno saputo conservare la loro bellezza medioevale.
Uno di questi luoghi, avvolto dalla macchia mediterranea, è Sassetta, secolare borgo della Val di Cornia. Un posto ricco di storia e dal fascino indiscusso, coi suoi bianchi dirupi, i pascoli verdissimi e i suoi secolari boschi di castagno. Un ambiente naturale e incontaminato dove il tempo scorre lento e dove i suoni della natura ti fanno immergere in una realtà molto lontana da quella che vivi abitualmente, regalandoti la sensazione di fare un viaggio indietro nel tempo.
Ormai molti anni orsono, durante una delle nostre passeggiate lungo la Val di Cornia, abbiamo scoperto Il Castagno, uno dei ristoranti storici di Sassetta.
La loro cucina è perlopiù basata sulla selvaggina e il piatto forte è il cinghiale, che in quelle zone è molto diffuso. Senza esitare lo abbiamo scelto, così, giusto per assaggiarlo, ed è stato subito amore.
Un piatto robusto, saporito, deciso, per palati altrettanto robusti e decisi e mi fa piacere proporlo oggi che il Calendario del Cibo Italiano ne ha fatto l'argomento della giornata.
Cinghiale alla Sassetana
1 kg polpa di cinghiale
2 carote
2 coste di sedano
2 spicchi d'aglio
1 ciuffo abbondante di salvia
2 rametti di rosmarino
qualche rametto di timo
2 foglie di alloro
olive nere q.b. (più o meno 80/100 g)
qualche bacca di ginepro
1 scatola di pelati
1 bicchiere scarso di vino rosso
brodo di carne q.b.
sale, peperoncino
olio.e.v.
Tritate insieme finemente carota, sedano, aglio, le foglie di un ciuffo di salvia, gli aghi del rametto di rosmarino e le foglioline di timo.
Nel frattempo tagliate la carne a pezzettoni e mettetela, senza alcun condimento,
in una larga padella antiaderente su fuoco allegro. Fate scottare bene la carne per circa una ventina di minuti, mescolando spesso, in modo che la carne rilasci abbastanza liquido, che andrà gettato. Questo farà sì che perda un po' del suo sentore di selvaggina.
Togliete la carne dalla padella e tenete da parte.
Trasferite il trito di verdure ed erbe in in un tegame dove avrete scaldato un goccio d'olio. Fate insaporire bene, poi unite la carne scottata, mescolate e fare insaporire insieme al trito. Salate, aggiungete il peperoncino e sfumate con un bicchiere di vino rosso, lasciate evaporare poi unite i pomodori pelati e le foglie di alloro. Aggiungete del brodo caldo fino a coprire la carne, unite anche le olive nere, circa 80/100 g, mettete il coperchio e abbassate il fuoco. Portate a cottura mescolando ogni tanto, lasciando pippiare abbastanza a lungo il cinghiale. Al bisogno rabboccate con dell'altro brodo. Alla fine la carne sarà tenerissima e il suo sugo abbastanza ristretto e denso.
Potrete servirlo con delle semplici fette di pane, o con della polenta.
Chi mi conosce sa quanto io sia legata a questi luoghi, ci sono capitata per caso oltre 25 anni fa e da allora non passa anno che non ci torni, anche solo per un breve w.e.
In tanti anni io e la mia famiglia abbiamo imparato a conoscerne le bellezze, così diverse e così ricche di storia e di vita, immerse in una natura che per certi versi ti lascia senza fiato. Un paesaggio variegato e affascinante, che ti colpisce e ti resta dentro per sempre.
Nel nostro peregrinare abbiamo scoperto molte piccole realtà , molti borghi arrampicati sulle colline che per certi versi sembrano fermi nel tempo, tanto hanno saputo conservare la loro bellezza medioevale.
Uno di questi luoghi, avvolto dalla macchia mediterranea, è Sassetta, secolare borgo della Val di Cornia. Un posto ricco di storia e dal fascino indiscusso, coi suoi bianchi dirupi, i pascoli verdissimi e i suoi secolari boschi di castagno. Un ambiente naturale e incontaminato dove il tempo scorre lento e dove i suoni della natura ti fanno immergere in una realtà molto lontana da quella che vivi abitualmente, regalandoti la sensazione di fare un viaggio indietro nel tempo.
Ormai molti anni orsono, durante una delle nostre passeggiate lungo la Val di Cornia, abbiamo scoperto Il Castagno, uno dei ristoranti storici di Sassetta.
La loro cucina è perlopiù basata sulla selvaggina e il piatto forte è il cinghiale, che in quelle zone è molto diffuso. Senza esitare lo abbiamo scelto, così, giusto per assaggiarlo, ed è stato subito amore.
Un piatto robusto, saporito, deciso, per palati altrettanto robusti e decisi e mi fa piacere proporlo oggi che il Calendario del Cibo Italiano ne ha fatto l'argomento della giornata.
Cinghiale alla Sassetana
1 kg polpa di cinghiale
2 carote
2 coste di sedano
2 spicchi d'aglio
1 ciuffo abbondante di salvia
2 rametti di rosmarino
qualche rametto di timo
2 foglie di alloro
olive nere q.b. (più o meno 80/100 g)
qualche bacca di ginepro
1 scatola di pelati
1 bicchiere scarso di vino rosso
brodo di carne q.b.
sale, peperoncino
olio.e.v.
