L'ho sempre conosciuto come Gambarel, il suo nome di battesimo non l'ho mai saputo.
Un soprannome il suo, come si usa dare alle famiglie nei piccoli paesi. Quello della mia famiglia è sempre stato Faro, una specie di contrazione dialettale del nostro cognome, Fabris...
Gambarel era il frutto della colpa di una amica di mia nonna, Maria Gàmbara, nato fuori dal matrimonio, e per questo condannato a vivere in una situazione abbastanza difficile, in una famiglia che andava avanti solo per convenienza....il padre vero non si è mai saputo chi fosse, e il marito di sua madre lo odiava profondamente, avendolo sotto gli occhi ogni santo giorno a ricordagli che in testa aveva un cesto di lumache....e allora di divorzio non si poteva nemmeno parlare...

Avrà avuto si e no 35/40 anni, e io si e no 7 o 8....

Quando l'ho conosciuto io, viveva solo, in una stanza della grande casa che dava su un'aia enorme, l'aia  dove arrivava la mietitrebbia per trebbiare  il grano a luglio...
Era un omettino di bassa statura, magro magro e con un volto scarno, illuminato da grandi occhi scuri e dallo sguardo spiritato, con un berretto a visiera perennemente calcato sulla fronte, le gambe arcuate come fosse un fantino...ce l'aveva tutto il fisico da fantino..

Del suo passaggio si accorgevano tutti...aveva una voce stentorea e grossa, e lo si sentiva arrivare fin dal fondo della strada, perché era sempre allegro e cordiale con tutti..
Io passavo le estati dalla nonna...erano gli anni a cavallo fra il '50 e il '60, e in quel piccolo paese sprofondato nella campagna della bassa friulana l'unico svago, la sera, era munirsi di seggiole e piazzarsi fuori dal portone di casa, in gruppi più o meno numerosi, ad osservare il passaggio, una specie di struscio fatto di gente a piedi, uomini in bicicletta, ragazzini che giocavano a nascondino o a rincorrersi, ragazzi che andavano “a morosa” . Un gran via vai di persone molto vivace, che movimentava la serata di tutti....
E il passatempo delle “babe” ovvero le donne pettegole, era commentare ogni passante, raccontandosi l'ultimo pettegolezzo che girava sul suo conto, infiorandolo e aggiungendovi dell'altro, sorridendo fra loro sotto i baffi con maliziosi sguardi d'intesa..

La mia casa è proprio in posizione centrale, vicino alla piazza del Municipio, con la fontana proprio nel mezzo della piazza dove si affacciano tuttora sia lo spaccio dei Combattenti, che il Bar Caffé....l'uno era praticamente un circolino, con tre cabine per l'unico telefono pubblico del paese, e l'altro era semplicemente il “Café”.....Mio nonno aveva la compagnia di amici allo Spaccio...non di rado mi portava insieme a lui quando andava a bere un taj...ma questa è un'altra storia..
Diciamo che il Café era il posto frequentato dai notabili del paese, mentre lo Spaccio era più proletario...

davanti a casa mia scorreva una piccola roggia, la roja, e al di là della strada c'era una specie di campo da bocce, di pertinenza del Café..
La sera era illuminato a giorno, ed era tutto uno sbattere di bocce sulle assi di legno  che lo delimitavano, e tutto un gridare degli uomini impegnati nel gioco...a volte, dopo vari giri di vino e di bocciate al volo,  si levava anche qualche canzonaccia..
Mia nonna si sedeva sulla sua seggiola davanti casa, con la roggia che le scorreva in basso, vicino ai piedi, aspettava le sue amiche “babe” e finchè non era buio pesto io scorazzavo con AnnaMaria, Ennio e sua sorella in giro su per i Viali, una stradina interna che taglia il paese, allora sterrata....le mie ginocchia ne sanno qualcosa... quanti voli ho fatto su quel ghiaietto! Ho una cicatrice abbastanza visibile che me lo ricorda ogni volta che la guardo...

