sabato 13 maggio 2017

Mandorle e memorie per il Calendario del Cibo Italiano

 per la giornata delle mandorle del Calendario del Cibo Italiano voglio raccontarvi...
 1° ottobre 1955  il mio primo giorno di scuola. .
La mattina mia madre mi svegliò presto, mi aiutò a vestirmi e mi infilò il mio grembiulino bianco, fresco di stiratura, chiese a una inquilina di quella casa di ringhiera di badare alla portineria e mi accompagnò a scuola. L'unico, solo giorno della mia vita in cui andai a scuola accompagnata.
La mia scuola elementare, un  edificio grigio a due piani con grandi finestroni, un po' triste e austero dei primi del '900,  in Piazza Sicilia.
Ricordo quella piccola scalinata con le ringhiere, affollatissima di mamme e bambini in grembiule bianco. E un vociare continuo che si acquietò non appena comparve la direttrice per fare l'appello delle classi dividendo maschi e femmine. Non dovetti aspettare molto perché finii per essere chiamata quasi subito. E fu  lì che conobbi quella che sarebbe stata la mia maestra.
Si chiamava Zina Tresoldi. Una donna che aveva oltrepassato la mezza età ormai, con i capelli di lunghezza media, tinti di quel grigio argento con quello che un tempo chiamavano cachet, ondulati e con una pettinatura anni '20... un viso largo, e un sorriso accogliente.   Ricordo che mi colpirono i suoi occhi, ne aveva uno mobilissimo, il sinistro, che sembrava andare per fatti suoi.
Negli anni, ogni volta che facevamo una verifica, quell'occhio era sempre rivolto verso di noi, mentre l'altro era abbassato sul registro, come se leggesse, e noi non sapevamo mai se ci stesse guardando oppure no. Non l'ho mai capito, nessuno l'ha mai capito. Aveva le sue favorite, soprattutto la figlia del primo violino della Scala, Cesare Ferraresi, che era nella mia classe.
Cinque anni passati con la Zina Tresoldi, che sarebbe andata in pensione alla fine del nostro ciclo.
Così alla fine della quinta invitò tutte noi alunne a casa sua, per una merenda di commiato.
Lei e sua sorella Maria Rosa ci accolsero in un elegantissimo appartamento in Via Verga 15, all'ultimo piano, su  un grande terrazzo fiorito. Il tavolo, sul terrazzo,  era apparecchiato per il té, e un sacco di pasticcini e altre cose buone facevano bella mostra nel vassoi. Ad un certo punto suona il campanello e arriva il ragazzo del bar con del sorbetto per tutti. Sorbetto all'arancia.
Me lo ricordo ancora come fosse adesso il sapore di quel sorbetto. Era forse la prima volta che ne sentivo parlare e la prima volta che ne assaggiavo. Mi rimase impresso per giorni.
Ci salutammo e da quel momento passarono moltissimi anni prima che la rivedessi. La salutai che ero bambina e la rividi che ero donna e madre.
Capitò nel 1979, aspettavo la mia seconda figlia ed ero quasi alla fine del tempo. Andammo a trascorrere una breve vacanza alle Cinque Terre, a Monterosso, in occasione del ponte del 25 aprile.
Ricordo che il tempo non era clemente e un pomeriggio che mio marito volle rimanere in albergo, io e mia figlia Serena uscimmo per una passeggiata, nonostante minacciasse di piovere.
Camminando lungo il mare, prima di arrivare alla galleria, lo sguardo si posa sul citofono di una grande casa, richiamato dal nome: Zina Tresoldi. Un tuffo al cuore perchè di colpo ricordo che lei parlava sempre della sua casa di Monterosso. Senza starci a pensare, incoscientemente suono.
Mi risponde lei direttamente e ne riconosco subito la voce. Ci fa entrare, commossa. Mi abbraccia e accarezza mia figlia.
Parliamo per un'ora e più, e lei si ricorda perfettamente di me, perfettamente. Mi rammenta un paio di episodi che me lo confermano. Questa cosa mi destabilizza un poco perché la mia opinione di lei e dei suoi favoritismi non era granché positiva, però dopo tanti anni tutto è stemperato nella nebbia dei ricordi, ed averla davanti in quel momento, dopo tutta una vita mi fa molto,  molto piacere e mi riempie di commozione.
La saluto a malincuore con la promessa che sarei tornata a salutarla con mio marito, che aveva chiesto di conoscere.
Purtroppo non fu possibile tornare perchè  dovemmo rientrare urgentemente a Milano per motivi di lavoro.
Molti anni dopo, cercando dei documenti storici per una ricerca, mi imbattei in un libro,
Volontarie della Libertà, che parlava fra le altre donne, di lei e di sua sorella. Scoprii che durante la guerra avevano aiutato per anni molte persone, ebrei  soprattutto, a nascondersi, andando anche in carcere prima a Como e poi a S. Vittore e una volta libere per una amnistia, avevano contribuito ad organizzare la  rocambolesca fuga  dal carcere di Franco Momigliano, il grande economista.
Non ho più avuto modo di vederla, di parlarle, di raccontarle quello che avevo letto su di lei, di dirle che la sua figura è stata comunque importante nel mio percorso.
Me la ricorderò per sempre, seduta su quella vecchia poltrona a fiori  con un grande scialle di lana sulle spalle, la sua testa argentata, e il suo occhio ballerino che mi guarda amorevolmente mentre chiudo dolcemente la porta della stanza.

