martedì 21 maggio 2013

il pesce del venerdì



l'altro giorno, mentre aspettavo il mio turno davanti al banco della pescheria, osservavo il pesce disponibile sperando che mi si accendesse presto  la solita lampadina su cosa cucinare.... C'era parecchia gente, e qualcuno era pure indeciso e ci metteva parecchio a decidere cosa comprare, qualcun'altro mugugnava io invece ringraziavo mentalmente, avrei avuto più tempo per decidere cosa fare......effettivamente con tutto quello che c'era sul banco, se non  arrivi con già qualche idea di base,  si perde un po' di tempo  e si fa perdere sicuramente anche agli altri....
Così, mentre aspettavo,  mi sono tornati in mente certi  venerdì mattina  in Friuli...
mia nonna si alzava ancora più presto il venerdì. A volte non la sentivo nemmeno scendere le scale di legno, solitamente parecchio scricchiolanti ....
il motivo era l'arrivo di Giuseppe, detto Bepi dal pess, (Bepi del pesce)  Un personaggio che in paese aspettavano sempre, se non tutti, parecchi...
Tutti i venerdì si faceva in bicicletta quei 50 km  e passa che dividono Marano Lagunare  da Arzene, il mio paese  immerso nelle vigne e nei campi.
Era un omettino smilzo sulla cinquantina, sempre vestito di tutto punto, con la giacchetta grigia come quella che usavano i ferrovieri, baffetti sottili,  e due occhi guizzanti, vivacissimi, che spiccavano sul suo volto scavato, perennemente color terracotta. Sotto la giacca aveva un pezzo di cartone, per ripararsi dall'aria andando in bicicletta...
La sua  era una famiglia di pescatori e lui ogni giorno, che grandinasse o che ci fosse il sole, prendeva la bici, ci caricava le cassette di legno,  un po' davanti e un po' dietro il sellino, le riempiva del pescato, un poco di ghiaccio, copriva tutto con un sacco di juta   e partiva...ogni giorno un paese diverso. Ad Arzene, guardacaso, toccava al venerdì.  Lui partiva sempre dal fondo del paese per la vendita. Scendeva dalla bici,  si toglieva il cartone da sotto la giacchetta e,  camminando,  intonava la sua cantilena di richiamo, pian piano risaliva la strada e si fermava dove le donne uscivano di casa  per comprare il pesce....lui, oltre a vendere, un po' faceva il cascamorto...una battuta qui, un complimento un po' azzardato  di là,  un sorriso fra una sarda e uno sgombro, un bacio mandato con la mano.....le conquistava tutte, magari, così facendo,  a qualcuna rifilava il pesce del giorno prima...chissà...
Come si può immaginare, la scelta e le quantità non erano sufficienti ad accontentare tutti, e allora l'unico modo  per  mia nonna di poter avere un poco di pesce fresco, di cui era davvero ghiotta,  era di anticipare la sveglia per precedere gli altri..
Non aspettava che lui arrivasse in cima al paese, dove abitavamo noi, ma gli andava incontro fin quasi a metà strada, così era sicura che almeno qualche  sardina sarebbe riuscita a comprarla. Non che ci fosse molto altro...qualche cefalo, molto raramente qualche sogliola, e  poi sarde,  alici e sgombri  a riempire bene le cassette..
D'altra parte il pesce azzurro era il  più economico, e lo è ancora. In quegli anni non c'erano molte pretese, e  la possibilità di avere pesce fresco faceva andare bene qualsiasi cosa Bepi portasse.
Così, ogni venerdì sarde diliscate, aperte a libro, infarinate e   fritte.
 A volte anche accoppiate e ripiene di un composto di formaggio, pane grattugiato prezzemolo e aglio. Fatte così le adoravo! Me le mangiavo appena scolate  dalla padella quasi, a costo di ustionarmi le mani, con sommo disappunto di mia nonna in tavola ne arrivava la metà...
Guardavo tutto quel pesce disponibile sul banco della pescheria, e pensavo a cosa avrebbe detto Bepi.....
pensavo a tutta la fatica e ai sacrifici di quel mondo davvero povero, dove per poter vendere un poco del pesce pescato  dovevi fare chilometri e chilometri in bicicletta, in mezzo alle intemperie, una vita fatta di buio....alzarti col buio e rientrare a casa col buio. Per pochi soldi davvero. Cosa potevano rendergli quei 10/15 kg di pesce azzurro  che riusciva a portare in bici?
Poi, un anno, uno degli ultimi in cui passavo l'estate da mia nonna, Bepi sorprese tutti arrivando con un Fiorino, guidato dal figlio....e allora stessa procedura, stessa  partenza dal fondo del paese, stessa corte serrata all donne, solite qualità di pesce, ma  le cassette colme erano ben allineate nel cassone refrigerato del furgoncino...sono andati avanti così fino a non molti anni fa......poi sono arrivati i supermercati...

