mercoledì 7 novembre 2012

un vestito, un' amica e un cotechino

La Luigina  Lucchesa era la mia compagna di banco e  di scorribande. Diciamo pure l'unica che frequentavo assiduamente, vuoi perchè eravamo compagne di classe, vuoi anche perchè abitavamo molto vicine,  a due o tre portoni di distanza, in Via Correggio, io al n. 6 e lei al 14 un po' più giu,  sullo stesso lato del marciapiede
...tutte case di ringhiera della Milano operaia, costruite intorno alle grandi fabbriche del quartiere, oggi scomparse, trasferite nell'hinterland oppure chiuse da tempo.... La Salmoiraghi, la Cucirini Cantoni, la fonderia Radaelli.... niente a che vedere con quello che è oggi quella zona.....la vita pulsava in mille attività, la gente stava fuori volentieri, si conoscevano quasi tutti lungo la via,  e noi giocavamo per strada senza grossi pericoli..
E' stato complicato per noi frequentare la scuola commerciale...abbiamo iniziato  con la prima classe  in via S. Michele del Carso, e dalle nostre finestre  del secondo piano vedevamo il cortile di San Vittore,  non posso scordare  l'ora d'aria dei carcerati,   combaciava col nostro intervallo..  noi da dietro i vetri osservavamo il loro passeggiare in su e in giù con un  miscuglio di curiosità e compassione...le guardie  camminavano sugli spalti armate di fucile, e a me  facevano più impressione quelle...
Per la seconda classe ci spostarono in via Carlo Dolci,  vicino Piazzale Brescia, facevamo il turno del pomeriggio, sui banchi di prima elementare.....
erano gli anni '60, eravamo in pieno boom e mancavano le aule,  perciò   ragazzine di 12 anni  curve  per ore  sui banchi di prima elementare....la mia  quasi scoliosi credo arrivi da lì....
quando arrivammo alla  terza  fu un po' meglio,  il Comune di Milano prese in affitto due piani della scuola privata collegata alla chiesa dei frati francescani di  Via Osoppo, contigua alla elementare,  e finalmente riuscimmo ad avere dei banchi normali.....
A scuola andavamo a piedi naturalmente, e ci volevano più di venti minuti a passo svelto...andavo a prenderla e il più delle volte mi aspettava davanti al portone... 
si andava, i libri delle materie giornaliere e l'astuccio legati con la cinghia di gomma..
ricordo le  nostre gonne blu a pieghe piatte, i maglioncini di lana fatti ai ferri dalla mamma o dalla nonna, con la lana già usata, riciclata, mescolata insieme,  due fili di colori diversi.....una roba!
Eravamo adolescenti che  si atteggiavano a donne, complici i  complimenti lanciati da qualche ragazzotto  in bicicletta, o da qualche stupido pappagallo di turno che non aveva capito che eravamo minorenni...
le calze di nylon no, mia madre non voleva che le portassi a 12/13 anni, per cui calzini corti, rigorosamente bianchi e io mi vergognavo da morire....
la Luigina era la più piccola di  4 fratelli, tutti maschi, e sua madre era già anziana, e a quel tempo essere anziani voleva dire essere intorno ai 60 anni...non aveva più voglia di combattere con la figlia più piccola e lei ne approfittava, faceva un po' quello che voleva, senza briglie....
e quindi le calze di nylon lei fu la prima di tutta l'intera  classe  ad  indossarle..
A mia madre non piaceva la Luigina. Aveva paura che mi "rovinasse" . Proprio così, era questo il termine che usava. Non la voleva per casa....a dire il vero non ha mai voluto nessuno per casa, mai una volta che qualche compagna potesse venire  a fare i compiti da me, mai una volta.
Mi lasciava andare malvolentieri a casa sua, e quando non mi dava il permesso, me lo prendevo con la scusa di qualche ricerca da fare insieme, assegnataci della professoressa di italiano, dvanti a quello non poteva più obiettare..
Non sempre però facevamo i compiti, a volte andavamo a zonzo, e per farlo facevamo dei larghi giri per non passare davanti a casa mia...se mia madre mi avesse visto sarebbe finita la libertà.
Ci piaceva tantissimo andare alla fontana davanti alla porta principale della Fiera, in Piazzale Giulio Cesare. Era molto bella, aveva tre grandi  vasche divise da gradinate e colonnine  a pinnacolo...quando era in funzione era un vero spettacolo di giochi d'acqua e la sera era completamente illuminata...
in certi periodi dell'anno, soprattutto d'estate,  la fontana veniva ripulita,  l'acqua veniva chiusa e per qualche tempo  rimanevano delle pozze maleodoranti. I gradini emergevano ed erano tutti ricoperti da quella specie di melma viscida verde che poi col tempo e col sole si seccava....
Ricordo una domenica di luglio, la città era vuota, faceva caldissimo. Io nel mio unico abito "della festa". Bianco, un poco operato, con un ricamo tono su tono  tutto intorno al fondo, un poco sopra l'orlo, come era di moda in quegli anni..
Adoravo quel vestito,  era senza maniche e  aveva il colletto  piatto  che scendeva con le punte "all'americana",  era un poco avvitato, un poco sfilato, a tubo. Mi sentivo grande dentro quell'abito, persino bella...
Il pomeriggio decidiamo di andare a fare un giro alla fontana e approfittando del fatto che fosse vuota ci siamo messe a camminare su e giù sugli scalini.  Inutile dire che dopo due passi sono scivolata su quella melma verde e sono caduta  come in un cartone animato,  picchiando  violentemente il fondoschiena su uno scalino suscitando una ilarità incontenibile nella mia amica...
Panico.... a parte il dolore,  pensavo al mio vestito bianco con il retro completamente  verde, rovinato per sempre...come  fare a dirlo a mia madre? Era l'unico vestito buono...
La Luigina allora, dopo aver finito di ridere,  prese in mano la situazione  vedendomi così disperata e preoccupata.  
Vieni a casa mia,  mi dice, mia madre ha lavorato in una tintoria, saprà come fare.....magari ti fermi a dormire da me così hai il tempo di sistemare il vestito.
Il pensiero di chiedere a mia mamma il permesso di dormire fuori e per di più da lei,  mi preoccupava anche più del vestito...così andammo a casa sua, mi feci il segno della croce e telefonai.....  stranamente, mia madre non fece molte obiezioni e io accesi mentalmente un cero alla Madonna...
Così, quella sera, a casa della Luigina, mi ritrovai a tavola con tutta la sua famiglia, vestita con una camicia da notte di cotonina a fiori. Sua madre poi  si mise all'opera e  riuscì a limitare i danni, anche se  l'indomani, alla luce del sole,  un poco di verde si intravvedeva ancora...
fu una serata particolare, tutti cercavano di consolarmi, di rassicurarmi che tutto sarebbe andato bene, che i miei avrebbero capito.....
seeeeee, loro mica la conoscevano mia madre, pensavo...
per me, abituata alla nostra piccola famiglia,   stare a quella tavola così affollata e rumorosa fu molto curioso e  piacevole,  così cercai di imprimermela  bene nella memoria. 
Ricordo come fosse adesso la tovaglia a quadri verdi e gialli, i piatti  bianchi col bordo a spighetta verde un po' sbeccati, i bicchieri scompagnati,  la luce che entra di traverso  dalla  porta finestra sulla ringhiera e le tante mani  che si protendono  a prendere i piatti  con le pietanze che stanno al centro del tavolo....
Ricordo perfettamente anche cosa c'era per cena, minestrone freddo e poi  cotechino e puré di patate. 
D'estate il cotechino col puré....ma non ci feci caso, a quel tempo mica mi importava delle stagioni, mi importava di più  riempire la pancia...

