sabato 12 novembre 2011

Storie della ringhiera




 mi è capitato di passare davanti alla vecchia casa di ringhiera dove ho vissuto fino all’adolescenza, in Via Correggio al numero 6.
Tutto sommato, rispetto alla zona stravolta per l’Expo, non è cambiata molto, nonostante gli anni. Solo il vecchio portone di legno, che ho aperto e chiuso per 10 lunghissimi anni, è stato sostituito con uno in alluminio, aggiunti i citofoni, come racconta una larga chiazza di cemento sul muro…
Sempre lo stesso colore rossiccio, ancor più scolorito visto che nessuna manutenzione esterna sembra essere stata fatta. Verso la strada, sempre gli stessi balconi in ferro e pietra, le stesse persiane color marrone. Chissà se la ringhiera interna ha subito qualche cambiamento…..
I negozi sulla via hanno insegne diverse, ma c’è sempre il parrucchiere, il tosacani e il bar d’angolo….altri due negozi sono chiusi, mentre un altro è diventato una agenzia immobiliare.
Passando di lì, si è aperta, mio malgrado, una voragine di ricordi e sono riapparsi tantissimi volti che credevo perduti, e insieme ai volti anche la sensazione di risentire certi profumi.
qualcosa che rimane nel tuo profondo e che per un attimo risale a galla, riempiendoti di malinconica nostalgia.
Quell’agenzia immobiliare, così diversa e stridente rispetto agli altri vecchi negozi, mi ha fatto ripensare alle persone che si sono avvicendate dentro a quelle piccole stanze.
Il mio primissimo, quasi inconsapevole incontro con la cucina napoletana e i suoi profumi, è stato attraverso Mario il sarto.
Era di Napoli, e non so quale caso della vita l’avesse portato fino a lì, in quel negozio sotto la ringhiera di una vecchia casa milanese, a cavallo degli anni ‘50/’60.
Un uomo di piccola statura, i capelli ricci sempre scompigliati, ribelli al punto da prendere forme che spesso lo facevano sembrare molto buffo.
Avrà avuto si e no una quarantina d’anni, o poco più, non era facile per me , allora ancora bambina, dargli una età, e sinceramente nemmeno ora riesco ad avere una idea precisa..
Era scapolo e faceva il sarto. La targhetta sulla porta del negozio recitava: Corrado Mario, abiti su misura. Parlava quasi sempre in dialetto napoletano e spesso  non era per me facile capirlo….ma aveva un viso aperto, sempre sorridente e ci andavo d’accordo, non mi metteva soggezione, anzi mi coccolava e mi raccontava storie….ne capivo solo metà ma era divertente…
Il negozio aveva una sola luce e dava sulla via Correggio, mentre il retro consisteva in un lungo corridoio, relativamente stretto, dove lui aveva un tavolo alto e lungo che usava per tagliare, e una vecchia macchina da cucire. Il suo muro era anche il nostro, divideva il suo retro negozio dalla nostra guardiola-portineria. Vivevamo muro a muro, in una contiguità fatta di rumori, voci, odori, profumi….
niente bagno, le case di ringhiera avevano una sola turca per tutte le famiglie, di solito in fondo ad ogni braccio, c’era una turca anche in cortile, a mezzadria fra tutti i negozi, bar compreso, e anche noi purtroppo. Ci si lavava nel mastello, scaldando l’acqua in grosse pentole sul fornello a gas….

Per lui tutto si svolgeva lì, in quel corridoio lungo e stretto.
Lui lì ci viveva. Aveva ricavato un soppalco sopra lo spazio del negozio e ci aveva messo il letto e un piccolo comò, mentre la cucina era condensata in un mobiletto e un vecchio fornello a bombola che affiancavano la macchina per cucire, nel corridoio del retro.. Mangiava su quel tavolo dove tagliava e realizzava abiti su misura perfetti..
d’estate non era raro vederlo seduto appena fuori dal retro, su una seggiola impagliata che aveva visto tempi migliori, col piatto in mano…
sempre d’estate si metteva a cucire fuori dal retro, praticamente nel cortile…non c’era ancora l’ora legale e lui cuciva finché la luce glielo consentiva….
Tante volte, sotto il suo occhio vigile, lo aiutavo a imbastire, con le mie mani inesperte di ragazzina di 10 anni, mettevo a cavallo del tessuto quel filo bianco, passandolo dentro e fuori, e mi pareva di fare chissacché. Lui ogni tanto cantava con voce stentorea mentre cuciva.... Chi ss'ì,. Tu ss'ì à canariaaaaa.
Le donne si affacciavano alle ringhiere ad ascoltare e quando smetteva ridevano allegre e applaudivano....
il caseggiato lo aveva praticamente adottato, e a volte lo invitavano a cena, sapendolo solo, oppure gli portavano piatti cucinati.....Signor Mario, è riuscito a preparasi qualcosa per cena? E dai su, la smetta di cucire! Vuole un po' di risotto appena fatto???


