Risotto alle fragole, vaniglia e riduzione di aceto balsamico
Un altro risotto per il Clan del risotto del venerdì. Stavolta l'argomento è il cinema.
Un risotto ispirato a un film che ti è piaciuto, che ti ha colpito. E per me è Il posto delle fragole di Ingmar Bergman.
Un film che è una riflessione sulla vita e sulla morte, sui ricordi della vita passata e dei rimpianti per le occasioni perdute.
Mi è sembrato perfetto per questo momento della mia vita, quando molto futuro è alle spalle e quello che è davanti si accorcia ogni giorno di più, un momento in cui i ricordi si affollano, qualche rimpianto affiora ed è inevitabile fare bilanci.
Ma pensiamo al risotto.
Risotto con le fragole, vaniglia e riduzione di aceto balsamico
per 2 persone di buon appetito
300 g di riso Vialone nano
400 g di fragole + 2 o 3 per guarnire
1 scalogno tritato finemente
2 cucchiai di vino bianco + quello per lavare le fragole
1 cucchiaino di essenza di vaniglia
q.b. di brodo vegetale
poco olio
poco burro
poco parmigiano
sale, pepe bianco di mulinello
per la riduzione di aceto balsamico:
70 g di aceto balsamico
20 g di burro
Per prima cosa lavate le fragole, lasciando il picciolo, in acqua e mezzo bicchiere di vino bianco.
Lasciatele a bagno qualche minuto poi scolatele, eliminate il picciolo e tagliatele a pezzi direttamente dentro al bicchiere del frullatore con i due cucchiai di vino bianco. Frullatele per un paio di minuti, poi passate il coulis al setaccio per eliminare i fastidiosi semini. Tenete da parte.
Tagliate a piccoli pezzetti le due o tre fragole tenute per completare il piatto.
Mettete l'aceto balsamico in un pentolino su fuoco basso, lasciate ridurre a una salsa molto densa poi, fuori dal fuoro unite il burro e mescolate roteando il pentolino. Tenete da parte.
In una casseruola scaldate l'olio e una noce di burro, aggiungete lo scalogno tritato e lasciatelo appassire. Aggiungete il riso e mescolate, in modo che si insaporisca. Quando inizia a cantare, aggiungete il primo mestolo di brodo e continuate la cottura per qualche minuto, bagnandolo quando tende ad asciugarsi.
Tirate il risotto aggiungendo il coulis di fragole, poco alla volta, man mano. Se non fosse sufficiente usate il brodo che sarà rimasto. Ma con questa dose dovrebbe essere sufficiente ad arrivare alla cottura.
Verso fine cottura profumate il riso con la vaniglia.
Mantecate con poco burro e un cucchiaio di parmigiano e lasciatelo riposare qualche istante.
Servitelo con il ragù di fragole e qualche goccia della riduzione del balsamico
Risotto aromatico al pepe e limone arrostito
Venerdì, giorno di risotto per Il Clan del risotto del venerdì.
L'idea di questa settimana era quella di usare il pepe, di qualunque tipo, per fare un risotto che ben ne esprimesse i profumi e la forza.
Amo le spezie e in particolar modo il pepe, ne colleziono di tutti i tipi perchè ognuno è a sé, ognuno sprigiona aromi diversi e particolari, e ognuno regala il suo carattere al piatto.
Amo il Cubebe, o il pepe lungo indiano, il Sarawak, quello di Giava, o di Giamaica e il Timut, passando dall'Assam, dal Malabar e dal Sichuan. Ma quello che preferisco in assoluto è il pepe malgascio. Me ne sono innamorata durante un viaggio a Nosy Be, in Madagascar.
Un pepe selvatico dai grani piccolissimi, profumatissimi, dal gusto intenso, poco piccante ma più persistente del classico pepe nero. Ha note delicate, ricorda molto i sentori agrumati, ma anche di bosco, di legni pregiati. Ha una personalità ben definita e regala un bouquet abbastanza complesso e interessante.
Il suo fusto è una liana rampicante che cresce su altri alberi nutrendosi della loro linfa, e che fruttifica solo nella parte alta, la più giovane della pianta, le sue bacche più prelibate sono pertanto quelle più giovani . Cresce fino a 15 metri d'altezza e può essere raccolto solo manualmente, e questo giustifica il suo costo elevato. In più il raccolto è abbastanza scarso perchè non può essere coltivato, e la sua produzione è decisamente poca.
Io ho avuto modo di assaggiarlo nei loro piatti, ma anche di comprarlo sotto forma di distillato. I malgasci distillano i fiori di Ylang Ylang per le industrie di profumi di tutto il mondo, ma anche il loro pepe così particolare e non avete idea di quale fragranza delicata sprigioni la sua essenza. Roba da stare col naso continuamente attaccato alla boccetta.
Ne avevo fatto buona scorta, di ritorno dal viaggio, sia di pepe che di essenza, ma nel tempo li ho terminati entrambi . Per fortuna che, per il pepe, c'è il sito Tutte le spezie del mondo dove posso rifornirmi. Per l'essenza purtroppo mi toccherà aspettare di poter tornare il quei luoghi meravigliosi, chissà quando.
Tornando al risotto che avevo in mente, ho scelto di usare il Voatsiperifery malgascio e il mix di pepe giapponese dalle note fresche, che è a base di pepe nero di Sarawak e pepe verde del Malabar, e ha in aggiunta delle scorze di limone e dello zenzero in pezzetti.
Un risotto molto basico, volutamente basico perchè ho scelto di far prevalere i profumi dei pepi uniti a quelli del limone bruciato. Il risotto doveva solo essere una base di partenza abbastanza neutra che aiutasse a sprigionare tutti i profumi agrumati e legnosi.
Risotto aromatico al pepe e limone arrostito
Per 2 persone
300 g di riso Carnaroli
1 piccola cipolla
1 goccio d'olio
1 noce di burro
q.b. di parmigiano reggiano
1 foglia di alloro
q.b. di brodo vegetale
sale, pepe
per la miscela aromatica:
la scorza di 2 limoni non trattati
2 cucchiaini di pepe malgascio Voatsiperifery
2cucchiaini di mix di pepe giapponese
Per prima cosa arrostite la scorza di limone.
Ricavate la scorza dai limoni, eliminate il massimo possibile dell'albedo in modo che non rilasci amaro. Scaldate il forno a 120° statico. Foderate una piccola teglia con dell'alluminio e posizionate le scorze tutte girate da un verso e mettetele in forno. Lasciatele così per una mezz'ora, poi giratele e continuate finchè si saranno accartocciate e colorate di un marroncino chiaro. Poi toglietele e lasciatele raffreddare.