Chissà dov'è ora la Luigina, chissà se anche lei ogni tanto pensa alle nostre scorribande, alle nostre chiacchiere, ai nostri sogni raccontati,  a quella giornata così movimentata...
ci siamo perse di vista,  noi traslocammo e lei e i suoi si trasferirono in Trentino, regione di cui erano originari...non ho più saputo niente di lei...
Mi resta solo il ricordo vivido di  quel vestito bianco e di quella tavola affollata... 

Dedicato alla Luigina e a quei giorni lontani..






Cotechino in galera e crema di verze


1 cotechino  medio (possibilmente mantovano o cremonese)
1 fetta di carne di vitellone
150 gr pancetta liscia  dolce
1 bicchiere di vino bianco
salvia, rosmarino, alloro
olio, sale, pepe



per la crema di verze
la metà di una grossa verza
1 cipolla
1 patata media
1 spicchio d'aglio
1 rametto di rosmarino
olio, una noce di burro
sale, pepe


Dal macellaio farsi ricavare una fetta di carne di vitellone  appiattita in modo da poter riempire e arrotolare.
Cuocere il cotechino  a fuoco dolce per circa unìora, un'ora e mezza, non deve essere cotto del tutto, finirà in forno. Una volta pronto, spellarlo.
Adagiare la fetta di carne sul tagliere, salare e pepare l'interno, rivestire la superficie con le fette di pancetta dolce, premendo un poco per farla aderire bene, appoggiare nel mezzo il cotechino cotto e spellato.
Arrotolare il tutto e legarlo come un arrosto.

In una casseruola mettere olio e una noce di burro, rosolare l'arrosto insieme alle erbe, salare e pepare, quindi sfumare col vino bianco, coprire la casseruola  e portare a cottura a fuoco basso, aggiungendo acqua calda o brodo pian piano se si asciugasse troppo. Ci vorrà circa un'ora e mezza o poco meno.


