- nonno, posso venire un momento sul letto con te?
- lascia stare il nonno che sta riposando, dice la voce di mia madre dall'altra stanza.
Ma il nonno era felice che io volessi stare vicina a lui quando faceva il sonnellino pomeridiano.
Si sdraiava sopra le coperte, e mi faceva un poco di spazio.
- Dammi la mano nonno..
- sì, ma guarda che la mia mano è pesante!
io prendevo la sua mano e la tenevo stretta, e dopo un po' davvero cominciava a pesare.
Una mano affusolata, bella, forte, che rivelava però tutta la fatica del lavoro nei campi tanto era callosa e ruvida.
Ma io non la lasciavo, se non quando diventava davvero troppo pesante, voleva dire che lui era definitivamente addormentato. Solo in quel momento mi abbandonavo al sonno anch'io.
Questa piccola commedia è andata in scena ogni fine settimana, per un breve periodo, quando vivevamo a Lanzo d'Intelvi. Un po' prima che ci trasferissimo a Milano.
Erano gli anni 50, mio nonno era uscito dalla mezzadria quando la campagna non consentiva grandi redditi, e lui non aveva terreni suoi da coltivare, inoltre eravamo ancora alle prese col primo dopoguerra. . Mio padre l'aveva convinto a partire dal Friuli per venire a lavorare in Svizzera a guadagnare qualche soldo in più... Così gli aveva trovato un posto di giardiniere a Lugano dove stava per tutta la settimana per poi venire i sabati e le domeniche su da noi, in montagna, a Lanzo. Pochi chilometri, tutti in altezza.
Tutte le volte che veniva andavo a curiosare nelle sue tasche perchè sapevo che ci avrei sicuramente trovato qualcosa per me. C'era sempre qualcosa, anche di strano per una bambina di quasi 6 anni. A volte caramelle, a volte una moneta di cioccolato, una volta addirittura una piccola bambola di celluloide, o fermagli a fiocco per i capelli, altre volte occhiali da sole. Li trovava nell'erba dei giardini, dimenticati, o persi.
Era diventato un rito ormai, che corressi ad abbracciarlo e frugassi nelle sue tasche prima ancora che varcasse la porta di casa...
Di riti fra noi ne vennero ancora, uno soprattutto, quando ero più grandicella. Ogni volta che andavo in Friuli per la vacanze estive, lui mi aspettava nascosto sempre nello stesso posto: dietro una tenda sul piccolo pianerottolo della scala che portava al piano superiore di casa nostra. E puntualmente ogni volta che mettevo piede in casa, qualsiasi ora fosse, mi precipitavo su per le scale a cercarlo dietro quella tenda. Con molto disappunto di mia nonna che non io consideravo affatto, se non dopo aver riabbracciato mio nonno.
Si fermava in Svizzera da primavera ad autunno inoltrato, poi , durante l'inverno, ritornava in Friuli, ma l'ultimo anno che lavorò in Svizzera, tornò a i primi di Gennaio, non so per quale motivo, e venne direttamente a stare da noi per qualche tempo, proprio nei giorni precedenti l'Epifania...
Ricordo una sera il fuoco acceso nella stufa a legna, mio nonno seduto vicino alla stufa, su una sedia impagliata, una sera di racconti sulle tradizioni di casa, il pensiero all'arborar, il falò, che si sarebbe acceso nella piazza, con la pira preparata da uomini designati appositamente per quel compito da anno in anno. La festa che si fa dopo che la Vecia è bruciata, gli auspici che se ne traggono in base a dove è girato il fumo...e la Pinza cotta "sott li boris" , le braci, dell'arborar, del falò...e il vin brulé a volontà....
Ho ancora nella mente la sua espressione di malinconia, per non poter essere fra quegli uomini che costruivano la pira.....allora mia madre, per rasserenarlo un po', il giorno dopo preparò la Pinza. Niente braci, ma il forno della stufa a legna fece da ottimo sostituto. Ne fu contentissimo....
quest'anno ho voluto farla anch'io, con la ricetta di casa nostra.
La Pinza è una di quelle preparazioni di cui ogni famiglia ha una ricetta tutta sua, ognuno ci mette le cose tradizionali del suo paese, e si sa, basta fare qualche chilometro più su, o più giù e le cose cambiano..
Pinza friulana dell'Epifania
200 gr farina di mais fioretto (quella molto sottile)
150 gr farina 00
1 l. latte
2 uova intere
150 gr zucchero
80 gr burro
5 o 6 fichi secchi
80 gr uvetta
80 gr mandorle
50 gr pinoli
50 gr scorza d'arancia candita
la scorza grattugiata di un limone
la scorza grattugiata di una arancia
1 mela
1 bustina di lievito
1 dl grappa
un cucchiaino scarso di semi di finocchio
Miscelare insieme le due farine.
spezzettare i fichi secchi, riunirli in una ciotola con l'uvetta, i semi di finocchio e le scorzette candite a dadini,.