Tritate insieme finemente carota, sedano, aglio, le foglie di un ciuffo di salvia, gli aghi del rametto di rosmarino e le foglioline di timo.
Nel frattempo tagliate la carne a pezzettoni e mettetela, senza alcun condimento,
in una larga padella antiaderente su fuoco allegro. Fate scottare bene la carne per circa una ventina di minuti, mescolando spesso, in modo che la carne rilasci abbastanza liquido, che andrà gettato. Questo farà sì che perda un po' del suo sentore di selvaggina.
Togliete la carne dalla padella e tenete da parte.
Trasferite il trito di verdure ed erbe in in un tegame dove avrete scaldato un goccio d'olio. Fate insaporire bene, poi unite la carne scottata, mescolate e fare insaporire insieme al trito. Salate, aggiungete il peperoncino e sfumate con un bicchiere di vino rosso, lasciate evaporare poi unite i pomodori pelati e le foglie di alloro. Aggiungete del brodo caldo fino a coprire la carne, unite anche le olive nere, circa 80/100 g, mettete il coperchio e abbassate il fuoco. Portate a cottura mescolando ogni tanto, lasciando pippiare abbastanza a lungo il cinghiale. Al bisogno rabboccate con dell'altro brodo. Alla fine la carne sarà tenerissima e il suo sugo abbastanza ristretto e denso.
Potrete servirlo con delle semplici fette di pane, o con della polenta.
Calendario del Cibo italiano
primi
Gnocchi di patate viola e cardoncelli
Giornata di gnocchi questa, per il Calendario del Cibo Italiano e se andrete a leggere il bellissimo articolo pubblicato, vi renderete conto di quante bellissime ricette si possono realizzare.
Gli gnocchi sono un cibo antichissimo, che veniva preparato con le farine a disposizione, le più diverse: farina di frumento, di riso, di semola, pane secco, tuberi o verdure varie.
Gnocco è un termine longobardo d'epoca medioevale, che definisce qualunque impasto a forma tondeggiante. (knohha = nodo, nocca)
Una volta arrivate dal continente americano in Europa, le patate si diffusero a macchia d'olio e
dalla metà del Settecento presero più piede gli gnocchi fatti con questo meraviglioso tubero.
E' abitudine preparare gli gnocchi, ovunque in Italia, e in ogni regione hanno forse un nome diverso, ma restano sempre uno dei piatti maggiormente graditi.
Io cotribuisco a questa giornata con degli gnocchi un po' diversi, quelli di patate viola.
Durante il blogtour dedicato al Gran Bollito fatto con il Calendario qualche tempo fa, ospiti di Emanuele Roverato, patron del Ristorante Dotto di Campagna di Padova, ne ho assaggiato una versione coi funghi "barboni", e ne sono stata conquistata. Degli gnocchi morbidissimi delicati ma saporiti, accompagnati da questa varietà di funghi poco conosciuta ma molto apprezzata.
Ma le patate viola di Emanuele "Dotto" sono una materia prima molto speciale e lui si fa chilometri e chilometri per andare fino a Rotzo, un paesino di 600 abitanti nell'Altipiano dei Sette Comuni, per procurarsele e preparare questa golosità per i suoi clienti.
Io qui purtroppo non posso disporre delle patate viola di Rotzo, ma ho voluto comunque provare a fare gli gnocchi viola.
Di solito trovo patate viola Vitelotte che sono di un viola molto delicato, con striature bianche al taglio e quando le cuoci, alla fine, il viola è solo una leggera sfumatura ed è una cosa che mi fa abbastanza arrabbiare, visto che il risultato finale non è mai come vorrei che fosse, appunto per il colore più bluette che viola. Stavolta che le volevo proprio in questo modo per poter riprodurre il piatto che avevo assaggiato al Dotto di Campagna, quando le ho tagliate mi sono ritrovata con patate di un viola scurissimo, di conseguenza anche gli gnocchi son venuti molto scuri, buonissimi a dire il vero, ma molto poco fotogenici. In ogni caso eccoli:
Gnocchi di patate viola e funghi cardoncelli
1 kg abbondante di patate viola
250 g farina
sale
per condire:
600 g funghi cardoncelli
1 spicchio d'aglio
un paio di rametti di timo
poco olio d'oliva
una noce di burro
sale, pepe
parmigiano grattugiato
Mondate e lavate velocemente i funghi, asciugateli meglio che potete poi affettateli sottilmente, e metteteli in un largo tegame dove avrete scaldato un poco d'olio insieme allo spicchio d'aglio, al timo e alla noce di burro.
Lasciate insaporire tutto, poi salate leggermente e fate cuocere i cardoncelli per una ventina di minuti, mezz'ora.
Tenete da parte.
Cuocete a vapore le patate, o al microonde, come preferite, in modo che non assorbano l'acqua di cottura.
Sbucciatele e passatele col passapatate direttamente sulla spianatoia, apritele a fare una fontana e lasciatele evaporare qualche minuto poi salatele iniziate a lavorarle aggiungendo la farina.
