lunedì 14 luglio 2014

Porto e bottoni d'antan

che c'entra il Porto coi bottoni? C'entra, c'emtra....
Era il  1954 quando arrivammo quella casa di ringhiera di via Correggio. Mia madre doveva prendere servizio come portiera, e mio padre si apprestava a cercare lavoro a Milano.  Lo trovò quasi subito alla Ferrobeton, una delle aziende che costruì la prima linea della Metropolitana.
La casa aveva una forma ad angolo ottuso e il lato più lungo affacciava sulla via San Siro, mentre quello leggermente più corto, sulla via Correggio. Era  una grande casa di 5 piani situata proprio all'incrocio fra le due vie, e oltre al bar che occupava tutta la parte ad angolo,  c'erano  pure  alcuni negozi che davano su entrambi i lati.
All'interno vi era un grande cortile  a sassi, con un paio di zone sopraelevate che fungevano da aiuola.  A sinistra la collinetta con il grande albero di ciliegie, e a destra del cortile una zona parecchio più alta, in terra piena,  quasi un cortile dentro il cortile, dove fiorivano ortensie e altri cespugli perenni.
Sul cortile si apriva il retro dei negozi..Tutte porticine con la vernice scrostata che un tempo era stata grigia....
La bottega del sarto, quella di Ettore, il parrucchiere per signora (così recitava la sua insegna), la porta del bar contigua a quella del bagno, se così si può chiamare una turca e un lavandino,  che dovevamo utilizzare  anche noi.
E poi,  sul lato lungo, due porte e un alto finestrone segnavano il retro del negozio di merceria e passamaneria  Rasini.
Una azienda storica nata nel 1889. La Manifattura  Festi, Rasini &C..
Avevano la filatura nella bergamasca e avevano aperto anche  un punto vendita proprio in via Correggio angolo via San Siro, vicinissimo alla Cucirini Cantoni, l'azienda che produceva tessuti e spolette di filo a cui probabilmente erano collegati in qualche modo. So che hanno chiuso nel 2004, dopo oltre un secolo di attività.
Quando venimmo a vivere lì, loro stavano per trasferire il negozio, e ci vollero un paio di mesi per smontare e imballare tutto.
Ricordo che chiesero a mia madre di fare le pulizie la sera, dopo l'orario, almeno per il periodo in cui ancora facevano l'inventario e l'impacchettamento di tutto.
Era un modo per arrotondare il magro stipendio di portiera, e lei accettò di buon grado.
Perciò sera la accompagnavo dentro quelle stanze buie, impregnate di un odore di stoffa e di polvere, pieno di scaffali di legno allineati lungo le pareti,   di cassettiere con le maniglie verniciate di marrone,  stretti espositori per le spolette di filo e alte rastrelliere dove venivano appesi nastri di tutti i colori.
L'ultima sera, a negozio ormai vuoto, mi misi a gironzolare nelle stanze, provando un senso di abbandono nel vedere i muri segnati dall'ombra scura lasciata dagli armadi, carta velina ovunque e  scatole  grige sparse sul pavimento. Ricordo che ne raccolsi una e mi resi conto che era piena, allora la aprii e trovai,
ben allineati e cuciti su fogli rettangolari in cartoncino, bottoni di vario tipo,  impilati ordinatamente.  Allora  chiamai mia madre e insieme le controllammo tutte. Erano tutte piene.  C'erano bottoni di ogni tipo, da cappotto, da giacca, da camicia, alcuni avevano la forma di un cagnolino, altri di fiori, altri ancora di coccinella, adatti ad abbigliamento per bambini...
Evidentemente non servivano più e li avevano lasciati da gettare. Ma mia madre li raccolse e li portò a casa. E alcuni sono ancora  oggi nella sua cesta del cucito, raccolti in una scatola. Bottoni di oltre cinquant'anni fa...



