Maria era stanca di stare in quel
piccolo paese, in quella casa, era stanca di stare in quella
famiglia. Era l’ultima di quattro fratelli, sorella più piccola
dello zio Arcangelo, detto Bass, di cui ho già raccontato qui
Le stava stretto il paese, le stava
stretta la famiglia, le stavano stretti i compaesani. Scalpitava,
impaziente e desiderosa di una vita diversa, che non fosse scandita
così tanto dalle stagioni, dalla povertà e dalla mancanza di
libertà che la famiglia le imponeva.
Non c’era lavoro, oltre a quello dei
campi, ma gli americani stavano organizzando il ritorno in patria e
avevano fatto della caserma a Casarsa della Delizia, oggi dei bersaglieri, il punto di
raccolta di tutti i mezzi e attrezzature militari da rispedire in
America, e lei aveva trovato una occupazione provvisoria lì come
lavapiatti alla mensa ufficiali. Non durò a lungo, perché gli
americani in qualche mese sbaraccarono, portandosi via tutto il
trasportabile e mettendo all'asta invece quello che non ci stava più
sugli aerei da trasporto. Qualcuno fece buoni affari, comprando
camionette, moto sidecar e molto altro...
Maria ci andava tutti i giorni in
bicicletta a Casarsa, tre chilometri all'andata e tre chilometri al
ritorno, pedalando su strade allora bianche e piene di buche. Una
bicicletta da donna, parecchio sgangherata, con una sporta di cuoio
appesa al manubrio dove metteva quello che alla mensa le permettevano
di portarsi a casa, generalmente cibo e avanzi, qualche volta anche
biancheria, ma raramente.
Fu lì che conobbe l'uomo che divenne
poi suo marito. Era un ragazzo francese naturalizzato americano. Dai
racconti di mia nonna so che si chiamava Louis e aveva ancora molti
parenti che vivevano vicino a Tolosa. Maria ebbe i suoi problemi in
famiglia, perché erano tutti contrari a questo legame....ma alla
fine si rassegnarono con la non tanto segreta speranza che una volta lui fosse ritornato in
America, le cose si sarebbero risolte da sole..
Quando il campo fu sbaraccato e arrivò
il momento di tornare a casa, lui le promise che sarebbe tornato a
prenderla. A Maria non restò che credergli e aspettare, anche se
tutti le ripetevano che era una illusa, che non sarebbe mai più
tornato....aspettò mesi e mesi che alla fine diventarono due anni, trascorsi fra
scrivere lettere che bagnava di lacrime e leggere lettere che riempiva di baci.
Lui alfine tornò, rimase in paese
qualche mese, il tempo per preparare il matrimonio e alla fine si
sposarono. Restarono a casa di lei qualche tempo finché decisero di
stabilirsi in Francia. Partirono in un giorno di maggio, carichi di
speranza, alla volta di Tolosa.
So che avevano avviato un negozio di
ferramenta nella loro piccola cittadina francese e la vita era
trascorsa serena allietata dalla nascita di un figlio. Poi un
giorno, come capita a molti, la sua vita cambiò di colpo. Louis morì
in un incidente d'auto lasciandola sola con il figlio da crescere.
Lei si rimboccò le maniche e continuò con l'attività finchè Alain diventò un bel ragazzone, in grado di
aiutarla con il negozio.
Fu allora, e solo allora che tornò in
Italia, dalla sua famiglia. I genitori e un fratello nel frattempo
erano mancati, l'altro suo fratello, mio zio Arcangelo, detto Bass, era
decisamente vecchio e sua sorella Nina “fuori” più che mai.
Era estate quell'anno, io avrò avuto
11 o 12 anni, e come sempre, dopo la parentesi in colonia, passavo
il resto dei mesi estivi da mia nonna.
Capitava così che andassi
con lei a casa degli zii...
Ricordo il fresco del portico, lo
sgabello ottagonale tanto odiato, dove mi costringevano a stare seduta, ferma
e composta, quando ero più piccola, la poltrona di vimini dello
zio, i cuscini rivestiti di cotonina a fiori...ricordo
persino il frinire incessante delle cicale che proveniva dal noce e
il suono dell'acqua della pompa che gettava acqua all'abbeveratoio
a ciclo continuo...
Ma quell'anno era diverso,
nell'assortimento di personaggi che popolavano casa Maniago spiccava
la presenza di Maria e di Alain....bel ragazzino davvero Alain,
peccato che non spiccicasse nemmeno una parola, neanche un
monosillabo, un grugnito, qualcosa.....nulla, sempre zitto e muto. Forse era timido e riservato, al punto di rasentare la
maleducazione, o forse non sapeva l'italiano, probabilmente sua
madre non glielo aveva insegnato, fra loro si parlavano solo in
francese e io all'epoca non lo sapevo ancora....ci guardavamo di
sottecchi, ogni tanto i nostri sguardi si incrociavano, e lui allora
distoglieva il suo....era un adolescente a quel tempo, avrà avuto 15
o 16 anni, e di lui mi colpivano gli occhi, scurissimi, che
sembravano guizzare illuminandogli il viso, mentre un lampo di
divertita ironia balenava ogni tanto..
Quel pomeriggio Maria si mise in
cucina....
vi preparo qualcosa di buono ragazzi!
Accese la stufa a
legna, quella che stava in una stanza separata dalla casa, vicino
alla dispensa, dove si cuocevano le marmellate, oppure si poteva
friggere e quant'altro sporcando senza remore......ed era
agosto....
