lunedì 13 febbraio 2012

in un giorno un po' così..


E’ un giorno storto, di quelli che ti fanno sentire come Matusalemme e Atlante insieme...il freddo e questa luce invernale non mi aiutano, non amo affatto l'inverno, non amo il freddo, non mi piace la notte che comincia al pomeriggio, non mi piace dovermi infagottare, ed è troppo, troppo lungo, non ne posso già  più..
La mente vaga qua e la, in un intrico di pensieri misti a inquietudini, un po' rivolta alle preoccupazioni per il futuro, e un po' ripercorre pezzi di vita, momenti, persone, incontri...
Cerco di scacciare la cipressaggine, ma la mia mente si rifiuta di uscire da questo turbinio, capisco che è inutile opporsi, ormai lo so come funziona, mi conosco fin troppo bene……….e allora la lascio andare, la lascio scavare nei ricordi, lascio che mi faccia male, la lascio esplorare e analizzare tutto il mio bagaglio di cose belle, di cose meno belle, di errori, la lascio passare in rivista volti, voci, fatti, luoghi , situazioni vissute …………..mi farò una bella “caragnata” e poi forse così smetterò di sentirmi cipressa...
Cerco automaticamente di fare qualcosa, nella speranza che il lavoro mi aiuti ma è inutile, è meglio lasciar perdere...potrei far danni..
Allora metto un Cd della Callas e mi faccio invadere dalla musica……..così, uno dietro l’altro, chiamati, affiorano i ricordi, per primi quelli che ti fanno male…..

Chiudo gli occhi…….. rivedo una bambina coi capelli lunghi, due ciocche legate sulla nuca con un nastro rosso, sta seduta su uno scanno. E’ sola.
La tanza da letto  a piano terra è  buia, la poca luce entra da una finestra affacciata sul piccolo cortile.
Zia Ines è in guardiola, indaffarata con la portineria, non la può lasciare incustodita. Ma lei non può muoversi, non può uscire nel sole a giocare in cortile, in quel condominio i bambini sono proibiti.
Se ne sta lì con le braccia conserte, a guardare fuori dalla finestra, cercando di immaginare il volo degli uccelli in mezzo a quello scorcio di azzurro fra i tetti delle case, osservando la fila di formiche che si arrampica sul muro fuori dalla finestra, le conta, scruta il movimento delle loro antenne, cerca di intuire la direzione che prenderanno dopo aver superato l'arco della finestra....a sinistra verso la finestra dell'appartamento del piano di sopra, o a destra verso la tromba delle scale?

Ha un gessetto bianco lì vicino, appoggiato su una lavagnetta incorniciata di legno chiaro e qualche matita colorata con un quaderno dalla copertina nera, ogni tanto si mette a disegnare malamente sulla lavagna, cancellando distrattamente con la manica del vestito, nel frattempo spera che arrivino subito le cinque in modo che suo padre possa venire a riprenderla…
Tufy, il persiano nero dalla macchia bianca sulla fronte finge di sonnecchiare acciambellato sul lettone, ogni tanto apre un occhio, agita leggermente le vibrisse in una specie di sbuffo e la controlla. E' un gatto pieno di sussiego, con la puzza al naso....non si fa né prendere in braccio, e nemmeno accarezzare, ha una reputazione di gatto scorbutico da difendere....non si struscia sulle gambe nemmeno quando ha fame.....
mi sa che è vero che ogni animale assomiglia al suo padrone..

La zia ogni tanto viene a vederla, a raccomandarsi di non uscire in cortile, di non farsi vedere dagli inquilini, di giocare con le matite colorate…..

Negli anni ’50 la zia Ines, sorella di mia nonna, era la portinaia di un elegante condominio di tre piani in Corso Monforte al numero 25, pieno centro di Milano, vicino alla Prefettura, un posto cupo, in cui anche i muri trasudavano di un odore strano, un misto di chiuso, di naftalina e di cucina, un cortiletto interno dove la luce del sole entrava solo di traverso per pochissimo tempo, tutto di cemento e sassi grigi, senza una pianta che fosse una, nemmeno in vaso…..un palazzo patrizio, abitato da persone altolocate, da qualche nobile e altra gente ultraricca.... Nessun bambino. 
Quel cortile non è mai stato colorato da risa, giochi, urla…..l'unica persona un po' giovane era la figlia della contessa Cicogna, Marina, quella che poi diventerà produttrice cinematografica...a quel tempo non arrivava ai vent'anni..
Una via del centro  di Milano vivacissima, animata da una vita quotidiana che scorreva fra botteghe artigiane e negozi di frutta e verdura, panetterie, drogherie, una pasticceria le cui vetrine guardavo sempre con molto desiderio, con le locandine del Teatro San Babila appese fuori, da dove il volto di Lucio Flauto mi sorrideva...