Questo  dessert alla mandorla che prevede anche un sorbetto all'arancia lo dedico a lei, ricordando  quel lontano giorno di inzio estate, sulla sua terrazza fiorita.

Ciao Zina.




Crema di mandorle, sorbetto di arance rosse e streusel alla fava Tonka
 per 6 persone
 per la crema alle mandorle
400 ml panna liquida fresca
100 gr mandorle pelate
225 g latte di mandorla
8 tuorli
140 gr zucchero
per il sorbetto di arance rosse
400 g succo d'arancia
1 limone, il succo
2 albumi
150 g zucchero
2 cucchiai Cointreau, o altro liquore all'arancia

per lo streusel alla fava Tonka
50 g farina di mandorle
50 g burro
50 g farina
2 cucchiai zucchero di canna
1 pizzico di  fava tonka grattugiata

qualche fogliolina di menta per colorare
Questo dolce va preparato con un po' di anticipo rispetto al momento di servire.
Se non trovate le arance rosse, non ha importanza, sarà più giallo il sorbetto, ne risentirà solo l'estetica.
Per prima cosa preparate il sorbetto, se avete una gelatiera è una cosa veloce, altrimenti sarà un po' più laborioso ma ci si riesce ugualmente.
Spremete le arance, filtratene il succo arrivando alla dose di 400 g
spremete anche il limone e aggiungetelo al succo d'arancia.
Unite lo zucchero e mescolate il tutto finché è completamente sciolto.
Unite anche il liquore.
Montate a neve i due albumi e cercate di incorporarli al composto, non è facile unire una massa montata con un liquido, ma man mano che congela ce la si fa.
Se avete la gelatiera, basta versare il composto e azionare la macchina con la funzione sorbetto, altrimenti mettete il composto in una vaschetta bassa, meglio se di acciaio o altro metallo, in modo che in freezer conduca meglio il freddo.
Mettete la vaschetta in freezer, e ogni 30/40 minuti, estraetela e mescolate il composto.
Operazione da ripetere finché tutto  è completamente congelato e amalgamato. Ci vorrà un po' evidentemente, ma alla fine il risultato sarà uguale.
Una volta pronto il sorbetto, dimenticatevelo in freezer.
Il giorno prima, tritate le mandorle, intiepidite la panna liquida, versatela in una ciotola e aggiungete le mandorle tritate. Coprite e tenete in frigorifero fino al momento dell'uso.
Al momento di preparare il dolce, filtrate la panna dalle mandorle con un colino cinese, premendole bene per estrarre tutto il liquido.  Le mandorle che resteranno non buttatele, potranno essere usate per un dolce o per un crema frangipane.
In un pentolino scaldate la panna filtrata insieme al latte di mandorla.
Mescolate le uova con lo zucchero con un cucchaio di legno, in modo da non fare schiuma.
Versate la panna calda sulle uova, a filo, mescolando fino ad amalagamare bene tutto.
Preparate degli stampi da forno, delle cocottes, degli stampi da crème brulée, quello che preferite,  dentro a una teglia che possa contenerli agevolmente.
Versate delicatamente la crema negli stampi in modo che siano più o meno tutti pari.
Mettete la teglia nel forno già caldo a 180°, versate con attenzione dell'acqua bollente nella teglia in modo che arrivi a metà degli stampi e infornate per 50 minuti, forse meno.
La crema è cotta quando al tatto è resistente. Nel caso dovesse iniziare a scurirsi, copritela con dell'alluminio.
Togliete dal forno, lasciate raffreddare la crema nel suo bagnomaria, poi coprite uno per uno gli stampi con la pellicola e tenete in frigorifero fino al momento di portare a tavola.
Ora tocca allo streusel.
In una ciotola mescolate la farina di mandorle con la farina bianca, aggiungete lo zucchero di canna, un generoso pizzico di  fava Tonka grattugiata e il burro a pezzetti, freddissimo.
Con le mani mescolate tutto in modo che il burro si incorpori e il composto sia una specie di briciolame.
Foderate di carta forno una teglia bassa, disponetevi sopra il composto sbriciolato  e cuocete in forno a 180° per circa 10/15 minuti, dipende dal forno.
Se si allarga e tende ad unirsi non ha importanza, tanto poi va spezzettato comunque con le mani, per decorare il dolce.
Al momento di portare a tavola montate il dolce.
Riprendete la crema dal frigo, appoggiatevi in mezzo un poco di streusel,  prendete anche il sorbetto dal freezer, lasciatelo qualche attimo ad ammorbidirsi quindi fatene delle quenelles e appoggiatele sopra lo streusel. Guarnite con una fogliolina di menta.
Un dolce ottimo, una vera armonia di sapori fra arancia e mandorle.