Unire la grappa, mescolare e lasciarli ammorbidire almeno un paio d'ore.
Portare a ebollizione il latte insieme a un pizzico di sale, quindi versare a pioggia le farine sbattendo con una frusta in modo da non formare grumi. Cuocere per circa 10/15 minuti, o finchè il composto tende a staccarsi dalle pareti della pentola.
Aggiungere il burro a pezzetti, lo zucchero e la mela a dadini.
Togliere dal fuoco e unire la frutta sgocciolata dalla grappa, aggiungere metà della grappa rimasta, le mandorle tritate grossolanamente, i pinoli, le scorze grattugiate, le uova leggermente sbattute a parte, e per ultimo il lievito preventivamente sciolto in due o tre cucchiai di latte.
Mescolare a lungo l'impasto, che sarà abbastanza sodo, affinchè la frutta secca si distribuisca bene dappertutto.
Imburrare generosamente una piccola teglia rettangolare, io ne ho una un po' anomala da 22x28, ma credo vada bene anche una vaschetta di alluminio, e versare il composto premendo e livellandolo bene.
Cospargere la superficie con altro zucchero semolato e cuocere in forno già caldo a 160° per i primi 40 minuti, poi alzare la temperatura a 180° per altri 15/20 minuti.
Il dolce risulterà comunque umido e molliccio al tatto Si compatterà poi raffreddandosi.
Adoravo mio nonno, e credo che anche lui mi amasse molto, con la profonda tenerezza che hanno tutti i nonni verso i nipoti. Lo capisco bene ora, che sono nonna anch'io.
Si chiamava Basilio, e per la sua alta statura fu arruolato nei Granatieri, cosa di cui andava fiero. Vi racconterò ancora di lui...
Eccolo qui sotto, in una foto scattata a Lanzo d'Intelvi, dove mi tiene per mano insieme a mio padre.
Se ne è andato troppo presto, a 56 anni, in un inverno freddissimo.
Ogni volta che vado in Friuli, ancora adesso che ho ormai superato la sua età, non posso fare a meno, quando salgo le scale di casa, di rivederlo lì, dietro la tenda. Una tenda che non c'è più, ma continua ad esistere solo per me.

- lascia stare il nonno che sta riposando, dice la voce di mia madre dall'altra stanza.
Ma il nonno era felice che io volessi stare vicina a lui quando faceva il sonnellino pomeridiano.
Si sdraiava sopra le coperte, e mi faceva un poco di spazio.
- Dammi la mano nonno..
- sì, ma guarda che la mia mano è pesante!
io prendevo la sua mano e la tenevo stretta, e dopo un po' davvero cominciava a pesare.
Una mano affusolata, bella, forte, che rivelava però tutta la fatica del lavoro nei campi tanto era callosa e ruvida.
Ma io non la lasciavo, se non quando diventava davvero troppo pesante, voleva dire che lui era definitivamente addormentato. Solo in quel momento mi abbandonavo al sonno anch'io.
Questa piccola commedia è andata in scena ogni fine settimana, per un breve periodo, quando vivevamo a Lanzo d'Intelvi. Un po' prima che ci trasferissimo a Milano.
Erano gli anni 50, mio nonno era uscito dalla mezzadria quando la campagna non consentiva grandi redditi, e lui non aveva terreni suoi da coltivare, inoltre eravamo ancora alle prese col primo dopoguerra. . Mio padre l'aveva convinto a partire dal Friuli per venire a lavorare in Svizzera a guadagnare qualche soldo in più... Così gli aveva trovato un posto di giardiniere a Lugano dove stava per tutta la settimana per poi venire i sabati e le domeniche su da noi, in montagna, a Lanzo. Pochi chilometri, tutti in altezza.
Tutte le volte che veniva andavo a curiosare nelle sue tasche perchè sapevo che ci avrei sicuramente trovato qualcosa per me. C'era sempre qualcosa, anche di strano per una bambina di quasi 6 anni. A volte caramelle, a volte una moneta di cioccolato, una volta addirittura una piccola bambola di celluloide, o fermagli a fiocco per i capelli, altre volte occhiali da sole. Li trovava nell'erba dei giardini, dimenticati, o persi.
Era diventato un rito ormai, che corressi ad abbracciarlo e frugassi nelle sue tasche prima ancora che varcasse la porta di casa...
