martedì 10 luglio 2012

c'era una volta una gatta..


Per noi era “il bagnino”, ma non so se fosse davvero il suo lavoro.
Beppe era un uomo di circa 50 anni, o perlomeno così mi sembrava perché  a 10 anni non hai la vera percezione dell'età degli adulti, magari li dimostrava e basta coi suoi capelli pepe e sale, il suo viso largo e aperto cotto dal sole,  la sua fronte perennemente corrugata e la sua espressione quasi arcigna, non ricordo di averlo   mai visto sorridere o quasi ..
Lui era, insieme al medico, l’unico uomo che lavorava all’interno della colonia marina  della Associazione Combattenti e Reduci a San Mauro Pascoli, in Romagna, ed era l’unico fra tutti che non era prigioniero, confinato là dentro..
Arrivava tutte le mattine prestissimo e se ne andava dopo la  cena non senza aver aiutato a rigovernare il refettorio.
Abitava in paese credo, o nelle vicinanze.
A lui spettava anche il compito di provvedere alla distribuzione dei pasti, cene e merende, coadiuvando le inservienti.
La colonia era un grande edificio squadrato, dalla tipica architettura del ventennio, bianchissimo, a tre piani con delle grandi tapparelle verdi. Sorgeva proprio vicinissima al mare, divisa dalla spiaggia da una piccola  strada semi sterrata.
La mia prima volta fu a fine anni '50, mia madre non sentiva ragione, era convinta che mandarmi a respirare l’aria del mare per 20 giorni all’anno risolvesse i miei problemi di linfatismo. Non potendomi portare al mare, agli inizi di giugno mi mandava in colonia grazie all'interessamento del sig. Cattaneo, l'inquilino dell'ultimo piano.
Ci sono andata per tre volte, sempre a giugno, tranne l'ultimo anno, il 1960 che invece andai a cavallo fra giugno e luglio...proprio mentre il governo Tambroni ammazzava la gente per strada a Reggio Emilia....l'eco di questo fatto arrivò anche in colonia...io allora non potevo certo capirne la portata, ma ricordo tutto il subbuglio di quei giorni...
Io però odiavo quella vita, non mi piacevano quelle “signorine”...
quasi sempre giovani ragazze che d’estate facevano le sorveglianti nelle colonie estive per guadagnare qualcosa pur non avendo nessun diploma o una specializzazione per l'infanzia, detestavo cordialmente i miei compagni di sventura, non mi ci pigliavo mai molto con loro, erano estranei con cui dovevo vivere per tre settimane e di solito, quando cominciavo a socializzare con qualcuno di essi, erano  finiti i giorni di colonia   e si tornava a casa....
andavo sempre molto malvolentieri in quel posto..
Non so se mi abbia mai giovato  il soggiorno marino in quell'ambiente, molto probabilmente sì, a qualcosa sarà anche servito ma per me quelli sono stati sempre giorni pesanti, sentiti come abbandoni, e ho vissuto quei periodi con molta tristezza per la lontananza da casa. Contavo i giorni che mi separavano dal ritorno, e non vedevo l'ora che finisse tutto per poter andare in Friuli, lì sarei stata al sicuro,  con mia nonna e  i miei amici friulani. Con loro stavo bene, ci divertivamo un sacco..
E’ per il tuo bene mi diceva mia madre, ma a me non importava un fico secco del “mio bene” a quel tempo. Non capivo perché dovessi stare via da casa per tre settimane, in una specie di campo di concentramento dove la tua presenza era testimoniata solo da un numero, quello cucito qualche giorno prima su tutto il corredo di biancheria che ti dovevi portare. Un elenco che veniva fornito al momento dell’accettazione della tua domanda di iscrizione ai turni estivi.
Si partiva tutti insieme dalla Centrale. Ricordo il brulicare di adulti e bambini attorno a quel lungo treno a vapore, noi su, col magone,  affacciati a grappoli ai finestrini, e i genitori giù che ci davano le ultime raccomandazioni.....il mio viaggio era sempre molto silenzioso, non avevo nessuna  voglia di parlare o di fare altro che guardare fuori dai vetri...
Rivedo il volto della direttrice, una specie di virago dai capelli nerissimi e cortissimi e la bocca dipinta di un colore rosso profondo, quasi bordeaux. Quella bocca così scura la impallidiva ancor più di quanto già non fosse.
Alta e grossa, incuteva paura. Si piazzava tutte le mattine ai piedi della scala da cui scendevamo dalle camerate e, come nelle decimazioni, uno ogni dieci, ci controllava capelli, collo e orecchie. Dovevano essere pulitissimi, altrimenti erano dolori.
Il problema era che l’acqua dei lavandini veniva chiusa 10 minuti dopo la sveglia. Se non ti fiondavi immediatamente nei bagni, col fischio che riuscivi a lavarti! Non so quante volte sono rimasta con la bocca piena di  dentifricio...
la disciplina era ferrea e le punizioni erano all’ordine del giorno,....se parlavi in camerata durante le ore del riposo, la signorina ti faceva uscire in corridoio e  ti faceva stare in ginocchio con le mani sulla testa per intere mezzore.
Se la sera a luci spente ridacchiavi con la tua vicina di letto, il giorno dopo avresti saltato la merenda.
Per non parlare di quelle bambine che avevano il problema della pipì notturna.
Sulla sponda del loro letto c’era sempre legato un cordoncino rosso. E già così lo trovavo umiliante. Tutta la camerata sapeva....
le sventurate venivano svegliate nel cuor della notte e portate in bagno dalla sorvegliante, e inevitabilmente ci si svegliava tutti anche noi non appena veniva accesa la luce.....