La dose che ho messo è quella che è servita a me, ma regolatevi con quello che sentirete sotto le mani, le patate non sono tutte uguali e prendono farina in modo diverso ogni volta.
Quando vi sembra che l'impasto sia pronto, non aggiungete più farina e iniziate a fare i soliti rotolini e a ricavare gli gnocchi.
Rimettete sul fuoco il tegame dei funghi e fate riprendere calore, nel frattempo cuocete gli gnocchi pochi alla volta, prelevateli man mano con una schiumarola e depositateli nel tegame dei funghi.
Una volta terminata la cottura saltate leggermente gli gnocchi nel tegame e servite con una generosa dose di parmigiano reggiano grattugiato.
E buon appetito!!
Gli gnocchi sono un cibo antichissimo, che veniva preparato con le farine a disposizione, le più diverse: farina di frumento, di riso, di semola, pane secco, tuberi o verdure varie.
Gnocco è un termine longobardo d'epoca medioevale, che definisce qualunque impasto a forma tondeggiante. (knohha = nodo, nocca)
Una volta arrivate dal continente americano in Europa, le patate si diffusero a macchia d'olio e
dalla metà del Settecento presero più piede gli gnocchi fatti con questo meraviglioso tubero.
E' abitudine preparare gli gnocchi, ovunque in Italia, e in ogni regione hanno forse un nome diverso, ma restano sempre uno dei piatti maggiormente graditi.
Io cotribuisco a questa giornata con degli gnocchi un po' diversi, quelli di patate viola.
Durante il blogtour dedicato al Gran Bollito fatto con il Calendario qualche tempo fa, ospiti di Emanuele Roverato, patron del Ristorante Dotto di Campagna di Padova, ne ho assaggiato una versione coi funghi "barboni", e ne sono stata conquistata. Degli gnocchi morbidissimi delicati ma saporiti, accompagnati da questa varietà di funghi poco conosciuta ma molto apprezzata.
Ma le patate viola di Emanuele "Dotto" sono una materia prima molto speciale e lui si fa chilometri e chilometri per andare fino a Rotzo, un paesino di 600 abitanti nell'Altipiano dei Sette Comuni, per procurarsele e preparare questa golosità per i suoi clienti.
Io qui purtroppo non posso disporre delle patate viola di Rotzo, ma ho voluto comunque provare a fare gli gnocchi viola.
Di solito trovo patate viola Vitelotte che sono di un viola molto delicato, con striature bianche al taglio e quando le cuoci, alla fine, il viola è solo una leggera sfumatura ed è una cosa che mi fa abbastanza arrabbiare, visto che il risultato finale non è mai come vorrei che fosse, appunto per il colore più bluette che viola. Stavolta che le volevo proprio in questo modo per poter riprodurre il piatto che avevo assaggiato al Dotto di Campagna, quando le ho tagliate mi sono ritrovata con patate di un viola scurissimo, di conseguenza anche gli gnocchi son venuti molto scuri, buonissimi a dire il vero, ma molto poco fotogenici. In ogni caso eccoli:
Gnocchi di patate viola e funghi cardoncelli
1 kg abbondante di patate viola
250 g farina
sale
per condire:
600 g funghi cardoncelli
1 spicchio d'aglio
un paio di rametti di timo
poco olio d'oliva
una noce di burro
sale, pepe
parmigiano grattugiato
Mondate e lavate velocemente i funghi, asciugateli meglio che potete poi affettateli sottilmente, e metteteli in un largo tegame dove avrete scaldato un poco d'olio insieme allo spicchio d'aglio, al timo e alla noce di burro.
Lasciate insaporire tutto, poi salate leggermente e fate cuocere i cardoncelli per una ventina di minuti, mezz'ora.
Tenete da parte.
Cuocete a vapore le patate, o al microonde, come preferite, in modo che non assorbano l'acqua di cottura.
Sbucciatele e passatele col passapatate direttamente sulla spianatoia, apritele a fare una fontana e lasciatele evaporare qualche minuto poi salatele iniziate a lavorarle aggiungendo la farina.
La dose che ho messo è quella che è servita a me, ma regolatevi con quello che sentirete sotto le mani, le patate non sono tutte uguali e prendono farina in modo diverso ogni volta.
Quando vi sembra che l'impasto sia pronto, non aggiungete più farina e iniziate a fare i soliti rotolini e a ricavare gli gnocchi.
Rimettete sul fuoco il tegame dei funghi e fate riprendere calore, nel frattempo cuocete gli gnocchi pochi alla volta, prelevateli man mano con una schiumarola e depositateli nel tegame dei funghi.
Una volta terminata la cottura saltate leggermente gli gnocchi nel tegame e servite con una generosa dose di parmigiano reggiano grattugiato.
E buon appetito!!
Calendario del Cibo italiano
comfort food
dolci e dessert
Cioccolata viennese
l'inverno è praticamente qui, oggi c'è pure una nebbia abbastanza densa, sospesa.
Niente a che vedere con la nebbia di quando ero bambina e abitavo in quella casa di ringhiera di via Correggio. Iniziava ai primi di ottobre e durava a lungo, a volte fino all'arrivo della prima neve, a novembre. C'erano giorni in cui non vedevi nemmeno le tue scarpe se guardavi in basso...Mi piaceva, e mi piace, la nebbia sono ben strana eh? Ma ci sono cresciuta con la nebbia da Ottobre e con la neve a Novembre, con il ritmo giusto delle stagioni..