Di riti fra noi ne vennero ancora, uno soprattutto, quando ero più grandicella. Ogni volta che andavo in Friuli per la vacanze estive, lui mi aspettava nascosto sempre nello stesso posto: dietro una tenda sul piccolo pianerottolo della scala che portava al piano superiore di casa nostra. E puntualmente ogni volta che mettevo piede in casa, qualsiasi ora fosse, mi precipitavo su per le scale a cercarlo dietro quella tenda. Con molto disappunto di mia nonna che non io consideravo affatto, se non dopo aver riabbracciato mio nonno.
Si fermava in Svizzera da primavera ad autunno inoltrato, poi , durante l'inverno, ritornava in Friuli, ma l'ultimo anno che lavorò in Svizzera, tornò a i primi di Gennaio, non so per quale motivo, e venne direttamente a stare da noi per qualche tempo, proprio nei giorni precedenti l'Epifania...
Ricordo una sera il fuoco acceso nella stufa a legna, mio nonno seduto vicino alla stufa, su una sedia impagliata, una sera di racconti sulle tradizioni di casa, il pensiero all'arborar, il falò, che si sarebbe acceso nella piazza, con la pira preparata da uomini designati appositamente per quel compito da anno in anno. La festa che si fa dopo che la Vecia è bruciata, gli auspici che se ne traggono in base a dove è girato il fumo...e la Pinza cotta "sott li boris" , le braci, dell'arborar, del falò...e il vin brulé a volontà....
Ho ancora nella mente la sua espressione di malinconia, per non poter essere fra quegli uomini che costruivano la pira.....allora mia madre, per rasserenarlo un po', il giorno dopo preparò la Pinza. Niente braci, ma il forno della stufa a legna fece da ottimo sostituto. Ne fu contentissimo....
quest'anno ho voluto farla anch'io, con la ricetta di casa nostra.
La Pinza è una di quelle preparazioni di cui ogni famiglia ha una ricetta tutta sua, ognuno ci mette le cose tradizionali del suo paese, e si sa, basta fare qualche chilometro più su, o più giù e le cose cambiano..
Pinza friulana dell'Epifania
200 gr farina di mais fioretto (quella molto sottile)
150 gr farina 00
1 l. latte
2 uova intere
150 gr zucchero
80 gr burro
5 o 6 fichi secchi
80 gr uvetta
80 gr mandorle
50 gr pinoli
50 gr scorza d'arancia candita
la scorza grattugiata di un limone
la scorza grattugiata di una arancia
1 mela
1 bustina di lievito
1 dl grappa
un cucchiaino scarso di semi di finocchio
Miscelare insieme le due farine.
spezzettare i fichi secchi, riunirli in una ciotola con l'uvetta, i semi di finocchio e le scorzette candite a dadini,.
Unire la grappa, mescolare e lasciarli ammorbidire almeno un paio d'ore.
Portare a ebollizione il latte insieme a un pizzico di sale, quindi versare a pioggia le farine sbattendo con una frusta in modo da non formare grumi. Cuocere per circa 10/15 minuti, o finchè il composto tende a staccarsi dalle pareti della pentola.
Aggiungere il burro a pezzetti, lo zucchero e la mela a dadini.
Togliere dal fuoco e unire la frutta sgocciolata dalla grappa, aggiungere metà della grappa rimasta, le mandorle tritate grossolanamente, i pinoli, le scorze grattugiate, le uova leggermente sbattute a parte, e per ultimo il lievito preventivamente sciolto in due o tre cucchiai di latte.
Mescolare a lungo l'impasto, che sarà abbastanza sodo, affinchè la frutta secca si distribuisca bene dappertutto.
Imburrare generosamente una piccola teglia rettangolare, io ne ho una un po' anomala da 22x28, ma credo vada bene anche una vaschetta di alluminio, e versare il composto premendo e livellandolo bene.
Cospargere la superficie con altro zucchero semolato e cuocere in forno già caldo a 160° per i primi 40 minuti, poi alzare la temperatura a 180° per altri 15/20 minuti.
Il dolce risulterà comunque umido e molliccio al tatto Si compatterà poi raffreddandosi.
Adoravo mio nonno, e credo che anche lui mi amasse molto, con la profonda tenerezza che hanno tutti i nonni verso i nipoti. Lo capisco bene ora, che sono nonna anch'io.
Si chiamava Basilio, e per la sua alta statura fu arruolato nei Granatieri, cosa di cui andava fiero. Vi racconterò ancora di lui...
Eccolo qui sotto, in una foto scattata a Lanzo d'Intelvi, dove mi tiene per mano insieme a mio padre.
Se ne è andato troppo presto, a 56 anni, in un inverno freddissimo.