Nel frattempo, in un padellino antiaderente, fate tostare le bacche dei pepi per un paio di minuti, mescolando continuamente finchè sentirete sprigionarsi il loro profumo.
Toglietele dal padellino e lasciatele raffreddare completamente.
Quando si saranno raffreddati mettete tutto nel cutter e tritate fino ad avere una polvere abbastanza sottile ma non troppo
Ora iniziate a tirare il risotto al solito modo.
In una casseruola fate appassire la cipolla tritata, aggiungete il riso e fatelo insaporire finchè inizia a cantare, aggiungete la foglia di alloro, poi iniziate a versare il brodo poco alla volta, continuando fino alla cottura quasi completa.
Mantecatelo con burro e parmigiano lasciandolo un po' morbido.
Regolate di sale ed eliminatte la foglia di alloro. Fatelo riposare qualche secondo poi servitelo con una spolverata della miscela di pepe e limone.
Un risotto davvero molto semplice ma, alla fine, dal sapore veramente complesso. Gli agrumi sono state le note di testa, quelle un po' balsamiche, legnose, le note di coda.
Allora, per dirvi quanto ci è piaciuto, considerate che ne faccio sempre un po' di più per potermelo saltare il giorno dopo....ecco, non ne è avanzato nemmeno un chicco.
Adesso credo che sperimenterò altri pepi, ma con l'arancia e con le pere, credo. Le ideee girano in testa, vorticose.
Risotto zuppotto per il Clan del risotto del venerdì
Questa settimana il tema del risotto del venerdì era davvero molto accattivante. Tramutare una delle zuppe preferite, in risotto. Sono parecchie le zuppe che amo, ma più di tutte me ne piace una che avevo assaggiato in una piccola trattoria familiare nel piacentino, molti anni fa, in una giornata piena di nebbia e di freddo.
Una minestra scaldacuore, fatta con le patate, la catalogna e i carciofi. Mi è talmente rimasta nel cuore che è diventato un piatto invernale che faccio spesso.
Tramutarla in risotto è stato un vero divertimento. Un risotto che ho volutamente lasciare morbido, per richiamare la zuppa.
Risotto zuppotto
per 2 persone
300 g di riso Carnaroli
2 o 3 bei carciofi spinosi
il cuore di un cespo di catalogna, circa 200 g
2 patate non troppo grosse
1 cipolla bionda
1 noce di burro
poco olio e.v. d'oliva
q.b. di brodo vegetale
2 cucchiai abbondanti di parmigiano grattugiato
sale, pepe
Mondate la catalogna scegliendo i rami più interni, al cuore. Lavateli bene e tagliateli a pezzettoni.
Mondate i carciofi, eliminate eventuale fieno e le foglie dure, tagliateli a spicchietti non troppo sottili e tuffateli in acqua acidulata col limone per non farli annerire. Di questi tenetene a parte qualcuno per completare il piatto alla fine, magari lasciateli nell'acqua e limone in modo che non si possano ossidare nell'attesa.
Pelate le patate, lavatele e asciugatele e tgliatele a tocchetti regolari. Tenetene a parte un paio di cucchiai.
Tritate la cipolla finemente.
In una risottiera o in una casseruola scaldate un filo d'olio col burro, unite le cipolle e lasciatele appassire, poi unite le patate e lasciatele insaporire. Aggiungete gli spicchietti di carciofi, tranne quelli per la decorazione, e la catalogna a pezzi.
Mescolate e lasciate cuocere in paio di minuti in modo che le verdure calino un poco poi unite il riso e iniziate a tirare il risotto con il brodo vegetale bollente, poco alla volta.
Nel frattempo riprendete gli spicchietti di carciofi tenuti da parte, asciugateli e affettate finemente ogni spicchietto.
Friggeteli in olio caldissimo finché iniziano a dorare.
Nello stesso olio friggete le patate a tocchetti tenute da parte, finchè sono morbide e dorate.
Mettete tutto a scolare su carta forno e tenete in caldo.
Una volta che i riso è a fine cottura, mantecatelo velocemente con una noce di burro e il parmigiano.
Tenetelo un poco più morbido del solito.
Servitelo con i carciofi e le patate che avete fritto in precedenza.
Qui è piaciuto molto, la catalogna non era eccessivamente amara e il carciofo con la patata ha ingentilito tutto.
Se vi va, potete aggiungere del peperoncino, e un trito di prezzemolo.
Da rifare.
Risotto mantecato al paté di foie gras e pere caramellate al Porto
Venerdì, giorno di risotto per il Club del risotto del venerdì.
Non sempre posso partecipare, ma stavolta mi intrigava l'idea di Cristina di preparare un risotto senza mantecarlo con il burro e il grana.
La prima idea era di fare un risotto con i gamberi e mantecarlo con una crema di ceci. Poi ho aperto il frigorifero e ho visto quella piccola busta sigillata che conteneva due piccoli medaglioni di paté di foie gras, rimanenza di un pacco regalo che ho ricevuto da un fornitore a Natale.
Allora ho cambiato idea. Ho deciso di fare un risotto decisamente molto semplice, poco elaborato, ma data la materia prima non ho voluto aggiungere altro.
Risotto mantecato al paté di foie gras e pere caramellate al Porto
per 2 persone, di buon appetito
300 g di riso Carnaroli
1 piccola cipolla bionda
80 g di paté di foie gras, d'oca in questo caso, ma va bene anche di anatra
un filo d'olio
mezzo bicchiere di Porto bianco
q.b. di brodo vegetale
sale
Per completare:
2 pere kaiser
30 g di burro
3 cucchiai di zucchero di canna
50 ml di Porto bianco
poco succo di limone
poco pepe di Sichuan
Preparate le pere, sbucciatele, eliminate il torsolo e tagliatele a grossi spicchi.
Mettetele in un piatto e bagnatele con del succo di limone per non farle annerire.
In una larga padella antiaderente mettete il burro, lasciatelo fondere poi aggiungete lo zucchero di canna, mescolate per farlo sciogliere e aggiungete il Porto.
Mescolate e aggiungete gli spicchi di pera e il pepe di Sichuan. Fate cuocere qualche minut0 poi prelevatele e trasferitele in un piatto, non devono essere troppo cotte. Continuate la cottura del liquido che si sarà formato e fate ridurre fino a consistenza sciropposa, filtratelo e versatelo sulle pere in modo che siano ben coperte, coprite e tenete da parte.
Preparate il risotto al solito modo. Tritate finissimamente la cipolla, alla fine non si dovrà trovare nel piatto, fatela stufare in un filo d'olio poi aggiungete il riso, mescolate e lasciatelo insaporire finchè inizia a "cantare"
Sfumatelo con il Porto e mescolate, fate evaporare e bagnate con un mestolo di brodo vegetale bollente. Continuate a mescolare e a unire il brodo poco per volta finchè il riso è quasi pronto.
