Sarà che più passano gli anni più
ti guardi indietro, ripensando al tempo trascorso, alle persone che
hai conosciuto, che hai incrociato per un periodo, o che hai solo sfiorato, oppure a quelle che hanno fatto parte della tua vita, o che ne sono
uscite, alle persone che non ci sono più ma di cui hai ricordi
vividi.
Una di queste era Rori.
Aveva una botteguccia, se così si può
chiamare, dato che per vendere la sua mercanzia utilizzava una
stanza della sua casa che si affacciava sul viale principale del
paese. Aveva diviso a metà la porta d’ingresso, così tutti i
giorni ne apriva la parte superiore ricavando una specie di banco con
la parte sottostante e stava seduto lì, sporgendo col busto in modo
da poter servire i rari clienti.
Sto parlando di Arzene, il mio paese
natìo, ….un piccolissimo borgo di mille anime, compresi conigli e galline, sprofondato nella
campagna friulana, quella che d’estate è fatta di granoturco e
vigne per chilometri, fin sotto alla montagna…
Era romano, o almeno credo dato che
in casa si diceva così. Rori era ebreo ed era arrivato fino in quel
remoto angolo ad est per sfuggire alle leggi razziali promulgate dal fascismo nel 1938.
Non ho mai saputo l'origine di quel nome, davvero particolare, in paese lo chiamavano tutti così.
Vendeva dolciumi, caramelle e cose dolci in generale, e mi pare che in più facesse il sarto perché il suo
commercio non era sufficiente a mantenere lui e la moglie.
Era un po’ basso di statura, un viso
scavato e magro, dove spiccavano gli occhi grandi e sporgenti, il
suo naso lungo serviva da appoggio per degli occhiali pince-nez che
lo facevano sembrare un topo da biblioteca, mentre le spalle curve lo
invecchiavano anche più di quello che doveva essere. A pensarci ora, era come spento,e credo di non averlo mai visto ridere....
Era un uomo buono, tutto il paese
conosceva la sua storia, il motivo della sua venuta e, al contrario
del solito, fu accolto e trattato sempre come uno del paese.. Dico
del solito perché la diffidenza verso i foresti è fortemente radicata nella gente contadina, soprattutto in quei tempi
così difficili. Un po’ lo proteggevano anche. In paese c’era, e c'è ancora, la
polveriera militare che fino alla fine del 1944 è stata in mano ai
tedeschi, così come la caserma, oggi completamente abbandonata.
Di quella parte della sua storia so
poco o niente. Io l’ho conosciuto che avevo 6 o 7 anni. Eravamo già
quasi a fine anni ’50, e tutte le estati le passavo dai nonni,
lasciando i miei genitori a Milano, perchè la portineria non si poteva abbandonare mai, se non pagando di tasca propria qualche sostituto...
Mi piaceva Rori, era buon amico di mio
nonno Basilio, il quale, pur non possedendo nulla , cercava di
aiutarlo come poteva regalandogli magari qualche bottiglia di vino,
o un salame, o della verdura dell’orto, o delle uova ogni tanto, se le galline erano generose..
Tutte le sere intorno alle 18 il paese si animava come per incanto, di colpo, al rintocco delle campane, sembrava che tutti si fossero dati appuntamento e uscivano per strada, chi con le biciclette tornava dai campi, chi invece andava a fare una minima spesa nell'unica bottega venditutto del paese, .....qualche rarissimo trattore passava facendo un chiasso infernale, tantissimi carri trainati da buoi rientravano dalla fienagione.... i militari in libera uscita camminavano a frotte lungo tutti i 2 chilometri che li dividevano dal paese...
e io passavo
davanti alla sua mezza porta, diretta alla latteria sociale a
comprare il latte col mio bravo pentolino, una specie di secchiello di alluminio,
dal coperchio col tuppo come certe brioches.
E come me, molti altri bambini, più o
meno grandi facevano altrettanto. Ci si metteva in fila alla latteria
sociale e si aspettava il nostro turno perché il casaro ci versasse
nel pentolino il latte appena munto, portato dai contadini, soci della latteria...
Nell’attesa ci si può immaginare....
Si giocava, si rideva e si scherzava, qualcuno, soprattutto i
maschi, si accapigliavano un po’….giusto per far passare quel
quarto d’ora.
Poi si andava da Rori.
Lui se ne stava appollaiato a lato del bancone-finestra, e dietro di lui si scorgevano grandi vasi di vetro pieni di delizie...
Chi comprava 5 lire di scarpette di
liquirizia, chi la bottiglietta colorata col tappo a ciuccio, chi le
monete di cioccolato. Io compravo la stringa. Una stringa di
liquerizia tutti i giorni. Mi piacevano tantissimo e a dire il vero
mi piacciono tuttora…
Lui il più delle volte non me la
faceva pagare, credo per gratitudine verso mio nonno, ma questo l’ho
capito molto dopo…
Lo facevamo ammattire, praticamente lo
prendevamo d’assedio in una quindicina di ragazzini, tutti insieme
allo stesso momento….un baccano infernale.Salendo quei due o tre scalini che portavano alla sua porta, posavamo di lato i secchielli colmi di latte e ci facevamo servire..riprendere poi il secchiello giusto era una impresa...erano tutti più o meno uguali!
