Toni Pagnuc non era mai stato un tipo intelligente, nemmeno da bambino. Era spesso bersaglio di scherzi e sfottò da parte dei suoi coetanei appunto per la sua scarsa sagacia. Anche in casa era poco considerato, lui e suo fratello Gigi erano gli unici maschi in una famiglia tutta al femminile e abitavano in una grande casa in cima al paese, sulla strada delle caserme, che confinava con quella dove viveva la famiglia di mio padre, allora ragazzo, in Friuli.
Dal fienile di casa mio padre poteva assistere a tutto quello che succedeva nel cortile dei Pagnucco, alle liti con le sorelle, alle dispute per chi doveva rigovernare le bestie o alle scene tragicomiche di quando venivano rincorsi dalla madre inferocita, armata di zoccolo o di bastone per la polenta.
Fra i due fratelli c'era parecchia rivalità e Gigi, il più grande, si divertiva a fargli dispetti o a fargli fare cose improbabili, come quella volta che gli fece credere che mettendo delle uova dentro un ombrello rovesciato, questo poteva scendere lentamente a mo' di paracadute senza rompere le uova.
Per dimostrarglielo, salirono al primo piano, muniti del necessario. Toni aprì l'ombrello con la punta verso il basso, ci mise una dozzina di uova e lo lasciò andare... potete solo immaginare...uno così, tanto sveglio di certo non può essere. La sera, sua madre, tornando dai campi, strepitò molto a lungo...
Senza andare tanto lontano, so che anche da adulto è sempre stato oggetto di scherzi, a volte anche pesanti, tanto da diventare un po' la macchietta del paese. Quando c'era lui al Caffè in piazza, potevi esser certo che qualcosa sarebbe successo, te lo aspettavi quando lo vedevi arrivare pedalando sulla sua bicicletta sgangherata e lo capivi dagli schiamazzi e dalle risate che, abitando proprio vicino alla piazza, arrivavano fin dentro casa.
Io lo ricordo ormai di mezza età, pingue e con i capelli radi, di un biondo ormai ingrigito, sempre vestito di nero e con un cappellaccio altrettanto nero quasi perennemente calcato sulla testa.
Si era sposato ma era rimasto vedovo presto ed era tornato a vivere in quella vecchia casa in cima al paese, trascurata come lui.
Ci passavo davanti ogni volta che andavo con mia nonna a sciacquare il bucato nella Rupa, il torrente che scorre intorno al paese ancora oggi. Mentre mia nonna scambiava qualche parola con lui, io ero intimorita da quel suo cappellaccio nero e dal suo sguardo sempre torvo sotto la fronte corrugata. Mi faceva pensare a un grosso orco a cui davano fastidio i bambini.
Ogni mia estate scorreva libera e spensierata in quel piccolo borgo affogato fra i campi e le vigne, e scorazzavo spesso per la campagna con Anna Maria, compagna fissa di avventure e di disavventure.
Capitava, nei pomeriggi delle nostre scorribande nel paese addormentato per la siesta, che andassimo a bagnarci i piedi nella Rupa e allora passavamo davanti alla casa di Toni Pagnuc, svoltavamo per un viottolo che girava tutto intorno e costeggiavamo il suo orto.
Un giorno, durante uno di questi giri Anna Maria, dopo aver superato l'alta rete che delimitava la proprietà e l'orto di Toni, si fermò improvvisamente e mi guardò con una luce maliziosa negli occhi. Tornò sui suoi passi e la seguii. Senza parlare mi indicò delle piccole zucche che penzolavano dalla pianta che arrampicava sulla rete. Era fine agosto e le zucche non erano certo pronte, ma erano molto carine così, inizialmente bislunghe e poi panciute, di un verde che quasi si confondeva con il fogliame. Inizialmente non capii le sue intenzioni poi lei iniziò a salire sulla rete cercando di arrivare a tutte quelle che poteva. Sotto il suo peso la rete si inclinò ondeggiando ma lei continuò imperterrita a staccarle una ad una gettandole man mano nell'erba del sentiero, con una espressione che non dimentico ancora oggi. Io volevo scappare per la paura che qualcuno si svegliasse dal sonnellino pomeridiano e ci cogliesse sul fatto, ma lei non scese dalla rete finchè non ebbe finito del tutto. Col cuore in gola, soffocando le risate, raccogliemmo quelle piccole zucche e scappammo correndo a perdifiato fino ad arrivare alla Rupa. Gettammo le zucche nel torrente e ci sedemmo sotto un gelso, con il frinire assordante delle cicale nelle orecchie e il cuore che batteva a mille.
Non so come abbia reagito Toni alla scoperta che le zucche erano sparite, si sarà sicuramente arrabbiato per quel gesto. Una bravata davvero stupida a ripensarci.