A questo punto unite il paté di foie gras a pezzetti e iniziate a mantecare il riso, dapprima sul fuoco, poi spegnete e continuate a mantecare sbattendo leggermente il tegame e mescolando vigorosamente.
Assaggiate e regolate di sale e di pepe. Lasciatelo riposare qualche istante poi servitelo con le pere caramellate e un po' del loro sciroppo.
Non so se ho rispettato le regole, ma credo di sì. il paté in questo caso è fegato d'oca cotto in terrina, poi tagliato in medaglioni, non contiene burro.
In ogni caso ne è uscito un risotto delicato, le pere e la riduzione al Porto hanno esaltato il sapore del foie gras.
Ci ho abbinato delle bollicine ed è stato un pranzo molto gratificante.
Risotto d'autunno
Siamo di nuovo a venerdì, la settimana è volata in un attimo.
E anche questo venerdì aderisco alla tradizionale giornata del Club del risotto del venerdì, una pagina Facebook che seguo con piacere.
Il tema di questa settimana è la castagna, regina dell'autunno.
Benchè sia una stagione che odio cordialmente, mi son fatta trasporare dai colori di cui mi sono riempita gli occhi ieri, durante un giro sul mio amato lago di Como.
Risotto d'autunno
per 2 persone di buon appetito
per il burro acido:
1 grossa cipolla tritata finemente
30 g di burro
1 cucchiaio colmo di aceto bianco
mezzo bicchiere di vino bianco di qualità
1 pizzico di sale
per la pancetta e le castagne caramellate:
60 g di pancetta tesa, tagliata a dadini
100 g di castagne bollite, sane e pulite
1 bicchiere abbondante di Marsala secco
1 cucchiaio di zucchero
per il risotto:
300 g di riso Carnaroli
150 g di pancetta tesa, tagliata a dadini
300 g di castagne bollite, pulite
150 g di alchechengi
1 noce di burro
2 o 3 cucchiai di parmigiano grattugiato
1 cucchiaino di finocchietto selvatico in polvere
q.b. di brodo vegetale bollente
sale, pepe
Preparate il burro acido. In una piccola casseruola mettete il burro, fatelo fondere, poi aggiungete la cipolla tritata finissima, lasciate stufare un paio di minuti poi aggiungete l'aceto, il vino, il pizzico di sale e fate cuocere finchè la cipolla è morbida. Tenete da parte.
Tagliate a metà gli alchechengi, lavati e asciugati, conservandone qualcuno intero per la decorazione del piatto.
In un'altra casseruola fate tostare un paio di minuti il riso a secco mescolando continuamente, aggiungete la pancetta e lasciate che cominci a sudare, poi unite il burro acido, mescolate e lasciate insaporire, sempre mescolando perchè il riso non si attacchi.
Cominciate a tirare il risotto al solito modo, aggiungendo poco brodo bollente per volta.
Mentre il risotto inizia a cuocere mettete sul fuoco un pentolino con il bicchiere di Marsala, portate a ebollizione dolce e lasciate ridurre leggermente, poi aggiungete lo zucchero, la pancetta e le castagne. Portate a bollore il tutto poi trasferitelo in un tegame antiaderente basso e piccolo, e continuate la cottura dolcemente finchè le castagne e la pancetta sono ben cotte e avvolte dal fondo sciropposo. Fate attenzione che ne resti a sufficienza per nappare il piatto, in caso si asciugasse troppo, aggiungete ancora del Marsala e fatelo sobbollire leggermente per portarlo alla consistenza sciropposa.
Quando il riso è pronto, toglietelo dal fuoco, unite gli alchechengi tagliati a metà. e mantecatelo con la noce di burro e il parmigiano. Completate con il finocchietto selvatico.
Mettete nei piatti e decorateli con le castagne e la pancetta caramellate, completate distribuendo sul riso un poco del fondo di cottura caramellato e servite.
Molto, molto apprezzato. L'acidità degli alchechengi, la sapidità della pancetta hanno bilanciato bene il dolce della castagna e della riduzione di Marsala. Il finocchietto la spinta in più. Ci stava benissimo.
Risotto allo zafferano e ragù di ossibuchi al profumo di agrumi siciliani
Il tema della settimana del Clan del risotto del venerdì, era il risotto d'autore. E io, che amo tantissimo la loro cucina, ho scelto di fare una ricetta dei Fratelli Cerea, del ristorante Da Vittorio a Brusaporto, nella bergamasca, tre stelle Michelin, dove ho avuto la fortuna di pranzare.
Dal loro libro dedicato ai risotti, ne ho scelto uno che i fratelli Cerea dicono essere fra i più richiesti, una bellissima rivisitazione di un grande classico milanese e lombardo, il risotto con l'ossobuco.
Risotto allo zafferano con ragù di ossibuchi al profumo di agrumi siciliani
per 2 persone
per il ragù di ossobuco:
2 grossi ossibuchi di vitello
2 coste di sedano
1 carota
1 grossa cipolla
1 ciuffo di basilico
1 ciuffo abbondante di prezzemolo
100 g di pomodorini
la scorza grattugiata di mezza arancia non trattata
la scorza grattugiata di un limone non trattato
un filo d'olio
una noce di burro
sale, pepe
1 l. di brodo di carne
per il risotto:
300 g di riso vialone nano
1 piccola cipolla
2 bustine di zafferano
mezzo bicchiere di vino bianco
1 goccio d'olio
40 g di burro
q, b. di parmigiano reggiano
Lavate e asciugate gli ossibuchi. Con un coltello da disosso spolpateli della carne e conservate le ossa.
Riducete la carne a dadini.
Tritate le verdure mondate e lavate.
In una casseruola rosolate le verdure insieme alle ossa tenute da parte, unite la carne e fatela insaporire per una decina di minuti, poi deglassate con il brodo di carne e lasciate cuocere per almeno un paio d'ore. A circa metà cottura unite i pomodorini lavati, aperti a metà e privati dei semi. Regolate di sale e di pepe e portate a cottura completa, aggiungendo dell'altro brodo poco per volta, se fosse necessario.
Dovrete avere un fondo ricco e denso.
A fine cottura, quando il ragù è tiepido, insaporitelo con un trito di prezzemolo e basilico e le scorze grattugiate di limone e di arancia. Mescolate e lasciate riposare.
Se volete portarvi avanti, potete preparalo anche la sera prima. Il riposo non farà che migliorarne il sapore.
