Il
giorno dei morti ci si veste pesante perché l'aria è ormai
diventata fredda ed è arrivata la prima nebbia della stagione, si
toglie il cappotto da dove era stato riposto, si spolverano stivali e scarpe
adatte e ci si accinge ad affrontare l'inverno imminente.
Il
sole che sbiadisce e ci abbandona, i fiori che pian piano si seccano
e cadono, il tappeto di foglie rosse e gialle su cui camminiamo, le
notti lunghe che iniziano quando è ancora giorno....tutto questo fa pensare alla
fatica, al riposo, al sonno, al passato, e il pensiero ritorna su
ciò che è stato. Così in questa stagione più facilmente
si evocano le ombre, si parla con loro..
Il
giorno dei morti fiori e lumini riempiono il cimitero di ogni paese,
con un'aria quasi di festa, se non fosse per quelle foto ovali con
piccoli volti in bianco e nero di un tempo sparito, che sorridono
lontani perché nulla più li può toccare..
La
morte è un tema spesso doloroso e difficile da accettare. Ma lo
sappiamo, niente nell'universo intero può resistere al tempo. Tutto
ne viene travolto, tutto è destinato a scomparire, a mutare.
E'
difficile ogni giorno accettare, sopportare la mancanza, il vuoto
lasciato da chi non c'è più. Nel tempo a volte subentra una sorta
di dolore quieto, quasi fatto di struggente tenerezza, solitamente
il dolore è sordo, il dolore è muto, ascolta solo se stesso...non
ci sono parole uguali per ognuno di noi, che possono raccontarlo.
Anche
nel giorno dei morti richiamiamo alla mente i nostri cari scomparsi,
per rivederli intorno a noi, per offrire loro un fiore, per fare
pace, per non dimenticare, perché sono sempre ben vivi dentro il
nostro cuore, la nostra mente, il nostro ricordo.
Vita
e morte sono comunque sempre inevitabilmente legate, e il giorno
dei morti ogni casa si riempie di tutte le tradizioni per
continuare a mantenere forti legami con i propri defunti
Antiche
usanze vivono in tutto il nostro Paese.
In
Friuli, mio nonno e mio padre dopo di lui, prima di andare a letto,
il giorno dei morti lasciavano la luce accesa sotto il portico, un
secchio d'acqua e del pane sulla tavola cosicché i defunti potessero
trovare luce e cibo per ristorarsi durante il pellegrinaggio notturno
verso le chiese e i santuari.
Si
dice che in quella notte i defunti tornino a noi vestiti di bianco,
e che chi entra in quelle chiese e in quei santuari, le troverà
affollate da una moltitudine di persone che non sono più in vita e
che scomparirà all'alba, al primo canto del gallo.
E
guai a guardar fuori dalla finestra...ci potevano essere i morti
chiamati dall'insistente e prolungato suono delle campane, a spiare
noi vivi.
Ogni
famiglia prepara i dolci dei morti.....a casa mia delle semplici
caldarroste, con un bicchiere di vino rosso...e un goccio non si
negava anche ai bambini..
Su
per le montagne invece , hanno
da sempre fatto rivivere anche le antichissime tradizioni pagane
e ancora oggi
la
rievocazione storica del capodanno celtico, quando si pensava che in
questa notte i defunti tornassero accompagnati dal piccolo popolo
degli elfi, (gli sbilfs) delle streghe (lis striis) e delle fate
(lis aganis) per visitare i luoghi in cui avevano vissuto. La gente
va per le strade del paese con le zucche intagliate come maschere
spaventose, illuminate dalle candele...
Intagliare
le zucche per usarle come lumi non è solo una usanza americana, è
presente da noi da secoli...
Ricordo
quelle notti fredde, la processione lungo le strade del paese, la
polenta bianca, calda fumante , di mia nonna, il muset con la
brovada, il riunirsi tutti intorno alla grande tavola insieme a
parenti ed amici, a chiacchierare e a mangiare le castagne man mano
che mio padre le cuoceva sulla stufa a legna, fra un bicchiere di
Merlot e un bicchierino di grappa, e poi, prima di andare a letto,
la tavola apparecchiata con tutto quello che avevamo preparato, le caldarroste, il vino, il pane, l'acqua.
Mio
padre usciva sotto il portico, accendeva la luce, rientrava e
chiudeva le porte a doppia mandata...