So solo che quando andavo con mia nonna alla Rupa e lei si fermava a chiacchierare con Toni, non avevo il coraggio alzare lo sguardo su di lui. Mi sentivo male al pensiero che leggendomi in viso avrebbe capito che avevo contribuito alla sparizione delle sue zucche.
Parecchi anni più tardi, io ormai adulta e Toni molto avanti con gli anni, in occasione di una Pasqua che passai al paese lo incontrai in piazza, lui e uno dei suoi immancabili cappelli neri.
Lo salutai e dopo i convenevoli di rito, parlando parlando arrivai a confessargli la cosa, chiedendogli scusa. Lui socchiuse gli occhi e scoppiò in una fragorosa risata e mi disse che non se lo ricordava nemmeno. Mi salutò concludendo con una frase che era solito usare ogni volta che doveva accomiatarsi: Grande è la potenza dei cieli e della infinita Misericordia! Che cosa intendesse salutando tutti con quella frase, nessuno l'ha mai capito. Io però mi son sentita più leggera.
Ancora oggi, quando sono in Friuli e vado nel piccolo cimitero a far visita ai nonni, mi fermo un attimo davanti alla sua tomba, gli rivolgo un pensiero perchè credo che non sia stato facile passare la vita in quel piccolo paese, fra i lazzi e gli scherzi di tutti.
Questo dolce l'ho preparato pensando a lui, a suo cappellaccio nero, alla sua aria burbera che mi metteva soggezione, a quella risata che ogni tanto mi risuona nelle orecchie...chissà, forse gli sarebbe piaciuto!
Terrina di zucca, datteri e cioccolato
da una ricetta di Ernest Knam liberamente modificata a modo mio
1, 5 kg. di zucca (peso con la buccia)
4 uova
4 uova
1 tuorlo
100 g zucchero di canna
20/25 grossi datteri interi, naturali
100 g panna liquida
150 g cioccolato fondente di buona qualità
1 cucchiaino di cannella
1 pizzico di sale
100 g zucchero di canna
20/25 grossi datteri interi, naturali
100 g panna liquida
150 g cioccolato fondente di buona qualità
1 cucchiaino di cannella
1 pizzico di sale
mezzo bicchiere di Rum + 2 cucchiai
poco cacao amaro per completare
100 ml panna liquida fresca
poco cacao amaro per completare
100 ml panna liquida fresca
Tagliate i datteri in due metà, eliminate il nocciolo e raccoglieteli in una ciotola, unite il Rum, mescolateli e lasciateli macerare coperti.
Tagliate la zucca in 4 fette, avvolgete ognuna nella stagnola e mettetele in una teglia in forno a 200° finchè saranno morbide al
tatto.
Una volta pronte, a caldo elininate la scorza, raccogliete la polpa in un tegame antiaderente e continuate a farla cuocere mescolando continuamente finchè non rilascerà più liquido. Schiacciatela con una forchetta fino ad avere una crema grossolana. Fate raffreddare completamente.
Una volta fredda, aggiungete le uova una alla volta, mettendo il successivo solo quando il precedente è stato perfettamente incorporato. A questo punto dovrete avere circa 800 g di composto.
Una volta pronte, a caldo elininate la scorza, raccogliete la polpa in un tegame antiaderente e continuate a farla cuocere mescolando continuamente finchè non rilascerà più liquido. Schiacciatela con una forchetta fino ad avere una crema grossolana. Fate raffreddare completamente.
Una volta fredda, aggiungete le uova una alla volta, mettendo il successivo solo quando il precedente è stato perfettamente incorporato. A questo punto dovrete avere circa 800 g di composto.
Dividetelo a metà in due terrine diverse.
A parte bollite la panna e versatela caldissima sul cioccolato spezzettato. Lasciate riposare poi aggiungete i due cucchiai di Rum e mescolate la ganache ottenuta fin quando è perfettamente liscia e omogenea, quindi aggiungetela a una delle due parti di zucca. Un'altra mescolata ed è pronta.
A parte bollite la panna e versatela caldissima sul cioccolato spezzettato. Lasciate riposare poi aggiungete i due cucchiai di Rum e mescolate la ganache ottenuta fin quando è perfettamente liscia e omogenea, quindi aggiungetela a una delle due parti di zucca. Un'altra mescolata ed è pronta.
In uno
stampo da terrina o da plumcake generosamente imburrato partite con uno strato di datteri il più unito possibile, cercate di lasciare pochissimi spazi fra uno e l'altro. Dovranno avere la parte tagliata rivolta verso l'alto, verso di voi. Versate il composto di zucca giallo sui datteri, livellatelo e premetelo leggermente per evitare vuoti, continuate con un altro strato di datteri posati allo stesso modo e terminate con la parte al cioccolato, livellate e premete di nuovo, date una leggera sbattuta alla terrina in modo che si assesti e non ci siano vuoti.