Preparate il risotto al solito modo, con la cipolla rosolata, la tostatura del riso e la cottura con poco brodo bollente alla volta aggiungendo lo zafferano a metà cottura. Ricordate, il brodo deve essere aggiunto bollente perchè la cottura del risotto non deve essere mai fermata.
Mantecatelo con burro e parmigiano.
Mettete il risotto nel piatto, e accompagnatelo con il ragù di ossibuchi, che avrete provveduto a scaldare, e qualche scorza di arancia e limone ricavata con un rigalimoni.
Servite subito.
Qui è stato molto apprezzato, al tradizionalista lombardo doc di casa brillavano gli occhi solo all'idea!
L'accostamento con arancia e limone era perfetto, così come la nota fresca del trito aromatico.
L'ho trovato estremamente elegante, delicato. Una rivisitazione molto ben calibrata, senza acciuga e con l'arancia. Molto, molto azzeccato.
Complimenti ai fratelli Cerea, di cuore.
Risotto con crema di castagne, guanciale, gamberi shabu shabu e riduzione di Marsala
Questo risotto è liberamente ispirato a una ricetta dei fratelli Cerea. E siccome è venerdì, è perfetto per il Clan del risotto del Venerdì,
Laborioso, ma neanche tanto. Però ne vale la pena e lo condivido volentieri.
Il mio giudice personale dei risotti mi ha dato l'Ok e se ne è scofanato una razione "importante"
Risotto con crema di castagne, guanciale, gamberi shabu shabu e riduzione di Marsala
per 2 persone
6 gamberoni
2 o 3 fette di guanciale non troppo spesse (in alternativa, bacon)
80 g di guanciale a pezzetti (in alternativa, bacon)
300 g di riso Carnaroli o Vialone nano, come preferite
1 piccola cipolla
brodo vegetale q.b.
80 g di castagne già cotte
sale, pepe
1 noce di burro + 30 g per la mantecatura
un goccio d'olio
q.b. di parmigiano reggiano grattugiato
poco prezzemolo tritato
per il fumetto:
le teste e i carapaci dei gamberi>
1 piccolo porro
1 costa di sedano
1 carota
1 cipolla
1 spicchio d'aglio
qualche gambo di prezzemolo
1 foglia di alloro
un cucchiaino di grani di pepe nero
mezzo bicchiere di vino bianco
1 filo d'olio e.v. d'oliva
per la crema di castagne:
200 g di castagne già cotte
1 foglia di alloro
1 noce di burro
1 spicchio d'aglio
2 cucchiai di panna liquida o latte
sale, pepe
Per la riduzione di Marsala:
200 ml di Marsala secco
3 piccoli scalogni
1 noce di burro
Pulite i gamberi, togliete loro testa e carapace, eliminate il budelletto, date una veloce sciacquata e teneteli da parte.
Preparate il fumetto. In una casseruola scaldate un filo d'olio, unite le verdure mondate e lavate, tagliate a tocchi, l'aglio, l'alloro, i gambi di prezzemolo, il pepe in grani e il sale, unite le teste e i carapaci dei gamberi e fateli rosolare bene, sfumate con il vino e lasciate evaporare, poi aggiungete acqua bollente fino riempire quasi la casseruola, salate leggermete. Portate a bollore schiumando ogni tanto. Lasciate cuocere una mezz'ora. Poi spegnete e filtrate il fumetto, ma tenetelo su fuoco dolce in modo che quando dovrete cuocere i gamberi ci sia ebollizione leggera.
Scaldate una padella antiaderente e fate tostare le fette di guanciale finchè sono belle croccanti. Tenete da parte anche queste.
Preparate la crema di castagne. In un piccolo tegame scaldate un poco d'olio e aggiungete l'aglio, unite le castagne già cotte e la foglia di alloro, regolate di sale e di pepe, mescolate e lasciatele insaporire poi copritele a filo con del brodo vegetale, fatele cuocere finchè iniziano a disfarsi. Aggiungete la panna (o il latte) mescolate, togliete la foglia di alloro e l'aglio e poi, col minipimer, frullatele a crema. Dovrà essere abbastanza densa da poter fare delle quenelles.
Tenete tutto in caldo.
Preparate la riduzione di Marsala. Affettate finemente gli scalogni, metteteli in un pentolino insieme al Marsala e un pizzico di sale. Mettete su fuoco dolce e lasciate cuocere dolcemente finchè il liquido si riduce della metà. Filtratelo e rimettetelo nel pentolino su fuoco dolce, unite una piccola noce di burro e lasciate addensare. Tenete in caldo.
Ora passate al risotto.
Tritate la cipolla, fatela appassire in un filo d'olio, aggiungete il guanciale a pezzetti e lasciatelo rosolare, versate il riso e iniziate a tirare il risotto aggiungendo poco brodo vegetale per volta, e a metà cottura unite le castagne spezzettate. Continuate fino a cuocere il risotto, mantecatelo al solito modo con una noce di burro e poco parmigiano.
Poco prima che la cottura sia completatata, mettete i gamberi in un colino che li possa contenere tutti, o almeno tre per volta. Tuffate il colino nel fumetto bollente e lasciateli cuocere al massimo per tre minuti. Toglieteli e trasferiteli in una ciotola, conditeli con un goccio d'olio, sale e pepe.
Impiattate il risotto, aggiungete i gamberi shabu shabu, la quenelle di crema di castagne e completate il piatto con il guanciale croccante, un paio di cucchiai di riduzione al Marsala e un pizzico di prezzemolo tritato.
Molto apprezzato, la castagna col guanciale ci va a nozze ed è stata una bella scoperta!
Risotto baccalà e terra di olive per il Clan del risotto del venerdì
Dopo due settimane di buca, finalmente son tornata a risottare.
L'appuntamento del venerdì con il Clan del risotto questa volta è dedicato a un tema classico ma un po' scontato del mese di febbraio, San Valentino. Per rimanere nello stile del Clan, non ho pensato a niente di sdolcinato, e fra gli ingredienti afrodisiaci, fra mito e realtà, pare ci siano cioccolato, peperoncino, spezie, ostriche, frutti di mare e pesce azzurro.
Non che ci creda molto ai cibi afrodisiaci, tra miti e leggende metropolitane se ne dicono molte sui cibi che dovrebbero stimolare l'eros e anche se sesso e cucina vanno da sempre a braccetto, non credo che introdurre nella propria dieta alcuni alimenti rispetto ad altri aiuti ancor di più a migliorare l'intesa col partner sotto le lenzuola.
Comunque per la serie non è vero, ma ci credo.
Il mio risotto per San Valentino è questo, non badate alla foto che non è proprio il massimo, badate alla sostanza, che c'è. Bella pesa.