Quella porta del retro Rasini rimase chiusa per un bel pezzo, finchè un giorno, oltre due mesi dopo, la vedemmo riaprirsi. Iniziavano i lavori  per adattare le stanze a una attività di toelettatura per cani.
Mia madre ebbe la comunicazione ufficiale dal padrone di casa,  l'odiato dottor Colombo, dell'arrivo di un nuovo inquilino.
Così, dopo i lavori, arrivò lei,  la tata Nella.
Cominciò  mia sorella, quando era molto piccola,  a chiamarla tata, e per noi diventò normale chiamarla tata  Nella.
Fu uno degli incontri della nostra vita in via Correggio  che ricordo con molto affetto e tenerezza. Una amicizia che è durata fino alla sua scomparsa, anni fa.
Si chiamava Leonella D'Avanzo, classe 1921, come mio padre.
Era  veneta di San Donà di Piave ma  viveva da sempre a Milano,  sola.
A parte un nipote che abitava in piazza Piemonte, poco lontano da noi,  i suoi fratelli erano più o meno tutti sparsi fra  Veneto e Lombardia e li vedeva di rado.
Alta e formosa, giunonica direi, i capelli neri ondulati,  raccolti a crocchia sulla nuca, un portamento fiero e uno sguardo sempre ironico sulla cose ....era di una simpatia travolgente, con quel suo mescolare l'italiano con il dialetto veneto. Energica e piena di vita, un carattere solare ma anche la grinta di chi era abituato a contare solo sulle proprie forze,  mandava avanti da molti anni l'attività di toelettatura per cani, e si manteneva con quella. Aveva parecchio lavoro, anche perchè nel suo negozio, due volte la settimana, passava un veterinario. Un servizio in più che dava ai suoi clienti,  molto apprezzato.
Oltre alla sala per la toelettatura, in una parte del  retro  aveva ricavato una stanza con cucinotto e bagno dove  poter vivere e,  una volta abbassata la serranda del negozio, avere il suo angolino di pace.
Si intese subito con mia madre, e prese  me sotto l'ala. Trascorrevo parecchio tempo con lei, mentre lavorava. Mi presentava tutti i cani che passavano dal suo negozio, ormai ne conosceva il carattere di ognuno e me lo descriveva man mano che arrivavano con i loro padroni, e a me questa cosa piaceva molto.  Loro non sempre erano contenti di entrare lì, ma lei riusciva tutte le volte a calmarli, rassicurando i loro proprietari. Erano in buone mani.
Ricordo che d'estate le porte del retro erano aperte e a me piaceva stare  lì, seduta sullo scalino, a guardarla  tosare, lavare, e asciugare cani di ogni razza. Quando qualche cane era recalcitrante  e non ne voleva sapere di entrare nella vasca,  chiedeva aiuto a mia madre  così, in due, riuscivano quasi sempre nell'opera di convincimento forzoso.
Non so alla fine chi fosse più bagnato fra lei e il cane....normalmente lei, ma era il suo lavoro e a lei piaceva così . Amava gli animali, e non l'ho mai  vista trattarli male, nemmeno quando ce ne sarebbe stata necessità.
La vita non era  stata generosa con lei, e in più  aveva avuto la sfortuna di innamorarsi di un uomo sposato col quale aveva da molti anni  una relazione  parecchio complicata che andava avanti fra alti e bassi. Per lui aveva rinunciato ad avere una famiglia e si accontentava degli scampoli di presenza che lui poteva darle.... A quel tempo non esisteva nemmeno lontanamente la possibilità di divorziare, e le coppie di fatto erano  un mezzo scandalo e si teneva tutto abbastanza nascosto. Figuriamoci un legame con un uomo sposato...
 Lui,  Guido, abitava a  Como  ed era  rappresentante per una ditta di vini, non ricordo quale fosse,   faceva tappa da lei  ogni volta che veniva a Milano per lavoro. Si fermava tre o quattro giorni e poi ripartiva per il suo giro....Si presentava  sempre con una bottiglia pregiata, una volta di vino rosso, un'altra volta di vino bianco, e qualche altra volta con lo spumante...non che ci fossero molti motivi per festeggiare con lo spumante, ma qualche volta arrivò anche con  lo champagne. E per quel tempo era qualcosa di eccezionale. Io naturalmente ero troppo piccola per assaggiare, ma ricordo perfettamente  una bottiglia con una etichetta gialla...sarà stata la Vedova? Chissà...
Una sera d'estate in cui potevo stare alzata anch'io un poco di più, andammo tutti  da lei , un appuntamento frequente per i miei, la sera dopo la chiusura.  Poco dopo Guido arrivò, inaspettato, con la solita bottiglia fra le mani, stavolta era di Porto. E chi  di noi sapeva cos'era il Porto  a metà  degli anni '50?
Ricordo che lui  si lanciò in una lunga spiegazione  su cos'era il Porto e a dove veniva, come si otteneva e con cosa fosse meglio  berlo...non che ricordi granchè di quello che raccontò,  non mi interessava poi molto...erano discorsi da grandi...non ricordo nemmeno più se fu stappata quella bottiglia, oppure no. Però fu argomento di discussione per giorni, fra loro...
Sono passati molti anni da quella sera...noi cambiammo casa, finalmente. Andammo a vivere in una vera casa, un appartamento vicino a Niguarda, molto distante da quella casa di ringhiera. Era il 1965 credo..
Lei rimase nel suo negozio ma restammo sempre in contatto, ogni tanto venivamo a trovarla, o a volte veniva lei da noi , e ci si sobbarcava un  lungo viaggio coi mezzi,  poi, quando mio padre poté permettersi un'automobile, era più facile venire a prenderla  per passare la domenica insieme.

Venne anche al mio matrimonio, avvolta in una magnifica cappa nera, che la faceva sembrare ancora più alta ed elegante di quanto già non fosse...eccola lì, in guanti bianchi che mi osserva mentre firmo....chissà cosa pensava...