le camerate erano enormi stanzoni con una trentina di letti allineati lungo le pareti e all'entrata, vicino alla porta d'ingresso, nascosti da pesanti tende bianche che li isolavano completamente da noi,  c'erano il letto e l'armadietto della signorina.

mia madre, prima di partire mi faceva tagliare i capelli “da mare”, per evitare comprensibili problemi ma alcune bambine, anche più piccole di me, arrivavano invece con i capelli lunghi, che poi in colonia dovevano tenere obbligatoriamente legati o raccolti....lavarli era una impresa con l'acqua razionata, nessuno le aiutava per cui il più delle volte tornavano a casa con una capigliatura che stava in piedi da sola...

la giornata scorreva monotona, lunghissima, cadenzata da colazione, pranzo, merenda e cena intrammezzati da lunghe passeggiate, dal riposo in silenzio assoluto in camerata al pomeriggio e dalle cene molto parche subito dopo le quali c'era una breve ricreazione nel grande salone comune e poi il silenzio della notte...

dopo la colazione, che consisteva in una scodella di caffelatte acquoso e mezza fetta di pane, tutti in fila all'alzabandiera col cappellino bianco legato sotto la gola, il golfino in vita anche se c'erano 30 gradi, e poi via, a camminare nella pineta.
La spiaggia la vedevamo molto poco, un paio di volte la settimana e di bagni in mare non se ne parlava minimamente. Ne facevamo solo due in tutto il periodo, uno il giorno dopo l'arrivo e uno il giorno prima di ripartire, neanche il tempo di entrare a prendere confidenza con l'acqua che già trillavano i fischietti delle signorine e di Beppe per farci uscire.
Avevamo delle grandi, lunghe  tende bianche, rettangolari, stese parallelamente alla spiaggia e quando ci andavamo stavamo là sotto a giocare con la sabbia....giochi semplici che oggi farebbero sorridere..
ciapa il tram balurda.....ciapel ti che mi sun surda.... cantavamo passandoci lo zoccolo. Chi alla fine della filastrocca restava senza, pagava pegno...

Beppe era praticamente il factotum della colonia, alle dirette dipendenze della direttrice. Si occupava di tutto quello che era l'organizzazione del lavoro della cucina, della spiaggia, della spesa.......
Era lui che passava fra i tavoli in refettorio a distribuire il pranzo in piatti di alluminio, tutti ammaccati.
Un pranzo che consisteva sempre in maccheroni al pomodoro, perennemente stracotti, e sardine fritte accompagnate da radicchio in insalata, tagliato a pezzi  grossolani...qualche volta pomodori, ma molto raramente..
Alle 16 era sempre lui che ci aspettava alla porticina che portava in cortile con un mastello di zinco pieno di fette di pane ed una grande latta di marmellata, sempre e solo di albicocche, appoggiati su un tavolaccio. In fila indiana gli passavamo davanti e a ognuno di noi veniva data una fetta di pane a cui erano stati sporcati i bordi con la marmellata e di nuovo si tornava in pineta..
Ancora lui la sera, a mettere mestoli di minestra nei piatti....tutte le sere minestra di patate...
 