Risotto baccalà, terra di olive e peperoncino
per 2 persone
300 g di riso Carnaroli riserva San Massimo
1 piccola cipolla
1/2 bicchiere di vino bianco
70 g di parmigiano grattugiato
60 g di burro
q.b. di brodo vegetale
un goccio di olio e.v. d'oliva
per la terra di olive:
120 g di olive taggiasche sott'olio, denocciolate
per la crema di baccalà:
350 g di baccalà già ammollato
300 g di panna liquida
2 spicchi d'aglio
1 pezzetto di peperoncino
50 g di olio e.v. d'oliva
1 ciuffo di prezzemolo tritato finemente
poco latte (se necessario)
1 pizzico di sale
una macinata di pepe bianco
La sera prima scolate bene le olive dall'olio, magari lasciatele sgrondare una decina di minuti nel colino poi tagliatele a metà, passatele fra dei fogli di carta assorbente per eliminare il più possibile l'olio, sistematele ben distese e separate in una piccola teglia foderata di carta forno, accendetelo a 100° ventilato e dimenticatevele lì dentro fin quando sono ben secche. Quando sono pronte, toglietele e lasciatele raffreddare completamente, tenetele da parte fino a poco prima di comporre il piatto.
Prendete il baccalà ben ammollato e dissalato, asciugatelo e tagliatelo a pezzetti piccoli, fatelo rosolare in una padella con l'aglio e il peperoncino, una volta che si è insaporito aggiungete la panna, abbassate il fuoco e lasciatelo cuocere per poco più di mezz'ora. Se dovesse asciugarsi troppo senza essere cotto bene, aggiungete poco latte per volta. Unite il prezzemolo tritato finemente. Passatelo lungamente al tritatutto fino ad avere una sorta di crema densa, assaggiate se manca di sale, ma credo di no e in caso aggiungetelo, pepate e tenetelo in caldo.
Nel frattempo preparate il risotto, appassite la cipolla in un filo d'olio d'oliva, poi aggiungete il riso e fatelo tostare bene, sfumatelo col vino bianco e tiratelo col brodo vegetale, sempre tenuto in ebollizione, fino a cottura. Mantecatelo con il burro e il parmigiano lasciandolo piuttosto morbido, regolate di sale.
Nel cutter tritate grossolanamente le olive tenute da parte fino ad avere una sorta di "terra".
Mettete il riso nel piatto, aggiungete la crema di baccalà e spolverate il tutto con la terra di olive, completate con rondelle di peperoncino.
E buon San Valentino!
Risotto arancia e robiola con crumble di panettone
Questo risotto nasce dalla nescessità di finire qualche avanzo che girava in casa, una robiolina aperta in frigo, una bottiglia quasi finita di Cointreau e l'ultimo pezzetto di panettone che si stava rinsecchendo, abbandonato senza pietà in un angolo della dispensa. Le arance no, non posso considerarle avanzi, sono state perfette per questo particolare risotto.
Guarda caso è venerdì, giusto in tempo per il Clan del risotto del venerdì. Quindi ecco qua:
Risotto arancia e robiola con crumble di panettone
per 2 persone
300 g di riso Carnaroli
2 arance
2 bicchierini di Cointreau
60 g di robiola Osella
1 fetta di panettone
1 piccola cipolla bionda
q.b. di burro
un cucchiaio abbondante di parmigiano
poco olio e.v.
pepe di Sichuan
2 rametti di timo
Dalla prima arancia ricavate la scorza e pulitela il più possibile dell'albedo (la parte bianca amara) poi spremetela, filtrate il succo e tenetelo da parte.
Pelate a vivo l'altra arancia, compresi gli spicchi e conservate quello che ne resta.
In un pentolino mettete a bollire dell'acqua con la scorza preparata e quello che resta dell'arancia pelata a vivo.
Lasciate sobbollire due o tre minuti, spegnete e lasciate riposare una mezz'ora. Poi filtrate il brodo ottenuto e rimettetelo su fuoco dolce.
Fate a piccoli pezzi la fetta di panettone e tostatela in padella con un pezzetto di burro, mescolando continuamente perchè non bruci, finchè è leggermente croccante.
In una casseruola fate soffriggere la cipolla tritata fnemente, unite il riso, lasciatelo tostare bene, sfumatelo con un bicchierino di Cointreau e il succo d'arancia che avete tenuto da parte.
Tirate il risotto col brodo all'arancia e quasi a fine cottura unite la robiola.
Una volta pronto, mantecate il riso con il secondo bicchierino di Cointreau, una noce di burro e il parmigiano.
Servite il risotto completando con le fette di arancia pelate a vivo, il crumble di panettone, una generosa macinata di pepe di Sichuan e un rametto di timo.
Qui è piaciuto moltissimo, la robiola ha stemperato l'acidità dell'arancia e il panettone ha regalato una nota leggermente dolce che ci stava benissimo.
il risotto e la cassoeula
Come ogni settimana cerco di partecipare all'appuntamento con il Clan del risotto del venerdì, la pagina di Facebook creata tempo fa da Cristina Galliti del blog Poveri ma belli e buoni. Ogni venerdì rimango stupita dalle idee, dalle realizzazioni, dalla creatività che vedo. Risotti per tutti i gusti, e che risotti! Fortunatamente a casa mia il risotto è sempre molto gradito e se la batte con la pastasciutta. Diciamo che volendo fare una statistica credo che i risotti siano decisamente in testa.
Questa settimana il tema del Clan era cercare di trasformare in risotto un piatto della tradizione. Ho pensato alla tradizione lombarda, perchè è da un po' che ho voglia di mangiare la cassoeula, ma la stagione non è ancora giusta, ci vuole un po' di gelo per far diventare belle croccanti le verze, quindi mi son detta, perchè non provarla in risotto?
La cassoeula nel risotto
per 2 persone
4 o 5 costine di maiale
4 verzini (piccole salsicce da cassoeula)
una piccola verza, metà se è grossa
300 g di riso Carnaroli
1 carota
1 cipolla
1 costa di sedano
1 spicchio d'aglio
1 foglia di alloro
1 bicchierino colmo di grappa
2 cucchiai di parmigiano reggiano grattugiato
poco olio
brodo vegetale q.b.
sale, pepe
Mondate le verdure, tritatele finissimamente.
In una casseruola scaldate un goccio d'olio, unite il trito di verdure, lasciatelo insaporire e aggiungete lo spicchio d'aglio e la foglia di alloro, unite le costine e i verzini e lasciateli rosolare con le verdure, salate, pepate. Coprite il tegame e andate avanti con la cottura aggiungendo poco brodo caldo se il tutto dovesse asciugarsi troppo.