Mi piaceva perdermici, camminare in quel bianco lattiginoso e ascoltare i rumori ovattati che faceva la città mentre andavo a scuola. Mi piacevano gli incontri fugaci con ombre imbacuccate, strette nei cappotti, che apparivano improvvisamente con un guizzo e altrettanto improvvisamente sparivano inghiottite dal nulla lasciando solo il rumore dei loro passi. Conoscevo a memoria la posizione di ogni negozio lungo la strada per la scuola, riconoscevo il rumore che facevano i cestelli del latte quando li scaricavano davanti alla piccola latteria, il rotolare dei barili davanti alle Cantine Astigiane, oppure il grido di richiamo dei venditori ambulanti di frutta e verdura davanti al mercato di Piazza Wagner. E l'odore della nebbia, un odore particolare, qualcosa che non si può spiegare bene a parole. Ti impregnava i capelli e i vestiti, era l'odore dell'inverno.
La nebbia da tempo non è più così densa, non ha più tutto quel fascino legato ai miei ricordi di bambina, ma ha sempre un potere, quello di farti desiderare di stare a casa, al calduccio, magari con una tazza fumante davanti a scaldare il cuore e l'anima.
Oggi è un giorno così, lento e grigio. Golia dorme acciambellato sul divano vicino a me, fuori è silenzio, non è ancora sera e io ho voglia di qualcosa che mi faccia sentire meglio. Una cioccolata calda, per esempio, con una montagna di panna montata sopra.
Fra l'altro è anche la giornata dedicata dal Calendario del Cibo Italiano alla cioccolata in tazza, e grazie a questo ho scoperto che esistono molti modi per prepararla. Quella che ho fatto per me è questa:
Cioccolata Viennese
120 g cioccolato fondente (io ho usato 2/3 al 60% il resto al 70%)
500 ml latte
60 g zucchero
60 ml acqua
panna liquida fresca
poco zucchero vanigliato
Fondete la cioccolata in microonde usando una potenza bassa, in modo che il cioccolato fonda pian piano, altrimenti fatela sciogliere in un pentolino messo a bagnomaria.
In un altro tegame mescolate acqua, zucchero e latte, e mettete sul fuoco finchè lo zucchero è completamente sciolto.
A questo punto unite il cioccolato fuso e mescolate, sempre sul fuoco fino a che sia tutto perfettamente omogeneo. Lasciate sobbollire qualche minuto, poi toglietelo dal gas e frullate la cioccolata qualche secondo con le fruste elettriche. Fate riposare qualche minuto sempre mescolando quindi versate nelle tazze calde e completate con la panna montata e una leggera spolverata di zucchero vanigliato.
Non aspettatevi una cioccolata densa come siamo abituati a prendere al bar, non lo è.
Forse lasciandola raffreddare un po' di più il cioccolato si addenserebbe un pochino, ma rimarrebbe comunque abbastanza liquida.
La ricetta che ho scritto è quella universalmente conosciuta come Viennese.
Però io la volevo densa, per cui ho fatto qualche piccola modifica.
Ho omesso l'acqua e aumentato la dose di cioccolato a 180 g e il risultato è stato molto soddisfacente.
Per cui, se la volete come bevanda scaldacuore, fate la ricetta classica, se invece la preferite più densa e cremosa, fate come me.
In ogni caso, fatela!!
Niente a che vedere con la nebbia di quando ero bambina e abitavo in quella casa di ringhiera di via Correggio. Iniziava ai primi di ottobre e durava a lungo, a volte fino all'arrivo della prima neve, a novembre. C'erano giorni in cui non vedevi nemmeno le tue scarpe se guardavi in basso...Mi piaceva, e mi piace, la nebbia sono ben strana eh? Ma ci sono cresciuta con la nebbia da Ottobre e con la neve a Novembre, con il ritmo giusto delle stagioni..
Mi piaceva perdermici, camminare in quel bianco lattiginoso e ascoltare i rumori ovattati che faceva la città mentre andavo a scuola. Mi piacevano gli incontri fugaci con ombre imbacuccate, strette nei cappotti, che apparivano improvvisamente con un guizzo e altrettanto improvvisamente sparivano inghiottite dal nulla lasciando solo il rumore dei loro passi. Conoscevo a memoria la posizione di ogni negozio lungo la strada per la scuola, riconoscevo il rumore che facevano i cestelli del latte quando li scaricavano davanti alla piccola latteria, il rotolare dei barili davanti alle Cantine Astigiane, oppure il grido di richiamo dei venditori ambulanti di frutta e verdura davanti al mercato di Piazza Wagner. E l'odore della nebbia, un odore particolare, qualcosa che non si può spiegare bene a parole. Ti impregnava i capelli e i vestiti, era l'odore dell'inverno.
La nebbia da tempo non è più così densa, non ha più tutto quel fascino legato ai miei ricordi di bambina, ma ha sempre un potere, quello di farti desiderare di stare a casa, al calduccio, magari con una tazza fumante davanti a scaldare il cuore e l'anima.