Dovevamo fargli pena a Beppe,....da padre di famiglia, almeno credo che lo fosse, sapeva quanta fame avevamo, vedeva quanto era scarso, contato il cibo....
quante, quante volte di soppiatto allungava un altra mestolata di pasta nei piatti! E quante volte, appena le inservienti non guardavano, ci spalmava ben bene il pane di marmellata! In quei momenti credo di avergli voluto bene....

La domenica invece era proprio giorno di festa. Lasagne a pranzo, carne arrosto con le patate al forno  e  surrogato di crema spalmabile tipo Nutella a merenda. E il pomeriggio niente pineta ma uno spettacolo di burattini...Soprattutto Fasulén, protagonista assoluto di tante avventure che finivano regolarmente a bastonate sulla testa....
aspettavamo la domenica come non so cosa, perché era l'unico giorno in cui il cibo abbondava ed era buono..

Il soggiorno in colonia terminava sempre o quasi con un saggio, preparato dalle signorine e dai bambini.
Sono sempre riuscita a schivarlo, ma l'ultimo anno non ce l'ho fatta e alla fine mi sono ritrovata davanti alla direttrice e tutto il parterre delle signorine, delle inservienti, del personale dell'infermeria, vestita di carta a quadretti verdi e blu, con un cappello alla cinese sulla testa, di quelli con la treccia attaccata dietro, foderato con la stessa carta del vestito, truccata appunto da cinese a cantare una canzone di Gino Paoli che in quell'anno andava per la maggiore... La Gatta.
mi sentivo come una scimmietta ammaestrata con gli occhi di tutti addosso,  avrei voluto sparire...e invece dovevo cantare...
Tutto fortunatamente è finito in pochi minuti, e il sollievo che ho provato è stato grande...

Ho ancora in mente l'immagine di Beppe, in piedi , appoggiato a un pilastro del portico che mi guarda un po' accigliato come il suo solito, ma stavolta  un angolo della bocca aveva una piega strana....sarà stato un mezzo sorriso?





C'era una volta una gatta
che aveva una macchia nera sul muso
e una vecchia soffitta vicino al mare
con una finestra a un passo dal cielo blu.


Cosa poi c'entrasse truccarmi  da cinese con la canzone di Gino Paoli ancora me lo chiedo...



Beppe, quante me ne avrai date di sardine fritte??
Troppe. Decisamente troppe.

Cambiamo stavolta...sgombri al posto delle sardine.





Penne lisce allo sgombro alloro e  rosmarino

penne lisce q.b. ( per noi due  ne ho fatte 180 gr)
2 sgombri freschissimi di media grandezza
una ventina di pomodorini datterini
4 spicchi d'aglio pelati
4 foglie di alloro
1 cucchiaio raso di rosmarino tritato finemente
mezzo bicchiere di vino bianco secco
olio e.v., sale, pepe macinato al momento
peperoncino a piacere




Sfilettare gli sgombri e con pazienza certosina e l'attrezzino apposito, togliere tutte le lische. Il risultato saranno 4 bei filetti di sgombro.
Tenerli da parte, meglio in frigorifero fino al momento di usarli.
Far bollire abbondante acqua per la pasta.
In una padella far scaldare 3 cucchiai d’olio con 2 spicchi d'aglio interi, mezzo cucchiaio di rosmarino, 2 foglie di alloro e un pizzico di peperoncino. Dopo pochi minuti, aggiungere i pomodorini salare e fare saltare a fuoco vivo, in modo che le bucce si cuociano e la polpa resti fresca. 
Buttare la pasta e mentre cuoce far scaldare in un’altra padella, più grande, altri 3 cucchiai d’olio con i 2 spicchi d’aglio restanti, le 2 foglie d’alloro, il resto del rosmarino e ancora un pizzico di peperoncino. Quando l'olio è ben caldo aggiungere il vino bianco, lasciare evaporare l'alcool, aggiungere i filetti di sgombro, salare, pepare e cuocere brevemente.  Una volta cotti, toglierne due che serviranno a completare il piatto.
Aggiungere i pomodori con il loro sugo agli sgombri rimasti in padella,   saltare tutto insieme per qualche minuto, quindi  togliere le foglie di alloro e gli spicchi d'aglio. A questo punto scolare la pasta e aggiungerla nella padella, saltare un attimo a fuoco vivo e mettere nei piatti.
Servire decorando ogni piatto con uno dei filetti cotti tenuti da parte spezzato a metà, un filo di olio crudo, una cimetta di rosmarino.