Nel frattempo mondate le verze, lavatele tagliatele a pezzettoni abbastanza grandi. Con un coltellino affilato riducete un poco la nervatura esterna delle foglie, nel caso fosse troppo grossa.
Unite le verze nel tegame con i verzini e le costine, mescolatele e fatele appassire leggermente. Continuate la cottura per circa 15 minuti, poi prelevate le costine e le salsicce e trasferitele in un altro tegame antiaderente con un poco del loro fondo, evitando di prelevare le verze.
Aggiungete un poco di acqua calda, o brodo vegetale e portate tutto a cottura separatamente.
Questa operazione va fatta perchè le costine e i verzini hanno tempi più lunghi di cottura rispetto al risotto, la carne delle costine deve staccarsi molto bene dall'osso. Una volta che tutto è perfettamente cotto, spolpate le costine e affettate i verzini.
Aggiungete un poco di brodo alle verze e portatele avanti di cottura per altri 15 minuti circa in modo che poi finiscano di cuocere insieme al riso. Toglietene un paio di cucchiai e metteteli da parte. A questo punto conservate insieme alle verze tenute da parte, qualche rondella di salsiccia e qualche pezzetto di costina per la decorazione finale e rimettete il grosso nella casseruola insieme al loro fondo di cottura rimasto, unite il riso, mescolate per farlo insaporire, sfumate tutto con la grappa, lasciate evaporare e iniziate a tirare il risotto aggiungendo poco alla volta il brodo vegetale.
Portate a cottura e alla fine mantecatelo con un paio di cucchiai di parmigiano.
Niente burro, ci ha pensato il grasso del fondo di cottura delle costine e delle salsicce.
Servitelo ben caldo con un po' delle verze e della carne tenute da parte.
Beh, è piaciuto moltissimo, e non vedo l'ora di far saltare quello che è avanzato. Sì, confesso. Lo faccio sempre abbondante per poterlo saltare il giorno dopo, mi piace anche più di quello appena fatto.
Brutta cosa la gola!
Risotto sedano e polvere di caffè
La mia collezione di risotti si sta ampliando in maniera esponenziale da quando frequento il Clan del risotto del venerdì.
E anche questa settimana sono arrivata all'appuntamento prima che riuscissi a pubblicare anche una sola delle ricette che ho in stand by.
Vabbè, speriamo in tempi meno affannosi e tribolati.
Intanto ecco questo risotto, molto, molto semplice ma un po' particolare.
La foto non rende il colore appena verde del riso, ma fidatevi, c'era.
Risotto sedano e polvere di caffè
per 2 persone
300 g di riso S. Andrea
5 coste di sedano scelte fra le meno coriacee
1 piccola cipolla bionda
q.b. di brodo vegetale
1/2 bicchiere di vino bianco
60 g di burro
2 cucchiai abbondanti di parmigiano grattugiato
2 cucchiaini di caffè in polvere
poco olio e.v. d'oliva
sale.
Mondate, lavate e asciugate il sedano. Tagliatelo a pezzetti, mettetelo nel frullatore insieme a un mestolino del brodo vegetale freddo.
Azionate e fatelo frullare lungamente, fino ad avere una specie di crema sottile.
Avviate il risotto. Fondete metà del burro insieme a un filo d'olio e.v. d'oliva, unite la cipolla tritata finemente e lasciate appassire.
Scaldate il brodo e tenetelo sempre in leggera ebollizione.
Unite il riso alla cipolla, mescolate e lasciatelo assorbire il condimento, sfumatelo col vino e quando è evaporato iniziate a tirare il risotto aggiungendo poco brodo caldo alla volta, alternato alla crema di sedano frullato in precedenza.
Portate a cottura, spegnete il fuoco e mantecate il risotto con il restante burro e il parmigiano. Fatelo riposare qualche secondo, poi impiattate e cospargete la superficie del riso con la polvere di caffè.
Guarnite con delle foglie di sedano e servite.
Davvero molto basico questo riso, ma molto profumato. La nota del caffè si fonde perfettamente col sapore del sedano, rendendo il tutto molto delicato e armonico.
Ci è piaciuto.
Risotto mele, salsiccia e Calvados
Ed è di nuovo venerdì.
Avevo altre ricette in fila da pubblicare ma il venerdì arriva sempre prima che io ci riesca. Le giornate mi sfuggono talmente velocemente che in un attimo mi ritrovo di nuovo alle prese con l'appuntamento col Clan del risotto del venerdì.
Stavolta un risotto molto, molto semplice, ma che ha sorpreso per la sua bontà. Qualcuno qui si è raccolto fino all'ultimo chicco di riso rimasto sul piatto e anche nella pentola. Possibile immaginare chi. Ma anche a me è piaciuto nolto questo accostamento mele/salsiccia, tutto profumato al Calvados.
Risotto mele, salsiccia e Calvados
per 2 persone
250/300 g di riso Carnaroli
1 mela Golden
1 piccola cipolla
300 g di salsiccia a nastro
un poco d'olio
50 g di burro
1/2 bicchiere abbondante di Calvados
2 cucchiai di parmigiano grattugiato
per il brodo:
1 carota
1 costa di sedano
1 porro
1 cipolla bionda
1 zucchina
mezza mela
1 foglia di alloro
1 rametto di rosmarino
3 o 4 pomodorini gialli
1 spicchio d'aglio
1 stelo di lemonrgass
1 cucchiaino di grani di pepe nero
1 bicchierino di Calvados
per la salsiccia:
poco olio
1 bicchierino di Calvados
un rametto di rosmarino
Preparate il brodo, mondate e lavate tutte le verdure e mettetele a bollire con tutti gli altri ingredienti per un'ora circa. Spegnete e filtrate, rimettete sul fuoco dolce.
Affettate la cipolla, fatela stufare in un poco di olio e burro, unite la salsiccia spellata e sbriciolata, tenendone da parte una decina di rocchetti per il completamento del piatto. Fate soffriggere qualche minuto la salsiccia nella cipolla poi unite il riso e lasciatelo insaporire mescolando finchè sarà translucido, quindi sfumatelo con i due terzi del Calvados, lasciatelo evaporare poi iniziate a tirare il risotto al solito modo, aggiugendo poco brodo alla volta. A metà cottura unite la mela con la buccia, tagliata a pezzetti e continuate a cuocere sempre aggiungendo poco brodo alla volta.
Mentre il riso cuoce, fate rosolare i rocchetti di salsiccia in un velo d'olio, quando saranno ben coloriti sfumateli col liquore, fate asciugare e profumateli col rametto di rosmarino.