A un certo punto lo raggiunse la sorella zitella, single, come si dice ora.. Concettina. Aveva qualche anno più di lui, penso fosse sulla cinquantina…
Una donnetta piccolina, rotonda e morbida e con le labbra sempre pitturate di rossetto vermiglio, una chiazza rossa che spiccava in mezzo al volto, e che faceva ancor più risaltare i suoi occhi nerissimi.
Non ricordo di averla mai vista senza, gli stessi capelli ricci di Mario, ma tenuti bene in piega, con onde stile anni 20. Era sempre in ordine perfetto, anche quando indossava una vestaglietta di raso nero lucido, con il colletto di pizzo bianco, che la faceva sembrare una cameriera.
Come facessero a vivere in due in quel piccolo spazio me lo sono sempre chiesto, eppure ci sono rimasti parecchio tempo, più di cinque anni…..ero bambina quando sono arrivati e quando se ne sono tornati a Napoli, io avevo appena iniziato a lavorare…
Ma in quegli anni in cui il boom economico stava per iniziare, ci si adattava con grande spirito di sacrificio.
Con l’arrivo di Concettina per Mario le cose migliorarono un pochino. Intanto non era più solo, poteva anche lasciare il negozio per qualche ora, per la spesa, per provvedere a rifornirsi di stoffe, per tutte quelle normali incombenze che prima non riusciva a seguire come doveva….
Comunque facevano una vita ritirata, mai un cinema, mai un divertimento, sempre dentro al negozio, intenti entrambi al lavoro, a volte anche la notte…..
Probabilmente non erano in floride condizioni economiche, e non si potevano permettere nulla, ma chi  lo era in quel periodo?
Ricordo che dal retro cominciarono a uscire profumi che non conoscevo. La cucina napoletana aveva fatto capolino nel cortile. Soprattutto pesce. Non ci ero abituata a quei profumi, non li riconoscevo
Mia madre, ottima cuoca, cucinava però sempre le stesse cose semplici e povere della tradizione friulana e il pesce non era contemplato quasi mai. Tuttalpiù del palombo in umido, comprato al mercato coperto vicino casa a prezzo quasi sempre scontato…..ci andava verso l’ora di chiusura apposta……
….quanto l’ho odiato!!! Mai più fatto una volta sposata, mai più.
Così ogni volta annusavo quei profumi, mi mettevo seduta sul davanzale interno della finestra, quelle vecchie finestre con le sbarre che facevano artisticamente una pancia all’infuori, e ascoltavo il mio naso…..e ricordo che cercavo di indovinare cosa c’era nella pentola oltre la parete…..
Era comunque consuetudine, ogni tanto, di scambiarci i piatti cucinati. Ogni volta che qualcuno veniva dal Friuli, e ci portava qualche cosa tipica, ad esempio a Novembre la brovada, mia madre non mancava di farne un poco di più per Mario e Concetta, e mi spediva con il piatto al di là del muro….e io tornavo con un piatto di qualcosa d’altro….
Ho ancora in mente il sapore del mio primo piatto di spaghetti con il polpo…..
spaghetti grossi e molto al dente e il polpo che solo molto molto dopo ho capito essere più o meno alla Luciana….
non so se è perché questo sapore è legato all’infanzia, oppure se è perché la materia prima è molto cambiata (in peggio), ma non ricordo nulla di più buono e saporito assaggiato allora….
Ricordo che mia madre quella volta non ha gradito la pasta così al dente, e il polpo per lei era duro, gommoso, ma per me si è aperto un mondo di sapori e profumi che ho conservato dentro di me fino ad oggi…


Partiti loro, in quel negozio una bella mattina di dicembre è arrivato un orologiaio……. anche lui viveva dentro al negozio, ma non cucinava……. ma questa è un’altra storia…


Mario non ci sarà più, e nemmeno Concettina. Chissà se da dove sono, possono sapere che sono con me per sempre…..



questo piatto di bavette lo dedico a loro, non c'è il polpo qui, c'è invece lo scorfano, ma sono sicura che Mario non obietterebbe nulla, anzi,  siederebbe vicino a me con la forchetta pronta....


Bavette con ragù di scorfano



Bavette q.b.
1 grosso scorfano
1 piccola carota
1 costola di sedano
1 porro
fumetto di pesce
Pomodorini
Aglio
Prezzemolo
Vino bianco
Olio, sale, pepe


Tritare finemente il sedano insieme alla carota e al porro.
Lasciar stufare il tutto con un goccio d’olio buono in una larga padella, che possa contenere lo scorfano.

Nel frattempo prendere lo scorfano, eviscerarlo, eliminare le pinne con le forbici e lavarlo bene.
Una volta appassito il trito, appoggiare il pesce nella padella, lasciarlo insaporire rigirandolo con delicatezza, sfumare il tutto con il vino bianco, quindi aggiungere lo spicchio d’aglio e i pomodorini tagliati a metà.
Portare a cottura aggiungendo poco altro vino bianco e del fumetto di pesce.
Una volta cotto, toglierlo dalla padella, spolparlo eliminando pelle e spine, ridurlo a pezzetti e rimetterlo nel sugo. Mescolare bene e lasciare insaporire. Profumare con del prezzemolo tritato al momento.

Cuocere la pasta, spadellarla nel sugo, e servire ben caldo con una macinata di pepe.







4 commenti:

  1. Ho gustato il tuo racconto riga per riga, ritrovando nella figura di Mario quella di un vicino di casa dei miei genitori, anche lui scapolo, un po' anziano e bisognoso di affetto famigliare. Ogni tanto mi sorprendo a pensare a quante persone, umili e laboriose, hanno vissuto una vita intera senza conoscere gli svaghi e i piccoli lussi che noi, quotidianamente, ci concediamo. Parlando in generale, basterebbe volgersi un po' indietro nel tempo e considerare i sacrifici di chi ci ha preceduto per smettere di lamentarci del ridotto potere d'acquisto dell'euro e dello spread tra i titoli tedeschi e quelli italiani.

    Le tue bavette sono da sbavare! Che piatto!
    buon fine settimana

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  2. Via Correggio, 11 ... ho lavorato lì per 10 anni e quindi davanti al 6 ci sono passata tantissime volte.
    Bellissimo racconto Giuliana, ricordi che ti entrano nel cuore e non ti lasciano più.
    Mandi

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  3. buona domenica e grazie di questo bel racconto ;)
    Però me ne vado solo dopo aver preso questo bel piatto..

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  4. BUONISSIMI PROPVERO ANCHE IO TI ASSICURO COMPLIMENTI

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