domenica 6 novembre 2011

Amarcord


di secondo nome faccio Lucia. Il nome di mia nonna.
Lei era nata ad ottobre, nel 1900.
Nata, cresciuta e vissuta fino al 1992 in un piccolo paese perso nella bassa friulana, appena sotto le montagne, in mezzo a chilometri di campi e vigne tutto intorno….
Non ha avuto una vita facile, come del resto tutti a quel tempo. Tutti quelli che facevano i contadini o, peggio, i mezzadri.
Rimasta orfana a 18 anni perché la mia bisnonna se l'è portata via l'epidemia di spagnola, si è ritrovata con altri 6 fratelli da accudire, tutti più piccoli di lei. Non solo, qualche anno dopo suo padre ha pensato bene di risposarsi con una vedova di guerra. Vedova con una figlia, e con questa ne ha avuti altri due....
A quel tempo in Friuli, ma credo in tutte le zone di campagna, si viveva tutti insieme, organizzati in famiglie patriarcali, con i genitori, i nonni, gli zii e tutto il parentado fino alla quarta generazione.... Posso solo immaginare cosa deve essere stato...cose positive credo ben poche, libertà e intimità zero, mancanza di soldi cronica, rinunce, discussioni e contese...anche solo per i turni al forno per fare il pane..o per accaparrarsi le ossa del maiale per fare il sapone.....
lavoro, lavoro e ancora lavoro nei campi e in casa ma senza le comodità e gli aiuti che abbiamo oggi, (lavatrice ecc.), sono venute molto più tardi....roba che le donne a 35 anni erano sfiorite e già vecchie...
visi cotti dal sole, mani rovinate dal bucato fatto a mano nella roggia, sfiancate dai tanti figli partoriti...dalla coltivazione dell'orto che era quasi sempre prerogativa femminile, dal combattere con l’esigenza quotidiana di mettere qualcosa in tavola nonostante la miseria di quei tempi.
Forse per questo mia nonna era un caporal maggiore, di quelle che facevano filare tutti. Aveva dei capelli lunghi, ondulati, di un biondo rossiccio, che si teneva legati sulla nuca a crocchia e la sera quando li scioglieva per andare a letto, se li pettinava davanti allo specchio del comò. A volte la aiutavo e mi piaceva….

Sono sempre stata affascinata , sin da bambina, dai suoi racconti,….. era come ascoltare un libro di storia. Raccontava della grande guerra , della ritirata di Caporetto, di quanto si era innamorata di uno dei fanti di passaggio, dei rari momenti di divertimento, del ballo in paese, su un tavolato che montavano nell'aia di una vecchia casa colonica, delle mascherate e degli scherzi paesani di Carnevale……….e di come aveva conosciuto il nonno……
Già…..mio nonno, era un paio d’anni più giovane…erano praticamente incompatibili, avevano un carattere diametralmente opposto e litigavano in continuazione, però questo non le ha impedito di sposarsi incinta di 8 mesi, ed era il 5 febbraio 1921, mio padre nacque il 24 marzo successivo…..……non ci fu scandalo…..successe e basta.
E’ rimasta vedova presto perché mio nonno è scomparso a 52 anni…..e da allora ha sempre voluto vivere da sola, tranne i mesi invernali che trascorreva a casa nostra a Milano. Ho passato tutte le mie estati con lei, magari a volte era eccessivamente severa, infatti, se tardavo a cena, persa nel gioco con i miei amici, mi veniva a cercare munita di un frustino fatto con un ramo di salice.....quanto faceva male se me lo dava sulle gambe!!
ma la adoravo comunque e ancora oggi sento il vuoto che ha lasciato...…..
Ogni tanto mi torna la sua immagine, china sull’orto a strappare l’erba, oppure intenta a rimescolare la polenta, o nel serraglio a rincorrere l’anitra prescelta…..perché la sua anitra in tegame era da manuale. Era un piatto che cucinava poche volte, ma quando lo faceva era festa. Era da tanto che non la facevo, non ha lo stesso sapore senza di lei…

Vi regalo la sua ricetta:



Mazurin di nonna Lucia

1 anatra muta tagliata in pezzi
3 filetti di acciuga pestati
2 spicchi d’aglio
un mazzetto composto
da salvia, maggiorana, rosmarino
1 bicchiere vino bianco secco
olio d’oliva
sale e pepe

Pulire, fiammeggiare , lavare e asciugare i pezzi d’anatra.
Affettare sottilmente l’aglio. Tritare finemente le erbe.

In un tegame che contenga bene l’anitra, scaldare 3 o 4 cucchiai di olio, e quando è caldo mettere le acciughe pestate e l’aglio. Non appena le acciughe tendono a sciogliersi unire i pezzi d’anatra , il trito aromatico e mescolare, lasciando insaporire per 10 – 15 minuti, dopodiché sfumare con il vino bianco ma non del tutto, bisogna lasciare un po’ di vino nel tegame.
Coprire, abbassare la fiamma e portare a cottura aggiungendo del brodo o dell’acqua calda poco alla volta. Lasciarla cuocere a lungo, finchè la carne si stacca dalle ossa. Deve essere morbidissima, tanto da sbriciolarsi un pochino al taglio...
Portatela in tavola fumante, accompagnata da qualche fetta di polenta bianca, o di puré di patate..
Non è bellissima da vedere, ma vi assicuro che è ottima...



6 commenti:

  1. Sei meravigliosa Giuliana i tuoi racconti mi tengono inchiodata al monitor sino alla fine e leggo tutto d'un fiato.
    Bella la ricetta, appena metterò lis talputis sora a un masurin, fasarai la ricetta di Nona Lusia.
    Buona notte
    Mani

    RispondiElimina
  2. Ma quanto è bello sapere che mi basta un click e posso leggerti sempre....
    pine

    RispondiElimina
  3. se torni a vedere i scarpets, ho fatto delle aggiunte.
    http://ilfogolar.blogspot.com/2011/11/anna-e-gli-scarpetti-friulani.html#links

    mandi

    RispondiElimina
  4. Giuliana, che bella sorpresa scoprire che hai un blog personale. Arrivo qui dal Fogolar di Rosetta. Forse ricordi che ci siamo scritte qualche volta, moltissimi anni fa, per commentare alcune ricette lariane. I tuoi ricordi della nonna sono toccanti e di una schietta autenticità; mi fa piacere averti ritrovata.
    Eugenia

    RispondiElimina
  5. Giuliana i tuoi ricordi, le tue ricette...per me, una meraviglia

    RispondiElimina
  6. ah la Bisa... quanto mi manca.
    Sere

    RispondiElimina