venerdì 11 giugno 2021

Risotto con le quaglie

 

Negli anni '60 e fino ai primi anni '70, era di moda andare a mangiare il risotto con le rane a Monlué, un piccolo borgo agricolo di origini antichissime, pare che fosse stato fondato intorno al 1270, come una  grande cascina a corte chiusa con degli edifici monastici e i rustici agricoli, circondati da prati irrigui ed arativi.
Il borgo, inizialmente abitato da un migliaio di persone, stretto fra Lambrate e Morsenchio, si è andato spopolando via via, ma resisteva appunto qualche piccola trattoria, meta dei milanesi che andavano a gustare questo famoso risotto.
In quegli anni, parlo del 1966, ho incontrato quello che sarebbe poi diventato mio marito. Nei primi tempi del fidanzamento si usciva spesso in compagnia degli amici frequentando più che altro i locali della nostra zona, Dergano -Affori-Bovisa-Niguarda, quindi per me Monlué era solo un nome su una cartina, dato che era praticamente fuori dal nostro raggio d'azione, in più  non avevamo grossi mezzi per spostarci, se non quelli pubblici. Era molto, molto diverso rispetto ad oggi, l'automobile l'avevano in pochi, chi magari già lavorava e poteva mantenersela, chi aveva il motorino o la bici, ma per la maggior parte delle volte si scroccava un  passaggio o si prendeva il tram. Non si andava spesso al ristorante, un po' per mancanza di soldi, un po' perchè non c'era ancora, per i ragazzi giovani, la giusta mentalità. Si preferiva la pizzeria, molto più semplice, molto più immediata.
Un sabato sera, appuntamento classico, mio marito mi viene a prendere con una vecchia Fiat 600, prestatagli da un amico. Stupita, salgo tempestandolo di domande, anche perchè non era una data particolare, nessun anniversario o compleanno. Dove andiamo? Dove mi porti? Dove hai preso questa macchina? Lui, eludendo tutte le domande, guidava ridacchiando sotto i baffi.
La strada mi è sembrata lunghissima ma finalmente arriviamo davanti a una vecchia trattoria di mattoni rossi,  dopo aver percorso piccole stradine bianche affiancate da  fontanili e filari di pioppi.
Ecco, mi dice, andiamo a mangiare il risotto con le rane.
Dentro, tanti piccoli tavoli apparecchiati con tovaglie a quadretti  rossi, sedie impagliate,  madie per il pane e credenze uguali a quella di mia nonna.
Ci sediamo, ordiniamo questo famoso risotto. Ma il risotto con le rane quella sera non era in carta. Così dovemmo ripiegare sul risotto con le quaglie, altro loro cavallo di battaglia, un classicissimo piatto lombardo. Peccato che a me le quaglie non piacciano particolarmente.
Vabbè, faccio buon viso e inizio a mangiare l'antipasto, un bel tagliere di salame, pancetta e formaggi, il tutto accompagnato da una giardiniera di verdure sott'aceto fatta in casa e annaffiato da una bottiglia di barbera dell'Oltrepo, quello che "buscia".  All'arrivo del risotto, mio marito tira fuori dalla tasca una scatolina e me la mette davanti. Apro e dentro c'è un anello, una semplicissima fedina d'argento intrecciata  ma per me,  in quel momento,  è stato come fosse un anello di brillanti.  Eravamo insieme  solo da un anno, e ricevere quell'anello, il significato che aveva al punto in cui eravamo, le parole che ha  usato per darmelo,  sono  state una delle emozioni più forti della mia vita. 

Ecco dunque la ricetta che fu galeotta, un po' rivisitata.



Risotto con le quaglie al Passito e  polvere di pane tostato al pepe

 





per due persone


per le quaglie:
2 quaglie
salvia abbondante
1 piccolo scalogno
poca pancetta liscia, tesa
1 bicchiere di Passito di Pantelleria
una grossa noce di burro
poco sale, pepe


per il risotto:

300 g di riso Carnaroli riserva San Massimo
una noce di burro
un goccio d'olio
1 piccola cipolla
un cucchiaio abbondante  di parmigiano
poco brodo di carne, oppure vegetale


mollica di pane raffermo, frullato
pepe bianco
poco olio




Pulite, fiammeggiate, lavate e asciugate le quaglie. Con un coltello affilato tagliatele a metà e poi dividetele in pezzi ricavando le cosce con il sovracoscia e il petto. Conservate  anche il resto della carcassa. tagliate a pezzetti molto piccoli anche la pancetta liscia.
In una larga casseruola fate fondere una noce di burro insieme all'olio, aggiungete lo scalogno affettato insieme alla salvia, lasciatelo appassire un momento quindi unite  nella casseruola la pancetta e le quaglie a pezzi, carcasse comprese e  lasciatele rosolare da tutte le parti. Sfumatele con il vino Passito, regolate di sale e pepe,  abbassate il fuoco e portate a cottura coperte.
Ci vorrà più o meno mezz'ora.
Una volta pronte, toglietele dalla casseruola e deglassate il fondo con un altro  goccio di vino Passito, quindi filtrate e tenete in caldo.
Nel mixer mettete la mollica di pane raffermo e azionatelo fino ad avere un briciolame sottile.
In una larga padella scaldate un filo  d'olio, aggiungete il pane tritato e una generosa  macinata di pepe bianco, quindi  tostatelo   mescolando continuamente affinché non bruci. Deve solo colorire e prendere sapore.
Preparate il risotto  al solito modo, facendo appassire la cipolla in olio e burro, tostando il riso, senza sfumarlo col vino stavolta, ma col brodo.
Portate a cottura aggiungendo  brodo poco alla volta.
Quando il riso è quasi pronto, aggiungete un pezzetto di burro e  iniziate a mantecarlo  con un cucchiaio di parmigiano, sbattendolo velocemente  e agitando il tegame allo stesso tempo.

