Mi capita spesso di andare a fare un giro sul lago di Como, magari a foto, oppure a trovare amici e parenti di mio marito.....
sarà che gli sono molto legata per diversi motivi, e pur non negando la bellezza degli altri nostri laghi lombardi, per me è il più bello di tutti. Lo amo moltissimo, lo frequento da quando ero bambina praticamente e lo conosco in ogni suo angolo, eppure ogni volta che ci vado è sempre una emozione diversa, scopro angoli che vedo in una luce differente, una inquadratura fotografica insolita....mi affascina e mi cattura ogni volta..


Mi piace molto anche quando è grigio e malinconico, di solito il lago è triste in autunno , e soprattutto  in inverno,  ma su di me ha un fascino particolare proprio quando è così, con le sue brume, la sua solitudine.





e dovreste vederlo quando si veste con la luce del temporale...




Ci sono ville nascoste da immensi giardini che in primavera si colorano di fiori, quasi invisibili dalla strada e che soltanto navigando sul lago ti si rivelano in tutta la loro bellezza, e parchi botanici dove ci si perde fra mille essenze e mille incredibili piante....



Ci sono strade e discese a lago nascoste in mezzo a case dove non passa quasi il sole, con le persiane che a volte, aprendosi, quasi si toccano fra una casa e l’altra, con i ciuffi di felci che nascono negli interstizi dei muri di pietra, 


e invece case che sembrano ferme nel tempo, con la vite canadese a coprirle come una coltre che cambia colore seguendo le stagioni e regala loro un fascino da nobiltà decaduta, angoli con atmosfere lente color seppia, altri invece che brulicano di vita a colori.


Ogni volta che faccio la via Regina da Cernobbio verso Argegno, lungo la strada costiera più alta, poco prima di punta Pizzo, (tristemente famosa perché durante il ventennio, i fascisti ci buttavano in lago i partigiani, vivi) 



passo a ridosso di una muraglione intervallato da griglie di legno di una vecchia villa, che non è mai cambiato da che ho memoria.
E ogni volta, mentre alla mia destra scorre tutto questo lungo muro di cinta, con le griglie di legno scrostate e malridotte, il mio pensiero va inevitabilmente a quel viaggio in corriera che ho fatto con mia madre nel senso opposto, quando abbiamo lasciato Lanzo d’Intelvi per venire a vivere a Milano...
Sedute entrambe sui primi sedili dietro l’autista di quella vecchia corriera di linea di colore blu, coi sedili di pelle tutti rovinati,...lei piena di speranze, qualche rimpianto per gli amici che lasciava e le paure legate al futuro, io, nel mio vestitino di piquet azzurro con un ricamo a punto smoke sul carré, inconsapevole e felice per quel viaggio, così bello e lungo, curiosa ed entusiasta di tutto quello che vedevo compresa quell’ultima curva alla fine del muraglione che d’improvviso ti mette davanti a una visione del lago e della Villa D’Este e che mozza il fiato ancora oggi... ricordo il sole caldo di quel giorno di settembre che rifletteva sui vetri del finestrino, il pensiero della scuola che avrei iniziato il 1° ottobre successivo e la visione di mia madre, giovane, con un vestito blu a righe rosse e bianche, che si tiene un fazzoletto stropicciato fra le mani appoggiate all’unica borsetta che possedeva...
Mi viene in mente ogni volta quel viaggio così carico di ansie, di paure miste a speranze per cambiare in meglio la nostra vita, andavamo incontro alla grande città anche con un poco di incoscienza, noi che venivamo da piccoli paesi, ma con tante, tante aspettative, e anche con qualche lacrima per il dispiacere di lasciare gli amici lassù nella valle.....eravamo di nuovo soli, e dovevamo ricominciare un’altra volta, un’altra vita...
Non si sono spezzati i contatti con gli amici di Lanzo, non con tutti almeno e quella con cui i rapporti sono durati sempre, anche dopo il nostro trasferimento a Milano, è stata la “zia” Elvira. La chiamavo zia perché mi ha visto crescere e mi voleva molto bene, come io ne volevo a lei.
Una donna di piccola statura, rotondetta, con un viso tondo incorniciato da una massa di capelli mossi, sempre illuminato dal sorriso, con la battuta pronta e un senso dell’umorismo molto spiccato. Era un piacere stare in sua compagnia, e quante sere abbiamo passato insieme! Lei era sempre da sola.....Il marito all’estero a lavorare, una “vedova bianca” come si diceva un tempo delle donne in questa situazione, aveva anche un figlio, Emilio, un po’ più grande di me che studiava, e per questa ragione, per potergli far continuare gli studi, si è trasferita anche lei a Milano, poco distante da casa nostra. Poi, una volta che il figlio si è sistemato definitivamente a Monza, è tornata a vivere a Lanzo e si è anche separata dal marito, ormai divenuto un estraneo praticamente......Non ha avuto molto dalla vita, passata in solitudine e scaldata solo dall'amore per il figlio, solo questo l'ha sostenuta e le ha dato la forza di superare un sacco di difficoltà......
Finché ne è stata in grado, andava e veniva da Lanzo per vedere il figlio, oppure andava a Pavia, dalla sorella, e ogni volta che scendeva in città passava a casa nostra. A volte si andava noi a trovarla a Lanzo, ma più di rado...