Signora, desidera?  La voce del commesso mi riporta all'oggi....meno male che nel frattempo ho deciso.
- Una coda di rospo per favore, me la lasci intera che mi arrangio io a sfilettarla..




Coda di rospo, patate e carciofi con salsa al Martini

per due persone

1 piccola coda di rospo
2 o 3 patate medie
2 grosse mammole romanesche
mezzo bicchiere di vino bianco
poco aglio
poco prezzemolo
olio e.v., sale e pepe



per la salsa:
 
50 gr circa di scalogno
1 rametto di timo
1 piccola foglia di alloro
150 ml Martini Dry 
250 ml  brodo vegetale (oppure, se piace,  fumetto di pesce)
50 gr burro freddo
2 cucchiai panna liquida
sale, pepe


Mondare i carciofi al solito modo, lavarli in acqua acidulata col limone, tagliarli a fettine sottili e saltarli in padella con un goccio d'olio e uno spicchio d'aglio, aggiungere poco brodo vegetale o poca acqua calda, regolare di sale e portare a cottura lasciandoli leggermente croccanti.  Tenere in caldo.

Nel frattempo spellare e sfilettare la corda di rospo ottenendone due parti. Pulire bene da eventuali filamenti e parti scure. Tagliare ogni filetto ancora  a metà.
In una padella scaldare un goccio d'olio, aggiungere uno spicchio d'aglio in camicia e i quattro filetti a rosolare. Una volta rosolati, sfumare con il vino bianco salare e pepare. Tenere in caldo.

Preparare la salsa:
In una casseruola riunire lo scalogno tritato finissimamente, il timo, l'alloro e il Martini dry, mettere sul fuoco e lasciar ridurre di un terzo.
Dopodichè aggiungere  il brodo vegetale, (o il fumetto)  e lasciar cuocere dolcemente per circa 15 minuti, aggiungere la panna lasciar cuocere ancora a fuoco abbastanza alto in modo che la salsa si riduca un po', addensandosi.
A questo punto unire il burro molto freddo, poco alla volta sbattendo con una frusta, condire con sale e pepe  e tenere in caldo.


Lessare le patate. Una volta cotte, scolarle e tagliarle a pezzetti finchè sono ancora ben calde. Condirle con un goccio d'olio, sale, pepe e poco prezzemolo tritato grossolanamente.
Tagliare a pezzi anche la pescatrice, nè troppo piccoli nè troppo grossi. Mescolare i pezzi ottenuti alle patate condite.
In un piatto posare un coppapasta a piacere, fare il primo strato coi carciofi, premendo bene in modo che sia pareggiato, appoggiare sopra i carciofi il mix di patate e pescatrice. Premere leggermente e sfilare il coppapasta. Aggiungere qualche cucchiaiata di salsa.

Et voilà....semplice, quasi quasi anche dietetico, basta ridurre ancora di più i condimenti.










 

5 commenti:

  1. Che bel racconto Giuli, come tutti gli altri del resto. Ti prego, scrivi un libro delle tue meravigliose memorie.

    La pescatrice cucinata in questo modo mi ispira parecchio, così come la salsa anni 80 (che è un periodo gastronomico che sto riscoprendo con sorpresa e divertimento)

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  2. hai fatto immergere anche me nel tuo racconto ... e la coda di rospo che hai proposto è da ristorante! Complimenti Giuliana

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  3. Adoro ascoltare o leggere della vita delle persone, trovo che anche gli episodi più semplici di vita vissuta possano arricchirci, grazie.
    La ricetta è di quelle da mettere da parte per le occasioni speciali, copiato e incollato!!!

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  4. sei sempre impeccabile in cucina e generosa nel raccontare spaccati di vita ,ti abbraccio forte cara Giuli !

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  5. Bellissimo questo post, mi sembrava di essere lì con voi mentre arrivava la bici del pescivendolo. Complimenti per la scrittura e, ovviamente, per la ricetta. A presto

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