giovedì 5 gennaio 2012

Mia nonna, la trippa, e il giovedì.

"In ogni cultura che si rispetti deve trovare espressione la minoranza, bisogna dar voce alla provocazione, a ciò che sembra non incontrare il favore dei più.
Fra tutti i cibi, le frattaglie godono probabilmente della reputazione peggiore: si dice che siano troppo grasse, indigeste, quando non vengono rifiutate definendole esplicitamente ripugnanti; meno si consumano, meno si conoscono, più si alimentano i fraintesi e i  luoghi comuni."

Questa è parte della prefazione di Roberta Schira a un libro sulle frattaglie, dedicato a qualcosa che molti considerano uno scarto alimentare, e per proporre quello che in realtà sono: un cibo buono, sano, nutriente,  non un cibo comune.

A me piace la trippa......soprattutto il foiolo, come lo chiamiamo qui,  o centopelli, e infatti scelgo quasi sempre quello, a differenza di mia madre che faceva sempre un misto fra foiolo, chiappa e beretta...
Ogni parte della trippa è molto ricca di proteine e di sodio e povera di grassi, ne possiede infatti il 5%. Contrariamente a quanto si crede quindi è un alimento digeribile a basso valore calorico..
certo, quella che troviamo oggi dal macellaio è sbiancata, a volte con la calce a volte con altro...niente a che vedere con quella che mia nonna cucinava quando ero bambina. Lei ne era ghiotta, e aspettava quei giovedì come non so cosa...
Quando la metteva sul fuoco bisognava scappare da casa,  per sfuggire a quell'odore.....nemmeno in fondo all'orto te ne liberavi, e anche dopo giorni, quando la trippa era stata consumata e digerita  quell'odore ti restava nel naso e ne coglievi sempre le  tracce dappertutto...
In paese, il macellaio Bortolussi  aveva la consuetudine di macellare il giovedì.. 
Una macelleria di un piccolo paese di mille abitanti compresi i conigli e le galline, macellava una volta ogni quindici giorni,  una bestia alla volta..
Era quindi risaputo da tutti, e mia nonna puntualmente al giovedì' pomeriggio mi mandava in macelleria.
Anzi, nel cortile posteriore della macelleria, che praticamente era l'aia di una casa colonica con un locale prospiciente strada adattato a negozio.
Per la paura di rimanere senza, mi mandava sul presto, mentre tutto il paese era addormentato. Con la canicola estiva il lavoro dei campi avveniva al mattino presto o a pomeriggio inoltrato e la gente, dopo pranzo, schiacciava un pisolino visto che si era alzata anche prima dell'alba.....
Pochi passi  sotto il sole e bussavo anche se non era piacevole  arrivare lì, dal  grande portone sul vialetto, entrare in quel largo cortile  e vedere una bestia appesa da un lato, squartata, con l'acqua che scorreva verso il pozzetto lasciando  una scia rossastra, la testa dentro a una grande tinozza di acqua bollente,  che mi faceva davvero impressione,  lui mi metteva anche un poco di timore, con quei grembiuloni lunghi  di cuoio grezzo imbrattati di sangue  e quei coltellacci in mano...
Quando arrivavo io le viscere erano già state tolte, e la trippa divisa in parti, lavata per bene e aveva già ricevuto una prima bollitura veloce..
Il colore non era affatto bianco come lo conosciamo oggi, ma grigiastro..lui, conoscendo le abitudini di mia nonna,  ne tagliava un pezzo e lo infilava in un catino e io, tenendolo con due mani e  ben distante da me, tornavo da mia nonna che, invece di fare il solito pisolino del dopo pranzo, aveva già tritato tutte le verdure che servivano..
E mentre lei la metteva sul fuoco io fuggivo da mia cugina, che abitava poco distante...l'odore era davvero insopportabile, la pentola pippiava dolcemente fino a sera...quel suo odore così forte aveva il tempo di spandersi per tutti i due piani della casa, impregnare tutto l'impregnabile e resistere a tutti i tentativi di eliminarlo...ma il sapore.....il sapore.......me lo ricordo ancora  da quanto era buona..
Sono sempre stata una bambina che assaggiava tutto, e più o meno mangiava di tutto. Tranne il ragù e il brodo, per anni non ne ho voluto sapere, poi sono cresciuta.
A casa mia si è sempre fatta, con la ricetta di mia nonna. Classica, in umido e ristretta, e senza fagioli,  ma a me piace sperimentare, d'estate poi la adoro in insalata, un poco piccantina, come si usa al sud e come mi ha insegnato la mia amica Agata, ottima cuoca. Ma c'è una ricetta che adoro, e che non mi stanca mai  e che ho incontrato al ristorante Osteria della Cuccagna  a Barbuzzera di Dovera, nel cremonese.. uno dei miei ristoranti preferiti e dove si mangia molto ma molto bene.
Gentilmente lo chef Roberto Magnani mi ha spiegato con pazienza tutto il procedimento. Lui ne fa diverse versioni,  e nel tempo  le ho assaggiate quasi tutte,  ma la mia preferita in assoluto è la versione originaria,  qui Roberto ha raggiunto vette di sapore molto alte, e io da normalissima cuoca di casa cerco di riprodurla,  e il sapore ci si avvicina abbastanza, mi accontenta...
eccola qui:



Zuppetta di foiolo e lenticchie


600/700 gr abbondanti di trippa foiolo
350 gr lenticchie di Castelluccio (o quelle piccole)
1 carota un po' grossa o 2 piccole
2 piccole coste di sedano
1 spicchio d'aglio
1 cipolla bionda
1 conf. funghi secchi
80 gr porcini a fette surgelati
2 foglie di alloro
brodo di carne q.b.
sale, pepe, olio buono


tagliare il foiolo in listarelle sottili, lavarlo e lasciarlo sgocciolare.
Lasciar scongelare i porcini.
Nel frattempo tritare finemente le verdure e dividerle in due dosi più o meno uguali (una dose servirà come soffritto per la trippa, l'altra per le lenticchie). Ammollare i funghi secchi in acqua molto calda, cambiandola più volte finchè sarà pulita da eventuale sabbia ecc..
In una capace pentola scaldare l'olio e aggiungere le verdure tritate, i funghi secchi tagliati grossolanamente, i porcini scongelati  e lo spicchio d'aglio, lasciar insaporire quindi unire il foiolo, lasciar rosolare un momento e poi coprire con il brodo di carne, aggiungere 1 foglia di alloro, regolare di sale, coprire e portare a cottura lentamente aggiungendo altro brodo se si dovesse ridurre troppo.

A parte, sempre in olio caldo versare l'altra metà dose di verdure tritate e lasciar insaporire, quindi unire le lenticchie, mescolare bene, aggiungere l'altra foglia di alloro, coprirle d'acqua calda e cuocerle a fuoco non troppo alto.
Poco prima che raggiungano la cottura, unirne la gran parte alla trippa che dovrà essere quasi cotta ma lenta col liquido. Continuare comunque la cottura di quelle che restano e poi passarle al minipimer per ridurle a crema. Aggiungere anche la crema di lenticchie alla zuppetta. Lasciar sobbollire qualche istante per amalgamare il tutto e poi servire ben caldo con una spolverata di pepe nero e un giro d'olio buono.



 Un piatto robusto, davvero buono,  adatto alla stagione...









9 commenti:

  1. I tuoi racconti mi conquistano sempre. Hai il dono di catapultare le persone nelle tue storie. Bello bello e bello anche il piatto, complimenti!!

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  2. Belo Giuli, bello!!! E la trippa è uno dei miei piatti preferiti, proverò a cucinarla come hai suggerito tu.

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  3. confesso che mi piace mangiarla ma non cucinarla, mi fa un pò senso.....ha un aspetto favoloso Giuli!

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  4. Strepitosaaaaaa...da noi il giovedì era dedicato a questo e al soffritto...complimenti per davvero...ti seguo, ciao.

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  5. Una bella pagina di vita, bel blog e belle ricette...Buon proseguimento!!!!!!!!!!!!!!!!

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  6. Questa ricetta è uno sballo. Adoro la trippa, fatta così poi è squisita!!! Ciao

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  7. una bella ricetta, non viene molto considerata la trippa grande sorpresa l'abbinamento con le lenticchie, complimenti

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  8. così dicono che bisogna sceglierla, grigia, che è più buona, non stralavata e dissaporata.

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