Era vedova la zia Ines, lo zio Melchiorre se ne era andato presto, lei lo aveva sposato per convenienza quando si era trovata già un po' avanti con gli anni, per cui non è mai stata affranta per la sua dipartita, anzi…….
Non era una persona di buon carattere la zia Ines, tutt'altro. E deve aver corso parecchio la cavallina, e anche se io ero troppo piccola per capire, ricordo la giacca nera bordata di rosso di una divisa da carabiniere appoggiata su una sedia in guardiola.....sempre la stessa, sempre in alcuni giorni...quando c'era quella giacca sapevo che mio padre sarebbe arrivato sul far della sera, e mi pesava, non mi piaceva quella giacca.....lei invece era tutta giuliva e garrula.... poi la giacca spariva e lei riprendeva la sua aria seriosa e compunta......
Il proprietario della giacca l'ho visto qualche volta, ma non ne ricordo più il volto....ricordo solo un uomo corpulento e rigido...

Di lei invece ricordo i capelli ondulati candidissimi, raccolti a crocchia come mia nonna…. Da che ho memoria l’ho sempre vista così, vestita quasi sempre di scuro, vecchia…..e negli ultimi anni della sua vita, claudicante, sempre appoggiata al bastone....andata in pensione, e lasciata la portineria, si era messa insieme a Bepi, soprannominato Violon, perchè in gioventù amava suonare il contrabbasso.... uno del mio paese, pensionato come lei, era tornata in Friuli e viveva nella piccola casa di lui, in fondo alla strada principale che tagliava il paese...
Non ha avuto figli, o non ne ha mai voluti,  forse è questo il motivo per cui non ci sapeva fare coi bambini, non aveva la pazienza necessaria, e probabilmente il fatto di dovermi tenere, anche solo sporadicamente, la infastidiva, al punto che impose a mio padre, che una volta era capitato a trovarla senza dirle nulla, di preavvisare la sua visita con una telefonata....temeva che suo nipote le scoprisse gli altarini...

Lei con me e mia sorella era solo capace di fare regali, quelli sì.. a modo suo ti voleva bene, ma non ne sono del tutto sicura..... Però ricordo il Cicciobello che regalò a mia sorella, quanto ne fu felice!! Erano i primi che si vedevano, e averlo era una gran soddisfazione...
E' stata anche la mia madrina di cresima, ma il braccialettino d'oro che mi regalò in quell'occasione non ce l'ho più, rubato insieme a molti altri ricordi quando anni dopo passarono i ladri a trovarci.....

Cucinava per dovere, non che le piacesse granché, senza infamia senza lode, ma quando aveva la giacca nera sulla sedia, allora la musica cambiava......faceva  la pasta, niente di particolarmente difficile in verità, sicuramente non le tagliatelle o i ravioli.....faceva i blecs...una cosa che in Friuli è di casa, che si fa in un amen, che risolve un pranzo o una cena anche all'ultimo minuto...

Cosa sono i blecs?

Blec significa più o meno, pezzetto di stoffa, toppa,.....di qui il loro nome, un impasto che, una volta tirato a mattarello, poi viene tagliato con la rotella senza regole o misure, come si fa per i maltagliati...
Il condimento di base era semplice e povero, specchio della cucina friulana.  La trida e formaggio...
la trida è la farina di mais fatta rosolare nel burro, a volte profumata con la salvia,  si versa sui blecs, si mescola e ci si fa cadere una pioggia di formaggio Latteria vecchio, grattugiato sopra...
ma la fantasia qui si può liberare perchè è una pasta che si presta a tantissimi abbinamenti.
Io ho scelto questo, per fondere il mio amore per la mia terra di provenienza a quello per la mia terra d'adozione..