Ricordo con tanta tenerezza e un poco di nostalgia una piccola vacanza che ho fatto con mio marito,
allora ancora fidanzato, a casa sua per una Epifania di tanti, troppi anni fa.....ci aveva riempito di coccole e di buon cibo, e allo stesso tempo faceva un po' da controllore, dato che mia madre mi aveva permesso di andarci a patto che lei vigilasse e che io dormissi con lei... quante inutili fisime! Come se il non dormire insieme impedisse....
Lei, finta burbera, un po’ si atteneva, un po’ chiudeva un occhio sui nostri ritardi a pranzo...
avevo diciotto anni, era la prima volta che potevo stare tre o quattro giorni di fila con il mio fidanzato, e mi sembrava di toccare il cielo con un dito dalla felicità...di giorno ce ne andavamo a zonzo nella neve fin su alla Sighignola e la sera era talmente freddo che ci rintanavamo in casa.
il camino di pietra della grande stanza che fungeva da soggiorno/cucina era sempre acceso, e quelle sere di gennaio le passavamo seduti lì davanti a chiacchierare dei miei tempi passati a Lanzo, a raccontarci notizie e resoconti sulle persone che conoscevamo entrambe...ti ricordi questo? E ti ricordi quello? Il tale è andato via, il talaltro si è sposato, quest'altro invece ha aperto la bottega di falegname a S. Fedele, il paese più sotto...... in sostanza, a spettegolare un po'....

e ogni sera, davanti al fuoco, una bella tazza fumante di queste:



le castagne col latte, un dolce povero, di quelli di una volta, semplice e buono
Una coccola tipicamente lombarda. La būsechìna come la chiamano a Milano...

Mettete a bagno delle castagne secche di ottima qualità in acqua tiepida, lasciatecele una notte e poi, la mattina dopo, armati di pazienza e di uno spelucchino, pulitele bene dalle pellicine eventualmente rimaste, anche negli interstizi.
Cuocetele in acqua che arrivi  sopra di loro a un paio di centimetri, per circa  tre ora con un cucchiaio di cacao, uno di zucchero, un poco di sale e una foglia di alloro, devono diventare tenerissime e l'acqua deve asciuugarsi quasi completamente. Non serve altro.
Si servono bollenti con il latte freddo.

Mio marito ama molto questo modo di mangiare le castagne, da buon comasco, e anche se nelle sue zone usano mettere la panna semimontata, non le disdegna anche con il latte. Per cui quando mi capitano castagne secche buone, gliele faccio volentieri. E ogni volta, quando sono belle fumanti nella tazza,  ci sorridiamo complici, ricordando quel periodo della nostra vita...

Zia Elvira non c'è più da moltissimo tempo ormai, ma per e e per tutta la mia famiglia, lei è sempre qui..



vi regalo ancora qualche immagine alla rinfusa del mio amato lago di Como, sperando di non annoiarvi...