Il
giorno dopo era tutto come l'avevamo lasciato, ma ogni anno, alla
stessa ricorrenza, erano gli stessi gesti, lo stesso sentire...Come a
non voler spezzare quel legame col mondo dei più..
Il
giorno dei morti, per celebrare la vita. Con un dolce di castagne
Mattonella di castagne e cioccolato
150 gr cioccolato fondente
500 gr marmellata di marroni vanigliata
130 gr burro
1 cucchiaio di scorza grattugiata di una arancia non trattata
1 cucchiaio di brandy
50 gr di zucchero
cacao per spolverare
Per decorare:
marron glacé
caramelline argentate
qualche mandorla pralinata
150 gr cioccolato fondente
500 gr marmellata di marroni vanigliata
130 gr burro
1 cucchiaio di scorza grattugiata di una arancia non trattata
1 cucchiaio di brandy
50 gr di zucchero
cacao per spolverare
Per decorare:
marron glacé
caramelline argentate
qualche mandorla pralinata
violette candite
Spezzettare il cioccolato e fonderlo a bagnomaria.
Unire il burro tagliato a pezzetti e mescolare con una frusta finchè il tutto è ben amalgamato.
Trasferire il tutto in una terrina e aggiungere la marmellata di marroni. Sempre mescolando energicamente, unire lo zucchero, il brandy e la scorza d'arancia.
Foderare con la pellicola trasparente un piccolo stampo rettangolare o quello che preferite, e versare il composto. Tenere in frigorifero per almeno 12 ore.
Al momento di servire, sformare il dolce, spolverare di cacao amaro, guarnire con i marron glacés, le caramelline argentate e le mandorle pralinate e, se le avete, qualche violetta candita.
Spezzettare il cioccolato e fonderlo a bagnomaria.
Unire il burro tagliato a pezzetti e mescolare con una frusta finchè il tutto è ben amalgamato.
Trasferire il tutto in una terrina e aggiungere la marmellata di marroni. Sempre mescolando energicamente, unire lo zucchero, il brandy e la scorza d'arancia.
Foderare con la pellicola trasparente un piccolo stampo rettangolare o quello che preferite, e versare il composto. Tenere in frigorifero per almeno 12 ore.
Al momento di servire, sformare il dolce, spolverare di cacao amaro, guarnire con i marron glacés, le caramelline argentate e le mandorle pralinate e, se le avete, qualche violetta candita.
anch'io, come una volta, lascerò qualcosa sulla tavola....
e guarderò fuori dai vetri, senza timore.
Che dire, con questo dolce mi hai fatto KO.
RispondiEliminaE poi, violette candite...wooow!
Qs dolce mi piace tantissimo, adesso che me lo hai ricordato non ho più scuse, poi ho una certa marmellata di marroni presa in Francia, che non oso aprire, perchè se no me la mangio tutta a cucchiaiate!
RispondiEliminaUn abbraccio
Giuliana, ti ascolto, le tue storie mi affascinano! E i tuoi dolci mi fanno impazzire!
RispondiEliminabello leggerti Giuliana,c'è sempre qualcosa di magico nelle tue parole...Novembre è un mese triste per me, papà è morto un anno fa e , anche se qui a Trieste non abbiamo le stesse usanze del Friuli, lo abbiamo ricordato col cuore...Ti abbraccio..
RispondiEliminaUn abbraccio grande cara Giuliana ti seguo sempre leggo i tuoi post e mi immergo nei tuoi racconti e nelle tue ricette
RispondiEliminaUna carezza particolare al piccolo Valerio
Giuly (Giuliana)
Mi sono sentita un po' parte di questa tradizione mentre la raccontavi:D è bello che si mantengano certe usanze! Ed è bello mantenere forte questo legame con il mondo dei defunti.
RispondiEliminaLa tua mattonella mi piace tantissimo.. La marmellata di castagne è una di quelle che mangerei a cucchiaiate sempre e sempre... Che meraviglia questa foto!
A presto:**
Buonissimo questo dolce..
RispondiEliminaComplimenti di cuore e buona serata.
Incoronata
Ovvio che la mattonella di castagne sia sublime, ma: tu sai come si fa la broada? Mi piacerebbe provarla, somiglia ai crauti (di cui vado pazza)?
RispondiElimina