Blecs alle verze e salsiccia in salsa di Bitto


per la pasta:
150 g. farina di grano saraceno
150 g.. farina di frumento
150 g. di burro 
3 uova
acqua tiepida q.b.
sale



per il condimento:


mezza verza
200 gr salsiccia dolce 
150 gr Bitto
poco vino bianco
poco latte
2 piccoli  scalogni
sale, pepe nero
olio e.v. e poco burro



Mescolare le due farine, io ho usato farina di grano saraceno, ma si può usare kamut, o farro, secondo quello che suggeriscono  la voglia e la fantasia del momento
preparare la pasta facendo la solita fontana, mettere al centro le uova, il burro ammorbidito a pezzetti, il pizzico di sale e impastare aggiungendo poca acqua solo se necessario, se l'impasto fosse troppo duro...
Quando l'impasto si rassoda è pronto, lasciarlo riposare una mezzoretta coperto, e poi stenderlo col mattarello, e ricavare blecs tagliando la sfoglia ottenuta con una rotella tagliapasta. Si possono tagliare a rombi, a triangoli,  a rettangoli..come volete...
Lasciarli un poco asciugare  mentre si prepara il condimento scelto.....intanto la pentola dell'acqua è sul fuoco, aggiungete all''acqua anche  un poco di brodo vegetale se lo avete..

Per il condimento:

mondare la verza , eliminare le foglie esterne più dure e ridurla  a striscioline non troppo sottili, si dovrà trovare e sentire nel piatto...
lavarla bene, e lasciarla scolare.  In un largo tegame rosolare in un goccio di'olio e un pezzetto di burro lo scalogno tritato, aggiungere la salsiccia spellata e sbriciolata, lasciar insaprorire bene e sfumare con il vino bianco.

A parte, in un altro tegame, fare appassire la verza in un goccio d'olio e una noce di burro, finchè comincia a diventare morbida.  Regolare di sale e trasferirla nel tegame con la salsiccia. Portare a cottura aggiungendo poco brodo vegetale, o acqua calda alla volta.... 
Una volta pronto,  regolare di sale e pepe e tenere in caldo.

In un pentolino fondere il Bitto tagliato a pezzetti, insieme a un goccio di latte, tenere in caldo anche la salsa.
Cuocere quindi i blecs , scolarli e farli saltare direttamente nel tegame della verza finchè i sapori si sono ben amalgamati.  Versare qualche cucchiaiata di salsa al Bitto nel piatto e appoggiarvi i blecs conditi, una macinata di pepe nero e via a gustarli belli caldi.




Mi capita ogni tanto di ripassare di lì, ma quel cortile non si riesce più nemmeno a intravvedere, quel portone di legno grigio è sempre chiuso, i negozi, i rumori, le voci, la gente di allora spariti…..come quella bambina che non c’è più se non dentro ai miei ricordi….


7 commenti:

  1. Sisterincaragnate chissà com'è la luna...
    Ora deve assolutamente splendere il sole!!! Dentro e fuori di noi!!
    Un abbraccio stretto!
    P.S.- Confortante quel piatto di blecs, assomiglia ai nostri pizzoccheri...la farina di grano saraceno è il filo che unisce tutte le cucine nordiche.

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  2. Ogni tanto penso che ho fatto bene a starti dietro per la faccenda del blog. Lo sapevo che prima della pausa pranzo mi sarei ritagliata 5 minuti per tirare fiato, per sentire emozioni, per ammirare piatti meravigliosi. Per immaginare di potermi infilare un grembiule e farti da aiutante. Non sai quanto mi piacerebbe....

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  3. ... dopo averla sfogata bene bene, ma proprio bene bene, mettere una toppa alla cipressagine va e fa anche bene... se poi è una toppa di gusto!!!... *_*

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  4. Leggere i tuoi racconti è come vedere un film, le descrizioni sono così chiare che le persone le vedi proprio. Posso abbracciarti? :*
    Bella anche la ricetta!
    Eva

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  5. Complimenti Giuliana..... un blog che fa sognare! Cristiana

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  6. E' sempre emozionante leggerti, Giuliana. Vorrei avere la tua capacità descrittiva, oltre che "cucinifera".
    La ricetta mi piace molto. la pasta con la farina di grano saraceno non l'ho mai fatta, è ora di provare. La verza la trovo ma il bitto temo di no. Mai visto da queste parti. Con cosa posso sostituirlo??
    Ti abbraccio!

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  7. Giuliana fai rivivere i tuoi ricordi e mi aiuti a recuperare nelle pieghe della memoria brandelli di emozioni,scorci di vita... in più mi attiri con i tuoi piatti così curati e amati.Grazie e ...ora va meglio?

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