Oggi è un giorno così, lento e grigio. Golia dorme acciambellato sul divano vicino a me, fuori è silenzio, non è ancora sera e io ho voglia di qualcosa che mi faccia sentire meglio. Una cioccolata calda, per esempio, con una montagna di panna montata sopra.
Fra l'altro è anche la giornata dedicata dal Calendario del Cibo Italiano alla cioccolata in tazza, e grazie a questo ho scoperto che esistono molti modi per prepararla. Quella che ho fatto per me è questa:
Cioccolata Viennese
120 g cioccolato fondente (io ho usato 2/3 al 60% il resto al 70%)
500 ml latte
60 g zucchero
60 ml acqua
panna liquida fresca
poco zucchero vanigliato
Fondete la cioccolata in microonde usando una potenza bassa, in modo che il cioccolato fonda pian piano, altrimenti fatela sciogliere in un pentolino messo a bagnomaria.
In un altro tegame mescolate acqua, zucchero e latte, e mettete sul fuoco finchè lo zucchero è completamente sciolto.
A questo punto unite il cioccolato fuso e mescolate, sempre sul fuoco fino a che sia tutto perfettamente omogeneo. Lasciate sobbollire qualche minuto, poi toglietelo dal gas e frullate la cioccolata qualche secondo con le fruste elettriche. Fate riposare qualche minuto sempre mescolando quindi versate nelle tazze calde e completate con la panna montata e una leggera spolverata di zucchero vanigliato.
Non aspettatevi una cioccolata densa come siamo abituati a prendere al bar, non lo è.
Forse lasciandola raffreddare un po' di più il cioccolato si addenserebbe un pochino, ma rimarrebbe comunque abbastanza liquida.
La ricetta che ho scritto è quella universalmente conosciuta come Viennese.
Però io la volevo densa, per cui ho fatto qualche piccola modifica.
Ho omesso l'acqua e aumentato la dose di cioccolato a 180 g e il risultato è stato molto soddisfacente.
Per cui, se la volete come bevanda scaldacuore, fate la ricetta classica, se invece la preferite più densa e cremosa, fate come me.
In ogni caso, fatela!!
Calendario del Cibo italiano
piccola selvaggina
secondi
Piccione al vino cotto e pere speziate
Nella famiglia di mio marito era abbastanza usuale cucinare piccioni. A dispetto di mio cognato che da ragazzo li allevava per farne dei piccioni viaggiatori e se li ritrovava puntualmente nel piatto. Ci pensava nonna Santina a metterli in pentola. Faceva tutto lei, li prendeva, li ammazzava, li spennava e li cucinava. Tutto in un amen, da esperte "regiure".
Nella mia famiglia invece non erano nemmeno presi in considerazione, mia madre era una buona cuoca ma si limitava alle ricette della nostra tradizione, a quello che aveva imparato nelle famiglie dove aveva lavorato e solo a quello che sapeva fare, niente inventiva o improvvisazione, solo la solida e sicura abitudine. Naturalmente la piccola cacciagione non era contemplata. Aveva parecchi preconcetti su certi alimenti e non c'era verso di farle cambiare idea.
Io ho imparato ad apprezzare i piccioni grazie a mio marito e alle usanze della sua famiglia, e quando ne trovo di sicura provenienza non me li faccio scappare.
Oggi è la giornata che il Calendario del Cibo Italiano dedica appunto alla piccola cacciagione e mi sembra una bella occasione per contribuire con questa ricetta.
Piccione al Vino Cotto e pere speziate
per 2 persone
2 piccoli piccioni
60/70 g pancetta liscia
la scorza di mezza arancia
1 bicchiere abbondante di vino cotto
1 rametto di salvia
1 piccola cipolla bionda
burro q.b.
poco olio
sale, pepe
per le pere speziate:
100 g acqua
50 g zucchero
2 pere abate
1 pezzetto di stecca di cannella
1 pezzetto piccolo di anice stellato
2 o 3 bacche di cardamomo pestate
Preparate lo sciroppo per le pere. Raccogliete tutti gli ingredienti in un pentolino, portate a bollore e lasciate cuocere per una decina di minuti, quindi filtrate tutto e rimettete su fuoco dolce.
Sbucciate le pere, eliminate semi e filamenti interni e ricavatene dei quarti che dividerete in due ognuno. Tuffateli nello sciroppo e cuoceteli per 5 o 6 minuti. Spegnete il fuoco e lasciateli a macerare nel liquido.
Pulite e fiammeggiate i piccioni, lavateli e asciugateli. Con un coltello da disosso molto affilato, prelevate cosce e petti, riducete a pezzi il resto.
In un tegame fondete una noce di burro insieme a un goccio d'olio, unite la cipolla tritata finemente e la pancetta a pezzetti, lasciate soffriggere a fuoco dolce poi unite i pezzi di piccione, lasciateli rosolare da tutte le parti, aggiungete la salvia, la scorza d'arancia tagliata sottilmente senza arrivare alla parte bianca, regolate di sale e di pepe. Sfumate con il vino cotto, abbassate il fuoco, coprite e portate quasi a cottura. Poco prima che la carne sia cotta, prelevate i petti che dovranno rimanere al sangue, poi continuate fino a cottura completa del resto. Lasciate il tutto molto lento, se si asciugasse troppo rabboccate con dell'altro vincotto.