Cuocete a bagnomaria in forno già caldo a 180° per
circa 35/40 minuti. Lasciate raffreddare completamente nel suo bagno, poi copritelo e conservatelo in frigorifero. Per sformare il dolce, immergete lo stampo per un paio di minuti in acqua calda in modo che il burro con cui avete unto le pareti si ammorbidisca e il dolce possa scivolare fuori, poi toglietelo dal bagno, asciugate lo stampo, date dei leggeri colpetti in modo che si stacchi dalle pareti e capovolgetelo sul piatto di servizio. Spolverate leggermente con il cacao amaro e servite accompagnato con della semplice panna montata.
I tuoi racconti sono sempre pura poesia, grazie per renderci partecipe dei tuoi ricordi e di farlo in questo modo così romantico e speciale.
RispondiEliminaDella terrina di zucca datteri e ganache che ti devo dire se non "ne è avanzata una fettina?"
Sei super zia Giuly e le tue figlie sono fortunate
Giuliana, per leggerti mi sono messa comoda. Tutto il resto può aspettare. Hai un modo così sincero di raccontarti che non si può non sentirsi dentro al racconto, con te.
RispondiEliminaEd emozionarsi di conseguenza , e prenderti ad esempio.
La tua terrina mi sembra ideale per le Feste prossime. Devo trovare i datteri giusti.
Che tenerezza Toni Pagnuc, e che sottile senso di malinconia emerge da ogni tua parola. Il tuo racconto di vita vissuta è davvero una fiaba che chiunque potrebbe divertirsi a raccontare ai propri bambini. Mi sono bevuta il tuo racconto con grande piacere ed emozione.
RispondiEliminaRicetta come sempre inarrivabile.
Ti abbraccio mia cara Giuliana.
Ho letto il tuo ricordo con la stessa partecipazione con cui ascoltavo i racconti degli anni che furono ... non li ho vissuti ma avrei voluto. Il passato è in noi, ci porta avanti e la ricetta è favolosa come sempre. Un abbraccio.
RispondiEliminaHo letto con calma il tuo racconto. Che bello, quanta emozione e soprattutto quanti ricordi hai fatto emergere.
RispondiEliminaLa ricetta beh... di una perfezione assoluta!
Quando la realtà può diventare fantasia. Il tuo Toni Pagnuc poteva essere sicuramente il protagonista di una favola classica, come la tua meravigliosa terrina è la protagonista della tavola!
RispondiEliminaLeggere i tuoi racconti è come pedalare in mezzo ai campi di grano con il,vento leggero che accarezza il volto. Stare in un film di cui tu sei il regista e ci prendi per mano per portarci dentro la tua vita. Grande Giuliana ! E adoro quando dici " un colpetto di qua uno di la" e esce...noi comuni mortali facciamo,il colpetto,di qua ma a volte non esce...
RispondiEliminaNostra signora delle terrine ci lascia sempre a bocca aperta. Intanto per le ricette, sempre sofisticate eppure che fai sembrare la cosa più naturale del mondo. E poi per i tuoi racconti, che starei ad ascoltare per ore, e mi sembra di vederli, quei colli, quei paesini e quei personaggi. Scrivi ancora, cara Giuliana! Un abbraccio a te e un caro saluto a Mino.
RispondiEliminagrazie a tutte ragazze! E' stata una bellissima giornata che ho passato fra fiabe, vita, sentimento e affetto.
RispondiEliminaAbituati, anzi viziati, dai tuoi racconti-anarcord poetici e dolci amari non ci stupiamo più della tua eleganza e profonda sensibilità umana, letteraria e culinaria naturalmente!
RispondiEliminaI racconti di vita vissuta sono sicuramente i migliori...senza nulla togliere a tutti gli altri...
RispondiEliminaComplimenti e buonissimo (sicuramente) dolce!!
La terrina è una squisitezza, dolce e cremosa mi ci tufferei e il racconto è delizioso mi piace tantissimo l'ambientazione, il ricordare... è tutto bellissimo Giuliana, davvero mi piace tantissimo!
RispondiEliminaAh Giuliana quando leggo i tuoi racconti mi sembra di tornare indietro nel tempo, anche se è un tempo che io non ho vissuto. Ma conosco bene la vita di paese, gli scherzi a quelli meno "svegli", che a me invece hanno sempre fatto tenerezza e quando ci sono riuscita ho cercato di difendere. Deve essere stato davvero liberatorio raccontargli al vostra bravata soprattutto perché è stata accolta da una sonora risata. Ciò dimostra che tutto sommato sapeva prendere lo scherzo meglio di chi glie lo faceva. Ed è toccante che tu gli rivolga sempre un pensiero e una visita quando vai al tuo paese. Il dolce mi piace tantissimo, ha proprio i colori giusti ed è davvero invitante.
RispondiEliminagrazie sempre per i tuoi modi eleganti di raccontare.. mi stupisci sempre.. della ricetta che direi si mangia con gli occhi, un abbraccio.
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