E’ un giorno storto, di quelli che
ti fanno sentire come Matusalemme e Atlante insieme...il freddo e
questa luce invernale non mi aiutano, non amo affatto l'inverno,
non amo il freddo, non mi piace la notte che comincia al pomeriggio,
non mi piace dovermi infagottare, ed è troppo, troppo lungo, non ne posso già più..
La mente vaga qua e la, in un intrico
di pensieri misti a inquietudini, un po' rivolta alle preoccupazioni
per il futuro, e un po' ripercorre pezzi di vita, momenti, persone,
incontri...
Cerco di scacciare la cipressaggine,
ma la mia mente si rifiuta di uscire da questo turbinio, capisco
che è inutile opporsi, ormai lo so come funziona, mi conosco fin
troppo bene……….e allora la lascio andare, la lascio scavare nei
ricordi, lascio che mi faccia male, la lascio esplorare e analizzare
tutto il mio bagaglio di cose belle, di cose meno belle, di errori,
la lascio passare in rivista volti, voci, fatti, luoghi , situazioni
vissute …………..mi farò una bella “caragnata” e poi forse
così smetterò di sentirmi cipressa...
Cerco automaticamente di fare
qualcosa, nella speranza che il lavoro mi aiuti ma è inutile, è
meglio lasciar perdere...potrei far danni..
Allora metto un Cd della Callas e mi
faccio invadere dalla musica……..così, uno dietro l’altro,
chiamati, affiorano i ricordi, per primi quelli che ti fanno male…..
Chiudo gli occhi…….. rivedo una
bambina coi capelli lunghi, due ciocche legate sulla nuca con un
nastro rosso, sta seduta su uno scanno. E’ sola.
La tanza da letto a piano terra è buia, la poca luce entra da una finestra affacciata sul piccolo cortile.
Zia Ines è in guardiola, indaffarata
con la portineria, non la può lasciare incustodita. Ma lei non può
muoversi, non può uscire nel sole a giocare in cortile, in quel
condominio i bambini sono proibiti.
Se ne sta lì con le braccia conserte,
a guardare fuori dalla finestra, cercando di immaginare il volo degli
uccelli in mezzo a quello scorcio di azzurro fra i tetti delle case,
osservando la fila di formiche che si arrampica sul muro fuori dalla
finestra, le conta, scruta il movimento delle loro antenne, cerca di
intuire la direzione che prenderanno dopo aver superato l'arco
della finestra....a sinistra verso la finestra dell'appartamento del
piano di sopra, o a destra verso la tromba delle scale?
Ha un gessetto bianco lì vicino,
appoggiato su una lavagnetta incorniciata di legno chiaro e qualche
matita colorata con un quaderno dalla copertina nera, ogni tanto si
mette a disegnare malamente sulla lavagna, cancellando distrattamente
con la manica del vestito, nel frattempo spera che arrivino subito le cinque
in modo che suo padre possa venire a riprenderla…
Tufy, il persiano nero dalla macchia
bianca sulla fronte finge di sonnecchiare acciambellato sul
lettone, ogni tanto apre un occhio, agita leggermente le vibrisse in una specie di sbuffo e la
controlla. E' un gatto pieno di sussiego, con la puzza al naso....non
si fa né prendere in braccio, e nemmeno accarezzare, ha una
reputazione di gatto scorbutico da difendere....non si struscia
sulle gambe nemmeno quando ha fame.....
mi sa che è vero che ogni animale
assomiglia al suo padrone..
La zia ogni tanto viene a vederla, a
raccomandarsi di non uscire in cortile, di non farsi vedere dagli
inquilini, di giocare con le matite colorate…..
Negli anni ’50 la zia Ines, sorella
di mia nonna, era la portinaia di un elegante condominio di tre piani in Corso
Monforte al numero 25, pieno centro di Milano, vicino alla
Prefettura, un posto cupo, in cui anche i muri trasudavano di un
odore strano, un misto di chiuso, di naftalina e di cucina, un
cortiletto interno dove la luce del sole entrava solo di traverso
per pochissimo tempo, tutto di cemento e sassi grigi, senza una
pianta che fosse una, nemmeno in vaso…..un palazzo patrizio,
abitato da persone altolocate, da qualche nobile e altra gente
ultraricca.... Nessun bambino.
Quel cortile non è mai stato colorato
da risa, giochi, urla…..l'unica persona un po' giovane era la
figlia della contessa Cicogna, Marina, quella che poi diventerà
produttrice cinematografica...a quel tempo non arrivava ai
vent'anni..
