Questa settimana di Cook_my_Books è dedicata e The Balkan Kitchen, di Irina Janakievska.
Una cucina che raccoglie le tradizioni millenarie di quel territorio, che resistono nonostante sia da secoli scenario di sanguinose guerre ed è un grande esempio di come si possa arrivare a condividere e portare avanti un patrimonio comune.
Con questa ricetta vi parlo della Peka. Lo stufato croato per eccellenza, qualcosa di confortevole che si associa alla cucina di casa, quella lenta, paziente e profumata.
Mia suocera, croata di Zara, mi parlava sempre dei pranzi importanti della sua famiglia di origine. Di come si ritrovavano tutti intorno alla Peka mentre cuoceva sul camino, sorseggiando magari un goccio di vino, aspettando che il cibo fosse cotto.
Ma cos'è la Peka? Una specie di testo, con un coperchio a cupola, o a campana. di terracotta o di ghisa, che in cima ha una maniglia per permettere di sollevarlo senza scottarsi.
Una volta deciso il cibo da arrostire (può essere carne di vitello, di manzo o di agnello ma anche polpo o altro) e preparata la Peka, è necessario disporre di molta brace di faggio o carpino. Posizionata nel camino verrà ricoperta di braci sia sopra che sotto e tutto intorno alla campana. Questo consentirà una cottura il più possibile uniforme. Capita che, secondo il tipo di carne, la cottura si prolunghi di molte ore e il contenuto vada girato spesso da tutte le parti, ed è per questo che la brace non può mai mancare. Questa cottura conferisce al cibo un aroma del tutto speciale.
Ovviamente nelle nostre case di città non è possibile usare la tecnica della Peka, ma si può comunque ottenere un buon risultato usando delle pentole adatte alla lunga cottura in forno.
Quella che vi propongo è una ricetta un po' singolare, che abbina gli ossibuchi di vitello al polpo e alle vedure. E all'assaggio è una vera sorpresa.
Surf Peka
per 4 persone
4 ossibuchi di vitello abbastanza grandi
800 g di tentacoli di polpo
1 kg di patate, sbucciate e tagliate in quarti
2 grosse cipolle tagliate in quarti
3 o 4 carote pulite e tagliate a pezzi
2 o 3 peperoni rossi, a pezzettoni
4 o 5 spicchi d'aglio pelati
2 rametti di rosmarino
3 o 4 foglie di alloro
1 bicchiere di vino bianco di buona qualità
sale, pepe nero macinato al momento
60 ml circa di olio e.v. d'oliva
Scaldate il forno a 200° ventilato.
Ungete abbondantemente una grande casseruola di ghisa, o che sia adatta alle lunghe cotture.
Preparate gli ossibuchi ungendoli e massaggiandoli con un po' di sale fino e una bella macinata di pepe nero da entrambi i lati. Incidete leggermente la pelle esterna in modo che non si arriccino in cottura.
Disponeteli nella casseruola. Mettete le patate tutto intorno, poi le carote, le cipolle, i peperoni, l'aglio. il rosmarino e le foglie di alloro. Appoggiate sopra a tutto i tentacoli di polpo ben lavati. Condite di nuovo con sale e pepe e irrorate con l'olio restante.
Premete il tutto con le mani in modo che sia ben compatto. Bagnate un foglio di carta forno, strizzatela e poi appoggiatela sopra al contenuto della casseruola. Coprite con il coperchio e mettete in forno per un periodo che va dai 45 ai 60 minuti.
Togliete dal forno, eliminate la carta. Le verdure dovrebbero aver rilasciato abbastanza liquido.
Trasferite il fondo di cottura in una caraffa e tenete da parte.
Aggiungete un bicchiere di vino bianco nella casseruola, mescolate delicatamente, rimettete il coperchio e di nuovo in forno fino a quando la carne sarà abbastanza tenera da essere spezzata con un cucchiaio.
Rimettete in forno la casseruola, scoperta, per altri 15 minuti pe rendere tutto un po' croccante.
Se in cottura vi sembra che si asciughi troppo, rabboccate con il fondo che avete messo da parte nella caraffa.
Servite tiepido accompagnato da abbondante pane per fare la scarpetta.
Mai avrei pensato di cucinare gli ossibuchi con il polpo, soprattutto pensando a quel tradizionalista del mio lombardo marito che, occhieggiando in cucina, aveva bofonchiato un mah...
Però il risultato è stato veramente sorprendente, e l'uomo di casa ha gradito moltissimo, nonostante lo scetticismo di partenza.
Vista la bontà di questo piatto, cucinato in forno, mi sono chiesta come avrebbe potuto essere se fosse stato cucinato nel camino con la Peka.
Credo che avrebbe avuto in più il profumo del camino, delle braci. In ogni caso ha avuto il profumo della memoria, il ricordo di Antonietta, mia suocera, scomparsa troppo presto, prima che potessimo sperimentare insieme.
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