 Mi ha visto crescere, ha visto nascere mia sorella, ci è stata vicina quando ne abbiamo avuto bisogno, ed
è stata parte della nostra famiglia per quasi tutta la nostra vita dopo il  1954...
A un certo punto, con la vecchiaia alle porte,  ha chiuso il negozio ma è rimasta comunque a vivere in quel retro pieno di ricordi  finchè ce l'ha fatta a stare da sola. Poi ha deciso di tornare a San Donà di Piave, le sue radici. Ed ora riposa lì, nella sua terra, insieme ai suoi genitori e ai suoi fratelli...
Ma il suo posto è nel mio cuore, come in quello di tutti i miei familiari.

In ricordo di quella bottiglia di Porto, oggetto di dissertazioni semi filosofiche,  e in ricordo
della tata Nella, questo dolce...





Bavarese al Porto,  melone e fragoline di bosco


150 ml latte
500 gr panna liquida fresca
150 gr zucchero di canna
3 tuorli di uova grandi
100 ml Porto + 2 cucchiai
un pezzetto di cannella in stecche
8 gr gelatina in fogli

per accompagnare:
mezzo melone
fragoline di bosco
foglioline di menta



Per prima cosa portate a ebollizione il latte insime alla cannella.
In una ciotola, con le fruste elettriche  montate i tuorli con lo zucchero finchè son gonfi, chiari e spumosi.
Aggiungete il Porto a filo,  poi il latte con la cannella e rimettete tutto su fuoco dolce.
Ammollate la gelatina in acqua fredda.
Cuocete la crema, mescolando, finché si ispessirà e velerà il cucchiaio, aggiungete la gelatina ben strizzata e mescolate fino a scioglimento completo
Versate la crema in una ciotola facendola passare attraverso un colino per eliminare la cannella.
Profumate ulteriormente il tutto con i due cucchiai di Porto.
Cuocendo la crema, l'alcool evapora togliendo un poco di sapore, il Porto aggiunto dopo riequilibra il tutto.  Ovviamente se il dolce dovranno mangiarlo anche dei bambini è meglio evitare questo passsggio.
Lasciatela raffreddare completamente mescolando spesso per evitare che inizi a  rassodarsi.
Montate la panna ma non completamente e aggiungetela alla crema ormai fredda, mescolando bene con pazienza fino ad avere un composto perfettamente omogeneo.
Versatelo negli stampi prescelti.
Io ho optato per degli stampi da cannelés in silicone perché avevo deciso di mettere  il tutto in congelatore, e il silicone é perfetto per questo uso, mentre non mi piace affatto usare stampi  di silicone per cuocere dolci o altro in forno. Non mi ci trovo. Ma sicuramente è un mio limite.
Quindi mettete tutto in congelatore,  ricordatevi, per servirlo,  di toglierlo almeno un quarto d'ora prima dal freezer se lo avete messo negli stampi individuali, un poco di più d'anticipo se lo avete messo in uno stampo grande.


Al momento di portarlo a tavola, prendete il mezzo melone, ben freddo, pulitelo dalla scorza e dai semi interni, fatelo a spicchi e passateli  per il lungo alla mandolina. Dovrete ottenere delle lunghe fettine sottili.
Estraete il dolce rovesciando la forma di  silicone,  si farà con estrema facilità, posatelo sul piatto di servizio, lasciate che si ammorbidisca leggermente, e contornatelo con le fettine di melone, guarnite con fragoline di bosco sparse qua e la e foglioline di menta, una leggera pioggia di zucchero a velo e il gioco è fatto.

Fresco, estivo, piacevolissimo.









8 commenti:

  1. Che belle storie, mi piace tanto leggerTi!!! grazie :)

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  2. Io ti adoro , grazie come sempre!
    Franci54

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  3. Sempre una doppia magia...nei racconti e nelle ricette! Grazie, Giuliana!

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  4. i tuoi racconti di famiglia sono "vivi"
    . ti ho già chiesto se scrivi romanzi che nascondi nel cassetto ? :-)

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  5. cara Giuli, hai una memoria prodigiosa e una mano fatata per rendere reali i sogni più golosi...Un abbraccio

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  6. Meraviglioso Giuli, sia il racconto che il dolce!! Sai rendere il meglio di tutto.

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  7. Cara Giuliana,
    é inequivocabile la bellezza del ricordo che hai della tua tata Nella.
    Ti racconto sinceramente di averlo letto e riletto già più volte, adoro i tuoi ricordi messi nero su bianco.
    Hai la sapiente e grande capacità di coinvolgerci ed abbracciarci raccontandoci scorci della tua vita e per quanto melanconici a volte essi siano, riesci sempre a trovare in fondo ad essi una luce di verità e di gioia.
    Sono felice per te che i ricordi ti accompagnino fedelmente nella tua quotidianità, vorrei poter dire lo stesso dei miei.
    Mi piace leggerti perchè in ogni tua parola c'è una piccola parte di te disposta a donare agli altri.
    Un bacio cara Giuli e se puoi dammi notizie.
    Anna

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  8. grazie, siete tutte sempre molto care!

    Anna, un bacio speciale.
    Notizie....tutto procede abbastanza bene, diciamo così.

    Un caro saluto a tutte

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