Una via del centro di Milano vivacissima,
animata da una vita quotidiana che scorreva fra botteghe artigiane e
negozi di frutta e verdura, panetterie, drogherie, una pasticceria
le cui vetrine guardavo sempre con molto desiderio, con le locandine
del Teatro San Babila appese fuori, da dove il volto di Lucio Flauto
mi sorrideva...
Era vedova la zia Ines, lo zio
Melchiorre se ne era andato presto, lei lo aveva sposato per
convenienza quando si era trovata già un po' avanti con gli anni,
per cui non è mai stata affranta per la sua dipartita, anzi…….
Non era una persona di buon carattere
la zia Ines, tutt'altro. E deve aver corso parecchio la cavallina, e
anche se io ero troppo piccola per capire, ricordo la giacca nera
bordata di rosso di una divisa da carabiniere appoggiata su una
sedia in guardiola.....sempre la stessa, sempre in alcuni
giorni...quando c'era quella giacca sapevo che mio padre sarebbe
arrivato sul far della sera, e mi pesava, non mi piaceva quella
giacca.....lei invece era tutta giuliva e garrula.... poi la giacca
spariva e lei riprendeva la sua aria seriosa e compunta......
Il proprietario della giacca l'ho visto
qualche volta, ma non ne ricordo più il volto....ricordo solo un
uomo corpulento e rigido...
Di lei invece ricordo i capelli
ondulati candidissimi, raccolti a crocchia come mia nonna…. Da che
ho memoria l’ho sempre vista così, vestita quasi sempre di scuro,
vecchia…..e negli ultimi anni della sua vita, claudicante, sempre
appoggiata al bastone....andata in pensione, e lasciata la
portineria, si era messa insieme a Bepi, soprannominato Violon, perchè in gioventù amava suonare il contrabbasso.... uno del mio paese,
pensionato come lei, era tornata in Friuli e viveva nella piccola
casa di lui, in fondo alla strada principale che tagliava il
paese...
Non ha avuto figli, o non ne ha mai voluti, forse è questo il
motivo per cui non ci sapeva fare coi bambini, non aveva la pazienza
necessaria, e probabilmente il fatto di dovermi tenere, anche solo
sporadicamente, la infastidiva, al punto che impose a mio padre, che
una volta era capitato a trovarla senza dirle nulla, di preavvisare
la sua visita con una telefonata....temeva che suo nipote le
scoprisse gli altarini...
Lei con me e mia sorella era solo
capace di fare regali, quelli sì.. a modo suo ti voleva bene, ma
non ne sono del tutto sicura..... Però ricordo il Cicciobello che
regalò a mia sorella, quanto ne fu felice!! Erano i primi che si
vedevano, e averlo era una gran soddisfazione...
E' stata anche la mia madrina di
cresima, ma il braccialettino d'oro che mi regalò in quell'occasione
non ce l'ho più, rubato insieme a molti altri ricordi quando anni
dopo passarono i ladri a trovarci.....
Cucinava per dovere, non che le
piacesse granché, senza infamia senza lode, ma quando aveva la
giacca nera sulla sedia, allora la musica cambiava......faceva la
pasta, niente di particolarmente difficile in verità,
sicuramente non le tagliatelle o i ravioli.....faceva i blecs...una
cosa che in Friuli è di casa, che si fa in un amen, che risolve un
pranzo o una cena anche all'ultimo minuto...
Cosa sono i blecs?
Blec significa più o meno, pezzetto
di stoffa, toppa,.....di qui il loro nome, un impasto che, una
volta tirato a mattarello, poi viene tagliato con la rotella
senza regole o misure, come si fa per i maltagliati...
Il condimento di base era semplice e
povero, specchio della cucina friulana. La trida e formaggio...
la trida è la farina di mais fatta
rosolare nel burro, a volte profumata con la salvia, si versa sui blecs, si mescola e ci si fa cadere
una pioggia di formaggio Latteria vecchio, grattugiato sopra...
ma la fantasia qui si può liberare
perchè è una pasta che si presta a tantissimi abbinamenti.
Io ho scelto questo, per fondere il
mio amore per la mia terra di provenienza a quello per la mia terra
d'adozione..