Ogni volta che vado in Friuli, ancora adesso che ho ormai superato la sua età, non posso fare a meno, quando salgo le scale di casa, di rivederlo lì, dietro la tenda. Una tenda che non c'è più, ma continua ad esistere solo per me.

Bel racconto, mi hai fatto emozionare.
RispondiEliminaE poi la ricetta mi fa ricordare un dolce simile che preparavano i miei nonni trentini.
Un caro saluto dall'Argentina
che tenero ricordo Giuli,ha tutto impresso nella tua mente così chiaramente che è come se vedessi tuo nonno...La pinza la facciamo anche qui ma è molto diversa,è semplice, senza frutta secca nè canditi...Buona settimana cara, un abbraccio....
RispondiEliminaBellissimi, dolcissimi ricordi!
RispondiEliminaGrazie per averli condivisi con noi.
Baci
Elli
grazie ragazze, buona giornata!
RispondiEliminaGikuliana che bei ricordi...così carichi di emozioni, affetto, amore e rispetto. E' talmente bello leggerti! Bellissima anche la tua ricetta, me la segno perchè non la conosco e sono cuirosa di gustarla! un caro abbraccio e un ottimo 2013 per te e i tuoi cari, Clara
RispondiEliminagrazie Clara! Ricambio di cuore gli auguri a te e ai tuoi cari!
EliminaUn bacio
Mio nonno è una ferita ancora aperta dentro di me. Lui e mia nonna non abbandonano i miei pensieri un solo giorno.
RispondiEliminaTi abbraccio Giuli, sperando di avere modo di rivederci presto.
cara Marina, ti capisco perfettamente. Anche per me sai? E sono passati tutti questi anni, tutta la vita praticamente, ma il loro ricordo mi fa ancora male ogni volta...
Eliminaun bacio mia cara amica.
che bello avere un nonno da ricordare, sono cose che alla mia infanzia sono mancate e mi dispiace. me ne accorgo solo ora che sono invecchiata
RispondiEliminaDede, vorrà dire che farai la nonna tu, e sarai amorevole e tenera...
EliminaCara Giuliana, grazie per essere passata. Vedo qui ricette bellissime ed un blog molto sensibile. Ti auguro un anno fantastico e mi sono messa tra i tuoi followers e spero di poterti seguire anche se purtroppo non ho tantissimo tempo per passare spesso a salutare le amiche. Ti auguro però una splendida avventura da blogger. Un caro abbraccio, Pat
RispondiEliminaCiao, ho visto che hai lasciato un commento sul blog, ed avrai letto che la tradizione dell' arborât continua, e cosa importante sono i giovani ad impegnarsi e portare avanti questo appuntamento che chiude le festività. Non ho mai trovato la ricetta "giusta" per la pinza e adesso provo la tua. Cari saluti
RispondiEliminaAnnamaria
ciao Annamaria! Mi fa molto piacere sapere che le tradizioni continuano...è una cosa molto bella.
EliminaNemmeno io ho mai trovato la ricetta giusta, ma continuerò la ricerca, mi piace sperimentare sempre cose nuove..
Grazie di essere passata, un bacio
Giuli
Oh Giuli che commozione nel leggere il tuo racconto! I nonni sono sempre speciali e lasciano ricordi unici in ciascuno di noi.
RispondiEliminaTi abbraccio stretta stretta e... mi piacerebbe assaggiare quella pinza, dev'essere squisita.
Un bacione
grazie Bruna del mio cuore..
EliminaCiao! sono passata a vedere la tua versione della pinza che ha un aspetto magnifico, mi sa che il prossimo anno faremo ognuna la ricetta dell'altra:-) Mi è piaciuto molto leggere i tuoi ricordi del nonno, per certi versi mi ricorda il mio..cari nonni, speriamo che gli sia arrivato il profumo delle nostre pinze.. :-)
RispondiEliminasperiamo davvero! Chissà...
Eliminagrazie per essere passata, un bacio
Giuli
Ciao cara Giuliana.. il tuo post è splendido, mi riesci sempre a commuovere! Che bello sentire le parole d'amore rivolte a tuo nonno, e l'immagine di lui che ti abbraccia o ti stringe la mano.. Complimenti, leggerti è sempre un piacere per la mente e per il cuore..
RispondiEliminaciao Kika, tutto bene?
EliminaGrazie di tutto
Un bacio speciale
Giuli
Ciao Giuliana!piacere di conoscere te e il tuo bellissimo blog.Leggendo di tuo nonno mi sono commossa e ho pensato al mio nonnino...mi hai fatto tanto emozionare,passerò spesso a leggerti.Baci.Rox
RispondiEliminapiacere mio Rox, grazie di essere passata e per le tue parole...
Eliminati aspetto!
Un caro saluto