Qualche istante prima che il riso sia pronto, unite il burro, il parmigiano e il resto del Calvados e mantecate velocemente il riso a fuoco spento. Lasciate riposare un paio di minuti e servite completando ogni piatto con fettine sottili di mela e i rocchetti di salsiccia cotti in precedenza. Un pizzico di rosmarino tritato e voilà.
A differenza di quanto pensavo, la nota dolce della mela non prevale, anzi, bilancia perfettamente alcool e sapidità della salsicciaa. Da rifare assolutamente.
Risotto ai porcini e capesante
Un altro risotto che finisce nel Clan del risotto del venerdì. Un risotto con l'ingrediente top dell'autunno, il fungo porcino.
Ma non il classico risotto ai porcini stavolta. Un risotto delicato che ricorda un po' la cucina degli anni '70, il famigerato "mare-monti".
Ho pensato alle capesante, per prima cosa perchè le amo molto e poi perchè hanno un sapore delicato che non sovrasta ma tempera il sapore dei funghi.
Purtroppo non ho trovato porcini freschi degni di questo nome e mi sono rifugiata in quelli surgelati che ho trovato piccoli e interi, non i soliti a fette. Sono rimasta veramente stupita e soddisfatta perchè erano davvero saporiti e carnosi.
Bando alle ciance, ecco la ricetta:
Risotto ai porcini e capesante
per 2 persone
250 g di riso S. Andrea
350 g di funghi porcini (io surgelati interi)
10 capesante
1 piccola cipolla
1 spicchio d'aglio
1 ciuffo di prezzemolo
q.b. di burro
un goccio d'olio
1 cucchiaio abbondante di parmigiano
poco vino bianco
sale, pepe
per il brodo:
1 porro
1 carota
1 costa di sedano
il corallo delle capesante
3 o 4 gambi di prezzemolo
sale
Pulite le capesante, separate le noci dal corallo. Lavatele bene per eliminare eventuale sabbia.
Mettete da parte due o tre noci per decorare il piatto e affettate le rimanenti.
Fate scongelare i funghi poi tagliateli a fette non troppo sottili.
In un pentolino antiaderente fate scurire una noce di burro, aggiungete le noci di capesante tenute da parte e fatele rosolare da tutti i lati, sfumatele con un goccio di vino bianco e spegnete il fuoco. Tenetele in caldo. Se volete, questa operazione potete farla mentre cuocete il riso, come ho fatto io, calcolando i tempi.
Fate fondere una noce di burro in un altra padella, unite l'aglio e lasciate insaporire, poi aggiungete i funghi e fateli asciugare qualche minuto,spolverateli con il prezzemolo tritato e regolate di sale. Tenete da parte.
Mondate le verdure per il brodo, lavatele. Mettete a bollire un pentolino d'acqua poi unite le verdure tagliate a pezzettoni e il corallo delle capesante. Lasciate sobbolire una ventina di minuti, poi filtrate, aggiungete dell'altra acqua se pensate che non sia sufficiente a cuocere il ris, e rimettete sul fuoco in modo che continui a sobbollire lentamente.
Tritate la cipolla, fatela appassire in un poco di burro e un filo d'olio, poi aggiungete il riso e cominciate a tostarlo mescolando fino a quando inizia a "cantare" e avrà assorbito il condimento, sfumatelo con un goccio del brodo preparato. Continuate a tirare il risotto aggiungendo poco brodo alla volta, mescolando.
Verso fine cottura, aggiungete le capesante affettate e continuate a mescolare, poi unite anche i funghi, tenendone da parte qualcuno e completate la cottura. Spegnete il fuoco e mantecate il riso con un'altra noce di burro e il parmigiano.
Servitelo completando il piatto con le capesante cotte in precedenza e i funghi trifolati tenuti da parte.
E anche stavolta è andata! Qualcuno ha veramente apprezzato, non faccio nomi.
Risotto all'uva, Passito e provolone per il Clan del risotto del venerdì
Finito il gran caldo, riprendiamo le buone abitudini. Il risotto del venerdì per il Clan del risotto ha un tema perfettamente settembrino. La vendemmia. E quale più grande protagonista se non l'uva? Sarebbe stato bello avere dell'uva da vino, ma a Milano la vedo dura procurarsela, così ho scelto di festeggiare la vendemmia usando le tre qualità più conosciute e consumate.
Un risotto semplice, un po' banale forse, che ho arricchito con del provolone e profumato con il Passito di Pantelleria. Il risultato è stato molto apprezzato.
Risotto all'uva, Passito e provolone
per 2 persone
300 g di riso S. Andrea
500 g di acini d'uva bianca senza semi
20 acini di uva rosé senza semi
20 acini di uva nera senza semi
20 acini di uva bianca senza semi
1 piccola cipolla
1/2 bicchiere scarso di Passito di Pantelleria
80 g di Provolone piccante
2 cucchiai abbondanti di Parmigiano
q.b. di olio e.v. d'oliva
60 g di burro
Sgranate l'uva bianca, lavatela e frullatela bene. Filtrate il succo ottenuto attraverso un colino a maglia fine, tenetene da parte tre o quattro cucchiai e mettete il resto in un pentolino su fuoco dolce e lasciatelo ridurre quasi della metà.
Preparate anche gli acini di tutte le altre uve, lavati e sgocciolati.
Trasferiteli in un tegamino antiaderente, unite il succo dell'uva tenuto da parte e mettete anch'essi su fuoco dolce, lasciate cuocere finchè il fondo inizia a caramellarsi e a restringersi. I chicchi non dovranno essere sfatti ma appena appassiti. Tenete da parte.
Iniziate a tirare il risotto. Tritate finemente la cipolla, mettetela in un tegame con un poco d'olio e metà del burro, lasciatela insaporire e unite il riso, mescolate finchè il riso assorbe il condimento e diventerà traslucido, quindi sfumate con Passito e iniziate a tirare il risotto unendo poca acqua bollente per volta. A metà cottura invece continuate a cuocere aggiungendo il succo d'uva ristretto poco alla volta, unite anche il provolone ridotto a pezzetti e continuate mescolando fino a cottura quasi ultimata. Togliete dal fuoco, unite il restante burro e il parmigiano e mantecate il riso mescolando velocemente e al tempo stesso scuotendo il tegame.
Lasciatelo riposare qualche attimo e poi mettete nei piatti, completate con i chicchi d'uva stufati e un po' del loro fondo.
Guarnite con foglie di salvia o quello che preferite.
Promosso, il provolone ha fatto da contraltare alla dolcezza dell'uva e alla aromaticità del Passito. Ne è uscito un bel connubio, armonico e piacevole al gusto. Da rifare.