13 commenti:

  1. Bellissimo racconto... Io per 3 anni da adulta, sono andata a far da volontaria in una colonia, in Sardegna... Si stava dietro ai bimbi, si distribuivano i pasti ... Ma tutto nel pieno divertimento... Ricordo bimbi felici, liberi, entusiasti... Ed io sono stata felicissima perchè star con loro è stato un toccasana!!! Spero non ci sian più colonie severe come quelle in cui andasti tu.... :)
    Buonissima la pasta.... Una gatta ruberebbe quelle sardine subito ;)

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    1. non ci sono più credo, è passato il tempo, ora son o kinderheim, oppure posti fatti e pensati per i bambini...


      grazie della visita..

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  2. L'esperienza della colonia estiva non l'ho mai fatta..leggendo il tuo racconto posso ritenermi fortunata, adesso spero che le cose siano cambiate...Amo gli sgombri e questa ricetta la proverò sicuramente, un abbraccio forte...

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  3. Leggendo il tuo racconto mi hai fatto ricordare anche i miei anni di colonia a Igea Marina nei tardi anni'50. Avevo 6 anni quando mi hanno mandato la prima volta, ricordo il treno a vapore e noi che mettevamo la mano fuori dal finestrino per ritirarla nera, ricordo la puzza della Stazione Centrale, ricordo l'allegria dei più e i pianti di alcuni, ricordo la nostalgia ma anche il divertimento, i bagni in mare, i costumi di lana blu che pizzicavano e si impregnavano di acqua fino ad arrivare sulle ginocchia, i cinque noccioli di pesca per giocare, la gondola che comperavo a fine turno per portare come regalo ai miei a casa e cosa c'entrasse la gondola con la Romagna lo sa solo il Signore...
    Oddio... ho aperto la stura dei ricordi! Sono ricordi sereni e allegri e mentre ci penso sono qui con un sorriso un po' ebete ;O)
    Grazie Giuli!

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    1. Bru, io e te siamo della stessa generazione, abbiamo vissuto, chi più chi meno, le stesse cose...
      quei noccioli di pesca! Quanto ci abbiamo giocato sulla spiaggia, erano forse l'unico gioco permesso...

      un bacio..

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  4. Sarà questa musica meravigliosa... sarà che scrivi dei tuoi ricordi in un modo speciale...mi commuovi sempre.

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  5. Ciao! Direi che scrivi e cucini molto bene... complimenti!
    I racconti di colonia li ho sentiti dai miei genitori: mio padre in montagna a Misurina negli anni '50, anche lui con il treno a vapore, che ricorda con piacere le tazzone di caffè latte (non annacquato, per fortuna) con il pane fresco, e con terrore l'omelette con la marmellata; mia madre, invece, fece per un'estate la vigilante. Ricorda che cercava d'inventarsi qualcosa di nuovo ogni giorno per far giocare i bambini spauriti e mingherlini, mentre molte sue colleghe non facevano altro che farli passeggiare nel bosco.
    Io niente colonia, ma i cameroni e le lotte per il bagno li ho provati con gli scout da bambina.
    Visto il nome del tuo blog e del nostro... propongo un gemellaggio!

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    1. gemellaggio perfetto direi!!!
      Grazie per essere passata...
      Un saluto ai tuoi..

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  6. Giuliana... che racconto... mi sono persa...
    GRAZIE!!!

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  7. Sono stata in quella colonia dal 1973 al 1980 ogni lunghissimo anno il bagnino si chiamava moreno e c erano le suore era la colonia commercianti e combattenti e reduci io ero piccola nn capivo ma nn mi piaceva facevamo il bagno in mare una volta al di ...ci sono passata qualche anno fa con il mio compagno ora è un hotel ho avuto un brivido i miei figli nn sono mai andati in colonia la mia nn è stata una bella esperienza

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  8. Io, in quella colonia, ci andai per due anni consecutivi dal 58 al 59 insieme a mi cugino. Ricordo gli assaggi di dentifricio con i compagni di camerata e il fischietto che indicava l'uscita dall'acqua. Il treno, che passava non lontano, "pacco, posta, visita, partenza..." e cosi' ci si aspettava la novita'

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