Togliete i pezzi di piccione dal tegame e filtrate il fondo di cottura con un colino cinese, premete bene per estrarre tutti i succhi del fondo. Dovrete avere abbastanza liquido che raccoglierete in un pentolino. Fuori dal fuoco aggiungete una noce di burro freddissimo e roteate il pentolino per far sciogliere il burro che addenserà la salsa.
Preparate il piatto con le cosce e il petto, nappatelo con il suo fondo e guarnite con gli spicchi di pere speziate.
Quel signore che abita con me ha gradito parecchio!
Nella mia famiglia invece non erano nemmeno presi in considerazione, mia madre era una buona cuoca ma si limitava alle ricette della nostra tradizione, a quello che aveva imparato nelle famiglie dove aveva lavorato e solo a quello che sapeva fare, niente inventiva o improvvisazione, solo la solida e sicura abitudine. Naturalmente la piccola cacciagione non era contemplata. Aveva parecchi preconcetti su certi alimenti e non c'era verso di farle cambiare idea.
Io ho imparato ad apprezzare i piccioni grazie a mio marito e alle usanze della sua famiglia, e quando ne trovo di sicura provenienza non me li faccio scappare.
Oggi è la giornata che il Calendario del Cibo Italiano dedica appunto alla piccola cacciagione e mi sembra una bella occasione per contribuire con questa ricetta.
per 2 persone
2 piccoli piccioni
60/70 g pancetta liscia
la scorza di mezza arancia
1 bicchiere abbondante di vino cotto
1 rametto di salvia
1 piccola cipolla bionda
burro q.b.
poco olio
sale, pepe
per le pere speziate:
100 g acqua
50 g zucchero
2 pere abate
1 pezzetto di stecca di cannella
1 pezzetto piccolo di anice stellato
2 o 3 bacche di cardamomo pestate
Preparate lo sciroppo per le pere. Raccogliete tutti gli ingredienti in un pentolino, portate a bollore e lasciate cuocere per una decina di minuti, quindi filtrate tutto e rimettete su fuoco dolce.
Sbucciate le pere, eliminate semi e filamenti interni e ricavatene dei quarti che dividerete in due ognuno. Tuffateli nello sciroppo e cuoceteli per 5 o 6 minuti. Spegnete il fuoco e lasciateli a macerare nel liquido.
Pulite e fiammeggiate i piccioni, lavateli e asciugateli. Con un coltello da disosso molto affilato, prelevate cosce e petti, riducete a pezzi il resto.
In un tegame fondete una noce di burro insieme a un goccio d'olio, unite la cipolla tritata finemente e la pancetta a pezzetti, lasciate soffriggere a fuoco dolce poi unite i pezzi di piccione, lasciateli rosolare da tutte le parti, aggiungete la salvia, la scorza d'arancia tagliata sottilmente senza arrivare alla parte bianca, regolate di sale e di pepe. Sfumate con il vino cotto, abbassate il fuoco, coprite e portate quasi a cottura. Poco prima che la carne sia cotta, prelevate i petti che dovranno rimanere al sangue, poi continuate fino a cottura completa del resto. Lasciate il tutto molto lento, se si asciugasse troppo rabboccate con dell'altro vincotto.
Togliete i pezzi di piccione dal tegame e filtrate il fondo di cottura con un colino cinese, premete bene per estrarre tutti i succhi del fondo. Dovrete avere abbastanza liquido che raccoglierete in un pentolino. Fuori dal fuoco aggiungete una noce di burro freddissimo e roteate il pentolino per far sciogliere il burro che addenserà la salsa.
Preparate il piatto con le cosce e il petto, nappatelo con il suo fondo e guarnite con gli spicchi di pere speziate.
Quel signore che abita con me ha gradito parecchio!
Calendario del Cibo italiano
Risotto gamberi, burrata e colatura di alici
un risotto che faccio spesso questo, e oggi visto che è la giornata che il Calendario del Cibo Italiano dedica alla colatura di alici, quale migliore occasione per prepararlo per il pranzo di oggi.
Eccovelo in tutto il suo splendore
Risotto fumé, ragù di gamberi e colatura di alici
olio d'oliva
burro q.b.
Eccovelo in tutto il suo splendore
Risotto fumé, ragù di gamberi e colatura di alici
per due persone
riso Carnaroli q.b.
(di solito mi regolo con due pugni pieni a testa più due per la pentola)
2 cucchiai abbondanti di ricotta affumicata grattugiata
6 o 7 code di gamberoni
2 o 3 cucchiai colmi di burrata
1 piccolo scalogno
colatura di alici q.b.
fumetto di pesce q.b. olio d'oliva
burro q.b.
Pulite le code di gamberoni, eliminate
il budelletto, lavateli e tagliateli a pezzetti.
In una padella antiaderente fondete una noce di burro, appena spumeggia fateci saltare i pezzetti di gamberi molto velocemente, non devono cuocere del tutto. Lo faranno poi col calore del riso, ma resteranno morbidi e dolci. Se preferite e se li avete abbattuti in precedenza, usateli a crudo. Il calore del risotto farà la sua funzione.