Risotto con le quaglie
Negli anni '60 e fino ai primi anni '70, era di moda andare a mangiare il risotto con le rane a Monlué, un piccolo borgo agricolo di origini antichissime, pare che fosse stato fondato intorno al 1270, come una grande cascina a corte chiusa con degli edifici monastici e i rustici agricoli, circondati da prati irrigui ed arativi.
Il borgo, inizialmente abitato da un migliaio di persone, stretto fra Lambrate e Morsenchio, si è andato spopolando via via, ma resisteva appunto qualche piccola trattoria, meta dei milanesi che andavano a gustare questo famoso risotto.
In quegli anni, parlo del 1966, ho incontrato quello che sarebbe poi diventato mio marito. Nei primi tempi del fidanzamento si usciva spesso in compagnia degli amici frequentando più che altro i locali della nostra zona, Dergano -Affori-Bovisa-Niguarda, quindi per me Monlué era solo un nome su una cartina, dato che era praticamente fuori dal nostro raggio d'azione, in più non avevamo grossi mezzi per spostarci, se non quelli pubblici. Era molto, molto diverso rispetto ad oggi, l'automobile l'avevano in pochi, chi magari già lavorava e poteva mantenersela, chi aveva il motorino o la bici, ma per la maggior parte delle volte si scroccava un passaggio o si prendeva il tram. Non si andava spesso al ristorante, un po' per mancanza di soldi, un po' perchè non c'era ancora, per i ragazzi giovani, la giusta mentalità. Si preferiva la pizzeria, molto più semplice, molto più immediata.
Un sabato sera, appuntamento classico, mio marito mi viene a prendere con una vecchia Fiat 600, prestatagli da un amico. Stupita, salgo tempestandolo di domande, anche perchè non era una data particolare, nessun anniversario o compleanno. Dove andiamo? Dove mi porti? Dove hai preso questa macchina? Lui, eludendo tutte le domande, guidava ridacchiando sotto i baffi.
La strada mi è sembrata lunghissima ma finalmente arriviamo davanti a una vecchia trattoria di mattoni rossi, dopo aver percorso piccole stradine bianche affiancate da fontanili e filari di pioppi.
Ecco, mi dice, andiamo a mangiare il risotto con le rane.
Dentro, tanti piccoli tavoli apparecchiati con tovaglie a quadretti rossi, sedie impagliate, madie per il pane e credenze uguali a quella di mia nonna.
Ci sediamo, ordiniamo questo famoso risotto. Ma il risotto con le rane quella sera non era in carta. Così dovemmo ripiegare sul risotto con le quaglie, altro loro cavallo di battaglia, un classicissimo piatto lombardo. Peccato che a me le quaglie non piacciano particolarmente.
Vabbè, faccio buon viso e inizio a mangiare l'antipasto, un bel tagliere di salame, pancetta e formaggi, il tutto accompagnato da una giardiniera di verdure sott'aceto fatta in casa e annaffiato da una bottiglia di barbera dell'Oltrepo, quello che "buscia". All'arrivo del risotto, mio marito tira fuori dalla tasca una scatolina e me la mette davanti. Apro e dentro c'è un anello, una semplicissima fedina d'argento intrecciata ma per me, in quel momento, è stato come fosse un anello di brillanti. Eravamo insieme solo da un anno, e ricevere quell'anello, il significato che aveva al punto in cui eravamo, le parole che ha usato per darmelo, sono state una delle emozioni più forti della mia vita.
Ecco dunque la ricetta che fu galeotta, un po' rivisitata.
Risotto con le quaglie al Passito e polvere di pane tostato al pepe
per due persone
per le quaglie:
2 quaglie
salvia abbondante
1 piccolo scalogno
poca pancetta liscia, tesa
1 bicchiere di Passito di Pantelleria
una grossa noce di burro
poco sale, pepe
per il risotto:
300 g di riso Carnaroli riserva San Massimo
una noce di burro
un goccio d'olio
1 piccola cipolla
un cucchiaio abbondante di parmigiano
poco brodo di carne, oppure vegetale
mollica di pane raffermo, frullato
pepe bianco
poco olio
Pulite, fiammeggiate, lavate e asciugate le quaglie. Con un coltello affilato tagliatele a metà e poi dividetele in pezzi ricavando le cosce con il sovracoscia e il petto. Conservate anche il resto della carcassa. tagliate a pezzetti molto piccoli anche la pancetta liscia.
In una larga casseruola fate fondere una noce di burro insieme all'olio, aggiungete lo scalogno affettato insieme alla salvia, lasciatelo appassire un momento quindi unite nella casseruola la pancetta e le quaglie a pezzi, carcasse comprese e lasciatele rosolare da tutte le parti. Sfumatele con il vino Passito, regolate di sale e pepe, abbassate il fuoco e portate a cottura coperte.
Ci vorrà più o meno mezz'ora.
Una volta pronte, toglietele dalla casseruola e deglassate il fondo con un altro goccio di vino Passito, quindi filtrate e tenete in caldo.
Nel mixer mettete la mollica di pane raffermo e azionatelo fino ad avere un briciolame sottile.
In una larga padella scaldate un filo d'olio, aggiungete il pane tritato e una generosa macinata di pepe bianco, quindi tostatelo mescolando continuamente affinché non bruci. Deve solo colorire e prendere sapore.
Preparate il risotto al solito modo, facendo appassire la cipolla in olio e burro, tostando il riso, senza sfumarlo col vino stavolta, ma col brodo.
Portate a cottura aggiungendo brodo poco alla volta.
Quando il riso è quasi pronto, aggiungete un pezzetto di burro e iniziate a mantecarlo con un cucchiaio di parmigiano, sbattendolo velocemente e agitando il tegame allo stesso tempo.
A questo punto riprendete il fondo di cottura delle quaglie, rimettetelo sul fuoco in modo che sia ben caldo e poi, togliendolo dalla fiamma, aggiungere una piccola noce di burro freddissimo, fate roteare il pentolino per farlo sciogliere in modo che ispessisca la salsa.
Impiattate il riso, appoggiatevi sopra il petto e le cosce della quaglia, spolverate di pane tostato al pepe e nappate con il fondo al Passito.
Servitelo subito.
Spero che sia un risotto abbastanza emozionante per gli amici del Clan.
Per inciso, Monlué è decaduta definitivamente dopo la realizzazione della tangenziale Est, nel 1971, che ha isolato completamente l'antico borgo agricolo dalla città, stretto appunto fra la tangenziale, Lambrate e l'aereoporto di Linate,
Ora, quando capita di percorrere la tangenziale in quel punto, dal finestrino dell'auto vedo ancora la chiesa che sporge dal guard-rail e mi viene un po' di malinconia...