Tre soli ingredienti uova, latte e
zucchero........Vaniglia? No, non ne conoscevano nemmeno l'esistenza
a casa Maniago. Maria dovette rinunciarci...
In quattro e quattr'otto ecco la crema
inglese, e poi via col frullino a manovella ed ecco le chiare a
neve......
Presto, a bollire il latte......e
dentro le quenelles di albumi a cuocere...
Un piatto, un velo di crema inglese
ormai fredda e.....hop, le quenelles di albumi cotti a fluttuarci
dentro....una leggera pioggia di caramello liquido ambrato e
profumato e una fantastica merenda era pronta....
Fu la mia prima volta, seduta su quel
maledetto sgabello ottagonale, con il piatto in grembo e un cucchiaio
in mano....l'Île flottante era lì,
profumata ed invitante.
Ero
stupita da quello che mi sembrava una magia, e assaggiai
delicatamente quella spuma delicata che galleggiava in quel piccolo
lago di crema. Ne ricordo ancora oggi il profumo, il sapore, la
consistenza e se chiudo gli occhi rivedo Maria intenta a cuocere le
quenelles, la vedo mentre le gira delicatamente con la schiumarola
affinchè si cuociano perfettamente dentro al latte senza rovinarsi,
e rivedo il suo sorriso di soddisfazione mentre guarda me e Alain
che affondiamo il cucchiaio...
Da quella volta è sempre stato uno dei miei dolci preferiti e ogni tanto, quando certi ricordi si affacciano, lo preparo. A volte con qualche variante rispetto a quello di Maria, a volte no.
Mi
piace sempre molto, è legato a un momento sereno della mia vita e
per questo è per me un ricordo prezioso.
Quello
che vi propongo è frutto di una idea balzana che mi è venuta un
pomeriggio di canicola, anni fa....
Île flottante ovvero Oeufs à la neige alla banana e cacao
per la crema inglese:
250 gr latte
250 gr panna liquida
6 tuorli
150 gr zucchero
1 cucchiaino di essenza di vaniglia
1 banana matura
per la meringa:
400 gr latte
4 albumi
4 albumi
un cucchiaino di essenza di vaniglia
80 gr zucchero
per il caramello:
50 gr di zucchero
1 cucchiaio d'acqua
2 gocce di limone
cacao per spolverare
preparare la crema inglese:
Scaldare il latte e la panna con la vaniglia, separare i tuorli dagli albumi.
In una ciotola montare i tuorli con lo zucchero finchè son gonfi e chiari.
Aggiungere a filo il latte e mescolare affinché le uova si stemperino bene e il tutto sia perfettamente omogeneo quindi rimettere sul fuoco e cuocere mescolando fino a quando la crema si ispessisce e vela il cucchiaio. Togliere dal fuoco, frullare la banana finché diventa una crema perfettamente liscia e
aggiungerla alla crema inglese, mescolando delicatamente per
amalgamarla, coprire con della pellicola messa direttamente contatto e lasciar intiepidire.
Preparare a questo punto la meringa:
Montare gli albumi a neve aggiungendo lo zucchero pian piano fino ad avere una bella meringa, ben sostenuta e lucida.
Nel frattempo scaldare il latte insieme alla vaniglia, appena prende bollore, abbassare al minimo il fuoco in modo che il latte possa solo fremere leggermente.
Con l'aiuto di due cucchiai formare le quenelles di albumi, farle scivolare delicatamente nel latte caldo e cuocerle girandole delicatamente da tutti i lati usando una larga schiumarola.
Mettere un poco di crema inglese alla banana nel piatto, appoggiare un paio di quenelles nella crema di ogni piatto.
In un pentolino preparare il caramello al solito modo, quando diventa di un bel colore leggermente ambrato, toglierlo dal fuoco. Continuerà a scurire lo stesso per effetto del calore, per cui calcolare bene i tempi in modo che non si bruci.
Una volta intiepidito il caramello versarne delicatamente qualche cucchiaino sulle quenelle, una leggera spolverata di cacao e voilà, les oeufs à la neige sono pronte.
Maria
non l'ho più rivista, non è mai più tornata in Italia, ora riposa
nel piccolo cimitero del suo paesino vicino a Tolosa. Nulla so più
di Alain, nemmeno attraverso i suoi cugini. Sarà un attempato
signore di mezza età, magari calvo, o magari no, magari con la barba
o magari no.
Avrà
figli, sarà nonno...quien sabe?
Nei
miei ricordi resterà per sempre giovane e bello, con i suoi occhi
neri guizzanti e ironici.
Ciao Giuliana, in questi giorni mi sono guardata un po' in giro e tutto quello che ho visto e letto mi è piaciuto molto. Ora anche questo racconto, che in qualche modo ha fatto riaffiorare vecchi ricordi anche a me, anche se con luoghi e persone diverse. Scrivi molto bene e complimenti per la ricette e per le foto!!! Tornerò appena mi è possibile. Ciao
RispondiEliminaVally
deliziose e delicate come i tuoi scritti cara Giuliana....Ti abbraccio forte, buona settimana !
RispondiEliminaGiuliana leggerti è un momento di vero relax. Scrivi meravigliosamente. Buonissima settimana e complimenti per queste golose e invoglianti Oeufs à la neige
RispondiEliminaLeggerti ogni volta è un tuffo al cuore
RispondiEliminaun viaggio nei ricordi che ognuno di noi ha
grazie per i tuoi momenti condivisi con tutte noi ....
che racconto delicato!
RispondiEliminastavo cercando una variante della ricetta e ho visto la tua.
molto bella, complimenti.
irene