Blecs alle verze e salsiccia in salsa di Bitto
per la pasta:
150 g. farina di grano saraceno
150 g.. farina di frumento
150 g. di burro
150 g.. farina di frumento
150 g. di burro
3 uova
acqua tiepida q.b.
sale
sale
per il condimento:
mezza verza
200 gr salsiccia dolce
150 gr Bitto
poco vino bianco
poco latte
2 piccoli scalogni
sale, pepe nero
olio e.v. e poco burro
Mescolare le due farine, io ho usato farina di grano saraceno, ma si può usare kamut, o farro, secondo quello che suggeriscono la voglia e la fantasia del momento
preparare la pasta facendo la solita fontana, mettere al centro le uova, il burro ammorbidito a pezzetti, il pizzico di sale e impastare aggiungendo poca acqua solo se necessario, se l'impasto fosse troppo duro...
Quando l'impasto si rassoda è pronto, lasciarlo riposare una mezzoretta coperto, e poi stenderlo col mattarello, e ricavare blecs tagliando la sfoglia ottenuta con una rotella tagliapasta. Si possono tagliare a rombi, a triangoli, a rettangoli..come volete...
Lasciarli un poco asciugare mentre si prepara il condimento scelto.....intanto la pentola dell'acqua è sul fuoco, aggiungete all''acqua anche un poco di brodo vegetale se lo avete..
Per il condimento:
mondare la verza , eliminare le foglie esterne più dure e ridurla a striscioline non troppo sottili, si dovrà trovare e sentire nel piatto...
lavarla bene, e lasciarla scolare. In un largo tegame rosolare in un goccio di'olio e un pezzetto di burro lo scalogno tritato, aggiungere la salsiccia spellata e sbriciolata, lasciar insaprorire bene e sfumare con il vino bianco.
A parte, in un altro tegame, fare appassire la verza in un goccio d'olio e una noce di burro, finchè comincia a diventare morbida. Regolare di sale e trasferirla nel tegame con la salsiccia. Portare a cottura aggiungendo poco brodo vegetale, o acqua calda alla volta....
Una volta pronto, regolare di sale e pepe e tenere in caldo.
In un pentolino fondere il Bitto tagliato a pezzetti, insieme a un goccio di latte, tenere in caldo anche la salsa.
Cuocere quindi i blecs , scolarli e farli saltare direttamente nel tegame della verza finchè i sapori si sono ben amalgamati. Versare qualche cucchiaiata di salsa al Bitto nel piatto e appoggiarvi i blecs conditi, una macinata di pepe nero e via a gustarli belli caldi.
Mi capita ogni tanto di ripassare di
lì, ma quel cortile non si riesce più nemmeno a intravvedere, quel
portone di legno grigio è sempre chiuso, i negozi, i rumori, le
voci, la gente di allora spariti…..come quella bambina che non c’è
più se non dentro ai miei ricordi….
Sisterincaragnate chissà com'è la luna...
RispondiEliminaOra deve assolutamente splendere il sole!!! Dentro e fuori di noi!!
Un abbraccio stretto!
P.S.- Confortante quel piatto di blecs, assomiglia ai nostri pizzoccheri...la farina di grano saraceno è il filo che unisce tutte le cucine nordiche.
Ogni tanto penso che ho fatto bene a starti dietro per la faccenda del blog. Lo sapevo che prima della pausa pranzo mi sarei ritagliata 5 minuti per tirare fiato, per sentire emozioni, per ammirare piatti meravigliosi. Per immaginare di potermi infilare un grembiule e farti da aiutante. Non sai quanto mi piacerebbe....
RispondiElimina... dopo averla sfogata bene bene, ma proprio bene bene, mettere una toppa alla cipressagine va e fa anche bene... se poi è una toppa di gusto!!!... *_*
RispondiEliminaLeggere i tuoi racconti è come vedere un film, le descrizioni sono così chiare che le persone le vedi proprio. Posso abbracciarti? :*
RispondiEliminaBella anche la ricetta!
Eva
Complimenti Giuliana..... un blog che fa sognare! Cristiana
RispondiEliminaE' sempre emozionante leggerti, Giuliana. Vorrei avere la tua capacità descrittiva, oltre che "cucinifera".
RispondiEliminaLa ricetta mi piace molto. la pasta con la farina di grano saraceno non l'ho mai fatta, è ora di provare. La verza la trovo ma il bitto temo di no. Mai visto da queste parti. Con cosa posso sostituirlo??
Ti abbraccio!
Giuliana fai rivivere i tuoi ricordi e mi aiuti a recuperare nelle pieghe della memoria brandelli di emozioni,scorci di vita... in più mi attiri con i tuoi piatti così curati e amati.Grazie e ...ora va meglio?
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