Comunque nessuno gli ha mai sottratto niente,
approfittando magari di un suo momento di distrazione. Come se fosse
un tacito accordo fra tutti noi bambini. Non so se è perché
eravamo più ligi alle regole e inquadrati sin da piccoli a quel tempo, oppure se perché anche i bambini
sapevano tutto della sua situazione, magari per averlo sentito in casa...
Era amico di mio nonno dicevo, e una
volta ricordo che fu invitato a cena. Cosa rara che lui accettasse,
ma quella volta lo fece . Era quindi un vero avvenimento.
Mia nonna era abituata a cucinare
quasi sempre le stesse cose, però quello che cucinava lo cucinava
davvero bene.
Sapeva che a Rori piaceva molto, da
buon romano, il pollo coi peperoni, allora preparò quello che lei
chiamava il pollo alla cacciatora, e con
l’immancabile polenta che, si sa, riempie le pance.. Preceduto da
un semplice piatto che fungeva da antipasto/primo che in dialetto si
chiama il mussut (l’asinello) a base di ricotta e polenta e che io
non amo per nulla..
Me lo ricordo come fosse oggi quel
giorno. Lei indaffarata in cucina, preoccupata che tutto le riuscisse
bene, presa a discutere col nonno che andava e veniva dall'orto alla cucina per controllare la situazione, suscitando le sue ire ..... Andò tutto bene naturalmente.
Rori e sua moglie se ne andarono da
casa mia contenti e rilassati ad ora tarda a braccetto, lentamente, lungo il grande viale che attraversa tutto il paese.....E' l'ultima immagine che ho di loro in quell'estate, perché poi, durante l’inverno, sua moglie si ammalò e morì, e
lui la seguì subito dopo..
E’ sepolto nel piccolo cimitero
vicino al torrente che passa fuori dal paese. Ogni volta che ci vado
passo a salutarlo. C’è sempre un fiore fresco sulla sua tomba, segno che
non è stato dimenticato, c’è ancora qualcuno che si ricorda di
lui, come me.
Pollo alla cacciatora a modo mio
(senza peperoni)
1 grosso pollo a pezzi
1 cipolla bionda
1 carota
2 coste di sedano
2 spicchi d'aglio
5 o 6 pomodori, spellati e tritati (o
una scatola di pelati)
un ciuffo di maggiorana
due o tre rametti di timo
1 bicchiere di vino bianco
olio, burro, sale e pepe macinato al
momento.
Tritare grossolanamente le verdure.
Lavare accuratamente il pollo,
asciugarlo con un canovaccio e metterlo ben disteso a rosolare in
olio e burro in una casseruola, o in una ampia padella, appena è
ben rosolato, regolare di sale e pepe, aggiungere lil trito di
verdure e lasciare insaporire, quindi sfumare con il vino bianco e
appena è evaporato unire i pomodori spellati e tritati
grossolanamente, o i pelati.
A questo punto aggiungere la maggiorana
e il timo, coprire con brodo caldo o acqua calda, abbassare il
fuoco e continuare la cottura finché il sugo sarà ristretto ma
non del tutto. Servire ben caldo con la polenta.
Più ti leggo più mi rendo conto di quanto diversa sia stata la nostra infanzia. In questi bellissimi affreschi si percepisce un universo popolato di un'umanità fin troppo adulta vista attraverso gli occhi e le sensazioni di una bambina, oggi tradotti da una profonda consapevolezza ma pregni di solitudine.
RispondiEliminaProbabilmente è l'unico tratto che ci accomuna nel nostro vissuto infantile di sorelle "spaiate".
Un po' mi spiace non aver vissuto quei momenti insieme a te.
Un lavoro straordinariamente bello questo tuo raccontare vita e cucina insieme...
Grazie Giuliana, davvero.
RispondiElimina:)
RispondiEliminaMi domando perchè non scrivi un bel libro di storie vissute con annessa ricetta (cos' come fai con il tuo blog), sono sicura che avrebbe un successone.
RispondiEliminaQuando inizio i tuoi racconti, non c'è nessuno che riesce a staccarmi prima di aver finito, neppure il telefono che squilla e squilla.
Grazie Giuliana, ti rinovo gli auguri di buon anno e che sia veramente buono a 360°.
Un abbraccione
Mandi
Bel racconto Giuli...ed invitantissimo il pollo.
RispondiEliminaGrazie!
Abbiamo molti ricordi in comune. Veramente tanti. Di alcuni mi ero dimenticata ma lo strano è che tu me li fai riemergere dal buio.
RispondiEliminae la ricetta?
Di quelle "base" da segnare e rifare. Ne faceva uno simile mamma. e io l'ho imparato da lei. Mi aveva anche regalato una padella per farlo. Che, altrimenti, mi diceva..." non viene bene"...
la stringa! anche a me piaceva, quand'ero bambina
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