Fate stufare lo scalogno tritato in poco burro e un goccio d'olio,
quindi aggiungere il riso, lasciatelo tostare finchè diventa translucido
e sfumate con un poco di fumetto ben caldo, e iniziate a tirare il risotto al solito modo, aggiungendo il fumetto poco alla volta.
Poco prima che sia completamente cotto,
aggiungete la ricotta leggermente affumicata, mescolate bene per farla sciogliere e poi mantecate con icucchiai abbondanti di burrata fino ad avere un risotto cremoso e all'onda. Lasciatelo riposare un minuto o due, poi
mettetelo nei piatti, appoggiatevi sopra la quantità di gamberi che preferite e completate il tutto con un generoso giro di
colatura di alici di Cetara.
Calendario del Cibo italiano
Torta cremosa di pere
Premessa, è un dolce da fare in anticipo, almeno la sera prima.
per le basi:
5 uova
200 g zucchero
60 g farina
60 g fecola di patate
10 g cacao amaro
1 cucchiaino di estratto di vaniglia
2 cucchiai di grappa alle pere
un pizzico di sale
per la crema
2 dl succo di pera
2,5 dl panna liquida fresca
65 g zucchero
4 tuorli
1 pera, se fosse piccola, 2
8 g gelatina in fogli
2 cucchiai grappa alle pere
5 o 6 gianduiotti
(non li avevo, ho messo briciole di cioccolato al latte)
per guarnire
1 pera a fette
poco caramello
pioco zucchero a velo
trucioli di cioccolato
2 cucchiai di grappa alle pere
sbucciate la pera, pulitela dai filamenti interni e tagliatela a tocchetti non troppo grossi. Mettetela in una piccola casseruola con 2 cucchiai scarsi di zucchero e 2 cucchiai di acqua. Quando comincia a sobbollire, abbassate il fuoco e coprite. Cuocete per 10 minuti, quindi lasciare raffreddare.
Separate i tuorli dagli albumi. Montate i rossi con lo zucchero finchè sono ben gonfi e spumosi, unite la farina insieme alla fecola setacciandole, unite anche la vaniglia, e magari un goccio di latte se l'impasto fosse troppo duro, ma non lo sarà..
dividete il composto in due ciotole, calcolando a occhio la metà.
A una parte aggiungete il cacao, setacciato pure quello, e mescolate sempre con le fruste elettriche.
Profumate entrambi i composti con un cucchiaio di grappa alle pere.
Montate a neve i bianchi, divideteli altrettanto fra i due composti e incorporate bene in entrambi.
Imburrate e infarinare due stampi da 20 cm. versate in uno il composto bianco e nell'altro il composto al cioccolato.
Cuocete in forno a 180* per circa 15 minuti.
Togliete dal forno e rovesciate le piccole torte su una gratella, per raffreddare.
Nel frattempo preparate la crema.
Mettete a bagno la gelatina in fogli.
Separate i tuorli dagli albumi, conservandone due da montare a neve.
Montate i tuorli con lo zucchero fino a farli diventare belli bianchi, gonfi e spumosi, aggiungete il succo di frutta alla pera a filo, e ponete su fuoco basso mescolando sempre fino a quando la crema si ispessisce e vela il cucchiaio, aggiungete a questo punto la gelatina ammollata e strizzata, lasciate sciogliere bene quindi profumate il tutto con i due cucchiai di grappa alle pere.
Togliete dal fuoco e fate raffreddare mescolando ogni tanto perchè non rapprenda.
Per accelerare il raffreddamento io verso la crema in una coppa/insalatiera di vetro che metto a bagno in acqua fredda e ghiaccio, mescolando spesso.
Una volta fredda la crema, montate la panna a neve ferma.
Incorporatela due, tre cucchiai alla volta, alla crema fino ad avere un composto perfettamente omogeneo.
Unite a questo punto le pere bene bene sgocciolare dal loro sciroppo e i gianduiotti tagliati a pezzettini minuscoli.
Per montare il dolce:
prendete uno dei due stampi usati per le basi, foderatene il fondo con la carta forno. Se lo avete, foderate anche i bordi con un nastro di acetato. Vi consentirà di sformare il dolce senza rovinarlo.
Mettete sul fondo la base al cioccolato.
Spennellatela con due cucchiai di grappa alle pere diluita con due cucchiai dello sciroppo di cottura delle pere, quindi versate la crema nello stampo. Arriverà quasi a riempirlo tutto. Coprite con la base bianca e mettete in frigo a rassodare.
Se le due tortine da 20 cm vi sembrano troppo alte, tagliatele a metà e usate una sola metà di entrambe.
Al momento di servire, preparate un poco di caramello, con due cucchiai di zucchero, poca acqua e qualche goccia di limone.
Affettate una pera lasciandole la buccia ed eliminando semi e filamenti interni. Una volta pronto il caramello, tuffateci le fette di pera e con una pinza da cucina toglietele una alla volta facendole raffreddare ben separate su un foglio di carta forno.
Togliete il dolce dal frigorifero, se avete messo l'acetato non ci saranno problemi, altrimenti passate una lama sottile tutto intorno allo stampo cercando di non rovinare il dolce.
Sformate e mettete su un piatto.