9 commenti:

  1. Io penso che il rapporto instaurato con la maestra delle elementari che ci accompagnava per i cinque anni era veramente, il tuo bellissimo racconto di vita mi ha portato a pensare con dolcezza alla mia maestra Erminia.
    Grazie per questo tuffo nei ricordi che hai condiviso con noi delizia doni con una deliziosa crema di mandorle
    Un abbraccio Manu

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  2. Il racconto mi ha emozionato molto. E continua a sorprendermi quanto il virtuale ci permetta di aprire anche gli angoli più nascosti della nostra anima.
    Per quanto riguarda la tua proposta, sei che non riesco ad immaginarlo sul palato? Dovro' farlo o assaggiare il tuo...

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  3. Che bel racconto Giuliana. Grazie. E lo dico anche da maestra. Chissà se capitasse a me tra vent'anni... Io ho ritrovato una delle mie maestre delle elementari, all'epoca giovanissima, su Facebook. Come sono cambiati i tempi :) Ottimo questo dolce così elegante, da copiare.

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  4. che bellissimo racconto...mi è sembrato quasi di viverlo!Giuliana dovresti scrivere un libro, sei davvero bravissima. dessert intrigante che proverò quanto prima. complimenti

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  5. Grazie per il tuo bel racconto. Ma secondo me non era solo la maestra ad essere una bella persona: tu la vedevi così perché anche tu sei una bella persona e sai cogliere il bello in tutto. Complimenti anche per il dessert, commovente come il tuo racconto <3

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  6. E' un racconto commovente, la tua maestra era una signora d'altri tempi che non ha mai sbandierato buone azioni e generosità.
    Il tuo buonissimo dolce le rende merito.
    Grazie Giuliana, come sempre, delle tue perle <3

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  7. Le due donne che più hanno avuto influenza nella mia vita sono indubbiamente le mie due insegnanti di italiano, Pinuccia all'elementari, che ho la fortuna di incontrare a volte e Nadia, che purtroppo non vedo da allora. Capisco le tue emozioni, le ho provate anche io leggendo il tuo racconto e le provo adesso lasciando questo commento. Del dolce non parlo, ho gli occhi a cuoricino, spero di assaggiarlo prima o poi... no, non lo preparò mai, 8 tuorli nella crema sono troppi per il mio retaggio anti colesterolo, però se la fai tu io non so che ci sono ;-)

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  8. Ciao Giuliana, è bellissima questa ricetta! Sarà che io ho un debole per i sorbetti e il pompelmo, la trovo davvero golosa, originale e piena di emozioni. Il cibo acquista qualcosa in più quando nasce da ricordi e pensieri nati dal cuore! Buona serata!

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  9. hai questa capacità unica di raccontare le tue memorie, riaccendendo le nostre- emozioni comprese. Che poi rimbalzano, con le tue ricette. E dirti grazie è così poco, in confronto a quanto ci regali ogni volta...

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