A questo punto riprendete il fondo di cottura delle quaglie, rimettetelo sul fuoco in modo che sia ben caldo e poi, togliendolo dalla fiamma, aggiungere una piccola noce di burro freddissimo,  fate roteare il pentolino per farlo sciogliere in modo che ispessisca   la salsa.

Impiattate il riso, appoggiatevi sopra il petto e le cosce della quaglia, spolverate di pane tostato al pepe e nappate  con il fondo al Passito.

Servitelo subito.

Spero che sia un risotto abbastanza emozionante per gli amici del Clan.


Per inciso, Monlué è decaduta definitivamente dopo la realizzazione della tangenziale Est, nel 1971, che ha isolato completamente l'antico borgo agricolo dalla città,  stretto appunto fra la tangenziale, Lambrate e l'aereoporto di Linate,

Ora, quando capita di percorrere la tangenziale in quel punto, dal finestrino dell'auto vedo ancora la chiesa che sporge dal guard-rail e mi viene un po' di malinconia...



8 commenti:

  1. Non ho più parole per definire la tua grandezza di cuoca e di Donna. Ti voglio bene, lo sai, vero?

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  2. Cara Giuliana galeotta fu la quaglia! Per me il risotto con le quaglie è un vero e proprio mito. Lessi la ricetta su Il cuoco gentiluomo, che lo presenta come un capolavoro di quella cucina milanese che fu quella dei miei antenati materni, ma a Roma di quaglie non se ne vedevano. Tempestai la mia prozia e sua figlia ultime parenti che ancora avevo lassù perché me lo facessero alla mia prossima visita. Così mangiai la mia prima quaglia. Ora si comincia a trovarle anche qui. Quindi emozione tua nel mangiare e mia doppia nel leggere e nel ricordare. Emozione dovrei dire tripla o quadrupla per come ricostruisci l’epoca che evochi nel tuo racconto: quella di un momento storico in cui la povertà rincula, la nuova generazione può studiare e lavorare con prospettive di futuro e di benessere, ma ahimé senza riuscire a serbare edifici in mattoni bordati di pioppi - la memoria e l’essenza di un territorio, della sua architettura, del suo paesaggio, conciliandoli ragionevolmente con le nuove dimensioni delle città e delle vie di comunicazione. Cosa che non sarebbe stata impossible. Sei una narratrice magistrale oltre che una cuoca magistrale.
    Se ti fa piacere, sarei davvero felice di incontrarti di persona. Pellegrinablog@gmail.com

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  3. Perché non trovo il post sul riso ai gamberi? Non credo che un ingrediente ti possa mettere in difficoltà, però certo per te l’olio nel riso deve suonare, come dire, estraneo. I gamberi rossi sono prelibati!

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    1. non l'ho pubblicato, la ricetta è sulla pagina del Clan. Un abbraccione

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  4. Sono finito sul tuo blog sulle tracce di un "Patè di cefalo" da appassionato di patè e quale curatore di una rubrica di un frequentato forum di caccia, anche se la mia estrazione originale è di tutt'altra..."pasta". Curiosando inevitabilmente sul blog ho scoperto le tante affinità che "condividiamo: zona di origine, generazione, senzaltro età, emozioni giovanili vissute ed oggi definibili "d'altri tempi", con nostalgie e ricordi di certi luoghi scomparsi...
    Sto apprezzando le sfumature di questo "risotto (altra mia passione) con le quaglie" e già cogito di estenderne il "modus" ad altri pennuti parenti della quaglia...
    Con simpatia
    Fabrizio

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    1. grazie di esserti fermato qui, Fabrizio. Spero vorrai tornare qualche volta, giusto per condividere ancora ricordi e situazioni. E poi voglio sapere a quale pennuto estenderai questo risotto...
      Un caro saluto
      Giuliana

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  5. Non scappo…non scappo!
    I pennuti “papabili” per simile accostamento spaziano tra le varie specie che potranno passarmi tra le mani. La mia unica difficoltà attuale sta nel fatto che mi dedico quasi unicamente alla caccia di selezione di ungulati. La selvaggina di penna mi viene fornita da amici che si dedicano al quel tipo di caccia.
    In predicato, comunque, sono tordi, beccaccia, Colombacci, e qualche piccola marzaiola.
    Al fagiano verrà senzaltro riservata una certa preferenza vista la normale abbondanza in carniere.
    Il colchico ha già un suo posto d’onore in una ricetta, “il fagiano col risotto”, del tutto peculiare che ho battezzato “della Franca”, amica che per prima me la fece conoscere e che ha sempre riscosso incondizionati consensi ed assoluta inesistenza di “avanzi” nonostante le generose quantità abitualmente preparate (per pregresse e reiterate esperienze). Purtroppo ho cercato di postare il link del “post” interessato sul Forum dove è pubblicato senza che vi sia concesso l’accesso ai non iscritti.
    Se mi indichi dove, nel blog o indirizzo di “pollaio”, trasmetto la ricetta.
    Ciao ed arrivederci ("arrisentirci"!).
    Fabrizio

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