Spolverate la superficie con lo zucchero a velo, guarnite con le fette di pera caramellate e trucioli di cioccolato, magari un po' più belli di quelli che ho fatto io di corsa, come sempre.....
Buono, fresco, delicatissimo. La grappa di pere non si sente, e la consistenza è una goduria.
Torta cremosa di pere
Giornata che il Calendario del Cibo Italiano dedica a un frutto che mi piace molto, e
quindi ho pensato che non potevo far mancare il mio contributo, per cui mi fa piacere riproporre questo dolce.
Torta cremosa di pere
Premessa, è un dolce da fare in anticipo, almeno la sera prima.
per le basi:
5 uova
200 g zucchero
60 g farina
60 g fecola di patate
10 g cacao amaro
1 cucchiaino di estratto di vaniglia
2 cucchiai di grappa alle pere
un pizzico di sale
per la crema
2 dl succo di pera
2,5 dl panna liquida fresca
65 g zucchero
4 tuorli
1 pera, se fosse piccola, 2
8 g gelatina in fogli
2 cucchiai grappa alle pere
5 o 6 gianduiotti
(non li avevo, ho messo briciole di cioccolato al latte)
per guarnire
1 pera a fette
poco caramello
pioco zucchero a velo
trucioli di cioccolato
2 cucchiai di grappa alle pere
sbucciate la pera, pulitela dai filamenti interni e tagliatela a tocchetti non troppo grossi. Mettetela in una piccola casseruola con 2 cucchiai scarsi di zucchero e 2 cucchiai di acqua. Quando comincia a sobbollire, abbassate il fuoco e coprite. Cuocete per 10 minuti, quindi lasciare raffreddare.
Separate i tuorli dagli albumi. Montate i rossi con lo zucchero finchè sono ben gonfi e spumosi, unite la farina insieme alla fecola setacciandole, unite anche la vaniglia, e magari un goccio di latte se l'impasto fosse troppo duro, ma non lo sarà..
dividete il composto in due ciotole, calcolando a occhio la metà.
A una parte aggiungete il cacao, setacciato pure quello, e mescolate sempre con le fruste elettriche.
Profumate entrambi i composti con un cucchiaio di grappa alle pere.
Montate a neve i bianchi, divideteli altrettanto fra i due composti e incorporate bene in entrambi.
Imburrate e infarinare due stampi da 20 cm. versate in uno il composto bianco e nell'altro il composto al cioccolato.
Cuocete in forno a 180* per circa 15 minuti.
Togliete dal forno e rovesciate le piccole torte su una gratella, per raffreddare.
Nel frattempo preparate la crema.
Mettete a bagno la gelatina in fogli.
Separate i tuorli dagli albumi, conservandone due da montare a neve.
Montate i tuorli con lo zucchero fino a farli diventare belli bianchi, gonfi e spumosi, aggiungete il succo di frutta alla pera a filo, e ponete su fuoco basso mescolando sempre fino a quando la crema si ispessisce e vela il cucchiaio, aggiungete a questo punto la gelatina ammollata e strizzata, lasciate sciogliere bene quindi profumate il tutto con i due cucchiai di grappa alle pere.
Togliete dal fuoco e fate raffreddare mescolando ogni tanto perchè non rapprenda.
Per accelerare il raffreddamento io verso la crema in una coppa/insalatiera di vetro che metto a bagno in acqua fredda e ghiaccio, mescolando spesso.
Una volta fredda la crema, montate la panna a neve ferma.
Incorporatela due, tre cucchiai alla volta, alla crema fino ad avere un composto perfettamente omogeneo.
Unite a questo punto le pere bene bene sgocciolare dal loro sciroppo e i gianduiotti tagliati a pezzettini minuscoli.
Per montare il dolce:
prendete uno dei due stampi usati per le basi, foderatene il fondo con la carta forno. Se lo avete, foderate anche i bordi con un nastro di acetato. Vi consentirà di sformare il dolce senza rovinarlo.
Mettete sul fondo la base al cioccolato.
Spennellatela con due cucchiai di grappa alle pere diluita con due cucchiai dello sciroppo di cottura delle pere, quindi versate la crema nello stampo. Arriverà quasi a riempirlo tutto. Coprite con la base bianca e mettete in frigo a rassodare.
Se le due tortine da 20 cm vi sembrano troppo alte, tagliatele a metà e usate una sola metà di entrambe.
Al momento di servire, preparate un poco di caramello, con due cucchiai di zucchero, poca acqua e qualche goccia di limone.
Affettate una pera lasciandole la buccia ed eliminando semi e filamenti interni. Una volta pronto il caramello, tuffateci le fette di pera e con una pinza da cucina toglietele una alla volta facendole raffreddare ben separate su un foglio di carta forno.
Togliete il dolce dal frigorifero, se avete messo l'acetato non ci saranno problemi, altrimenti passate una lama sottile tutto intorno allo stampo cercando di non rovinare il dolce.
Sformate e mettete su un piatto.
Spolverate la superficie con lo zucchero a velo, guarnite con le fette di pera caramellate e trucioli di cioccolato, magari un po' più belli di quelli che ho fatto io di corsa, come sempre.....
Buono, fresco, delicatissimo. La grappa di pere non si sente, e la consistenza è una goduria.
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