Nel frattempo preparare la crema.
Pulire la mezza verza eliminando le foglie esterne  e le costole più dure, ridurla a striscioline, lavarla e lasciarla sgrondare bene dall'acqua.
Tritare una bella cipolla, farla imbiondire in una larga padella con un goccio d'olio e una noce di burro insieme allo spicchio d'aglio e al rametto di rosmarino.
Aggiungere la verza ben scolata, mescolare piano affinché si insaporisca nel soffritto  e cali di volume,  regolare di sale, aggiungere pochissima acqua, coprire e lasciar stufare pian piano.
A metà cottura unire la patata tagliata a pezzetti molto sottili e finire di cuocere, aggiungendo altra poca acqua se fosse necessario.
Frullare grossolanamente con il minipimer e  tenere in caldo.
Una volta cotto l'arrosto, toglierlo dalla casseruola, deglassare il fondo di cottura con un goccio di vino bianco, lasciar restringere qualche minuto, quindi filtrare.
Affettare  il cotechino in galera, appoggiarlo sopra un letto di crema di verze, napparlo con un paio di cucchiai del fondo di cottura e servire.




 







10 commenti:

  1. per fortuna che c'è la memoria di questi giorni vivi, dove tutto ci sembrava più grande ed ogni cosa ci meravigliava! Mi auguro tanto che Luigina passi da qui! un bacio Marina

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  2. Che bello il tuo racconto Giuliana!
    A me piacevano tanto i abitini con i vollant e le ballerine con il fiocco davanti. Andavo pazza! Immagino il tuo abitino bianco sporco tutto di verde e il panico!
    Il cotecchino in galera ricorda un po' il falsomagro, che fra l'altro è tanto che voglio pubblicarlo ma non ho una foto decente.
    E poi, interessante la combinazione verza e patate.
    Ciao ciao!

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  3. Di sicuro anche la tua amica d'infanzia pensa spesso alle vostre giornate insieme... E se passando qui leggesse quello che hai scritto per lei sicuramente ne sarebbe felicissima!
    Quel piatto deve avere un sapore speciale, il sapore dell'amicizia...

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  4. Ciao cara Giuliana, come stai? Ho rimesso da qualche giorno la connessione e fra un po' mi vedrete più spesso. La ricetta mi piace molto, ma non l'ho ancora letta bene, ci tenevo di più a salutarti. Felice giornata :))

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  5. il tuo racconto è così coinvolgente che stavo quasi per scivolare anche io sulla melma verde della fontana, mi sembrava di essere lì !Bellissima la ricetta del cotechino, la segno per le prossime festività, l'apprezzeremo molto! Un bacione cara Giuli, passa un felice weekend....

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  6. se la tua amica leggesse questo post sono sicura che ne sarebbe contentissima, hai scritto delle parole bellissime e... che dire della ricetta!? super golosa! mi è venuta fame!

    scusami per la mia assenza, questo periodo è incasinatissimo tra studio, scuola guida e altri impegni e quindi non ho molto tempo per controllare il blog...

    non appena posso però vengo a controllare tutti i tuoi post, è sempre un piacere leggerli!

    buona serata,
    Michela

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  7. Adoro il tuo blog ed il tuo modo di raccontare le tue ricette. Mi sembra di conoscerti...e tutto sembra più reale. Complimenti.
    Da qualche giorno ho anch'io un blog, dopo mille peripezie ci sono riuscita. E' ancora agli albori, ma spero che cresca "sano e forte come il tuo". Se ti va facci una capatina...ne sarei onorata! http://il-pappamondo.blogspot.it

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  8. Sei una vera scrittrice e probabilmente un'ottima conversatrice.
    A parte la forma, nel tuo racconto risorge intatta l'Italia del cosiddetto boom economico, che celava insieme una miseria e un autoritarismo nelle relazioni tutt'altro che sereni.
    Ho sfiorato appena le ultime vestigia di quel mondo, grazie ai miei nonni amatissimi che l'hanno vissuto e erano milanesi. Percio' ogni volta che me ne parli rivedo la loro vita, almeno in parte, e li ritrovo. E mi viene da piangere perché non ci sono più e perché la durezza di quella vita e di quella mentalità li ha segnati troppo più di quanto meritassero.

    L'ultima freccia è stata la famiglia trentina della tua amica. Da dove venivano esattamente? I miei bisnonni, poi mio nonno con figli e nipoti sono andati in vacanza in Trentino tutta la vita. Complice una vicina di casa della mia bisnonna, trentina sposata a un milanese che veniva a portare giù le bore, i grossi tronchi dei boschi, per l'industria della pianura. Parlava sempre del suo paese e la mia bisnonna convinse suo marito a portarcela. Non smise più di ritornarci. Sospetto che la scelta fosse di lei più che di lui. Anche io ci andro' fra qualche settimana. Se fosse la stessa zona, potrei persino provare a ricercarla! I legami ricorrenti che si annodano sulla lunga durata, dovuti alle ragioni economiche quanto agli affetti, mi hanno sempre incantata.

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  9. Che sia proprio lei? O comunque di quelle parti? Una bleggia?
    Conosco il Bleggio, è un altopiano isolato e un poco austero, semplice ma bello, sereno, tra il Brenta e l'alto Garda, la vicinanza del lago gli toglie un po' d'alpino. Tante patate, rinomate. Il cognome par essere di li'.

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    1. Giuliana, avevo messo un link nel commento, che altrimenti sembra un po'delirante. Se l'hai tolto tu va bene, se no bisogna che rimedi...

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