Gambarel era un grande, appassionato giocatore di bocce, roba da campionati regionali, casa sua era piena di coppe e trofei vinti a bocce, e non mancava mai alle partite serali,  era come un allenamento per lui...
Immancabilmente a una certa ora spuntava dal fondo della strada diretto al campetto davanti a casa nostra, armato delle sue bocce personali, che teneva in una piccola sporta di stoffa.
Arrivato davanti a casa mia, con quella sua voce così forte mi apostrofava, naturalmente in dialetto friulano “ Ciao Farùcula!! Dove te ne vai in giro stasera? Vieni a giocare a bocce con me?..
Io gli rispondevo che avevo gli amici ad aspettarmi sull'aia della trebbia e lui ridendo allegramente se ne andava....tutte le sere questo rito, le poche volte che non mi salutava c'era da preoccuparsi..
ma non l'ho quasi mai visto arrabbiato, né cupo...eppure la sua vita non era proprio felice. Lui cercava di cavarsela meglio possibile, cercando di prendere il meglio, se c'era, un meglio.

Una sera passò con un zej, un grosso cesto intrecciato, tipico delle nostre zone, colmo di zucchine...man mano saliva dalla strada ne regalava alle donne sedute fuori, chissà dove le aveva prese..toccò anche a mia nonna la sua abbondante dose...
Poi, una delle estati seguenti, quando arrivai al paesello per le vacanze scoprii che il Café era chiuso, il proprietario era morto e la moglie stava cercando qualcuno per darlo in affitto, ma ancora non aveva trovato nessuno.....
di conseguenza anche il gioco delle bocce fu chiuso, niente più luce a rischiarare casa mia, niente più colpi di bocce contro i legni, niente più voci e niente più gente in giro come prima..il paese era come spento..
Non l'ho più rivisto, anche se mia nonna mi teneva comunque sempre aggiornata sulle news del paese..
Si è anche sposato ad un certo punto, con una ragazza madre che aveva un figlio. So che l'ha cresciuto come fosse stato veramente suo padre, dandogli tutto quell'amore che lui non aveva mai avuto.
L'ultima parte della sua vita è stata serena, e questo mi ha fatto molto piacere, perché era fondamentalmente un buono che aveva tanto sofferto, sin da quando era nato..

Ciao Gambarel, la tua Farùcula ti ricorda sempre..

In onore di quel cesto di zucchine, di cui ho memoria così vivida anche oggi...vi dedico  questa




Tatin di zucchine, pecorino e mandorle


1 conf. Pasta sfoglia
3 zucchine un po’ grosse
150 gr pecorino fresco
3 o 4 cucchiai di mandorle a lamelle
1 spicchio d’aglio
olio e.v. q.b.
sale e pepe nero

Pulire, spuntare e lavare le zucchine. Tagliarle a tronchetti non troppo spessi.
In una padella mettere un paio di cucchiai di olio d’oliva, spelare l’aglio, schiacciarlo con le mani e metterlo a rosolare sul fuoco vivo, quindi toglierlo e mettere le zucchine a rosolare.
Ci vorranno circa 10/15 minuti. Regolare di sale e pepe nero.
Nel frattempo tagliare il pecorino a fettine sottili.
Ungere una teglia o uno stampo a piacere, versare le mandorle a lamelle e spargerle in modo omogeneo, adagiarvi sopra le zucchine e infine il pecorino.
Prendere la sfoglia e coprire il tutto rincalzando intorno ai bordi per evitare che qualcosa fuoriesca durante la cottura. Dare una lieve schiacciatina al tutto  con le mani e infornare in forno già caldo a 200°
Cottura per  circa mezzora.
Togliere dal forno, lasciar riposare qualche minuto quindi rovesciare la tarte tatin sul piatto di servizio.
E’ ottima sia calda che fredda.




E ora vi saluto, vado nel mio Friuli, ma non sarà una vacanza, anzi...

ci ritroviamo fra un po'...